Nello spazio adibito a cucina, la giovane Maria trascorreva il suo tempo rattoppando una veste che le si era tagliata mentre stava raccogliendo dell’acqua. Tutta intenta alle faccende di casa, sentiva di fianco alla sua abitazione i rumori che provenivano dalla bottega del carpentiere che le era promesso sposo; era sempre così, quell’uomo lavorava ogni giorno, con pazienza e passione, dalle prime luci dell’alba, finché non aveva portato a termine il suo servizio, finché non aveva realizzato le fatture che gli erano state commissionate.
La Galilea, al tempo di Cesare Augusto, il grande imperatore romano, era una terra laboriosa e di preghiera, mai dimentica di servire il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, una terra dove la vita comunitaria era attiva, i luoghi di incontro e di dialogo tanti, come le sinagoghe, le piazze, i mercati. Le donne, spesso e volentieri, si ritrovavano alle decine di pozzi sparsi nelle periferie delle città, dove arrivavano con grandi secchi a recuperare l’acqua che serviva alle necessità della famiglia.
Anche Maria, a Nazareth, lo faceva spesso. Le sue lunghe chiome nere arrivavano fin sotto le spalle, spesso mosse dal vento che spirava per le strade; le aveva avute sempre, fin da bambina, le piacevano, e ad Anna, la madre, una delle donne più pie del paese, non dispiaceva. Anche lei, da fanciulla, aveva i capelli molto lunghi e lisci. Maria le somigliava molto, da Anna aveva preso lo stesso carattere, mite e dolce, la prudenza e la pazienza, l’affabilità e la cura delle cose di casa. Anna l’aveva iniziata sin da piccola alla frequentazione della preghiera e la giovane, adesso alle soglie del compimento del quindicesimo anno, era molto attenta alla parola del Signore.
Un giorno lontano, a tarda sera, vedendola intenta a scorrere le pagine del berit , dell’alleanza di Dio col popolo d’Israele, Anna prese a chiederle:
Maria, perché non raggiungi il tuo giaciglio? È tardi!
E Maria, neanche distogliendo lo sguardo da quella pagina, rispose a voce bassa:
Ma devo leggerla e rileggerla la nostra storia, madre! È la storia del nostro popolo, che tanto ha sofferto in questi secoli.
Cosa stai leggendo in particolare? – riprese Anna –.
E Maria, anche qui, continuando a fissare quel libro:
Sto leggendo di una donna di nome Giuditta e di come abbia soccorso la sua gente dal malvagio Oloferne [1] .
Poi, quasi se volesse parlare a se stessa, a voce bassa, aggiunse: “Sono essi, avversari e nemici, a inciampare e cadere” [2] , facendo eco ad un antico testo salmodiale.
Ad Anna non dispiaceva che Maria coltivasse lo studio e l’interesse verso le cose sante, ma era capace ogni giorno di meravigliarsi del modo in cui la giovane figlia si legava a quelle storie lontane, a quelle degli antichi patriarchi, a quelle di Davide e Salomone, a quelle di Isaia. Del grande profeta ammirava le pagine misteriose che narravano di un servo che avrebbe sofferto a lungo [3] .
A dir la verità, quelle pagine così particolari interessavano tanto anche Gioacchino, il papà di Maria, e più d’una volta, prima di andare a letto, il vecchio marito di Anna le aveva lette alla figlia, specie nei primi anni della sua vita: voleva che Maria avesse una visione chiara della storia d’amore del Signore con l’uomo, che conoscesse i momenti di gioia, ma anche quelli di dolore, quelli dell’arrivo nella terra promessa, dove scorre latte e miele [4] , quelli dell’esilio e della prova, della preghiera silenziosa e di quella nel grande tempio. Maria apprezzava la lettura di queste cose, per quanto non le capisse pienamente, e le pregava, con generosità e mitezza d’animo, come le era stato insegnato. Anna ogni giorno verificava la bellezza, non solo esteriore, ma anche interiore, della piccola Maria, e, a sua volta, non cessava di ringraziare il Dio dei padri per quello che ogni giorno di più considerava un bel dono.
In Maria si intravvedeva la carezza del Creatore, quasi che questi, alle origini, dopo aver soffiato sulla polvere a far scaturire l’uomo, e dopo quel primo atto di disubbidienza [5] , avesse pensato ad una creatura in particolare ancora più sublime, capace di ereditare la bellezza che gli occhi di Eva poterono contemplare nel giardino. Anche gli occhi di Maria erano molto belli. Castani, ma pieni di luce e di gioia, scrutavano ogni cosa, ma non portavano nessun rancore, nessun odio, nessun risentimento. Maria era così, docile, capace di una buona parola per tutti, sempre pronta ad aiutare la madre, sempre pronta a consolare chiunque avesse avuto un momento di smarrimento.
Confida sempre nel Signore, amalo con tutto il tuo cuore e tutte le forze – diceva spesso ai suoi interlocutori – che tanto l’apprezzavano.
Anche a dieci anni, quando andò da una vicina di casa che aveva appena perso lo sposo di una vita, sapeva accostarsi parlando di felicità e di una vita nuova, al cospetto di Dio. Era convinta che questi amasse così tanto l’uomo da preparargli una “terra dei viventi” [6] .
Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore, speri nel Signore.
Quella di Maria, in fondo, era una vita ordinaria, solo la giovinetta denotava una grande maturità nel compiere quanto le veniva affidato, e nell’ubbidienza portava a termine ogni compito; Gioacchino ed Anna erano rinfrancati dalla bellezza di Maria, che ...