Per una teologia del matrimonio
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Per una teologia del matrimonio

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All'indomani dell'uscita di Humanae vitae (1968), l'ultima enciclica scritta da Paolo VI, il professor Joseph Ratzinger (futuro Benedetto XVI) pubblica un articolo su la "Teologia del matrimonio" (1969).
Il contributo di Ratzinger, puntuale e illuminante, si conclude con una lettura critica di Humanae vitae, che dell'enciclica non mette in di-scussione l'insegnamento fondamentale, bensì fa emergere la fragilità delle argomentazioni che, in quel testo, lo sostengono.
Lo scritto di Ratzinger, per la prima volta in traduzione italiana, è introdotto da Nicola Reali, professore presso la Pontificia Università-Lateranense.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788865126547

1. La posizione di Gesù sul matrimonio

Senza entrare in intricate questioni esegetiche particolari, possiamo affermare che in base alla testimonianza dei Vangeli sinottici la novità sul matrimonio contenuta nell’annuncio di Gesù consiste anzitutto nel fatto che egli contrappone l’ordine della creazione divina al diritto tradizionale di Israele, così come era contenuto nel Pentateuco, e con ciò assume un approccio completamente nuovo rispetto ai dottori della legge del suo popolo. Anziché addentrarsi nell’interpretazione casuistica della legge, prendendo l’una o l’altra posizione, egli va oltre la legge e la sua tradizione interpretativa rifacendosi all’origine, a ciò che l’uomo dal punto di vista di Dio effettivamente è e dovrebbe essere. Come spesso accade, anche qui egli contrappone l’originario all’antico: l’unico ordinamento che Dio ha dato ad Adamo, l’uomo in quanto tale, all’ordinamento giuridico particolare d’Israele, che si è sviluppato nel corso della sua storia e in forza del quale Israele si è distinto dagli altri popoli. Per valutare correttamente il significato di questo modo di procedere, bisogna considerare che qui siamo di fronte alla medesima struttura che caratterizza nel suo complesso il Discorso della Montagna. Alla volontà di Dio incanalata nelle forme storiche, annacquata, ma anche concretizzata, Gesù contrappone l’incondizionato appello di Dio nella sua interezza; egli libera l’uomo dall’ambiguità della casuistica, ma rende manifesto anche il suo peccato, perché la legge storica e, insieme, la sua interpretazione sono smascherati come fuga dalla totalità della volontà di Dio – come il cespuglio dietro al quale Adamo si nasconde, per non essere visto da Dio, la cui chiamata «Adamo, dove sei?» lo raggiunge comunque nelle parole di Gesù. Fuor di metafora: poiché Gesù si richiama al principio al di là della legge, la sua stessa parola non può essere di nuovo considerata semplicemente e immediatamente come legge: essa non si può separare dall’ambito della fede e della sequela e può avere senso solo in relazione alla nuova situazione inaugurata da Gesù e accolta nella fede. Ciò è possibile solo dove la “durezza del cuore” è vinta nella fede e l’uomo si lascia riportare all’origine. Se Gesù per spiegare il matrimonio cita il passo di Genesi sull’unione tra uomo e donna (Gn 2,24), questo passo non viene trasformato in una nuova posizione casuistica, piuttosto viene compreso come profezia e reso presente profeticamente nella fede. Ma ciò significa: c’è un nuovo annuncio di Gesù sul matrimonio, che rende possibile il compito originario nel presente della fede e lo inserisce nell’ordine della fede, tanto che il matrimonio può diventare una categoria della fede, ovvero qualcosa che, vissuto nella fede, riceve da quest’ultima il suo ordine e il suo significato. Anche su questo punto è importante prestare attenzione alla visione teocentrica tipica di Gesù: gli esseri umani nel matrimonio sono congiunti da Dio; in tal senso il matrimonio non è nell’annuncio di Gesù un ordinamento cristologico, bensì teologico. La cristologia si manifesta solo indirettamente (come del resto in tutto il messaggio di Gesù), nella misura in cui nella sequela di Cristo e nel superamento della durezza del cuore da essa propiziato, si apre per la prima volta la possibilità di lasciare dietro di sé l’antico e di compiere l’originario [1] .
Riassumiamo dunque i risultati delle riflessioni fatte fin qui! Nell’annuncio di Gesù a proposito del matrimonio si ripete la struttura fondamentale del suo annuncio in generale. Il rimando, al di là della discussione casuistica, alla volontà del Creatore rivela una singolare comprensione teo-logica. L’elemento cristologico si mostra indirettamente, nell’autorità di colui che supera Mosè. Se si passa ora da Gesù a Paolo, ci si trova anche in questo caso di fronte alla consueta problematica relativa a questo passaggio: l’annunciatore diventa annunciato, la cristologia indiretta diventa diretta. Ora non è necessario discutere qui le questioni di fondo sollevate da tale prospettiva; noi proseguiamo semplicemente lungo la linea particolare del nostro tema, il cui radicamento nella struttura generale delle decisioni fondamentali del Nuovo Testamento era doveroso ricordare in breve.



[1] . Cfr. su tutto Mc 10,1-11; Mt 19,1-12.

2. Il matrimonio nella Lettera agli Efesini

In questa sede dobbiamo tralasciare anche le molteplici domande suscitate dalle argomentazioni di Paolo in 1 Cor 7. Volgiamo subito la nostra attenzione allo strato successivo dell’evoluzione, cioè alla reinterpretazione del pensiero paolino in Ef 5, 21-33, dunque a quel passo decisivo che, a motivo dell’utilizzo della parola μυστήριον-sacramentum , ha assunto un significato particolare per gli sviluppi posteriori. Importante è anzitutto il fatto che Gn 2,24 sia compreso ormai come profezia cristologica . Tuttavia, poiché il matrimonio cristiano appare come presenza continua di quella profezia, esso è davvero il μυστήριον di Gn 2,24: quel “mistero della Scrittura”, che in verità è mistero di Cristo, si dà realmente nel matrimonio in quanto ordinamento della creazione ed è per questo anche mistero di Cristo dal momento che la parola dell’antica Alleanza in modo nascosto è riempita dalla realtà di Gesù Cristo. Affermiamolo ancora (ricollegandoci ad Heinrich Schlier [1] ) in altri termini: nel mistero creaturale dell’uomo e della donna è compresente il mistero dell’Alleanza di Cristo e della Chiesa. Creazione e Alleanza non stanno l’una accanto all’altra o contro l’altra come mondano e spirituale o semplicemente come naturale e soprannaturale; Cristo è piuttosto «primogenito di ogni creatura» (Col 1,15) e quindi la stessa creazione è in potenza materia dell’Alleanza. Si può quasi dire che, così come il primo racconto della creazione culmina nel giorno di sabato, e quindi nell’idea di Alleanza, il secondo racconto culmina nel mistero del “uomo e la donna in una sola carne”, e dunque, di nuovo, nell’auto-superamento della creazione nell’Alleanza: quest’ultima (l’Alleanza – Cristo, nuovo Adamo) è in realtà la prima, la condizione di possibilità dell’altra. Anzi, forse dobbiamo procedere ancora un passo in avanti e affermare che il matrimonio come centro dell’ordine della creazione è allo stesso tempo il centro del processo di realizzazione dell’unità di creazione e Alleanza, costitutiva per l’Antico Testamento e (contro Marcione) per il Nuovo Testamento (costitutiva per l’immagine di Dio e, per la visione teocentrica, a partire dall’immagine di Dio per tutto il resto).
In questo contesto si dovrebbe ricordare che la teologia dell’Alleanza, fin dall’inizio, si è sviluppata in stretta connessione con l’immagine nuziale; da Osea fino a Malachia il matrimonio è la metafora centrale per raffigurare l’Alleanza e la fornicazione la metafora centrale per rappresentare l’abbandono dell’Alleanza. È facile vedere come qui immagine e realtà si intreccino: la fedeltà all’Alleanza con Jahwè si mostra molto concretamente nel rifiuto dei culti della fertilità, della prostituzione cultuale; la “fornicazione” dell’apostasia da Jahwè a favore degli idoli ha la sua concreta materializzazione nella fornicazione dei culti cananaici. In tale contesto la fedeltà all’Alleanza per Israele significa che non si dà alcuna diretta fusione con il divino nell’ebrezza cultuale offerta dai Cananei; l’unità con Dio, che l’Alleanza significa, può compiersi sempre solo indirettamente, nell’osservanza dei suoi precetti e dunque anche solo nella somiglianza indiretta della fedeltà coniugale: l’Alleanza si esprime come precetto dell’Alleanza, come forma sociale della vita insieme. Il matrimonio e il rifiuto della “fornicazione” che esso implica è perciò la forma carnale autentica della fedeltà all’Alleanza, una forma di fedeltà che mantiene Dio nella sua trascendenza senza tentare di appropriarsene direttamente e proprio così trova in lui il garante della giusta vita in comune e del futuro del popolo della promessa. Ma ciò conduce già a un risultato ancora oggi importante per la discussione: il matrimonio è segno dell’Alleanza precisamente perché non è qualcosa di direttamente sacrale (confusione con il divino); la sua mondanità è la sua non mondanità è la forma con cui si rappresenta l’Alleanza peculiare di Dio con Israele. A cominciare da qui, sono da comprendere il controllo dell’ eros e la sua relativa desacralizzazione in Israele e nella Chiesa. Così come la de-divinizzazione del mondo non equivale alla sua demonizzazione, ma significa piuttosto la sua liberazione dal demonio, allo stesso modo alla de-divinizzazione dell’ eros non corrisponde la sua demonizzazione, bensì la sua liberazione dalla componente demoniaca.
Un tema ulteriore di non scarso significato per il confronto odierno è già stato brevemente toccato: negativamente, il matrimonio ha a che fare con l’Alleanza in quanto rifiuta la “fornicazione”, ma, positivamente, si riferisce all’Alleanza come garanzia della discendenza, che è la “benedizione”, posta su Abramo e, a partire da lui, come promessa su Israele. Il matrimonio è a servizio della promessa e apre in tal modo la strada verso il futuro: proietta Israele nel futuro. Di nuovo si mostra qui l’intreccio fra creazione e Alleanza, fra creazione e storia: anzitutto in primo luogo la prole è semplicemente dono e compito della creazione, poi diviene “benedizione”, espressione della promessa …
La lettera agli Efesini prolunga dunque in fondo la linea profetica dell’Antico Testamento, quando indica il mistero creaturale dell’unione dell’uomo e della donna come mistero dell’Alleanza sperimentata nella storia della salvezza e dunque, nel segno di Gesù Cristo, come mistero cristologico dell’Alleanza. Non si dovrà, quindi, cercare di ricavare l’ ethos del matrimonio da profane considerazioni utilitaristiche o dalla “Legge”, piuttosto esso deriverà dall’ ethos stesso dell’Alleanza compreso a partire dal mistero dell’Alleanza tra Cristo e la Chiesa e in esso fondato.



[1] . H. Schlier, La lettera agli Efesini, tr. it. di O. Soffritti, Paideia, Brescia 1973 2, 440-446.

3. Osservazioni dal punto di vista storico-dogmatico

Prima di elaborare una definizione di ciò che la sacramentalità del matrimonio è e non è, vorrei brevemente soffermarmi su due fasi storiche della progressiva appropriazione del dettato biblico: il concetto di sacramentalità in riferimento al matrimonio in Agostino e Bonaventura.
a) Dalle diverse riflessioni di Agostino scelgo soltanto l’idea che mi sembra centrale per l’impiego del concetto di sacramento in relazione al matrimonio. Il matrimonio, secondo Agostino, partecipa all’unico sacramentum della storia della salvezza, ossia al sacramento che si dà progressivamente nella storia e che è Cristo stesso. Il matrimonio deve pertanto essere inteso secondo il sacramentum temporum, ovvero secondo la funzione dei singoli momenti della salvezza nell’insieme dell’unico mysterium-sacramentum. Per il matrimonio ciò significa che esistono...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Per una teologia del matrimonio
  3. Indice dei contenuti
  4. Al lettore
  5. Per una teologia del matrimonio*
  6. I. La "sacramentalità" del matrimonio
  7. 1. La posizione di Gesù sul matrimonio
  8. 2. Il matrimonio nella Lettera agli Efesini
  9. 3. Osservazioni dal punto di vista storico-dogmatico
  10. 4. Conclusione
  11. II. Il punto di partenza dell'etica matrimoniale cristiana
  12. 1. L’etica del matrimonio secondo Agostino
  13. 2. L’influsso del naturalismo antico e l’etica matrimoniale della Scolastica
  14. 3. Tentativo di indicare una nuova via
  15. III. I diversi piani della realtà del matrimonio
  16. IV. Le norme per l'ethos del matrimonio
  17. 1. Amore e prole
  18. 2. Sulla questione dell’unità e dell’indissolubilità
  19. Osservazioni conclusive. Matrimonio e verginità
  20. Postfazione - Di che cosa parliamo quando parliamo teologicamente di matrimonio