Il volto di Dio è amore misericordioso
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Il volto di Dio è amore misericordioso

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Il volto di Dio è amore misericordioso

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Informazioni sul libro

Il testo presenta un corso di Esercizi tenuto dal card. Marco Cè nel 2012.
Le otto meditazioni (La nascita di Gesù, La vita di Gesù a Nazareth, Gesù maestro, La preghiera di Gesù, L'Eucaristia, "Non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu", La resurrezione e la missione, I misteri di Maria) vogliono essere uno sguardo prolungato sulla persona di Gesù e una contemplazione dei misteri della sua vita.
I misteri sono gli eventi che, realmente, storicamente accaduti nella vita del Signore, hanno il valore di salvare la nostra vita.
A cura di Luisa Bienati

Domande frequenti

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Informazioni

Anno
2016
ISBN
9788865124970

Prima Meditazione

La nascita di Gesù

Questi Esercizi vogliono essere uno sguardo prolungato sull'adorabile persona di Gesù, contemplando i misteri della sua vita. Gli eventi della sua esistenza sono chiamati misteri perché sono eventi salvifici, cioè eventi che hanno la grazia della salvezza per ciascuno di noi. Li chiamiamo misteri perché la nostra intelligenza è troppo limitata per comprenderne l’infinita ricchezza. Questo non vuol dire diminuire bensì affermare la loro realtà. Sono gli eventi che, realmente, storicamente accaduti nella vita del Signore, hanno il valore di salvare la nostra vita.
Cominciamo con il primo mistero della vita di Gesù, cioè la sua nascita.
Gesù nasce a Betlemme. Un luogo dove Dio si rivela all'uomo nell’umiltà di un bambino povero e fragile, ma dove oggi spesso il male mostra il suo vero volto nel segno della guerra e della violenza.
Situata a poca distanza a sud di Gerusalemme verso il deserto, Betlemme, a differenza di Nàzaret, è città molto nota nelle Scritture dell’Antico Testamento: essa è la patria del casato di Davide che a Betlemme è stato unto re da Samuele (1 Sam 16,1- 13). Da Betlemme verrà il Messia.
Luca è l’evangelista che narra la nascita di Gesù.
Leggiamo il testo di Lc 2,1-20:

(1) In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. (2) Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. (3) Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. (4)Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davi de. (5) Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
(6) Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. (7) Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell'alloggio. (8) C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge.(9)Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, (10) ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: (11) oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. (12) Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». (13) E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
(14) «Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
(15) Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». (16) Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. (17) E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. (18) Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. (19) Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. (20) I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.

Luca articola il racconto in tre momenti: il fatto (2,1-7), l’annuncio (2,8-14), l’accoglienza (2,15-20).
L’evento è accaduto una volta per sempre, ma è per tutti fino alla fine dei tempi. Di fronte ad esso dobbiamo sentirci provocati: “è per me”. “Oggi Cristo è nato” dice la liturgia: questo “oggi”, che è il modo proprio di essere e di agire di Dio, è in qualche modo “verificato” (reso vero) dall'azione sacramentale che celebra i misteri. È meravigliosamente vero che il Padre mi dona Gesù e me lo dona oggi.
Il fatto: innanzitutto l’ordine del censimento da parte dell’imperatore di Roma, voluto probabilmente per ragioni sia economiche (per imporre le tasse) sia militari (per sapere di quanti soldati potesse disporre).
Il secondo evento è l’umilissima nascita del Bambino, che nasce in una grotta perché non c’è posto per lui nel caravanserraglio. Umanamente parlando la cosa più importante sembra l’editto dell’imperatore, ma in realtà questo è in funzione di un altro fatto: la nascita di questo bambino che, secondo i profeti, doveva avvenire a Betlemme.
Di fatto Maria e Giuseppe vivono a Nàzaret, ma nella provvidenza di Dio il gesto dell’imperatore serve perché questo bambino nasca dove deve nascere. Dio conduce il corso degli avvenimenti, nel rispetto della libertà di tutti.
Di questa nascita per ben tre volte si dice che il “bambino giace in una mangiatoia”. Questo fatto viene sottolineato con forza perché è straordinario: l’evento più importante della storia accade nel modo più umile che si possa immaginare. Si evidenzia così lo stile di Dio che accompagnerà tutta la vita di Gesù e che non può non interpellarci: “l’abbassamento” proprio dell’Incarnazione, rivelazione del modo di essere del Figlio di Dio (cfr. Fil 2, 5-7).
Ricordiamo anche il testo di Matteo (11,25), quando Gesù prega ad alta voce: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”.
L’ annuncio: l’annuncio dell’evento più straordinario, che segnerà per sempre la storia, viene dato per primo agli ultimi nella scala sociale della società ebraica, i pastori, persone ritenute “impure”. Disse loro l’angelo: “Non abbiate paura: sono infatti qui per annunziarvi una buona notizia, che sarà gioia per tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Messia Signore”. L’ annunzio della nascita di Gesù, che è “il Signore”, non può essere dato che da Dio stesso, tramite gli angeli. ‘Salvatore’ (soter), era il titolo che si dava all'imperatore. Ma è questo bambino il vero Salvatore, che nasce nella più grande povertà e umiltà.
Questo Bambino, quindi, è Salvatore, Messia e Signore. “Salvatore” per il mondo ellenistico era l’Imperatore, per gli ebrei Dio liberatore dall'Egitto, per Luca è questo Bambino, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. Cose analoghe possiamo dire degli altri due titoli: Messia e Signore.
Nell'inno degli angeli vanno notate due parole: “gloria” e “pace”. La “pace” sulla terra è il volto della “gloria” di Dio in cielo “agli uomini che egli ama” e dice l’universalità della pace portata dalla nascita del bambino…
L’ accoglienza dei pastori è immediata e gioiosa: accorrono, trovano e vedono. Lo riconoscono dal segno indicato dall'angelo: il bambino è deposto in una mangiatoia. Pensiamo a quanto Maria avrà sognato quest’evento, con quanto amore lo avrà preparato. E poi l’evento accade in un modo così povero!
Il Vangelo dice che “Maria invece custodiva tutte queste parole meditandole nel suo cuore”. Il termine ‘parola’ non ha un significato soltanto verbale; ‘parola’ nel senso biblico non è solo un suono della voce: la ‘parola’ indica l’avvenimento. Potremmo così dire che Maria custodiva quest’avvenimento meditandolo nel suo cuore. Maria si raccoglie nel silenzio e nell'ascolto dei fatti che accadevano e che chiedevano un atteggiamento profondissimo di fede, nel ripetersi del fiat col quale aveva risposto all'angelo. Anche questa nascita non poteva non interpellarla e farle chiedere: perché? Maria certo custodisce questi eventi nel suo cuore, li medita e cresce nella comprensione del mistero di cui è chiamata a diventare parte; entra nel mistero della volontà di Dio che la coinvolge continuamente, nel mistero di salvezza del Figlio.
“Con poche parole… Luca è riuscito a presentare Maria come la figura esemplare del discepolo (e della Chiesa) in ascolto e in cammino: non un discepolo che già sa, ma che deve camminare nella comprensione, illuminando con la parola ascoltata (che viene da Dio, ma attraverso altri) ciò che vede e vive”.[1]

Meditiamo
1.La storia del mondo è nelle mani di Dio, il quale misteriosa-mente la “conduce” per realizzare il suo disegno di salvezza nel rispetto della volontà degli uomini.
Secondo le profezie dell’Antico Testamento, il Messia deve nascere a Betlemme.[2] Maria e Giuseppe abitano invece a Nàzaret. Ed ecco che, per portare i due a Betlemme, si muove l’imperatore di Roma con un decreto che ordina il censimento di tutta la terra. Ciascuno deve farsi registrare nella sua città d’origine. In tal modo, essendo Giuseppe della famiglia di Davide, con Maria si porta a Betlemme, dove nasce Gesù. L’imperatore si muove liberamente, però dentro un piano divino di salvezza. La storia degli uomini, come la nostra storia personale, è sempre nelle mani di Dio.
Questo deve darci fiducia anche di fronte ad eventi negativi che segnano pesantemente la storia dell’uomo. Dio piega anche gli avvenimenti più lontani per realizzare il bene dei suoi figli. Lasciamoci dunque condurre da Lui.
Certo, non sempre ci è dato di vedere e di comprendere l’azione di Dio. Maria e Giuseppe in tutta questa vicenda della nascita di Gesù si fidarono di Dio, talora faticando a comprendere perché Dio agisse in quel modo. Si sono fidati di Dio.

2.Contempliamo l’evento più grande della storia, assolutamente impensabile e unico: il Figlio di Dio si fa uomo, prendendo carne umana nel grembo di una donna e nascendo come tutti gli uomini.
Quel bambino che nella circoncisione verrà chiamato Gesù, è il Figlio di Dio. Nasce in un modo umilissimo. Non c’è posto per loro all'albergo e il Figlio di Dio nasce in una stalla; avvolto in fasce, viene deposto in una mangiatoia.
Però è l’atteso di tutta la storia: Lui solo ci può salvare. Per questo l’annunzio della sua nascita viene dato dagli angeli: è la bella notizia per eccellenza che annunzia la salvezza per l’umanità.
A chi viene annunziato l’evento? Ai più poveri nella scala sociale: i pastori. È lo stile di Dio che poi apparirà sempre più chiaro nella vita di Gesù (cfr. Mt 11,25).

3.Chiediamoci: ci rendiamo conto cos'ha fatto Dio per noi? “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” (Gv 3,16).
Dobbiamo porci la domanda: per la mia vita cos'è e cosa dice Gesù Cristo? Sono veramente un “credente” in Lui, so che da Lui soltanto posso essere salvato? Sono un credente in Gesù Cristo o la mia è una vaga religiosità, fatta di alcuni appuntamenti e alcune osservanze ma non di una vera fede, un tu-per- tu con il Figlio di Dio che si è fatto uomo per me? Quanto Gesù è veramente determinante per la mia vita, per le mie decisioni? Gesù non è un mito, non è una proiezione dell’ideale dell’umanità, ma un evento realmente accaduto nella storia. Il nostro rapporto con Gesù è il rapporto con una persona viva o la mia è una religiosità che ci porta a gesti, a preghiere, a riti, ma non è l’apertura della vita alla persona del Figlio di Dio che per me ha dato la vita?
Con queste domande tocchiamo il cuore degli Esercizi: solo nella preghiera possiamo darci delle risposte e prendere delle decisioni.

4.Infine non possiamo eludere il problema della sconcertante povertà e umiltà in cui nasce Gesù. Forse ci siamo abituati, non ci sorprende più.
E allora rileggiamo insieme la lettera ai Filippesi (2,5-8): “Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, divenendo simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce”, e la Seconda lettera ai Corinzi: “Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9).
Il discorso dell’umiltà e della povertà di Gesù è intrigante e si preferirebbe eluderlo: ma non possiamo metterci su questa strada. Dobbiamo affrontarlo.
L’umiltà non è questione di stato sociale (nobile o non), ma è un atteggiamento interiore davanti a Dio: “Tu solo sei grande, davanti a Te tutti siamo piccoli e tutto ci viene da Te”. Uno che ha questa consapevolezza non è arrogante e altezzoso col prossimo: né con l’eguale, né con il povero e l’ignorante. Come riconosce in sé le sembianze di Gesù, così le onora nel fratello ignorante e di basso livello sociale.
Così la povertà. Incominciando col dire che la ricchezza in sé non è un male e tanto meno un peccato: in sé è un dono di Dio e può essere strumento di bene. Detto questo, cerchiamo di riflettere evangelicamente:
  • la ricchezza non può diventare l’obiettivo più importante della mia vita: il mio dio, sarebbe un idolo. Lo è quando è al vertice dei miei pensieri, delle mie preoccupazioni e dei miei desideri (vedi Lc 12,13-21);
  • della ricchezza devo saper fare un uso “sobrio”, che tenga conto delle situazioni di tanti fratelli che sono nella miseria. Non chiedetemi le misure: vale il senso di responsabilità di ciascuno, tenuto conto della sua condizione sociale.
Certo la pagina di Mt 25,31ss non la possiamo stracciare dal Vangelo come se non ci fosse. Troppo chiaro nel ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il volto di Dio è amore misericordioso
  3. Indice dei contenuti
  4. Prefazione
  5. Nota del curatore
  6. Introduzione
  7. Prima Meditazione
  8. Seconda Meditazione
  9. Terza Meditazione
  10. Quarta Meditazione
  11. Quinta Meditazione
  12. Sesta Meditazione
  13. Settima Meditazione
  14. Ottava Meditazione
  15. Indice delle illustrazioni
  16. CATECHESI