Fin da piccoli abbiamo a che fare con i soldi; li tocchiamo, ne sentiamo parlare, li immaginiamo custoditi in giganteschi depositi come quello di Paperon de’ Paperoni. Ma poi veniamo a sapere che i soldi che abbiamo scoperto da bambini non sono che una piccola parte di quelli in circolazione. Gli altri sono soldi registrati in scritture contabili, non sono monete battute o pregiati fogli di carta. In altre parole il denaro è molto meno “materiale” di ciò che sembra.
Ma che cos’è allora il denaro?
CHE COSA SONO I SOLDI?
Oggi il denaro ha funzioni diverse: è allo stesso tempo mezzo di scambio, misura del valore, riserva di ricchezza.
Come vedremo è innanzitutto uno strumento che conosciamo almeno dal VII secolo a.C.: l’invenzione del denaro non è stata altro che una convenzione tra persone che ha attribuito ai soldi il compito di mezzo di scambio e che ha permesso di semplificare gli scambi commerciali.
Ma la moneta ha anche un’altra funzione: quella di misura del valore. Il valore di un prodotto o servizio non è solo dato dalla somma dei costi di produzione e dall’utile che si vuole ricavare, il valore è anche percezione e dipende dalla disponibilità di un bene (rapporto tra domanda e offerta) o da fattori emotivi (quanto vale “per me” quel bene?).
I soldi sono quindi l’unità di misura con cui diamo un prezzo alle merci.
Se non usiamo i soldi per le spese correnti, ma decidiamo di accumularli essi diventano invece - terza definizione - una riserva di ricchezza. Qui distinguiamo tra l’“eccedenza monetaria temporanea”, quei soldi che teniamo da parte con l’idea di utilizzarli a breve, e il “risparmio”, quei soldi che accantoniamo per le esigenze future.
I soldi non sono uno strumento perfetto. L’invenzione del denaro oggi porta con sé alcune criticità. Ad esempio, il valore delle monete non è costante, ma può variare, a volte anche in maniera vertiginosa, nel corso del tempo. Se metto da parte del denaro oggi non ho alcuna garanzia su quale sarà il suo “potere d’acquisto” tra vent’anni. L’inflazione tanto paventata è semplicemente la differenza tra il potere di acquisto calcolato ad oggi e quello rilevato nel futuro.
C’è anche un altro problema. Il denaro oggi non è più convertibile in un’altra forma ricchezza. Nel 1971 il presidente americano Nixon sospese la convertibilità in oro del dollaro, per poter realizzare politiche monetarie diverse rispetto al passato e intervenire con maggior efficacia sul deficit USA. Da quel momento non esiste più la storica relazione diretta tra moneta in circolazione e metalli preziosi depositati a garantirne il controvalore. Dagli anni 70 del secolo scorso dunque la moneta è puramente una convenzione, un atto di fiducia collettivo: il denaro esiste e circola perché noi tutti lo accettiamo come mezzo di scambio, misura del valore e riserva di ricchezza.
Ma il dollaro o l’euro non sono le uniche monete attualmente in circolazione. Ci sono delle esperienze, di piccole dimensioni, in cui gli scambi avvengono attraverso altre tipologie di denaro, grazie alle monete complementari o locali. Queste monete sono il frutto di un accordo volontario tra persone e imprese, spesso di uno stesso territorio, per utilizzare una convenzione diversa per i loro scambi, una convenzione che permetta di correggere il valore di prodotti e servizi locali e di alimentare l’economia di un territorio.
IL POTERE DEI SOLDI
Ma il denaro è - tra le altre cose - anche uno strumento di potere.
Non solo perché più si ha ricchezza e più si è “potenti”, ma anche per due ragioni meno evidenti.
In primo luogo chi determina le caratteristiche fondamentali della moneta determina poi le regole a cui tutti dobbiamo attenerci. Oggi stabilità e valore del denaro, così come le scelte di indirizzo che vengono determinate per questo strumento, sono frutto di un complesso sistema di norme. Norme a cui anche il potere politico deve attenersi e sulla base delle quali vengono effettuate le scelte di spesa pubblica, degli investimenti privati e di redistribuzione della ricchezza.
In secondo luogo denaro è potere perché misurando il valore di prodotti e servizi può sostituirsi ad altri parametri di misurazione come l’utilità, l’efficacia o la bellezza. La più profonda delle distorsioni che questa misura causa è che cio che non ha un “prezzo” rischia di non avere “valore”, oltre ogni ulteriore ragionevole considerazione.
Ivan Illich filosofo austriaco parlava di lavoro-ombra (I.Illich, Lavoro-ombra, Mondadori, Milano, 1985) per indicare tutti quei lavori di cura, di relazione che, non avendo un prezzo, non sono considerati un “lavoro”, ma senza i quali la nostra società e la nostra specie andrebbero in pezzi. Gli ecosistemi naturali danno un contributo economico fondamentale, producono le risorse alla base di ogni attività umana, ma non vengono “calcolati”, questi ecosistemi non hanno un prezzo. Per questa ragione le politiche economiche non li considerano e come risultato li stiamo distruggendo.
Ma come siamo arrivati a questa situazione? Ecco alcune delle tappe che hanno portato il denaro ad avere le caratteristiche odierne.
BREVE STORIA DEL DENARO
Dopo l’anno mille d.C.
La creazione di sistemi contabili a partita doppia (entrate/uscite) favorisce lo sviluppo di una contabilità più efficiente. Un sistema semplice, ma che consente di registrare in modo efficace passaggi anche complessi di “dare”e “avere”, di tenerne traccia, di contabilizzare il patrimonio e di fare calcoli e previsioni. La partita doppia si sviluppò nel mondo mercantile (fu chiamata anche metodo veneziano) e venne codificata dal matematico e frate francescano Luca Pacioli nel 1494.
Le lettere di cambio nascono dalla necessità di poter dimostrare una disponibilità di denaro o ricchezza (in particolare oro od altri preziosi) senza doverlo portare con sé. In pratica un foglio, un attestato, scambiabile tra le persone che indica l’esistenza di un debito da parte di un soggetto ben identificato. Una pratica che si dice nasca con i templari e le prime crociate e in cui i banchi degli orafi avevano un ruolo fondamentale di “custodi” della ricchezza presso loro depositata e garanti della loro esistenza. Le lettere di cambio si sono prestate a divenire anche attestati che certificano l’esistenza di un debito tra due soggetti e la sua eventuale trasferibilità ad altri (Cambiale ovvero Iou - I own you in lingua inglese). Con l’avallo (la firma di un altro soggetto a garanzia della cambiale) si introduce il concetto di “garanzia di firma”.
Nel Medio Evo e oltre
Il banco dei mercanti e degli orafi che emette lettere di cambio inizia a “prestare” il denaro depositato presso di loro rendendosi conto che i proprietari dei depositi ne utilizzano solo un piccola parte. Una possibilità di arricchimento enorme nonostante i rischi di insolvenza, dato che i tassi di interessi sono elevati e che sono fuori controllo le leve praticabili (ossia la quantità di prestiti che si possono fare scrivendo nuove cambiali a partire da un dato deposito). Si passa cosi dal banco di commercio al banco di cambio e quindi alla banca: le fortune del Rinascimento Italiano e di Firenze in particolare hanno le radici in questa trasformazione molto lucrativa della borghesia cittadina da mercanti ed artigiani a banchieri.
Dall’800 ad oggi
La Storia accelera. All’inizio dell’’800 “salariato” era sinonimo di povertà perché indicava un persona che non aveva mezzi propri per vivere (anche un piccolo orto o un lavoro che garantisse vitto e alloggio), ma che dipendeva dal salario, ossia dalla paga giornaliera in denaro per vivere. Solo sino a pochi decenni fa la maggioranza dei cittadini italiani non aveva un conto in banca. Oggi il denaro ed il suo uso permeano completamente quasi tutti gli aspetti della nostra vita.
DA DOVE VENGONO I SOLDI? LA CREAZIONE DELLA MONETA
Sì, i soldi sono una presenza costante nelle nostre esistenze, ma esattamente, da dove vengono?
Sappiate che solo il 3% delle monete in circolazione sono effettivamente stampate alla Zecca di Stato. Le altre sono monete scritte in contabilità che si creano attraverso l’intervento delle banche quando concedono un prestito: in questo caso si parla di moneta commerciale.
Il meccanismo con cui la moneta commerciale si crea “sulla carta” si chiama riserva frazionaria. Per esemplificare: se la banca ha un deposito di 100mila euro e ne presta 90mila, la moneta “scritta” si “sdoppia” creando di fatto nuova moneta circolante (commerciale). Accade infatti che il risparmiatore mantiene il suo potere d’acquisto (la possibilità di riavere i 100mila euro) e il debitore si trova ad avere un “nuovo” potere d’acquisto che una volta speso, finirà per tornare sotto forma di “nuovi” depositi di risparmio presso le banche.
Come è possibile? È possibile perché le banche, nel momento in cui erogano un prestito, di fatto si prendono il rischio di anticipare i guadagni futuri: danno soldi a chi non ne ha nella sua disponibilità perché ritengono che abbia le capacità di restituirli. Questo anticipo sull’attività “economica” futura è ciò che giustifica la creazione di moneta.
Per logica (e per norma) ciò che viene prestato dovrebbe essere meno di quanto le banche raccolgono come risparmi: questo sia per poter avere la liquidità necessaria per restituire i soldi a chi li chiede sia per evitare che il meccanismo della creazione di moneta commerciale vada fuori controllo, sia per i diversi tempi del risparmio e dei prestiti (equilibrio finanziario: il risparmio lo si rivuole indietro appena ci serve, la restituzione dei prestiti invece è dilazionata nel tempo). Una banca può prestare il 90% di quello che raccoglie. Il meccanismo è ripetitivo e coinvolge tutta l’economia (e banche diverse) di fatto creando moneta ed economia (insieme). In teoria tale “creazione”, pur importante, sarebbe comunque limitata matematicamente e quindi controllabile dalle banche centrali mediante le norme di vigilanza. Anche così, nelle ipotesi di cui sopra e dopo una cinquantina di cicli, 100mila euro di risparmio possono “generare” fino a 900mila euro di nuova economia se tutto va bene e non ci sono perdite o sofferenze bancarie. Non è poco!
IL RISPARMIO COME BENE COMUNE
Come abbiamo visto le banche incidono in modo determinante nello sviluppo economico, creano moneta ed economia. A volte pensiamo alle banche come giganteschi depositi in cui mettere i nostri risparmi e dai quali pretendiamo servizi (carte di debito o di credito, strumenti di pagamento) e un interesse. Ma le banche sono molto più di questo: noi, in qualità di risparmiatori, affidiamo delle risorse ad un istituto bancario che le investe. Questo è un grande strumento di potere per le banche, e un formidabile strumento per sviluppare le attività imprenditoriali, i commerci, le tecnologie.
Per questo i nostri soldi hanno un valore determinante nella costruzione della società in cui viviamo: non dobbiamo pensare se ne abbiamo pochi o tanti, ma che messi tutti insieme, i soldi dei cittadini incidono in modo determinante sullo sviluppo economico. Per capirlo basta vedere quante filiali di banche si trovano in ogni paese. Un Comune di 20mila abitanti ha in media 11 sportelli bancari che cercano di intercettare i circa 59mila euro procapite (dati Banca d’Italia 2011) di risorse finanziarie dei cittadini, ossia ben oltre un miliardo di euro!
I nostri soldi hanno un valore altissimo per la collettività. Allora si tratta di valutare se delegare completamente alle banche la scelta di che cosa vorremmo venisse fatto con i nostri soldi, oppure possiamo pretendere di dire la nostra. Quando immaginiamo il “risparmio” pensiamo a qualcosa di cui percepiamo fortemente il concetto di proprietà individuale, ma dobbiamo essere consapevoli anche della funzione che svolge nel determinare la qualità della società in cui viviamo: come vedremo in dettaglio il mio denaro quando viene depositato in banca viene messo a disposizione di altri. Può essere utilizzato per sviluppare il commercio di armi o per far crescere imprese che creano buona occupazione nel rispetto dell’ambiente.
Il risparmio messo in circolo attraverso la finanza può essere considerato un bene comune.
Ma che cos’è esattamente la finanza?