Beata Mamma Rosa
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Beata Mamma Rosa

Testimone della bontà in famiglia

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Beata Mamma Rosa

Testimone della bontà in famiglia

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In questo libro viene raccontata la storia di una mamma meravigliosa: la beata Eurosia Fabris in Barban (1866-1932), la prima beatificazione avvenuta con Papa Benedetto XVI a Vicenza, fuori dalla Città di Roma, il 6 Novembre 2005. Narra la vita semplice e umile di una di noi, che si dedicò totalmente, ma eroicamente, all'amore per la propria famiglia, dalla quale ebbe nove figli, di cui tre sacerdoti, accogliendone poi altri tre in adozione. Profondamente unita a Gesù, in un'intensa esistenza cristiana forgiata di preghiera e carità, allargò gli spazi del suo cuore dolce e puro rendendo la propria vita e quella di chi la incontrava intrisa di felicità e di fiducia incrollabile nella Divina Provvidenza. Eurosia, il cui nome greco significa «di buona costituzione corporea o di buona indole interiore», fu particolarmente devota allo Spirito Santo, attratta dall'Adorazione Eucaristica, confidente nell'aiuto immancabile della Vergine Maria, costantemente orante per le Anime in attesa della glorificazione. Ella capì che vivere cristianamente è la più bella e semplice avventura che si possa scegliere per la propria storia personale, un'avventura di «pace e bene». Sarta e catechista nella propria Parrocchia di Marola (Vicenza), arricchì la sua bellezza naturale con quella che viene dalla proposta cristiana, seguendo fedelmente la Regola dei Francescani Secolari ed avendo il dono di dialoghi interiori con Gesù stesso. «Mamma Rosa», come è conosciuta tra la sua gente semplice e umile della Diocesi di Vicenza, in Italia, Stati Uniti, Australia, Canada e Filippine ha esaudito le preghiere di molti credenti, quelle soprattutto di giovani spose, non solo intercedendo per il dono della loro maternità, ma anche favorendo adozioni, aiutando concretamente i giovani seminaristi in difficoltà, incoraggiandoli a seguire la vocazione e sostenendo fattivamente le loro famiglie.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788865123881

Appendice 1 - Eurosia Fabris in Barban (1866-1932), terziaria francescana, una vocazione alla maternità

“I figlioli ce li manda il Signore, come un tesoro.
Abbiamo confidenza in Dio, che non ci farà mancare mai il necessario…. Essi sono suoi prima che nostri. E se li vuole per sé, noi dobbiamo esserne grati, anzi felici.
Certo dovremo faticare di più; ma Dio ci aiuterà”.

“Mamma Rosa”, la chiamavano le due bambine rimaste orfane, in tenerissima età, della loro mamma, una volta che Rosina (come era chiamata in famiglia) decise di vivere con loro e di sposarne, a diciotto anni, il papà Carlo.
Fu la sua una vera vocazione a essere mamma, senza ancora avere generato, ma con gli stessi profondi sentimenti di tenero e operoso amore materno verso ogni sua creatura.
Scelta facilitata dal clima familiare intensamente religioso e sensibile ai dolori e alle necessità altrui, in cui visse e si formò Rosina.
Quella prima vocazione fu immediatamente seguita dalla seconda: il matrimonio con Carlo dal quale ebbe nove figli. Tre di essi divennero sacerdoti: due del clero diocesano, uno religioso francescano, P. Bernardino Barban.
La terza vocazione portò Mamma Rosa ad allargare il cuore materno per abbracciare e accogliere nelle sua casa altre creaturine, bisognose di affetto e cure materne. Un solo nome: Mansueto Mazzucco, divenuto in seguito frate minore con il nome di fra Giorgio.
La risposta alla triplice vocazione fu resa possibile, in Mamma Rosa, dal sentirsi chiamata alla santità di vita nello svolgimento dell’umile, quotidiano, talora logorante lavoro, in famiglia, in parrocchia, tra le giovani alle quali insegnava la professione di sarta, ma più ancora insegnava i solidi principi della dottrina cristiana e i corretti comportamenti in sintonia con le indicazioni evangeliche.
Missione e coraggio di svolgerla fedelmente, che le provenivano dalla sua semplice ma fervida preghiera: il Presepio, l’Eucaristia, il Crocifisso, lo Spirito santo, la Madonna, le anime del Purgatorio erano le sue devozioni preferite. Fedele alle pratiche religiose del culto mariano: il rosario quotidiano, i fioretti, le processioni. Pietà mariana favorita anche dal vicino santuario “Madonna di Monte Berico”, punto di riferimento per la sua devozione, ben visibile, alto sul colle, da Marola.
Infine la vocazione francescana. Entrò a far parte dell’Ordine Francescano Secolare, frequentandone le riunioni, ma soprattutto vivendone lo spirito in povertà e letizia, nel lavoro e nella preghiera, nella delicata attenzione verso tutti, nella lode di Dio Creatore, fonte di ogni bene e di ogni nostra speranza.
Divenne, per la famiglia, un vero tesoro, la donna forte di cui parla la Scrittura. Seppe far quadrare il bilancio familiare, molto magro, pur esercitando un’intensa carità verso i poveri con i quali condivideva il pane quotidiano; carità verso gli ammalati con assi- stenza assidua e prolungata; fortezza eroica dimostrata nel corso della malattia che condusse alla morte suo marito Carlo nel 1930.
La famiglia di Mamma Rosa fu davvero una piccola chiesa domestica dove ella seppe educare i figli alla preghiera, all’obbedienza, al timore di Dio, al sacrificio, alla laboriosità e a tutte le virtù cristiane.
In questa missione di madre cristiana, mamma Rosa si è sacrificata e consumata con un lento continuo logorio, giorno per giorno, come una lampada sull’altare della carità.
Morì a Marola l’8 gennaio 1932. La sua fama di santità ha permesso di aprire il processo canonico di beatificazione e canonizzazione, giunto ormai alle fasi finali, dopo il riconoscimento pontificio dell’eroicità delle singole virtù da lei praticate e il parere favorevole della consulta medica sul presunto miracolo. Si sta, così, realizzando l’auspicio, espresso un giorno da Pio XII, durante una udienza ai fratelli sacerdoti Barban:
“Bisogna far conoscere quest’anima bella, ad esempio delle famiglie di oggi”.


Decreto sulle virtù

“Siate soggetti gli uni gli altri nel timore del Signore” (Ef 5, 21).
L’apostolo Paolo esorta i coniugi ad amarsi gli uni gli altri, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei (Ef 5, 25). Illuminata da queste parole la Serva di Dio Eurosia Fabris vedova Barban amò con affettuosa dedizione il coniuge e i figli e, adempiendo fedelmente i propri doveri di moglie e di madre, si adoperò perché il matrimonio diventasse uno strumento di santificazione in un quotidiano costante impegno per la maggior gloria di Dio e la diffusione del Regno di Cristo.
Questa fedele testimone del Redentore nacque il 27 settembre 1866 a Quinto Vicentino da genitori preoccupati di dare alla propria figlia una confacente formazione cristiana. Alcuni anni dopo la sua famiglia si trasferì a Marola, dove la Serva di Dio trascorse tutto il tempo della sua vita.
Per soli due anni frequentò la scuola elementare, sufficienti tuttavia sia per aiutare la madre nel disbrigo delle faccende domestiche sia nel prestare la sua opera, a fianco del padre, nel coltivare i campi.
Ancora adolescente frequentava la parrocchia per insegnare alle fanciulle la dottrina cristiana.
A circa 20 anni di età, percepì chiaramente la vocazione al matrimonio sia perché pregata a prestare il suo servizio presso una casa vicina nella quale viveva Carlo Barban, vedovo, con due figliolette, con il fratello più giovane e con il vecchio padre ma, soprattutto, perché alle due bambine mancava la costante presenza di una donna che si prendesse cura della loro formazione umana e religiosa. Per questo motivo il parroco e gli stessi familiari della Serva di Dio la esortarono a sposare Carlo Barban. Accettò volentieri con grande spirito di carità verso quelle persone alle quali, ormai da tempo, si dedicava.
Il rito del matrimonio fu celebrato il 5 maggio 1886. Da questo matrimonio nacquero nove figli. La Serva di Dio con umiltà e molta pazienza poté migliorare l’indole del marito. Istruì i figli nella morale cristiana. Di essi, tre ebbero il dono di diventare sacerdoti. Con l’insegnamento e l’esemplarità di vita formò i suoi figli, li aiutò a discernere la propria vocazione. Oltre ai suoi figli, accolse in casa anche altri fanciulli poveri e bisognosi, ai quali insegnò camminare per le vie di Cristo.
Per aiutare a mantenere la famiglia, faceva, in casa, la sarta, istruendo anche alquante ragazze in questa attività.
Desiderosa di imitare il Poverello d’Assisi, nel 1920, si iscrisse al Terz’Ordine Francescano, vivendone fedelmente la spiritualità, spinta dall’aspirazione alla santità. Condusse una vita umile, nascosta; con assiduità, costanza e in letiiza esercitò le virtù cristiane, fedele alle promesse battesimali e al suo stato laicale.
Ebbe una fede ferma in Dio e nelle verità rivelate. Soprattutto amò Colui che ardentemente desiderava di andare a contemplare; senza sosta si intratteneva in intima comunione di spirto con l’assidua preghiera, la meditazione della Sacra Scrittura, la fervida pietà verso la SS. Trinità, la Passione di Cristo e l’Eucaristia. Ogni giorno partecipava con intensa devozione al Sacrifico Eucaristico. Venerava con filiale affetto la Vergine Addolorata e recitava il rosario quotidiano. Onorava e ossequiava il Sommo Pontefice, i vescovi, i presbiteri. Sprigionava attorno a sé letizia, perché anche nelle situazioni più tristi sperimentava la presenza di Dio che tutto governa con sapienza. Esortava i suoi familiari e quanti aveva occasione di incontrare a rivolgere il pensiero alla beatitudine eterna.
Fu spinta dall’amore di Cristo a un fecondo apostolato tra le ragazze che frequentavano la sua sartoria e anche tra coloro che versavano in situazioni morali pericolose: le accoglieva per consigliarle e persuaderle a seguire la volontà di Dio. Richiamava i peccatori sulla retta via e per la loro conversione offriva sacrifici al Signore. Serviva con particolare cura il suocero ammalato. Dava ospitalità a pellegrini e poveri, visitava gli infermi. Promosse attorno a sé la pace. Con prudenza e umiltà sedò molte risse, seminando concordia dove infuriavano discordie. Dalle persone di qualsiasi autorità o condizione sociale, che stimavano la sua non comune prudenza, fu chiamata autentica maestra di spirito.
Figlia spirituale di S. Francesco d’Assisi, visse povera, semplice, indulgente, modesta. Verso Dio, la famiglia e il prossimo esercitò scrupolosamente la giustizia. Per i lavori da lei svolti richiedeva soltanto una giusta ricompensa. Con animo sereno e forte sopportò la malattia, che nel novembre 1931 la colpì e costituì un preavviso della ormai prossima fine della sua esistenza. L’anno seguente, infatti, l’8 gennaio Eurosia rese l’anima a Dio, pronunciando queste ultime parole: “Dio mio, Dio mio, vi amo sopra ogni cosa”.
Aumentando la fama della sua santità, il Vescovo di Padova dette il via alla causa di beatificazione e canonizzazione istruendo tra il 1975-1977 il Processo Cognizionale, la cui autorità giuridica fu riconosciuta dalla Congregazione delle Cause dei Santi con decreto del 27 gennaio 1995. Preparata la Positio, fu discusso, come di norma, se la Serva di Dio avesse esercitato le virtù in grado eroico. L’undici marzo 2003, con esito favorevole, fu celebrato il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi. Quindi i Cardinali e i Vescovi, riuniti il 7 del seguente mese di maggio in Sessione Ordinaria, ascoltata la relazione del Ponente della Causa, l’Ecc.mo Mons. Luigi Dossena, Arcivescovo titolare di Carpi, dichiararono che la Serva di Dio aveva raggiunto il grado eroico nell’esercizio delle virtù teologali, cardinali e annesse.
Fatta un’accurata relazione di tutto questo al Sommo Pontefice Giovanni Paolo II dal sottoscritto Cardinale Prefetto, Sua Santità, accogliendo i voti della Congregazione delle Cause dei Santi e avendoli ratificati, ordinò di preparare il decreto circa le virtù eroiche della Serva di Dio.
Ciò fatto secondo la prassi, chiamati a sé oggi il sottoscritto Cardinale Prefetto e il Ponente della Causa e me Vescovo Segretario della Congregazione e gli altri che ordinariamente si convocano, alla loro presenza, il Beatissimo Padre solennemente dichiarò: Constare dell’esercizio eroico delle virtù teologali Fede, Speranza, Carità sia verso Dio sia verso il prossimo, nonché delle cardinali Prudenza, Giustizia, Temperanza e Fortezza e di quelle annesse da parte della Serva di Dio Eurosia Fabris vedova Barban, Madre di famiglia, del Terzo Ordine di S. Francesco d’Assisi, per il caso e l’effetto di cui si tratta.
Il Sommo Pontefice, inoltre, comandò che questo decreto fosse reso di diritto pubblico e fosse conservato negli atti della Congregazione delle Cause dei Santi.
Roma, 7 luglio A. D. 2003.
Giuseppe Card. Saraiva Martins
Prefetto
† Edoardo Nowak
Arciv. tit. di Luni

Appendice 2 - Decreto sul miracolo

La Venerabile Serva di Dio Eurosia Fabris nacque il 27 settembre 1866 a Quinto Vicentino in provincia di Vicenza. Crebbe e visse, tuttavia, a Marola di Torri di Quartesolo (Vicenza).
Nell’anno 1886 sposò il vedovo Carlo Barban, dal quale ebbe nove figli; tre di essi divennero sacerdoti. Si iscrisse al Terz’Ordine di San Francesco, vivendone in letizia lo spirito di povertà. Donna di profonda fede e generosa carità verso gli ammalati e i poveri, irradiò la luce di Cristo in famiglia e in parrocchia. Rimasta vedova nel 1930, due anni dopo, l’8 gennaio 1932, piamente si addormentò nel Signore.
Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, il 7 luglio 2003, decretò che la Serva di Dio aveva esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali e le altre virtù annesse.
Per la beatificazione e canonizzazione della Venerabile Serva di Dio, la Postulazione della Causa ultimamente sottopose al giudizio di questa Congregazione delle Cause dei Santi una asserita miracolosa guarigione della giovane Anita Casonato, che, il 20 maggio 1944, a 22 anni di età, fu ricoverata per 45 giorni nell’ospedale di Sandrigo (Vicenza) a causa di una anedopatia tracheobronchiale. Ritornata in famiglia, presentava ancora febbre, anoressia, astenia, tosse e dispnea.
I successivi esami clinici accertarono che si trattava di polisierosite tubercolare. Vista l’inutilità delle cure e peggiorando di giorno in ora lo stato di salute, il medico, alla cui professionalità si era affidata, informò della gravità della malattia, prevedendone un esito infausto a breve distanza.
Pertanto il 30 novembre 1944, la stessa Anita, consigliata dal parroco, che le aveva già somministrato il Sacramento dell’Unzione degli infermi, assieme a sua madre, ricorse fiduciosa all’aiuto divino, con una novena, per ottenere attraverso l’intercessione della predetta Serva di Dio, la salute. Il mattino successivo il medico costatò che la giovane era completamente guarita.
Di questo caso negli anni 1977-1980, presso la Curia di Vicenza, fu istruito il Processo Ordinario Informativo, la cui autorità e garanzia giuridica furono approvate dalla Congregazione delle Cause dei Santi con decreto del 14 febbraio 2003. Il Consiglio del Dicastero dei Medici nella sessione del 24 novembre del medesimo anno affermò che la guarigione fu istantanea, completa, duratura e, per la scienza, inspiegabile quanto al modo. Il 24 febbraio 2004 si tenne il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi e il 4 maggio la Sessione Ordinaria dei Padri Cardinali e Vescovi, Ponente della Causa l’Eccellentissimo Signor Luigi Dossena, Arcivescovo titolare di Carpi. In entrambe le riunioni, cioè sia dei Consultori che dei Cardinali, posto il dubbio se si trattasse di miracolo ottenuto per grazia di Dio, la risposta fu affermativa.
Alla fine, di tutti questi avvenimenti fatta un’accurata relazione al Sommo Pontefice Giovanni Paolo II da parte del sottoscritto Cardinale Prefetto, Sua Santità accogliendo i voti della Congregazione delle Cause dei Santi e ratificatili, comandò che fosse scritto il decreto della predetta miracolosa guarigione.
Eseguito ciò, secondo le debite modalità, convocati a sé oggi l’infrascritto Cardinale Prefetto e il Ponente della Causa e me Vescovo segretario della Congregazione e gli altri da convocare, com’è abitudine, alla loro presenza, il Beatissimo Padre solennemente dichiarò:
Constare del miracolo compiuto da Dio per l’intercessione della Ven. Serva di Dio Eurosia Fabris ved. Barban, madre di famiglia, terziaria francescana, cioè della istantanea, completa e duratura guarigione della giovane Anita Casonato da “polisierosite specifica”.
Sua Santità volle che questo decreto fosse reso di diritto pubblico e che fosse conservato negli Atti della Congregazione delle Cause dei Santi.

Dato a Roma, 23 giugno nell’anno del Signore 2004
Giuseppe Card. Saraiva Martins
Prefetto
† Edoardo Nowak
Arciv. tit. di Luni

Appendice 3 - Marola la Betania vicentina. La casa di mamma Rosa e quella di Marta e Maria

Il testo biblico dei Proverbi, con rapida efficacia, tratteggia l’identità della donna perfetta:

Una donna perfetta chi potrà trovarla? / Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il cuore del marito / e non verrà a mancargli il profitto.
Essa gli dà felicità e non dispiacere / per tutti i giorni della sua vita…
Si alza quando ancora è notte / e prepara il cibo alla sua famiglia…
Apre le sue mani al misero, / stende la mano al povero…
Apre la bocca con saggezza / e sulla sua lingua c’è dottrina di bontà.
Sorveglia l’andamento della casa; / il pane che mangia non è frutto di pigrizia.
I suoi figli sorgono a proclamarla beata / e suo marito a farne l’elogio.
Fallace è la grazia e vana è la bellezza, / ma la donna che teme Dio è da lodare (c. 31).

Ognuna di queste affermazioni trova l’esatto riscontro nella vita di mamma Rosa, sia da ragazza che, soprattutto, da sposa e madre di famiglia. Mai fu di dispiacere a suo marito Carlo Barban. Santo il matrimonio di Rosa con Carlo, saggio il suo parlare, ricco di dottrina e di bontà: I figli ce li manda il Signore, come un tesoro. Abbiamo confidenza in Dio, che non ci farà mancare mai il necessario.
Si alzava quando ancora era notte a preparare il cibo, particolarmente per i due figli seminaristi che, a piedi, da Marola si recavano a scuola nel seminario di Vicenza (10 km), da esterni, causa la povertà: I figli, che ci ha dato il Signore, sono suoi prima che nostri. E se li vuole per sé, noi dobbiamo esserne grati, anzi felici: con questo ci fa un gran onore. Ma lo preparava anche per i poveri: “Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero”. Il Signore ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Beata Mamma Rosa
  3. Indice dei contenuti
  4. Presentazione del vescovo di Vicenza
  5. Introduzione alla IX edizione
  6. I. Una «bella rosa» del giardino domestico
  7. II. Primizie di pietà e di apostolato
  8. III. Sulla via del Signore
  9. IV. L’angelo del santuario domestico
  10. V. Una mirabile educatrice dei figli
  11. VI. Fioritura di vocazioni sacerdotali e religiose
  12. VII. Palestra di lavoro e di apostolato
  13. VIII. Intreccio di dolori e di gioie
  14. IX. Vita di fede e di pietà
  15. X. Fiducia in Dio e devozione verso i suoi ministri
  16. XI. Profumi di carità evangelica
  17. XII. Mediatrice di concordia e di pace
  18. XIII. Spirito di povertà francescana
  19. XIV. Armonie d’umiltà e di semplicità
  20. XV. Luci ed ombre verso il tramonto
  21. XVI. L’ultimo olocausto d’amore
  22. XVII. Grazie e miracoli della beata Mamma Rosa
  23. XVIII. La causa di beatificazione
  24. XIX. Il giudizio di due altri santi
  25. XX. La prima beatificazione in Diocesi, extra Urbem
  26. XXI. La donna non può ritrovare se stessa se non donando amore agli altri
  27. XXII. Tre volti attuali della beata Mamma Rosa
  28. Appendice 1 - Eurosia Fabris in Barban (1866-1932), terziaria francescana, una vocazione alla maternità
  29. Appendice 2 - Decreto sul miracolo
  30. Appendice 3 - Marola la Betania vicentina. La casa di mamma Rosa e quella di Marta e Maria
  31. Appendice 4 - Breve apostolico di beatificazione
  32. Appendice 5 - Eurosia Fabris nella testimonianza di una pronipote «mamma»
  33. Appendice 6 - Link collegamenti video
  34. Appendice 7 - Visite di Vescovi alla tomba della beata mamma rosa
  35. Appendice fotografica
  36. Indice dei nomi
  37. Note