Francesco Scotti: Il combattente, il politico, l'uomo
eBook - ePub

Francesco Scotti: Il combattente, il politico, l'uomo

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Francesco Scotti: Il combattente, il politico, l'uomo

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

La biografia di Francesco Scotti è, a tutti gli effetti, uno squarcio sulla storia del Novecento. O, per dirla altrimenti, la vicenda politica e umana, che è qui approfonditamente raccontata attraverso gli scritti di Ercole Ongaro, Giorgio Cosmacini, Federico Caneparo, Laurana Lajolo e Giuseppe Scotti, non può essere né trascurata, né accantonata pena l'incomprensione di gran
parte e, per conseguenza o per facile trasposizione, di tutto quello che Eric Hobsbawn ha definito il "secolo breve", cioè l'intenso e travagliato periodo storico che sta tra il 1914 e il 1989. È vero, Scotti essendo nato alla vigilia della prima guerra mondiale (1910) ed essendo prematuramente scomparso nel 1973, non ha vissuto neppure fino al termine del "breve" secolo. Tuttavia, egli è stato partecipe dei momenti più infimi e di quelli più elevati, delle cadute e delle rinascite, delle tragedie e delle grandezze del Novecento.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Francesco Scotti: Il combattente, il politico, l'uomo di a cura di Gianni Cervetti in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a History e Italian History. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788866331377
Argomento
History

Francesco Scotti: il combattente, il politico, l’uomo

a cura di Gianni Cervetti

Fondazione ISEC - Istituto per la Storia dell'Età Contemporanea

2013-10-06

Introduzione

Gianni Cervetti


La biografia di Francesco Scotti è, a tutti gli effetti, uno squarcio nella storia del Novecento. O per dirla altrimenti, la vicenda politica e umana, che è qui approfonditamente raccontata attraverso gli scritti di Ercole Ongaro, Giorgio Cosmacini, Federico Caneparo, Laurana Lajolo e Giuseppe Scotti, non può essere né trascurata, né raccontata pena l’incomprensione di gran parte e, per conseguenza o per facile trasposizione, di tutto quello che Eric Hobsbawn ha definito il “secolo breve”, cioè l’intenso e travagliato periodo storico che sta tra il 1914 e il 1989.
È uomo, Scotti, che essendo nato (1910) alla vigilia della prima guerra mondiale ed essendo prematuramente scomparso nel 1973, non ha vissuto neppure fino al termine del “breve” secolo. Tuttavia egli è stato partecipe dei momenti più infimi e di quelli più elevati, delle cadute e delle rinascite, delle tragedie e delle grandezze del Novecento.
Bambino e ragazzo nella Bassa Padana e nella sua cittadina, Casalpusterlengo, non ha conosciuto solo le ingiustizie e le arretratezze della società del tempo, ma anche, e soprattutto le violenze, e persino i delitti, del fascismo nascente e poi imperante. Giovanotto e studente universitario nella Milano dei primi anni Trenta, ha via via trasformato la propria avversione al regime in un’attività antifascista e nell’organizzazione clandestina comunista subendo arresti, tormenti, carcere. Riacquistando uno spiraglio di libertà, ha scelto di dedicarsi all’impegno di combattente per la Repubblica in Spagna, nel maquis in Francia, nella lotta di liberazione in Italia. Avendo contribuito a vincere il fascismo, si è dedicato, negli altri tre decenni di attività, a costruire, a consolidare e difendere la democrazia come dirigente “milanese” del Partito comunista, deputato alla Costituente, uomo di pace, parlamentare e antifascista.
Già da questi brevi cenni biografici, e ancor meglio e più – si intende – dalle penne dei vari e valenti autori del volume, il lettore può rendersi conto del perché della nostra affermazione iniziale, vale a dire del perché abbiamo voluto sottolineare che la storia personale di Scotti si intreccia e, in certo senso, illumina e mostra la vera natura della storia del suo tempo. Da un lato, infatti Scotti attraversa il tratto centrale del Novecento con il suo proprio carico di ideali, in parte realizzandoli – libertà, democrazia, repubblica, ad esempio – e in parte dimostrandosi essi, per lui e dopo di lui, illusioni o errori – concezioni schematiche di nuove società – ma permettendogli tutti, nel loro insieme, di presentarsi e di agire come protagonista. Dall’altro lato, lo stesso “secolo breve”, considerando appunto l’impegno e l’opera di donne e di uomini come Scotti, ci appare sì travagliato e complesso, ma meno “manicheo” e ben più ricco di svolgimenti e risultati di quanto si sia spesso voluto far credere.
La storiografia, del resto ce ne ha dato sia, a volte, un’immagine agiografica fatta di eroi che hanno agito senza errori, traumi o paure, sia, altre volte, e più recentemente, una dimensione in cui hanno di gran lunga prevalso guerre, dittature, tragedie. Ora è giusto rilevare che il Novecento, nella sua interezza e nella sua “brevità”, è stato il secolo di due guerre mondiali, di dittature che hanno dominato il vecchio continente e altrove, di tragedie in cui hanno avuto luogo genocidi e olocausti, ma è stato altresì uno dei periodi in cui l’umanità ha lottato contro questi mali magari muovendo dal loro stesso interno, a un tempo nel quale queste e altre lotte – anticoloniali, per esempio – sono state foriere di conquiste sociali e politiche che assieme ad altre acquisizioni – scientifiche, per esempio – hanno dischiuso progressi prima mai visti e addirittura impensabili.
E la vicenda personale di Scotti, assieme a tante altre di egual segno, è una sorta di metafora del secolo perché ne testimonia le ambivalenze, le contraddittorietà, i trapassi, mostrando come dai drammi e dalle tragedie si possa trarre la forza per risalire la china e aprire nuove prospettive. Tutto ciò appare piuttosto evidente. Semmai, avendo presenti sia le bassezze e le grandezze del passato, sia il rapporto intercorso tra la storia generale e le storie individuali, la questione su cui vale la pena di riflettere è un’altra. Ci si può e deve chiedere se e come nel secolo “breve” e ormai concluso, oltre che dalle esperienze singole o delle varie “comunità”, classi, raggruppamenti politici, culture, si possano dedurre non già modelli da imitare o solo lezioni da riproporre – l’aforisma della historia magistra vitae, non è, appunto, molto di più di un aforisma – ma argomenti su cui meditare con il necessario spirito critico, ricevendo nelle mutate condizioni, utili insegnamenti di merito.
Rimaniamo alla vita e all’opera di Scotti, aggiungendo magari all’ampia narrazione qui di seguito offertaci, qualche nota dovuta a osservazioni e frequentazioni personali. Nei primi anni Cinquanta ho avuto la possibilità non proprio di frequentare e neppure di conoscere da vicino ma di incontrare e di osservare il nostro nella sua funzione di dirigente del “Movimento dei partigiani della pace”. Io ero allora studente dapprima liceale e poi universitario. Sedicenne avevo aderito al Pci e avevo cominciato a svolgere attività politica in una Sezione popolare di Milano e quindi come responsabile – così si diceva – degli studenti comunisti ed esponente – se si può usare un termine così pomposo – della Fgci (la Federazione giovanile comunista). In queste varie vesti avevo a che fare con il “Movimento della pace” e con la sua intensa iniziativa, la quale richiedeva e sollecitava mobilitazione, di parte innanzitutto, ma anche capace di vasta opera organizzatrice e propagandistica: conferenze, dibattiti, costituzione di comitati periferici, raccolta di firme contro il pericolo atomico e la guerra.
Il segretario del Pci milanese era allora Giuseppe Alberganti, un dirigente assai popolare che però aveva mal digerito la politica di Togliatti e che assumeva spesso atteggiamenti “operaistici” e molto settari che non erano comunque consoni con una azione ampia e unitaria dello stesso partito. Io ovviamente, frequentavo gli ambienti della Federazione che aveva la propria sede in un palazzo ex – fascista in piazza XXV Aprile, ma mi capitava anche di andare nella più centrale via Filodrammatici, dove si trovavano gli uffici e si tenevano le riunioni del “Movimento”e dove, del resto, erano allocate altre associazioni “fiancheggiatrici” tra cui, per un certo periodo, la Casa della Cultura. Qui avevo occasione di incontrare e di osservare Francesco Scotti. Per noi giovani egli, poco più che quarantenne, era un “vecchio” carico di esperienza e autorevolezza. Si sapeva, seppure a grandi linee che aveva combattuto in Spagna e in Francia, che era stato un capo della Resistenza e, poi, Segretario dei comunisti milanesi, membro dell’Assemblea costituente e ora era parlamentare della Repubblica. Su di lui e la sua storia circolavano alcuni aneddoti. Una voce diceva che quando, al V Congresso del Pci (1945) Luigi Longo gli aveva comunicato l’ormai decisa sua elezione nella Direzione del Pci, il mitico vertice del partito, con il relativo trasferimento suo e della famiglia a Roma, egli aveva rifiutato di considerare e avallare quella importante, e per lui prestigiosa decisione. credo che la voce fosse ben fondata e comunque mostrava l’attaccamento e la considerazione di Scotti per Milano, oltre che una certa sua “pigrizia” e un certo qual disinteresse per cariche e funzioni formali. Del resto se nelle riunioni che presiedeva e alle quali avevo modo di assistere mi colpiva il suo comportamento piuttosto sbrigativo, quel che si poteva notare dai suoi atteggiamenti politici di fondo era ben altro. Non che cogliessi la differenza tra lui ed altri comunisti milanesi o una sua autonomia di pensiero o di azione rispetto a dirigenti quali, ad esempio, il segretario Alberganti. Anzi a me pareva che tra loro ci fosse un solida unità di intenti (la famosa “unità del partito”) e semmai un qualche scostamento pratico per i differenti ruoli ricoperti. Non potevo, però, non apprezzare i suoi atteggiamenti verso gli “altri”, vuoi che fossero uomini o donne di cultura, vuoi che fossero semplici cittadini e, soprattutto, vuoi che fossero persone di altro orientamento politico o culturale. Né si poteva parlare di sola tolleranza. Quel che lo interessava era la possibile convergenza – e non già la coincidenza su valori e principi che riguardavano un po’ enfaticamente il popolo, la nazione, o, addirittura, la più vasta comunità umana. Se per Scotti dirigente comunista “l’unità del partito” era un obbligo, l’unità da ricercare con “altri” era uno scopo a cui tendere. Non c’era, dunque, nessuna contraddizione tra l’uno e l’altro tipo di unità. E quel suo modo tipico, antiautoritario, unitario, di rapportarsi agli altri, umanamente in lui maturato da tempo, mi sarebbe parso in seguito più presente e chiaro. Negli anni Sessanta, sia la stagione politica, sia gli impegni e le attività personali di Scotti erano mutati. In una prima fase, la stagione politica, iniziata peraltro negli ultimi anni Cinquanta, era caratterizzata a Milano e in Italia da una notevole crescita economica, da imponenti lotte sindacali e sociali, dalla costruzione del centro-sinistra.
Anche sul piano internazionale si registravano delle notevoli novità che la pubblicistica corrente avrebbe identificato nella presenza e nell’azione, concorde o discorde che fosse di tre personalità: Giovanni XXIII, Nikita Khrusciov, John Kennedy. In una seconda fase, grosso modo ancor prima della metà del decennio, quelle tendenze, interne e internazionali, subirono una inversione in aspetti non secondari, e l’inversione si accompagnò all’insorgere di alcuni fenomeni – tensioni incontrollate, estremismi di segno opposto ecc – che avrebbero avuto in seguito – alle soglie dei Settanta e oltre – le loro manifestazioni più eclatanti ed esplosive. Intanto con il cosiddetto rinnovamento del Pci della metà degli anni Cinquanta e della Federazione milanese verso la fine del decennio, Scotti aveva ripreso una più diretta funzione partitica e si era fatto garante della nuova leva di dirigenti del Pci milanese, i quali avevano sostituito la segreteria albergantiana. In concreto, era stato eletto presidente della Commissione federale di controllo, un organismo che doveva occuparsi della attuazione e delle osservanze statutarie. Per parte mia fui via via impegnato in attività di analisi economico-sociale, di direzione sindacale e, dal congresso comunista del 1966, come segretario cittadino del Pci di Milano. Fu in questo periodo che potei apprezzare più da vicino le idee, gli atteggiamenti, la personalità del nostro. E non solo per le occasioni che offriva la vita politica. In effetti mi capitava di frequentare persone – Ernesto Treccani, Davide Lajolo, ad esempio – e ambienti culturali – le librerie di Aldrovandi e altri circoli – con i quali Scotti aveva assiduità di rapporti. Contemporaneamente, come ovvio, lo incontravo nelle varie occasioni offerte dalla vita di partito. Non nascondo che qualche suo comportamento suscitò in me, d’acchito, non poche perplessità. Non capii, per esempio, il perché delle sue critiche verso il modo in cui Lajolo trattò le “biografie” parallele propria e di Scotti nel libro Il voltagabbana. Mi risultò da subito comprensibilela sua conduzione, improntata – si diceva dai più – a una certa “pigrizia”, della Commissione di controllo. Successivamente però riflettendoci mi parve che i comportamenti di Scotti fossero improntati a un duplice e, solo apparentemente, contradditorio criterio: da un lato, la determinazione nel difendere e sostenere le proprie convinzioni, dall’altro la tolleranza o per dir meglio, la comprensione delle ragioni altrui.
Se, appunto, in un primo momento non si mostrò soddisfatto dal modo in cui erano confrontate le due esperienze “spagnole”, sua e di Lajolo, al di qua e al di là della barricata repubblicana, era perché riteneva – fosse o no fondato il suo giudizio – che l’impresa dei combattenti “garibaldini” non potesse essere oggetto di raffronti, pena una sorta di diminutio. Così viceversa quando rinviava una decisione della Commissione di controllo non era per “pigrizia” o lassismo, ma perché voleva affermare o la necessità di capire meglio le cause dell’atto da sanzionare, o la volontà di inserirlo in un contesto di scontro politico che lo avevano generato, con ciò stesso rispettando sempre i protagonisti.
Ai precedenti apprezzamenti per il suo attaccamento ai valori dell’unità, univo così in quegli anni, con una di lui maggiore conoscenza, la positiva valutazione della sua caparbia determinazione e del suo contemporaneo rispetto per l’“altro”.
Ma con il 1968, quando egli lasciò definitivamente il Parlamento dopo più di vent’anni di Costituente, Camera e Senato, e ritornò a dedicarsi a tempo pieno alla organizzazione antifascista (l’Anpi) e all’impegno “democratico”, sia nazionalmente che, soprattutto a Milano, la mia collaborazione e di conseguenza, i miei rapporti con lui si fecero più intensi e quasi quotidiani. Nel frattempo anch’io cambiai attività assumendo gli incarichi di vicesegretario e quindi, di segretario della Federazione milanese pel Pci. Ebbi cioè modo di conoscere più compiutamente il “compagno Scotti” e di apprezzarne a pieno le qualità politiche e umane. È vero, alcune sue caratteristiche già vis...

Indice dei contenuti

  1. Francesco Scotti: Il combattente, il politico, l’uomo