La rabbia e il coraggio
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La rabbia e il coraggio

Frei Giorgio Callegari. In cammino tra i popoli dell'America Latina

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La rabbia e il coraggio

Frei Giorgio Callegari. In cammino tra i popoli dell'America Latina

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Attraverso la vicenda personale di Frei Giorgio Callegari, emerge dal testo la storia del Brasile e dell'America Latina dagli anni '60 al 2003, ma anche la storia della condivisione della gioventù italiana con i valori, gli ideali e le speranze dei giovani dell'America Latina: le loro lotte, le loro sconfitte e anche le loro vittorie.
Emerge quindi la storia del contributo che il Brasile con Dom Helder Camara e i suoi vescovi hanno dato al grande sforzo con cui la Chiesa, con il Concilio Vaticano II, ha tentato di affrontare le sfide della modernità.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788865123218

1

UN “PONTE SOSPESO”1 TRA DUE OCCIDENTI

Il contrasto più impressionante è quello tra il lusso dei grandi alberghi e dei grattacieli e le favelas, distanti spesso poche centinaia di metri, sorta di bidonvilles abbarbicate al fianco di colline, senza acqua né luce, in cui vive una popolazione miserabile, nera e bianca. Mai lusso e miseria mi sono apparsi tanto insolentemente frammentati.2
31 ottobre 2010
Dilma Rousseff, l’ex guerrigliera, torturata durante il regime militare, viene eletta Presidente del Brasile.
Si può dire che la forza della speranza che aveva animato la generazione dei giovani che si erano schierati con gli umili e gli oppressi, combattendo contro la dittatura, si sia, almeno nella sua forma istituzionale, realizzata. Ma sebbene il Brasile stia attraversando un periodo di rinnovamento e di speranza, di assunzione di responsabilità e di leadership sullo scenario geopolitico mondiale, ancora oggi lo stesso contrasto che aveva colpito lo sguardo di Camus, futuro Premio Nobel per la letteratura, turba chi attraversa i grandi scenari urbani e paesaggistici di questa terra, per altri versi così bella e così dolce. Ad uno sguardo superficiale sembra che nulla sia cambiato da quando il grande autore, visitando il Brasile e l’America Latina, non si capacita di come “alla carezzevole dolcezza delle città, estesa lungo il bordo degli oceani” facesse da contraltare una realtà così tanto estesa di degrado e miseria. Provando evidentemente lo stesso sgomento che anche io ho provato quando, per la prima volta, ho attraversato San Paolo diretta a Peruibe, verso la Colonia Venezia, la Terra Promessa, l’Eden in cui in qualche modo Giorgio ha tentato per tutta la vita di restituire “il mal tolto”, l’espropriazione così magistralmente descritta da Edoardo Galeano in Le vene aperte dell’America Latina.3
Un vero e proprio je accuse la cui lettura può cambiarti la vita.
Così come il Brasile cambia la vita di Giorgio.
Il Brasile, il paese che egli ha vissuto in tutti i suoi aspetti, umani, culturali, sociali, economici e politici.
Catapultato in una terra non sua, ne abbraccia le cause con una radicalità evangelica che rasenta l’impudenza, pagando per questo un prezzo molto alto.
Inoltre, pur sentendosi sempre più brasiliano, tanto da pensare e scrivere il suo diario in portoghese, egli rimane profondamente italiano e vive costantemente in un rapporto ermeneutico4 con la madrepatria, partecipando alle sue vicende con la stessa attenta e intelligente partecipazione che riserva al suo paese di adozione.
La scoperta da parte dell’America aveva inaugurato un paradigma caratterizzato dallo sfruttamento dell’Europa delle ricchezze degli imperi latino-americani, uno sfruttamento intenso e spietato che aveva determinato lo sviluppo europeo e il conseguente sottosviluppo in quello che veniva definito Terzo Mondo. Un paradigma su cui si era basato l’ordine per cinque secoli e quello ancora predominante negli anni sessanta, anni in cui Giorgio arriva in Brasile. Un ordine che, con la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la fine della guerra fredda, viene sostituito da nuove indicazioni paradigmatiche, che prefigurano un mondo caratterizzato da poli regionali in qualche modo equivalenti e in aperta competizione. Nel mondo Post-Pittsburgh5 si delinea una “regionalizzazione della globalizzazione” che in America Latina vede con Lula presidente il Brasile protagonista principale del nuovo scenario geopolitico del XXI secolo. Uno scenario che muta in modo veloce e sorprendente, creando e modificando equilibri e processi di integrazione regionale. L’Europa e l’America Latina, definita da Marcello Carmagnani L’Altro Occidente, sono il risultato di una contiguità storica, giuridica, sociale e culturale vissuta attraverso un rapporto comparativo permanente, che esclude ogni pregiudizio di subalternità.6 Il subcontinente in questa ottica non è un soggetto passivo ma un soggetto attivo, che interagisce con le aree europee nei processi di occidentalizzazione intercorsi tra invasione europea e il nuovo millennio. Un’ottica che riscatta la pluralità delle forze e il gioco delle reciproche influenze che ha consentito ai Latino Americani di partecipare sempre di più alle vicende del mondo, senza rinunciare alle proprie specificità locali e nazionali. Del resto, scrive Alain Rouquiè, i problemi del subcontinente, almeno fino agli esordi del nuovo millennio, sono i problemi del nostro Occidente, solo ingigantiti, ipertrofici, drammatizzati.7 Perché, insiste lo studioso francese, mutuando una espressione di Valéry, in realtà l’America latina è un’invenzione dell’Europa che la conquista e la introduce nella sfera culturale occidentale.8
In questa logica interpretativa Giorgio, che è vissuto ed ha operato in America Latina fino al 2003, può essere definito un “ponte sospeso” tra questi due occidenti. Il suo sguardo non si allontana mai dal suo Occidente in uno scambio continuo, affettivo, culturale, politico e spirituale, in uno sforzo comune di produrre il bene al di qua e al di là dell’Oceano. Non indulge in posizioni paternalistiche, ma partecipa attivamente con quanti in Brasile lottano perché si affermino ordini giuridici stabili e legittimi la forza del diritto e della libertà individuale, perché tutti abbiano possibilità di esistere e far sentire la propria voce. Va all’origine delle cause dei problemi cercando la strada su cui muoversi per tentare una soluzione. Giorgio è un uomo di Chiesa, ma la sua Chiesa è la Chiesa che da Medellín9 a Puebla10 si è impegnata, con i motti, Basta di parole/Questa è l’ora dell’azione, a difendere la vita, il diritto e la giustizia. Giorgio, che con il suo impegno costante, quasi compulsivo, ha dato un contributo al mutamento in atto nella sua grande terra di elezione, con l’elaborazione intellettuale della sua azione e con il continuo “andirivieni” fisico e teorico con la sua terra d’origine, ha dato anche un contributo “di bene” all’Europa. Il teologo Johann Baptist Metz, negli anni 60, pone tra le grandi crisi del XX secolo anche la “provocazione del terzo mondo” e sostiene che solo aiutando le Chiese e i popoli dei Paesi sottosviluppati a divenire soggetti della propria storia, e di una storia planetaria, sempre più segnata dalla legge dell’interdipendenza, l’Europa avrebbe ritrovato quell’identità e quel senso che sembrava aver smarrito.
E così anche un altro grande teologo Jürgen Moltmann, con la Teologia della Speranza, sostiene che il cristianesimo è speranza, è orientamento e movimento in avanti e perciò è anche rivoluzionamento e trasformazione del presente.
È questo uno straordinario messaggio che in Europa ci viene “donato” dalla Chiesa della Teologia della Liberazione, alla cui travagliata attuazione Giorgio dedica tutta la vita con un impegno che non ha nulla di spontaneistico e improvvisato, come il suo comportamento esteriore spesso ha lasciato supporre, traendo in inganno anche persone che gli sono state vicine, ma che non hanno avuto l’occasione di sondare fino in fondo la personalità complessa e labirintica di Giorgio. La sua azione non si fermava mai all’esistente ma volava alto. Era impregnata di una strategia politica che, forte dei valori di democrazia e di libertà di cui l’Europa e l’Occidente sono comunque storicamente depositari, li rivendicava a voce alta per i popoli emarginati e oppressi con i quali ha condiviso la sua vita di amore e di lotta.
Ora l’America Latina e soprattutto il Brasile afferma la sua identità di leader internazionale, rilanciando processi di integrazione economica e sociale che modificano gli equilibri tradizionali, allontanandosi dall’Europa. Il rischio, secondo studi recenti, è che il ponte sospeso attraverso il quale si è costruita una storia comune possa incrinarsi e un patrimonio condiviso, in secoli di storia, vada perduto. Sarebbe necessaria quindi un’azione comune, su basi totalmente rinnovate, perché non si disperda quella straordinaria osmosi di valori umani, culturali, sociali e politici attraverso la quale migliaia di uomini, come Giorgio, hanno contribuito alla realizzazione di un presente carico della speranza “che un mondo diverso è possibile”, un mondo dove non ci siano più umiliati e offesi, ma tutti possano essere protagonisti del proprio destino.
1 Ponti sospesi | Ogni piede lo poggiamo | sopra un ponte sospeso | lo so che non esiste | la strada diretta | solo un grande labirinto | di numerosi crocevia | i nostri piedi camminando/creano senza forza immensi ventagli / di sentieri in germe, in FEDERICO GARCIA LORCA, Nel bosco dei cedri di luna, in Tutte le poesie, Roma, Newton, 1993.
2 ALBERTO CAMUS, Viaggio in America Del Sud, giugno-agosto 1949.
3 EDUARDO GALEANO, Le Vene aperte dell’America Latina, “Milano, Sperling & Kupfer 1997.
4 Nel senso di «fusione di orizzonti» (Gadamer, filosofo tedesco 1900-2002).
5 Il Vertice dei Paesi del G-20, che si è svolto a Pittsburgh in Pensilvania, dal 24 al 25 settembre 2009.
6 MARCELLO CARMAGNANI, L’altro Occidente. L’America latina dall’invasione europea al nuovo millennio, Torino, Einaudi 2003, p. XIII.
7 ALAIN ROUQUIÈ, L’America Latina, Milano, Mondadori, 2002.
8 Ibidem, p. 21.
9 Agosto 1968, Medellín in Colombia. La prima Assemblea generale dell’Episco pato latinoamericano che si prefigge lo scopo di tradurre nella realtà del subcontinente le indicazioni pastorali e gli impulsi di rinnovamento derivati dal Concilio Vaticano II.
10 Puebla - Messico (27 gennaio-12 febbraio 1979) - III Conferenza Generale dell’Episcopato latinoamericano, presieduta personalmente da Papa Giovanni Paolo II.

2

LA VITA/LA BELLEZZA È LO SPLENDORE DEL BENE1

Sono nato, mi hanno detto, quando l’Italia era in guerra con l’Eritrea, in Africa. Sono nato durante la dittatura di Mussolini, dittatura fascista che si contrapponeva alla dittatura comunista in epoca stalinista. I fasci romani sono stati il simbolo scelto da Mussolini, dopo la Prima Guerra Mondiale, per organizzare la reazione contro il fermento popolare che voleva la riforma agraria. Fascismo che voleva mantenere i privilegi della classe dominante.2
Queste parole tratte dai diari di Giorgio sembrano le più idonee nell’introdurre la sua vicenda biografica. Tutta la sua vita si snoda infatti fra storia e politica, fra conoscenza e azione.
Ho avuto una vocazione tardiva. È stata la Provvidenza a sbattermi all’altro capo del mondo. Pensate un po’ volevo farmi monaco trappista! Da giovane ho fatto politica. Il mio peccato di gioventù. Ero democratico cristiano di sinistra. Ero fanatico e litigavo con gli avversari comunisti. I miei zii da parte di mia madre erano comunisti e socialisti. E le polemiche erano feroci. Mio zio, da parte di mio padre, era tendenzialmente democristiano. L’Italia era divisa così, come il mondo dopo di Yalta. La paura dei comunisti era grande.
Entra nell’ordine dei Domenicani e studia filosofia a Bologna. Con il Pontificato di Giovanni XXIII la Chiesa si apre a nuovi orizzonti. Sono gli anni del Concilio Vaticano II. Dall’America Latina spirava il vento nuovo della Teologia della Liberazione. Giorgio conosce padre Lebret3 che aveva lavorato in Brasile dal 1952 al 1954 e che nelle sue conferenze si sofferma a lungo sulle cause del sottosviluppo e della fame nel mondo. Affascinato dalla sua personalità e dalla sua esperienza, nel 1966 Giorgio parte per il Brasile, due anni dopo...

Indice dei contenuti

  1. La rabbia e il coraggio
  2. Titolo
  3. Diritto d’autore
  4. Indice
  5. Prefazione
  6. Omaggio di Lula a frei Giorgio Callegari
  7. Sigle
  8. Prologo
  9. 1. Un ponte sospeso tra due Occidenti
  10. 2. La vita/la Bellezza è lo splendore del bene
  11. 3. L’arresto e la vita carceraria
  12. 4. Riflessioni teologiche nelle catacombe del mondo contemporaneo
  13. 5. Frei Tito
  14. 6. Testimonianze delle torture subite da frei Tito
  15. 7. Sciopero della fame
  16. 8. Il processo
  17. 9. Un San Domenico del XX secolo
  18. 10. La Chiesa
  19. 11. Dom Helder Camara
  20. 12. Giorgio testimone d’eccezione
  21. 13. La forza della speranza
  22. 14. Il tempo ritrovato
  23. Appendice
  24. Postfazione
  25. Referenze fotografiche
  26. Ringraziamenti
  27. Fonti