Diari 1952-1962
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Attraverso le annotazioni private la ricerca di sé si configura come un viaggio di duplice valenza metaforica nell'intricato tessuto delle pagine e nel labirinto della vita. I Diari 1952-1962 di Giuseppe Dessí, che si presentano adesso nell'attenta trascrizione di Franca Linari accompagnati dall'introduzione e dai puntuali commenti di Francesca Nencioni, dopo i precedenti volumi che avevano consentito di ricostruire la storia della formazione giovanile e le prove della prima maturità, rivelano ormai mutamenti significativi nella vita dello scrittore. Una nuova figura femminile (Luisa) accompagna un periodo nel quale la produzione narrativa, divenuta passione dominante, si fa decisamente più intensa e continuativa, mentre aumentano le collaborazioni con riviste e giornali e nasce il desiderio, con il teatro, di sperimentare nuove forme espressive.
Franca Linari si è laureata in Letteratura italiana moderna e contemporanea all'Università "Ca' Foscari" di Venezia, dove ha conseguito il dottorato in Italianistica. Si è occupata di narrativa del secondo Novecento (Dessí, Buzzati, Primo Levi) e ha collaborato con capitoli otto-novecenteschi ai volumi sul Mito nella letteratura italiana. A sua cura sono usciti i Diari di Dessí 1926-1931, 1931-1948 e 1949-1951 (rispettivamente Roma, Juvence, 1993 e 1999; Firenze, Firenze University Press, 2009). Francesca Nencioni, dottoranda in Italianistica all'Università di Firenze, fa parte di un gruppo di ricerca diretto da Anna Dolfi che lavora all'edizione e catalogazione di testi contemporanei. Si è occupata degli epistolari conservati nel Fondo Dessí (A Giuseppe Dessí. Lettere di amici e lettori. Con un'appendice di lettere inedite, Firenze, Firenze University Press, 2009) e ha pubblicato il carteggio di Aldo Capitini (Lettere a Giuseppe Dessí 1932-1962, Roma, Bulzoni, 2010). A sua cura il catalogo della mostra su Dessí allestita all'Archivio contemporaneo Bonsanti (Firenze, SEF, 2010). Attualmente si occupa dell'annotazione dell'ultimo volume dei Diari di Dessí e lavora al riordino e alla schedatura delle Lettere editoriali.

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Informazioni

Anno
2011
ISBN
9788866550068
Argomento
Arte
Diario 1952
2 gennaio
In uno degli ultimi giorni di dicembre, credo il 29, un sabato, Luisa1 ci telefona di essere stata invitata a fare da indossatrice delle marche di Silvana Patrignani. Nostra sorpresa, commenti, ecc. Dice che verrà lunedì, cioè il 31. Quando viene, lunedì, apprendiamo che l’esposizione è stata all’albergo «Cappello». Un piccolo trionfo, ecc. ecc. Io la metto in guardia.
Sempre il 31, visita di Mons[ignor] Mesini2 e di Vincieri3. La Luisa, invitata dai Patrignani, parte prima di cena. Lina mi legge l’Ant[onio] e Cleopatra di Shakespeare nella traduzione di Zanco4. Vegliamo fino alle 3 del mattino.
Di mattina sappiamo che la Luisa è rientrata alle 4, accompagnata dai vecchi Patrignani, dopo aver suscitato la gelosia della Silvana cantando al fidanzato di costei alcune canzoni romagnole.
Mi torna la febbre per essere rimasto troppo tempo alzato (ero a letto dal giorno 28) – e ci sono ancora oggi, 2 gennaio.
5 gennaio 1951
Notte insonne. Alle 6 vado in camera di Lina5 a portarle i giornali che dovrà mostrare a Tumiati6. Poi mi addormento. Lungo sonno. Bellissimo sogno: la casa, con magica evidenza che supera quasi la realtà. Non varco la soglia che mi si offre socchiusa. E sono pervaso dal suo profumo, dal suo calore.
Lina torna alle 6 pom[eridiane] con Francesco7.
Più tardi (7½-8 circa) telefona Luisa da Russi8 per chiedere notizie.
10 gennaio
Lavoro in ufficio svogliatamente. Visita di Zaccherini9.
Dopo colazione, leggo e scrivo, ma sempre svogliatamente. Mi opprime la lettura di Le due vite di Germinia Lacerteux di Edmondo e Giulio De Goncourt, tradotta da Oreste del Buono (Biblioteca Universale Rizzoli)10.
Esco, entro un momento al cinema moderno, vedo un tempo di L’avventura di Lady X11; poi torno a casa e mi metto a leggere: Filosofi del Novecento di G[uido] De Ruggero12. Questa lettura mi dà un certo sollievo. Leggo precisamente il capitolo subtitolato La filosofia dell’esistenza.
16 genn[aio]: odore di selvatico.
18 gennaio
Visita alla Scuola di Avv[iamento] di Castiglione di Ravenna13. Nevica, pioviggina. Mi fermo a Castiglione fino alle 12½. In venti minuti sono a Ravenna.
Dopo colaz[ione] la Luisa ci parla della M[arina] Bezzi14: commenti delle maestre.
Esco un poco, poi leggo alcuni giornali. Alle 5 circa mi metto a lavorare al romanzo15 e continuo, con quattro interruzioni, fino alle 7 circa.
Ieri sera s’è parlato a lungo della Peppina. Il discorso, in certi momenti, era imbarazzante, per me.
Lettera di Franco16: suo evidente desiderio di riprendere contatto. Lina sempre un po’ restia.
Nelle sere scorse ho letto a Lina e alla Luisa che lavoravano a maglia Amleto e Otello. Non so quanto durerà.
18 gennaio
Valgimigli17 mi manda il suo Pascoli latino18 con una bellissima dedica. Gli telefono subito ringraziandolo, e anche L[ina]. Dopo cena vado a trovarlo a casa. Prima di uscire io e L[ina] parliamo della Luisa, che ieri sera ha lasciato che F[rancesco] si addormentasse un po’ tardi. Mi lamento di non essere stato obbedito, anzi di trovarmi spesso in condizioni di non poter essere obbedito. Breve battibecco tra me e L[ina].
Al ritorno, parliamo ancora, ma pacatamente.
Molto interessante la prefazione al Pascoli latino.
In gita a Faenza: visita alla Scuola di avv[iamento] industriale. Bertoni19, Ragazzini20, ecc.
Oggi lavoro in ufficio: nel pomeriggio lavoro.
La lettera.
22 gennaio
Lunghissima notte insonne. Sono sveglio dalle due. Mi attraversano la mente pensieri tormentosi e assurdi. Cerco di ritrovare la calma nella mente.
Lavoro in ufficio, ma svogliato.
Ancora la lettera (la stessa).
Mi metto a tavolino col proposito di lavorare come ieri.
2 febbraio
Lettere dalla Sardegna di Cicita21, Gigi Crespellani22, Giovanna23, Nicola Valle24, che parlano della visita fatta da Manara Valgimigli o vi si riferiscono.
Lavorato in ufficio tutta la mattina. Nel pomeriggio fuori con Francesco. Al ritorno trovo ancora in casa la Luisa, che aveva letto a Lina il mio riassunto del libro di Momigliano sull’Ariosto25 (fatto molto bene). Poi vado fuori con Lina al cinema. Prendiamo molto freddo: vediamo Fuga nel tempo26.
Ho passato giornate molto brutte, dopo il benessere dell’inizio del mese di gennaio. Turbamenti, crucci, recriminazioni, impossibilità di chiarire.
L’eco della Stampa mi manda il mio racconto La fiducia uscito nella «Nazione» il 7 gennaio. Ora bisogna che scriva il racconto di febbraio e che lo mandi al più presto.
Avevo deciso di andare a Roma per il ricevimento della Principessa Caetani27, il 5: ma essendo stato rimandato il ricevimento al 14 rimando anch’io il mio viaggio.
Bassani28 mi ha chiesto un racconto per «B[otteghe] O[scure]»29. Sono tentato di scrivere un dramma, traducendo in dramma La †††. Potrei però anche riprendere quel racconto e cavarne qualcosa di molto bello.
Bisogna però che scriva subito a Bassani.
3 [febbraio]
Tutta la vita potrebbe essere impostata diversamente e rinnovarsi e rinvigorirsi se io avessi accanto a me una donna giovane. Questa castità forzata, innaturale, porta uno squilibrio in tutto il mio essere perché non so, non posso rassegnarmi. La castità si accetta con convinzione oppure è una morte precoce. Ė la ragione per cui dovrò lasciare Lina – ammesso che altre ragioni non vi siano.
Sveglio dalle 6. Accendo il bagno, mi metto a leggere I cosacchi30 a letto. Sonnecchio ancora nella stanza piena di luce. Il desiderio della donna mi ossessiona come quando ero adolescente. L[ina] non capisce questo, e, se lo capisce, cerca di non pensarci; prende tempo, spera che anch’io invecchi. E pensare che il nostro matrimonio è stato sempre così! Ma avevo T[eresa]31, ho avuto altre donne. Qui no, sono condannato alla castità o alla masturbazione – ma sarebbe un primo passo verso il suicidio. Tempo fa un medico mi diceva, a questo proposito: «Gli uomini si masturbano». Se dovessi indurmi a questo, sarei finito.
L’altro giorno ho chiesto a L[ina] se le dispiacerebbe che mi facessi un’amante. Mi ha detto che lei non sopporterebbe i malumori a cui sarei soggetto. Scherzava, eludendo la domanda, come fa sempre. Ma sono io che non mi adatterei ad avere una amante e a continuare a vivere con L[ina] come se niente fosse. Così mi figuro. Ė molto brutto che questi pensieri mi ossessionino. Ma oso dire che non è mia la colpa.
Faccio fare il bagno a Francesco, gli do la colazione: latte, che non gli piace e panettone che gli piace. Lina intanto fa il bagno anche lei. La nostra vita potrebbe essere serena, in certi momenti felice, ma per me non è che sofferenza. E lei non lo capisce. Non capisce nemmeno che è questa la ragione per cui non lavoro più. Non si è accorta che ho cercato di produrre con l’impeto di prima, dacché l’ho sposata. Questa è la verità. Un amico mi disse: «Non scriverai più». Io ho scritto, ma con sforzo enorme, non più aiutato da nulla. Bisogna che riconosca mestamente che la Deme, per quanto mi abbia fatto soffrire e io l’abbia fatta soffrire a mia volta, mi ha aiutato nel mio lavoro di scrittore come nessun’altra persona al mondo. Essa amava il mio lavoro, si sacrificava per esso: era ambiziosa per me. Un amico diceva: «Peccato che ci sia tra voi questa differenza d’età; se no tutto il resto andrebbe bene». Aveva nove anni più di me: ma era ancor giovane e avida di piacere.
Mia moglie mi rimprovera sempre perché, dice, sono violento: ho scatti di voce intollerabili, movimenti troppo bruschi. Certo. Io mi sento come in prigione. Fino a venti anni ho vissuto quasi sempre all’aria aperta, montavo a cavallo per parecchie ore al giorno, ero abituato allo spazio e all’aria. Qualche volta, quando comincio a parlare, mia moglie ha come un brivido di spavento. Ma lo fa per avvertirmi, per mostrarmi quanto sono insopportabile: non per niente ha recitato in due o tre compagnie drammatiche e sognato per tutta la vita il teatro. Essa riesce a comunicare anche a mio figlio questa specie di ripulsione da persone dai nervi troppo delicati – ma per fortuna quando il bambino è solo con me, ci intendiamo benissimo.
10 febbraio
Studio delle lingue: chi la insegna deve conoscerla a fondo, anzi deve parlarla. Il francese può insegnar bene il franc[ese] e solo lui può farlo veramente bene; e così l’italiano, l’italiano; l’inglese, l’inglese; il russo, il russo; e così via. La ragione è che solo in chi l’ha succhiata col latte materno la lingua può aver quella forza vitale necessaria per comunicarsi e penetrare nel sangue.
Trovo il termometro rotto. Ė il quinto o il sesto che si rompe così. Sospetto che sia stato F[rancesco], che giorni fa doveva portare a scuola del mercurio… Questo fatto mi mette di malumore.
Ieri sera fatto un racconto per «Il Tempo»32 dal romanzo di Angelo33 rimasto sospeso. Lo sto correggendo.
Domani parto per Roma.
Il tormento maggiore è di voler dare alla mia vita la coerenza di un racconto. Non mi lascio vivere neppure un poco senza mettere d’accordo i miei atti con tutti gli altri, con uno sforzo da acrobata. Mentre la mia vita, come quella di tutti, è fatta di tanti pezzi, e continuamente si spezza; è un tappeto (o una treccia) di tanti fili diversi, dove i fili scompaiono per poi riapparire.
Sono le 11. Luisa dorme ancora. Non ha fatto colazione, non s’è alzata per fare il bagno: dorme.
Ieri sera Lina mi parlava di un capitolo di Montaigne che sta leggendo. M[ontaigne] in relazione a Gide, che da M[ontaigne] ha preso tanto. Mi diceva, per cenni, dei giudizi di M[ontaigne] sul matrimonio (la lascivia è vizio, ma la temperanza – credo però che la parola sia un’altra, forse continenza o astinenza… – è pure vizio).
Ieri sera Lina e Luisa sono state a teatro Rasi34 a sentir recitare una compagnia di filodrammatici che Lina dice passabili – lei che era così incontentabile in fatto di recitazione35. Dice di essersi veramente divertita, mentre non si diverte che rarissimamente al cinema.
5 marzo
Dall’11 al 22 a Roma, ospite di Niccolò Gallo36.
Mi fermo a Firenze, e vado a Pisa a salutare B[ianca] Gerin37. Conosco il giovine Enzo Lucarelli38.
Al ritorno da Roma comincio a scrivere un dramma. Il primo atto è quasi finito, il secondo lo sto rifacendo. Mi piace scrivere i dialoghi, ma non sento affatto l’azione.
Ieri sera, 4 marzo, ripresa la lettura di Shakespeare a voce alta, col Mercante di V[enezia]. Meraviglia della Luisa alle strane pretese di Shylock39.
Ieri sera, lunga passeggiata solitaria prima di cena. Ritorno tonifi...

Indice dei contenuti

  1. Comitato Scientifico
  2. Frontespizio
  3. Pagina del copyright
  4. Indice
  5. Introduzione
  6. Nota al testo
  7. Diario 1952
  8. Diario 1953
  9. Diario 1954
  10. Diario 1955
  11. Diario 1956
  12. Diario 1957
  13. Diario 1958
  14. Diario 1959
  15. Diario 1960
  16. Diario 1961
  17. Diario 1962