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Per una teologia del matrimonio
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All'indomani dell'uscita di Humanae vitae (1968), l'ultima enciclica scritta da Paolo VI, il professor Joseph Ratzinger (futuro Benedetto XVI) pubblica un articolo su la "Teologia del matrimonio" (1969).
Il contributo di Ratzinger, puntuale e illuminante, si conclude con una lettura critica di Humanae vitae, che dell'enciclica non mette in di-scussione l'insegnamento fondamentale, bensì fa emergere la fragilità delle argomentazioni che, in quel testo, lo sostengono.
Lo scritto di Ratzinger, per la prima volta in traduzione italiana, è introdotto da Nicola Reali, professore presso la Pontificia Università-Lateranense.
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Informazioni
Argomento
Theology & ReligionCategoria
Christian Theology1. La posizione di Gesù sul matrimonio
Senza entrare in intricate
questioni esegetiche particolari, possiamo affermare che in base
alla testimonianza dei Vangeli sinottici la novità sul matrimonio
contenuta nell’annuncio di Gesù consiste anzitutto nel fatto che
egli contrappone l’ordine della creazione divina al diritto
tradizionale di Israele, così come era contenuto nel Pentateuco, e
con ciò assume un approccio completamente nuovo rispetto ai dottori
della legge del suo popolo. Anziché addentrarsi
nell’interpretazione casuistica della legge, prendendo l’una o
l’altra posizione, egli va oltre la legge e la sua tradizione
interpretativa rifacendosi all’origine, a ciò che l’uomo dal punto
di vista di Dio effettivamente è e dovrebbe essere. Come spesso
accade, anche qui egli contrappone l’originario all’antico: l’unico
ordinamento che Dio ha dato ad Adamo, l’uomo in quanto tale,
all’ordinamento giuridico particolare d’Israele, che si è
sviluppato nel corso della sua storia e in forza del quale Israele
si è distinto dagli altri popoli. Per valutare correttamente il
significato di questo modo di procedere, bisogna considerare che
qui siamo di fronte alla medesima struttura che caratterizza nel
suo complesso il Discorso della Montagna. Alla volontà di Dio
incanalata nelle forme storiche, annacquata, ma anche
concretizzata, Gesù contrappone l’incondizionato appello di Dio
nella sua interezza; egli libera l’uomo dall’ambiguità della
casuistica, ma rende manifesto anche il suo peccato, perché la
legge storica e, insieme, la sua interpretazione sono smascherati
come fuga dalla totalità della volontà di Dio – come il cespuglio
dietro al quale Adamo si nasconde, per non essere visto da Dio, la
cui chiamata «Adamo, dove sei?» lo raggiunge comunque nelle parole
di Gesù. Fuor di metafora: poiché Gesù si richiama al principio al
di là della legge, la sua stessa parola non può essere di nuovo
considerata semplicemente e immediatamente come legge: essa non si
può separare dall’ambito della fede e della sequela e può avere
senso solo in relazione alla nuova situazione inaugurata da Gesù e
accolta nella fede. Ciò è possibile solo dove la “durezza del
cuore” è vinta nella fede e l’uomo si lascia riportare all’origine.
Se Gesù per spiegare il matrimonio cita il passo di Genesi
sull’unione tra uomo e donna (Gn 2,24), questo passo non viene
trasformato in una nuova posizione casuistica, piuttosto viene
compreso come profezia e reso presente profeticamente nella fede.
Ma ciò significa: c’è un nuovo annuncio di Gesù sul matrimonio, che
rende possibile il compito originario nel presente della fede e lo
inserisce nell’ordine della fede, tanto che il matrimonio può
diventare una categoria della fede, ovvero qualcosa che, vissuto
nella fede, riceve da quest’ultima il suo ordine e il suo
significato. Anche su questo punto è importante prestare attenzione
alla visione teocentrica tipica di Gesù: gli esseri umani nel
matrimonio sono congiunti da Dio; in tal senso il matrimonio non è
nell’annuncio di Gesù un ordinamento cristologico, bensì teologico.
La cristologia si manifesta solo indirettamente (come del resto in
tutto il messaggio di Gesù), nella misura in cui nella sequela di
Cristo e nel superamento della durezza del cuore da essa
propiziato, si apre per la prima volta la possibilità di lasciare
dietro di sé l’antico e di compiere l’originario
[1]
.
Riassumiamo dunque i risultati delle riflessioni fatte fin qui!
Nell’annuncio di Gesù a proposito del matrimonio si ripete la
struttura fondamentale del suo annuncio in generale. Il rimando, al
di là della discussione casuistica, alla volontà del Creatore
rivela una singolare comprensione teo-logica. L’elemento
cristologico si mostra indirettamente, nell’autorità di colui che
supera Mosè. Se si passa ora da Gesù a Paolo, ci si trova anche in
questo caso di fronte alla consueta problematica relativa a questo
passaggio: l’annunciatore diventa annunciato, la cristologia
indiretta diventa diretta. Ora non è necessario discutere qui le
questioni di fondo sollevate da tale prospettiva; noi proseguiamo
semplicemente lungo la linea particolare del nostro tema, il cui
radicamento nella struttura generale delle decisioni fondamentali
del Nuovo Testamento era doveroso ricordare in breve.
[1]
. Cfr. su tutto Mc 10,1-11; Mt 19,1-12.
2. Il matrimonio nella Lettera agli Efesini
In questa sede dobbiamo
tralasciare anche le molteplici domande suscitate dalle
argomentazioni di Paolo in 1 Cor 7. Volgiamo subito la nostra
attenzione allo strato successivo dell’evoluzione, cioè alla
reinterpretazione del pensiero paolino in Ef 5, 21-33, dunque a
quel passo decisivo che, a motivo dell’utilizzo della parola
μυστήριον-sacramentum
, ha assunto un
significato particolare per gli sviluppi posteriori. Importante è
anzitutto il fatto che Gn 2,24 sia compreso ormai come profezia
cristologica
. Tuttavia, poiché il
matrimonio cristiano appare come presenza continua di quella
profezia, esso è davvero il
μυστήριον
di Gn 2,24: quel “mistero
della Scrittura”, che in verità è mistero di Cristo, si dà
realmente nel matrimonio in quanto ordinamento della creazione ed è
per questo anche mistero di Cristo dal momento che la parola
dell’antica Alleanza in modo nascosto è riempita dalla realtà di
Gesù Cristo. Affermiamolo ancora (ricollegandoci ad Heinrich
Schlier
[1]
) in altri termini: nel
mistero creaturale dell’uomo e della donna è compresente il mistero
dell’Alleanza di Cristo e della Chiesa. Creazione e Alleanza non
stanno l’una accanto all’altra o contro l’altra come mondano e
spirituale o semplicemente come naturale e soprannaturale; Cristo è
piuttosto «primogenito di ogni creatura» (Col 1,15) e quindi la
stessa creazione è in potenza materia dell’Alleanza. Si può quasi
dire che, così come il primo racconto della creazione culmina nel
giorno di sabato, e quindi nell’idea di Alleanza, il secondo
racconto culmina nel mistero del “uomo e la donna in una sola
carne”, e dunque, di nuovo, nell’auto-superamento della creazione
nell’Alleanza: quest’ultima (l’Alleanza – Cristo, nuovo Adamo) è in
realtà la prima, la condizione di possibilità dell’altra. Anzi,
forse dobbiamo procedere ancora un passo in avanti e affermare che
il matrimonio come centro dell’ordine della creazione è allo stesso
tempo il centro del processo di realizzazione dell’unità di
creazione e Alleanza, costitutiva per l’Antico Testamento e (contro
Marcione) per il Nuovo Testamento (costitutiva per l’immagine di
Dio e, per la visione teocentrica, a partire dall’immagine di Dio
per tutto il resto).
In questo contesto si dovrebbe ricordare che la teologia
dell’Alleanza, fin dall’inizio, si è sviluppata in stretta
connessione con l’immagine nuziale; da Osea fino a Malachia il
matrimonio è la metafora centrale per raffigurare l’Alleanza e la
fornicazione la metafora centrale per rappresentare l’abbandono
dell’Alleanza. È facile vedere come qui immagine e realtà si
intreccino: la fedeltà all’Alleanza con Jahwè si mostra molto
concretamente nel rifiuto dei culti della fertilità, della
prostituzione cultuale; la “fornicazione” dell’apostasia da Jahwè a
favore degli idoli ha la sua concreta materializzazione nella
fornicazione dei culti cananaici. In tale contesto la fedeltà
all’Alleanza per Israele significa che non si dà alcuna diretta
fusione con il divino nell’ebrezza cultuale offerta dai Cananei;
l’unità con Dio, che l’Alleanza significa, può compiersi sempre
solo indirettamente, nell’osservanza dei suoi precetti e dunque
anche solo nella somiglianza indiretta della fedeltà coniugale:
l’Alleanza si esprime come precetto dell’Alleanza, come forma
sociale della vita insieme. Il matrimonio e il rifiuto della
“fornicazione” che esso implica è perciò la forma carnale autentica
della fedeltà all’Alleanza, una forma di fedeltà che mantiene Dio
nella sua trascendenza senza tentare di appropriarsene direttamente
e proprio così trova in lui il garante della giusta vita in comune
e del futuro del popolo della promessa. Ma ciò conduce già a un
risultato ancora oggi importante per la discussione: il matrimonio
è segno dell’Alleanza precisamente perché non è qualcosa di
direttamente sacrale (confusione con il divino); la sua mondanità è
la sua non mondanità è la forma con cui si rappresenta l’Alleanza
peculiare di Dio con Israele. A cominciare da qui, sono da
comprendere il controllo dell’
eros e la sua relativa desacralizzazione in Israele e
nella Chiesa. Così come la de-divinizzazione del mondo non equivale
alla sua demonizzazione, ma significa piuttosto la sua liberazione
dal demonio, allo stesso modo alla de-divinizzazione dell’
eros non corrisponde la sua demonizzazione, bensì la sua
liberazione dalla componente demoniaca.
Un tema ulteriore di non scarso significato per il confronto
odierno è già stato brevemente toccato: negativamente, il
matrimonio ha a che fare con l’Alleanza in quanto rifiuta la
“fornicazione”, ma, positivamente, si riferisce all’Alleanza come
garanzia della discendenza, che è la “benedizione”, posta su Abramo
e, a partire da lui, come promessa su Israele. Il matrimonio è a
servizio della promessa e apre in tal modo la strada verso il
futuro: proietta Israele nel futuro. Di nuovo si mostra qui
l’intreccio fra creazione e Alleanza, fra creazione e storia:
anzitutto in primo luogo la prole è semplicemente dono e compito
della creazione, poi diviene “benedizione”, espressione della
promessa …
La lettera agli Efesini prolunga dunque in fondo la linea
profetica dell’Antico Testamento, quando indica il mistero
creaturale dell’unione dell’uomo e della donna come mistero
dell’Alleanza sperimentata nella storia della salvezza e dunque,
nel segno di Gesù Cristo, come mistero cristologico dell’Alleanza.
Non si dovrà, quindi, cercare di ricavare l’
ethos del matrimonio da profane considerazioni
utilitaristiche o dalla “Legge”, piuttosto esso deriverà dall’
ethos stesso dell’Alleanza compreso a partire dal mistero
dell’Alleanza tra Cristo e la Chiesa e in esso fondato.
[1]
. H. Schlier,
La lettera agli Efesini, tr. it. di O. Soffritti, Paideia,
Brescia 1973
2, 440-446.
3. Osservazioni dal punto di vista storico-dogmatico
Prima di elaborare una definizione di ciò che la sacramentalità del matrimonio è e non è, vorrei brevemente soffermarmi su due fasi storiche della progressiva appropriazione del dettato biblico: il concetto di sacramentalità in riferimento al matrimonio in Agostino e Bonaventura.
a) Dalle diverse riflessioni di Agostino scelgo soltanto l’idea che mi sembra centrale per l’impiego del concetto di sacramento in relazione al matrimonio. Il matrimonio, secondo Agostino, partecipa all’unico sacramentum della storia della salvezza, ossia al sacramento che si dà progressivamente nella storia e che è Cristo stesso. Il matrimonio deve pertanto essere inteso secondo il sacramentum temporum, ovvero secondo la funzione dei singoli momenti della salvezza nell’insieme dell’unico mysterium-sacramentum. Per il matrimonio ciò significa che esistono...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Per una teologia del matrimonio
- Indice dei contenuti
- Al lettore
- Per una teologia del matrimonio*
- I. La "sacramentalità" del matrimonio
- 1. La posizione di Gesù sul matrimonio
- 2. Il matrimonio nella Lettera agli Efesini
- 3. Osservazioni dal punto di vista storico-dogmatico
- 4. Conclusione
- II. Il punto di partenza dell'etica matrimoniale cristiana
- 1. L’etica del matrimonio secondo Agostino
- 2. L’influsso del naturalismo antico e l’etica matrimoniale della Scolastica
- 3. Tentativo di indicare una nuova via
- III. I diversi piani della realtà del matrimonio
- IV. Le norme per l'ethos del matrimonio
- 1. Amore e prole
- 2. Sulla questione dell’unità e dell’indissolubilità
- Osservazioni conclusive. Matrimonio e verginità
- Postfazione - Di che cosa parliamo quando parliamo teologicamente di matrimonio