Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II
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Esponenti della cultura, non solo cattolica, riflettono sulla straordinaria figura di Giovanni XXIII. Il testo si presenta come una serie di interviste attraverso le quali si cerca di descrivere il pontefice da varie angolazioni: religiosa, politica, umana. Emergono vari aspetti del suo carattere, della sua opera di mediazione politica, della sua preoccupazione per l'umanità sofferente e divisa da fedi e religioni diverse. contributi di:
L.F. Capovilla, R. Amadei, C. M. Martini, P. Poupard, R.L. Montalcini, M. Cacciari, A. Melloni, H. Küng, G.M. Vian, J. Krasikov

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788865123034

HANS KÜNG



L’elezione al pontificato egli l’ha seguita tutta alla radio e non fu una vera e propria sorpresa perché il suo professore Louis Bouyer a Parigi gli aveva preannunciato che il prossimo papa sarebbe stato l’ex nunzio di Francia, allora Patriarca di Venezia, Angelo Roncalli. Anche alcuni vescovi e cardinali francesi avevano fatto il suo nome all’ingresso in Conclave. Egli salutò con gioia questa elezione anche se non sapeva cosa avrebbe fatto il pontefice. E che cosa è avvenuto? Un cambiamento dell’atmosfera della Chiesa. Küng era stato ben sette anni a Roma nel Collegio germanico e alla Pontificia Università Gregoriana al tempo di papa Pacelli, Pio XII, un papa molto rigido; la figura di Giovanni XXIII al confronto era molto differente ed ha dato subito l’impressione che vi era nuovamente uno spirito di fraternità, una Chiesa con le finestre aperte.
Nel ’59, tre mesi dopo l’elezione, Papa Roncalli annunciò il Concilio, e Küng era preparato a questo passo e a tal proposito aveva scritto un libro “Riforma della Chiesa e unità dei cristiani” ed aveva citato alcune frasi di Giovanni XXIII tratte dall’enciclica “Ad Petri Cathedram” dove era molto chiaro che egli voleva “l’incremento della fede cattolica e un salutare rinnovamento dei costumi del popolo cristiano” e poi “ciò senza dubbio costituirà un meraviglioso spettacolo di verità, unità, carità che, visto anche da coloro i quali sono separati da questa Sede apostolica, sarà per essi un soave invito, lo speriamo, a cercare e a raggiungere quell’unità per la quale Gesù Cristo rivolse al Padre celeste così ardente preghiera”. Allora questo era anche il programma di Küng: la riunione dei cristiani attraverso il rinnovamento interiore della Chiesa cattolica.
Il discorso d’apertura era un discorso che ha fatto storia e con cui papa Giovanni ha rinnovato il Concilio, convocato non solo per ripetere dottrine tradizionali ma per compiere un balzo in avanti e presentare la dottrina della Chiesa in un modo più comprensibile e per giungere davvero ad un rinnovamento. Il Papa fece una distinzione molto importante che non si ripete oggi nella Curia romana, vale a dire che c’è una distinzione tra il vestito delle formulazioni dogmatiche e la sostanza della fede. Questo vuol dire che noi possiamo cambiare anche la formulazione della fede e dei dogmi, esprimerli in un altro modo conservando la sostanza della fede; era molto importante vedere questa differenza che ha dato ai teologi la libertà di riflettere sulla fede, di riflettere su come si possa annunciare oggi il messaggio di Cristo senza ripetere soltanto le consuete formule, che per molti uomini sono incomprensibili o noiose.
Il Concilio viene giudicato di norma da due punti di vista diversi, quello innovativo e quello tradizionale. Secondo Küng non si trattava totalmente di una rivoluzione, ma, come si dice oggi, un cambio del paradigma della Chiesa; in questo senso il Concilio Vaticano II ha integrato la Chiesa medievale con la riforma, effettuando un’integrazione del paradigma della riforma. La posizione secondo la quale non si è cambiato nulla di essenziale è certamente falsa, già la liturgia è molto differente, la liturgia prima del Concilio, la dichiarazione sulla libertà delle religioni, tutto ciò è molto differente. Evidentemente non si trattava di una rivoluzione totale in quanto si è voluto continuare sulla solida linea dei duemila anni della Chiesa. Si trattò di un cambio di paradigma: la Chiesa cattolica fino al Concilio Vaticano II era nel paradigma medievale, ora si integrava il nuovo modello della Chiesa dei riformatori con la lingua volgare, la partecipazione del popolo, l’adattamento alle diverse nazioni, la celebrazione della messa rivolti verso il popolo. Nello stesso tempo vi era anche l’integrazione del paradigma dell’illuminismo, della modernità: la libertà religiosa, la libertà della coscienza, la tolleranza verso altre nazioni, confessioni ed anche religioni, una nuova posizione contro il giudaismo, una nuova stima dell’Islam, praticamente una nuova posizione verso i tempi moderni. Tutto ciò era nei termini dell’aggiornamento e in questo senso si entrava veramente in una nuova epoca e non solamente ad una piccola variazione e se qualcuno dice che tutto questo era la tradizione è perché costoro volevano ritornare al paradigma anteriore al Concilio.
Del Concilio Vaticano II oggi ci sono rimasti tutti i decreti, ad esempio una chiara formulazione del fatto che il Papa non è solo nella Chiesa ma è inserito nel collegio dei vescovi, che non c’è più un assolutismo pontificale.Giovanni XXIII ha mostrato come sia possibile non tanto un primato della giurisdizione, dell’imperium, del comando, ma piuttosto un primato pastorale, di ispirazione, di mediazione. Tutto ciò evidentemente rimane come un ideale e poi ci sono i cambiamenti fondamentali nella liturgia, veramente diversa da quella del passato, sono diverse le relazioni con le Chiese cristiane, è differente la stima del giudaismo, anche una posizione chiara contro l’antisemitismo e c’è una stima delle religioni che anche ora è alla base delle attuali relazioni con altre confessioni; in definitiva vi è veramente un forte aggiornamento, una Chiesa aperta al mondo e non si può ritornare ai tempi precedenti il Concilio.
Küng pensa che anche Giovanni XXIII abbia commesso degli errori e di questi uno molto importante era di non nominare i capi dei dicasteri romani, i capi delle commissioni pontificie e delle commissioni conciliari: quando si deve cambiare qualcosa risulta difficile scegliere dei ministri per effettuare queste riforme. Era molto chiaro che il Concilio non era totalmente libero, c’era sempre la macchina della Curia romana rappresentata da questi presidenti, c’erano i cardinali della Curia, i segretari, nelle diverse commissioni vi erano esponenti della curia ed era molto difficile talvolta prendere delle decisioni. Küng ritiene inoltre che la debolezza fondamentale di Giovanni XXIII sia stata precisamente di non aver ritenuto necessario cambiare il gabinetto papale, vale a dire egli era un po’ il primo ministro con un gabinetto del primo ministro precedente. Con i cardinali della curia pacelliana era molto difficile fare una riforma ed infatti uomini come il cardinale Ottaviani ed altri si sono sempre opposti a quasi tutto quello che si intendeva fare.
Per quanto riguarda l’intervento per la crisi di Cuba esso fu molto significativo e allora Küng, giovane professore, si trovava a Washington e si è potuto render conto che il presidente Kennedy era veramente l’uomo che ha dimostrato in maniera molto misurata come sia possibile reagire ad una crisi molto seria e basti confrontare la risposta di Kennedy ai missili di Cuba con quella di Bush Junior in Iraq. Il pericolo a Cuba era reale, quello in Iraq era praticamente una menzogna; Kennedy ha portato avanti l’idea che i missili dovevano essere smantellati ma non ha fatto un invasione dell’isola e il Papa era evidentemente sulla stessa posizione, vale a dire non era buona cosa iniziare una guerra per Cuba. Quel periodo fu per Küng un periodo felice, durante il suo primo grande tour attraverso gli Stati Uniti, perché c’era un presidente cattolico e giovane e un Papa vecchio ma praticamente sulla stessa linea; ciò lo ha aiutato molto ed egli crede che si sia trattato del periodo più grande della Chiesa cattolica nel secolo XX, cambiato purtroppo molto rapidamente a causa dell’omicidio di Kennedy a Dallas e della morte di Papa Giovanni.
In merito sempre all’intervento di Papa Giovanni nella crisi di Cuba, Küng ribadisce che in ogni caso il Papa non aveva uno spirito anticomunista quale era quello di Pio XII e in questo senso egli era aperto a nuovi assetti; Papa Roncalli ha preparato praticamente una nuova epoca nella politica estera mondiale, era già un grande avvenimento a quel tempo ricevere il genero di Kruscev e di compiere altri gesti: tutto questo era molto importante anche per i politici.
Ripensando alla “Pacem in Terris”, essa è stata effettivamente un’enciclica che aiutava l’umanità, un documento costruttivo, non repressivo, un grande successo, accettato da tutto il mondo in una maniera positiva. Riferendosi all’ecumenismo di Giovanni XXIII, Küng afferma che il Pontefice ha sempre detto di non essere un teologo e non ha fatto riflessioni sistematiche su questo problema, però si è reso conto che se vogliamo la pace dobbiamo passare per il dialogo e questa era una posizione molto differente da quella della Chiesa cattolica precedente. Era dunque possibile invitare al Concilio Vaticano II osservatori di altre Chiese, che potevano avere un influsso indiretto ma molto efficace, era possibile allora un cambiamento delle relazioni e anche in Paesi come la Germania o la Svizzera sono cambiate le relazioni tra i pastori protestanti e i sacerdoti cattolici. Si trattava di una grande speranza e purtroppo non si è seguita questa via, di nuovo bloccata, ma rimane il fatto che i pastori delle diverse Chiese si stimano e si riconoscono.
Sebbene il Concilio non abbia praticamente corretto il dogma secondo il quale fuori dalla Chiesa cattolica non c’è salvezza, nondimeno nelle costituzioni è detto molto chiaramente che anche uomini di altre religioni possono trovare la vita eterna. E nello stesso capitolo della costituzione della Chiesa c’è una chiara proposizione secondo la quale anche gli uomini che non credono in Dio ma che conducono una vita onesta secondo la loro coscienza possono essere salvati per la grazia di Dio. Questa era evidentemente una posizione molto universalista, che ha fornito la possibilità di avere un dialogo con coloro che su vie differenti sono diretti alla stessa salvezza. Giovanni XXIII era un teologo tradizionale e non ha voluto abolire alcuni dogmi, ma si è reso conto che non serve a niente ripetere sempre queste verità già note ma il grande problema è come riferirle agli uomini d’oggi e come dire agli uomini d’oggi chi è Dio, chi è Gesù Cristo e di far conoscere il messaggio evangelico.
Papa Roncalli ha vissuto il suo pontificato in anni difficili dal punto di vista politico, sia in Italia che all’estero. Küng pensa che il Papa abbia fatto politica ma non una politica di partito; ad esempio, molte volte Pio XII si era mostrato un Papa della Democrazia Cristiana, mentre Papa Giovanni in un periodo evidentemente diverso, non era semplicemente il papa della DC, e non era neanche un comunista come alcuni hanno detto: era veramente un pastore per tutti. In politica estera era finalmente chiaro che con le armi non era possibile trovare nessuna soluzione e i sovietici si sono resi conto che non era possibile trattare con l’Ovest nel modo in cui ha pensato di fare Kruscev con i missili a Cuba, ma anche gli americani hanno potuto rendersi conto che era possibile parlare con gli avversari e così si è giunti ad una nuova epoca. In quel periodo Papa Giovanni entrò in quel dialogo e riuscì ad essere un uomo di grande comunicazione e, sebbene senza la diffusione e la copertura mediatica odierna, riuscì lo stesso a parlare alla gente. Molti uomini avevano visto il suo grande viso che era evidentemente un’espressione di bontà e non di dominio, di servizio e di umiltà e questo ha fatto una grande impressione. La tiara per lui era praticamente un peso e lo ha ammesso dopo l’incoronazione; si è mostrato, agli occhi di Küng, come un teologo del Concilio in San Pietro, quando è arrivato a piedi, quando ha voluto essere veramente un vescovo tra i vescovi e un cristiano tra i cristiani e non un pontefice che guardava dall’alto il mondo. L’incontro con la gente era molto naturale, egli non era un Papa che dava l’impressione di essere un imperatore spirituale, in un certo senso è rimasto una specie di parroco universale.
Riferendosi ad una propria frase “non c’è lealtà nei confronti della Chiesa senza critica” Küng spiega che se per lui la Chiesa non dovesse valer niente allora non sarebbe necessario criticarla, ma se invece è impegnato nella Chiesa, sente che essa è la sua comunità spirituale, evidentemente diventa suo interesse mettere ordine laddove gli pare che non ce ne sia. La Chiesa cattolica ai tempi di Pio XII era un sistema autoritario che ha provocato, ad esempio, e questo per lui era molto importante, la nascita dei preti operai, molto duri con i teologi, che ha provocato la deposizione dei più importanti teologi francesi da parte di Pio XII. Si trattava di un sistema autoritario e in un tale sistema la critica non è possibile, mentre la Chiesa cattolica, secondo il Nuovo Testamento, è una comunità di fedeli e non un sistema autoritario, anzi vi è un evento molto importante che purtroppo non viene citato quasi mai nella liturgia, al secondo capitolo della lettera di san Paolo ai Galati in cui Paolo si oppone apertamente a Pietro: dunque questo era possibile, era possibile una critica nella Chiesa, possibile e necessaria. Se non vi è critica non vi è rinnovamento e se non vi è rinnovamento vi è la decadenza della Chiesa. Papa Giovanni non era un uomo che ha pronunciato molte critiche in maniera diretta come ha fatto Küng, in quanto non era un teologo, ma era molto chiaro che bisognava reagire; egli era amico del modernista Buonaiuti e Giovanni XX...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II
  3. Indice dei contenuti
  4. Abstract
  5. ANGELO GIUSEPPE RONCALLI
  6. Frontespizio
  7. Colophon
  8. Nota
  9. Prefazione
  10. Avvertenza del curatore
  11. LORIS FRANCESCO CAPOVILLA
  12. ROBERTO AMADEI
  13. CARLO MARIA MARTINI
  14. PAUL POUPARD
  15. RITA LEVI-MONTALCINI
  16. MASSIMO CACCIARI
  17. ALBERTO MELLONI
  18. GIOVANNI MARIA VIAN
  19. ANATOLY KRASIKOV
  20. HANS KÜNG