Umanità e Nuovo Umanesimo
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Umanità e Nuovo Umanesimo

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In un mondo sempre più secolarizzato che proclama la "morte di Dio", in una società dove il criterio fondamentale è l'utile, dove tutto si vende e si compra e tutto sottostà al totalitarismo tecnologico per cui l'uomo si affida sempre di più alla potenza della tecno-scienza, l'autore si propone di ripensare un nuovo umanesimo cristianamente ispirato.
"Si potrà abitare, uscire, annunciare, educare, trasfigurare se, singolarmente e comunitariamente, si è fedeli a quello nel quale si crede".

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Informazioni

Anno
2017
ISBN
9788865125410

LE VIRTÙ

Anche nell’età industriale-tecnologica nella quale siamo si avverte la necessità di non restare semplici individui che si conformino ai valori del mondo, ma di realizzare, nei limiti del possibile, ciò che si sente di essere, in fedeltà alla propria consapevole visione di vita e nella conoscenza della situazione esistente.
Per questo sono ancor necessarie, se non indispensabili, le antiche virtù. Nel maggio del 1948, mentre, in Europa, dopo le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, si era intenti alla ricostruzione materiale delle città e dei paesi, l’allora arcivescovo di Nizza Stanislao M. Gillet scrisse che gli uomini, accecati dagli interessi materiali e dalle passioni che questi fatalmente trascinano con sé, avevano demolito anche quello che nei secoli la fede e la ragione avevano innalzato alla gloria di Dio per la salvaguardia dell’umanità. I diritti di Dio, i diritti dell’uomo, la dignità della persona umana, la santità del lavoro, la giustizia sociale, la libertà, l’autorità, la famiglia, l’educazione non erano più rispettate, perché niente di tutto ciò era più compreso.
In questa situazione compito dei cattolici autentici era quello di eguagliare in intelligenza coloro che,
per la loro fede, dovevano superare in virtù. Conoscendo la verità e praticando la virtù avrebbero potuto fare miracoli. Sorprendentemente l’arcivescovo di Nizza aveva parlato di virtù, quantunque, anni prima, in una prolusione all’Accademia francese, Paul Valéry avesse detto che la parola virtù o era morta o stava per lo meno scomparendo, giacché non si presentava più come diretta espressione e rappresentazione di una realtà del presente.

Definizione di virtù

Il nostro dizionario ricorda che il termine virtù deriva dal latino virtus che, come anche l’αρετή greco, indicava all’inizio una peculiare capacità o una condizione di perfezione e di eccellenza, ed indica la disposizione morale che induce l’uomo a perseguire ed a compiere costantemente il bene come fine a se stesso.

Le virtù di Aristotele

Il primo a soffermarsi sulla virtù, definendola ed elencando le sue specie, è stato Aristotele nell’ Etica nicomachea . Qui dice che la virtù, che tende all’agire bene, è di due specie. Chiama la prima dianoetica e la seconda etica . Specifica che la virtù dianoetica deriva per la maggior parte dall’istruzione, per cui ha bisogno di esperienza e di tempo, mentre la virtù etica deriva dall’abitudine e quindi non sorge in noi per natura, ma si acquista con l’esercizio. Varie sono sia le virtù etiche sia le virtù dianoetiche
che Aristotele riporta, confrontandole con i relativi vizi. Tra le prime ci sono la giustizia, che ritiene la principale, il coraggio, la temperanza.
Tra le virtù dianoetiche ci sono la saggezza, che riguarda l’uomo e quindi quanto di mutevole c’è in lui, la sapienza, che riguarda ciò che è al di sopra dell’uomo, e ci sono anche la prudenza, l’intelletto, la scienza, l’arte. È doveroso notare che Aristotele dice che, con la sua trattazione, non si è proposto uno scopo teorico, ovvero sapere che cosa è la virtù, ma uno scopo pratico, sapere che cosa è necessario fare per attuare il bene.

Le virtù cardinali e le virtù teologali

Dopo Aristotele, a mano a mano, le virtù furono ristrette a quattro, ritenute essenziali ed all’origine di tutte le altre. Sono la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza che, nei Doveri, Sant’Ambrogio per primo chiamò virtù cardinali , ritenendole i cardini della vita morale.
A queste quattro virtù, che erano patrimonio della filosofia antica ed erano state assimilate dal pensiero cristiano, San Gregorio Magno affiancò la fede, la speranza, la carità, che San Tommaso d’Aquino denominò teologali.
Da allora queste sette virtù sono rimaste nella dottrina della Chiesa cattolica. Il Compendio del Catechismo, promulgato il 28 giugno 2005, distingue tra virtù umane e virtù teologali sintetizzando e rinnovando quello che, nei secoli, anzi nei millenni, è stato pensato e scritto.
“Le virtù umane sono perfezioni abituali e stabili dell’intelligenza e della volontà, che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni ed indirizzano la nostra condotta in conformità alla ragione e alla fede. Acquisite e rafforzate per mezzo di atti moralmente buoni e ripetuti, sono parificate ed elevate dalla grazia divina”. Le virtù cardinali raggruppano tutte le altre, costituiscono i cardini della vita virtuosa. Sono: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza.
“La prudenza dispone la ragione a discernere, in ogni circostanza, il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per attuarlo. Essa guida le altre virtù, indicando loro regole e misura”.
«La giustizia consiste nella volontà costante e ferma di dare agli altri ciò che è loro dovuto. La giustizia verso Dio è chiamata “virtù della religione”».
“La fortezza assicura la fermezza nelle difficoltà e la costanza nella ricerca del bene, giungendo fino alla capacità dell’eventuale sacrificio della propria vita per una giusta causa”.
“La temperanza modera l’attrattiva dei piaceri, assicura il dominio della volontà sugli istinti e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati”.
Le virtù teologali “hanno come origine, motivo e oggetto immediato Dio stesso. Infuse nell’uomo con la grazia santificante, esse rendono capaci di vivere in relazione con la Trinità e fondano e animano l’agire morale del cristiano, vivificando le virtù umane. Sono il pegno della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell’essere umano”.
“La fede è la virtù teologale per la quale noi crediamo a Dio e a tutto ciò che egli ci ha rivelato e che la Chiesa ci propone di credere, perché Dio è la stessa Verità. Con la fede l’uomo si abbandona a Dio liberamente. Perciò colui che crede cerca di conoscere e fare la volontà di Dio, perché “la fede opera per mezzo della carità””.
“La speranza è la virtù teologale per la quale noi desideriamo e aspettiamo da Dio la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci all’aiuto della grazia dello Spirito Santo per meritarlo e preservarlo sino alla fine della vita terrena”.
«La carità è la virtù teologale per la quale amiamo Dio al di sopra di tutto e il nostro prossimo come noi stessi per amor di Dio. Gesù fa di essa il comandamento nuovo, la pienezza della Legge. Essa è “il vincolo della perfezione” e il fondamento delle altre virtù, che anima, ispira e ordina: senza di essa “io non sono nulla” e “niente mi giova”».

L’eclissi delle virtù

Nel Seicento e nel Settecento il valore delle virtù è stato limitato. Con Immanuel Kant esse sono state incluse nella teorica dei doveri, mentre con Georg Wilhelm Friedrich Hegel hanno perduto l’efficacia di avere senso nei molteplici aspetti di ciascun uomo. In tal modo si è avuto, a mano a mano, quell’allontanamento dalle virtù che, come ha scritto Max Scheler, sono state considerate non funzionanti agli affari ed alle imprese, diventando odiose in un tempo in cui “si privilegia l’efficienza ed il successo, e sembrano necessarie e sufficienti le abilità”. L’eclissi delle virtù è continuata nel tempo della frantumazione e della globalizzazione, durante il quale sono state ritenute sorpassate ed inutili.

Riabilitazione delle virtù

Ma le crisi che si sono poi sviluppate hanno portato a riparlare delle virtù, ricordando che lo stesso Max Scheler, in un saggio raccolto in un volume pubblicato nel 1915, aveva sostenuto la necessità della riabilitazione della virtù, alla quale ha sempre creduto Romano Guardini.
Ora non sorprende che Romano Guardini, nel 1930, abbia riunito in volume le Lettere sull’autoformazione, rivolte ai giovani e pubblicate dapprima nella rivista del Movimento giovanile, che tendevano ad aiutare a non restare semplici individui, sia pur distinti da tutti gli altr...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. UMANITÁ E NUOVO UMANESIMO
  3. Indice dei contenuti
  4. ​PREMESSA
  5. CONCETTO E STORIA DELL’UMANESIMO
  6. GLOBALIZZAZIONE E FRANTUMAZIONE
  7. LE VIRTÙ
  8. È ANCORA POSSIBILE L’ARMONIA TRA UOMO E NATURA?
  9. PERSONA E COMUNITÀ
  10. TRE OSTACOLI
  11. ​LA SITUAZIONE DEL CRISTIANESIMO
  12. ​ESODO