Sergio Porcellini
Aree Marginali Italia
Prefazione di Claudio Conti
Introduzione e note di Gianfranco Fabbri
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via dei Casai, 6 – 38123 Trento
www.edizionidelfaro.it
ISBN 978-88-6537-161-9 (Print)
ISBN 978-88-6537-955-4 (ePub)
ISBN 978-88-6537-956-1 (mobi)
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Il libro
“Sta per partire in Puglia uno dei più spettacolari progetti del dopoguerra”. Presentano più o meno in questo modo i giornali del 1982, un progetto effettivamente rivoluzionario: impresa e pubblica amministrazione insieme per la “Salvaguardia idrogeologica”, per trasformarla da semplice tutela a motore di sviluppo. Un progetto fortemente voluto da Giuseppe Medici, mattatore della “Conferenza nazionale sulle acque” (1969-1972); sua l’idea di creare subito 6/10 mila “laghetti collinari” per il controllo delle acque, 70 mila occupati subito, e di dare il via allo sviluppo delle “aree marginali” (antesigno della smart-city!).
Vi furono adesioni importanti: imprenditori, politici e banchieri. Il governo stanziò 2.500 miliardi, ma le amministrazioni pubbliche non riuscirono a mettere in piedi i progetti, gli stanziamenti vennero con il tempo cancellati, il sogno di Medici rimase nel cassetto. Dalla conferenza del 1972 nulla è cambiato sulla questione suolo/acque/dissesto.
Questo libro non è solo testimonianza, è un attualissimo manuale: potrebbe essere adottato da qualsivoglia governo, visto che all’orizzonte scarseggiano progetti adeguati tecnicamente a ricostruire lo sviluppo e l’ottimismo della nazione.
L’autore
Sergio Porcellini, architetto, lavora da sempre a progetti innovativi (tra i quali MONITOR, per il Ministero della Sanità Italiano che ha contribuito alla cultura della manutenzione e valutazione del patrimonio immobiliare ospedaliero); oltre all’attività di architetto a livello internazionale è autore del progetto per le Aree Marginali con Stefano Pietrogrande.
Ogni progetto diventa l’antenato
di un elevato numero di altri progetti
e genera una nuova serie di aspirazioni…
Richard Neutra
Un ricordo.
Stefano Pietrogrande, all’epoca responsabile R&S della F.lli Dioguardi S.p.A. di Bari, ha lavorato con me al progetto “Aree Marginali”, scompare in un tragico incidente nel mare della Florida nel 1991.
PREFAZIONE – TRENT’ANNI DOPO
Questo saggio, oltre a sollecitare l’attenzione su un progetto del 1982 tanto “antico”, quello della salvaguardia idrogeologica in Italia, quanto “nuovo” perché mai affrontato in modo così sistematico e integrato come nell’esperienza riportata, ha anche il pregio di alludere ad un tema di grandissima attualità: quello della “lettura (dei codici) del territorio”, nello specifico mettendo a fuoco il concetto di “aree marginali”.
È sempre più evidente infatti che la nostre amministrazioni pubbliche ai vari livelli – da quello comunale a quello provinciale (ancora) e regionale, per finire con lo Stato – non dispongono quasi mai di una “visione” del territorio amministrato: sia in termini attuali (il territorio quale è), che in termini prospettici (il territorio quale noi pensiamo o vorremmo avere).
Un buon esempio è offerto dal dibattito in corso relativamente alla futura “area metropolitana” milanese, o Grande Milano che dir si voglia.
Gran parte della discussione si è concentrata sulle modalità concernenti l’elettorato attivo per la designazione del “primo cittadino metropolitano”: deve essere l’insieme dei sindaci dei comuni coinvolti, o la totalità dei residenti?
In realtà le questioni importanti sul tappeto sono altre, ad esempio, uno studio geo-localizzato a livello di singolo edificio cittadino da me condotto ha dimostrato che la “qualità della vita” – intesa come accessibilità a, e fruibilità dei principali servizi: dai trasporti alla salute, istruzione, approvvigionamento di beni di consumo, al credito, al tempo libero ecc. – non solo presenta una distribuzione fortemente diseguale, ma anche sagomata secondo una conformazione a “cipolla”, con un piccolo nucleo centrale dove il livello di qualità è altissimo ed una serie di strati concentrici, ciascuno contrassegnato da un livello via via decrescente man mano che ci si allontana dal centro.
Cosa significa allora passare da Milano alla Grande Milano?
Vuole forse dire aggiungere alla “cipolla” altri strati esterni sempre più impoveriti?
Consiste di fatto in una mera dilatazione delle aree periferiche suburbane?...