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Dentro e fuori degli anni di piombo
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L'evoluzione della coscienza economico-politica nell'Italia post-bellica – sullo sfondo della Sezione III della Costituzione Repubblicana approfonditamente discussa, fino allo sfociare nelle prospettive del quadro europeistico dei nostri giorni – risalta attraverso sequenze di dibattiti e controversie che hanno accompagnato le più decisive riflessioni sui presupposti filosofici e ideologici di una moderna democrazia.
L'autore riesce a documentare in modo efficace e convincente la sua attiva presenza e, sulla scorta del magistero sociale della Chiesa, il suo contributo alla chiarificazione e rasserenamento del quadro sociale.
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Informazioni
Argomento
FilosofiaCategoria
Filosofia politicaSul debito estero dei Paesi in via di sviluppo
(Uno studio del problema e di alcune prese di posizione; contributo a un seminario di studio: pubblicato su Operare, 1989/1)
Premessa
La situazione di vera miseria di molte popolazioni del terzo mondo richiede ai paesi ricchi liberalità e contributi a fondo perduto ben al di là di una più scrupolosa politica finanziaria internazionale. Ma poiché, da un lato, i paesi in via di sviluppo (PVS) debbono essere avviati a diventare soggetti operanti a pieno titolo nel consesso internazionale, e, dall’altro, nemmeno i paesi industrializzati potrebbero credere di realizzare pienamente la loro individualità politica sulla base di una mera rappresentanza di interessi economici o nazionali, la considerazione delle relazioni economiche intercorse e in atto fra paesi industriali e PVS costituisce una attenzione fondamentale in vista di quei futuri rapporti internazionali più giusti cui tutti debbono contribuire.
La recente enciclica Sollecitudo Rei Socialis nella sezione III intitolata «Panorama del mondo contemporaneo», in quel dettagliato elenco delle principali disfunzioni e fenomeni sociali negativi che affliggono il mondo di oggi, che va dai nn. 11 a 26, menziona al n. 19 la questione del debito internazionale come questione strettamente collegata allo sviluppo dei popoli e indicativa della loro interdipendenza, con i rischi che questa comporta. Successivamente il discorso viene ripreso ai nn. 43 e 46, dove si auspica «un grado superiore di ordinamento internazionale».
Attraverso una raccolta e analisi della documentazione statistica in proposito, ci proponiamo di ritrovare gli elementi quantitativi del problema e delle preoccupazioni espresse dall’enciclica, e di spiegarci in particolare come sia avvenuto che uno strumento (cioè il credito internazionale) che l’enciclica definisce «prescelto per dare un contributo allo sviluppo» si sia «trasformato in un congegno controproducente» (n. 19), che ha in definitiva aggravato il sottosviluppo. Cercheremo di valutare opinioni espresse anche da altri autori nel merito di queste questioni.
Alcuni eventi economici e finanziari dal 1970 al 1987
Diamo l’avvio alla presente ricerca sull’indicazione che «quando i PVS hanno cominciato ad indebitarsi pesantemente con le banche internazionali, tra il 1970 e il 1974, i tassi di interesse negli USA – e conseguentemente sull’eurodollaro – erano relativamente bassi e in alcuni anni inferiori allo stesso tasso dell’inflazione statunitense. Indebitarsi a quelle condizioni sembrava un buon affare». [1]
È la premessa per dire che le cose sarebbero andate in modo assai differente negli anni successivi. Verifichiamo dunque questi dati e la loro evoluzione su alcune statistiche ufficiali. Come indice di inflazione negli USA assumiamo le variazioni negli indici dei prezzi all’ingrosso, maggiormente significative per gli scambi internazionali.
( vide OCDE, Main Economic Indicators, dec. 1984 e 1987; Historical Statistics 1964-1983 , pp. 74 e 80)
Anche se una effettiva inferiorità dei tassi di interesse rispetto al tasso di inflazione non appare riscontrabile nel mercato del dollaro fino a tutto il 1972, è però senz’altro plausibile nell’ambito di prestiti a tasso agevolato in genere concessi dagli organismi internazionali a particolari paesi del terzo mondo. [2]
La novità clamorosa nel 1973, e che si ripete nel 1979, viene evidentemente dal lato dei prezzi alla produzione. Il fenomeno – non limitato al mercato interno statunitense – è una ripercussione evidente delle due successive decisioni dei paesi dell’OPEC, che condussero alla «quadruplicazione del prezzo del petrolio, a fine 1973» [3] , e alla «crisi petrolifera del 1979, che ha portato il prezzo del greggio a dieci volte di quanto lo era prima del 1973». [4] Da tale data l’ingente massa di dollari sborsati dai paesi industrializzati per pagare le importazioni petrolifere (i c.d. petrodollari), va a sovralimentare l’attività finanziaria internazionale. Fra il 1974 e il 1975 il flusso netto di risorse per mutui ai PVS raddoppia. Ma a quali condizioni, e in concomitanza a quali altri effetti sulle economie dei paesi sviluppati e non?
Dal punto di vista dell’interscambio finanziario fra Paesi industrializzati e PVS, l’elemento di novità intervenuto dopo il 1973 è dato dal ruolo sempre maggiore assunto dal sistema bancario rispetto alle istituzioni internazionali di carattere ufficiale: Fondo monetario internazionale (FMI) e Banca mondiale (BM) Fiumi di dollari affluiscono nei depositi intestati ai vari paesi esportatori di petrolio presso le banche, le quali secondo i criteri privatistici loro propri, assumono iniziative di prestiti internazionali alle condizioni dettate momento per momento dal mercato. [5]
Sarebbe stato piuttosto necessario – si replica [6] – potenziare le dotazioni finanziarie delle organizzazioni internazionali: ma quanto una tale aspettativa appare realisticamente addossabile ai paesi più industrializzati – proprio mentre questi (tranne Giappone, Germania Federale e Canada) si trovavano a far fronte a pesanti squilibri nella loro bilancia dei pagamenti per l’inusitato aumento del prezzo del petrolio? Sembra più congruo invece osservare che, se «la gestione di surplus finanziari dei Paesi dell’OPEC, (se) fosse stata affidata non solo alle banche commerciali, così come è accaduto, ma anche alle Organizzazioni intergovernative, avrebbe potuto costituire per i PVS una interessante possibilità di accesso a crediti agevolati limitando contemporaneamente le destabilizzanti spinte speculative.» [7]
Lo sviluppo economico dei paesi industriali riesce comunque, nel periodo dal 1971 al 1980, a mantenersi su una media annua del 3,2%, e l’espansione annua del commercio internazionale è in media del 6%. [8]
Osservando nel prospetto iniziale il parallelismo fra l’andamento dell’indice dell’inflazione e le variazioni del tasso di sconto nel periodo 1973-75, si nota come entro detto triennio la spinta inflazionistica, relativamente agli USA, possa dirsi quasi riassorbita. Tuttavia il tasso di sconto, che nel 1972 era pari all’inflazione, nel 1976 ne risulta ancora superiore di un punto, e riprenderà subito a salire.
Il parallelismo nell’andamento di questi due indici, che si riavrà a livelli ben più elevati durante la crisi del 1979, non sarà altrettanto stretto. In questa occasione il rientro dei tassi di interesse ai livelli precedenti richiederà un quinquennio, al termine del quale si produce una quasi stazionarietà, e persino regresso, degli indici dei prezzi all’ingrosso.
Viene da pensare che gli aumenti del tasso di sconto, con conseguente stretta creditizia, messi in atto nel 1979 – se pur intesi a contenere l’inflazione interna statunitense e a spingere la ricerca di combinazioni alternative per un rapido riaggiustamento su nuove convenienze – abbiano invece, in questa occasione, raggiunto punte eccessive, conducendo dal contenimento dell’inflazione a una non necessaria `quasi recessione’, con la riduzione del tasso annuo d’aumento del prodotto nazionale lordo dei paesi industrializzati al 1,7% nel periodo 1981-84, e una espansione annua del commercio mondiale scesa nello stesso periodo al 2,2%. [9]
Ulteriore conseguenza degli alti tassi di interesse nell’area del dollaro è stato il suo forte apprezzamento rispetto alle altre valute che ha reso più gravosi tutti gli adempimenti in dollari, sia il servizio dei debiti dei paesi del terzo mondo come la fattura petrolifera dei paesi industriali. Era pure inevitabile che tale aggravio della spesa petrolifera portasse ad una minore disponibilità di spesa su altri settori sia del mercato interno che internazionale.
A questo punto, in base a quanto è stato detto, i meccanismi che hanno dapprima facilitato e successivamente aggravato la situazione debitoria dei PVS possono essere cosi riassunti – a partire dalla decisione oligopolistica dei paesi OPEC (tutt’altro che esemplare nella sua repentinità) circa l’aumento del prezzo del greggio:
1 – improvviso aumento del debito dei paesi industriali e non (v. tab. 6a) nei cfr. dell’OPEC
2 – forti spinte inflazionistiche all’interno dei paesi industriali (tab. 3a)
3 – affrettata apertura di linee di credito verso i PVS (traslazione del debito)
4 – provvedimenti anti-inflazionistici di aumento dei tassi di interesse e rallentato sviluppo dei paesi industriali
5 – apprezzamento del dollaro
6 – minori disponibilità di spesa dei paesi industriali sul mercato estero e riduzione nella crescita delle esportazioni dei PVS (tab. 7)
7 – peggioramento della ragione di scambio delle esportazioni dei PVS per effetto della riduzione della domanda (tab. 8).
Situazione debitoria e sua evoluzione
È ora necessario farsi un idea più esatta in termini quantitativi dell’entità e della gravosità della situazione debitoria dei PVS. La gravosità, in modo particolare, appare legata ad elementi diversi, quali i tassi di interesse, gli aumenti o diminuzioni del prezzo di mercato dei prodotti esportati dal paese debitore, l’incidenza percentuale del servizio del debito (pari alla somma degli interessi e dei rimbor...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Dentro e fuori degli anni di piombo
- Indice dei contenuti
- Presentazione
- LETTERE E DIBATTITI
- Sulla Messa aziendale
- Una predica
- Meglio la polemica che certi silenzi
- Su marxismo e cristianesimo
- Logica economica
- Liberalismo e marxismo nel Magistero
- Morale evangelica e sistemi economici
- A Renato Curcio e i suoi compagni
- Liberalismo e marxismo nei fatti
- Risparmio eccessivo?
- Una lettera
- Crisi ad Ivrea
- Crisi ad Ivrea II
- About the Going on Debate
- Pastorale del lavoro
- Equo canone?
- Politiche della casa
- Magistero-Blitz
- Tempo di slogans
- Quell'editoriale sui licenziamenti
- Sul diritto al lavoro
- Sulle ‘vendite allo scoperto’
- A Letter to the Tablet
- Contenzioso intraeuropeo
- ARTICOLI
- Nella morsa dell'inflazione*
- Una dichiarazione di Bukovski
- Sindacalismo o utopia?
- Cooperative e partecipazione operaia
- Vangelo ed evoluzione dei sistemi economici
- Coscienza e incoscienza economica nell’Italia d’oggi
- Economia senza finanza
- Sul concetto di lavoro: teorie e riflessioni
- Proprietà umana e proprietà capitalista secondo Mounier
- Heidegger, Mounier, Tommaso, Weber, a confronto
- Sul debito estero dei Paesi in via di sviluppo
- NOTE GIURIDICO-ECONOMICHE
- I rapporti economici nella costituzione
- Settori pubblici o equiparati
- Settori ad economia mista
- La pianificazione dal punto di vista economico e giuridico
- Conclusioni sull'art. 41 della Costituzione
- Legislazione e amministrazione