Leonardo Sciascia e la funzione sociale degli intellettuali
eBook - ePub

Leonardo Sciascia e la funzione sociale degli intellettuali

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Leonardo Sciascia e la funzione sociale degli intellettuali

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Leonardo Sciascia e la funzione sociale degli intellettuali raccoglie traduzioni di tre scritti già apparsi su riviste scientifiche anglofone – L'onore, il qualunquismo e l'essenzialismo ne L'antimonio di Sciascia, Sciascia e La scomparsa di Majorana e De L'Affaire Moro e della (ri)scrittura della storia – oltre ad una approfondita introduzione che fornisce una visione d'insieme dei risultati delle ricerche dell'autore su Sciascia – dai quali emana uno Sciascia molto più conservatore di quanto comunemente si creda – nonché un'analisi della poetica sciasciana (imperniata sull'autoimmagine pubblica del "guastatore"). Chiude il saggio un capitolo conclusivo dove si esamina l'ultimo decennio della carriera di Sciascia (il periodo posteriore a L'Affaire Moro e la partecipazione dello scrittore siciliano alla Commissione Moro) durante il quale l'autore pubblica varie raccolte di saggi – come La strega e il capitano, 1912+1, Una storia semplice – e progetta un saggio su Telesio Interlandi, ideologo della legislazione discriminatoria del 1938. Joseph Francese è ordinario di letteratura italiana alla Michigan State University (USA), direttore responsabile di «Italian Culture», organo ufficiale della American Association for Italian Studies, e membro del comitato scientifico di «PMLA», l'organo ufficiale della Modern Languages Association. Ha al suo attivo numerosi articoli e saggi, oltre a libri su Pasolini (1991), le narrazioni postmoderne (1997), Cultura e politica negli anni Cinquanta. Salinari, Pasolini, Calvino (2000) e Socially Symbolic Acts. The Historicizing Fictions of Umberto Eco, Vincenzo Consolo and Antonio Tabucchi (2006). Ha anche curato tre volumi collettanei, il più recente, Perspectives on Gramsci: Culture, Politics, and Social Theory, per la Routlege (2009).

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Leonardo Sciascia e la funzione sociale degli intellettuali di Francese, Joseph, Joseph Francese in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Critica letteraria italiana. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2012
ISBN
9788866551461
Il ‘pessimismo cosmico’ di Sciascia1
Come scrive Pietropaoli, per Sciascia i libri di storia sono delle detective fictions (221) e, in questo senso Sciascia è precursore del postmoderno letterario perché non distingue fra fact e fiction: tutto è narrazione. La storia suscita il suo interesse come archivio di ‘microstorie’ (Dauphiné, 40). Infatti, spesso Sciascia solleva un caso specifico – per esempio le facili, ‘opportune’ conversioni nel dopoguerra di fascisti in anti-fascisti2 o di singoli comunisti siciliani dal comportamento meno che retto – a «essemplo», a sineddoche di una situazione più generale3. Oppure spesso introduce come incisi non pertinenti al testo delle osservazioni gratuite, come per esempio il detto dello ‘Strapaesano’ Longanesi – che non c’è comunista seduto accanto ad un duca che non senta brividi di piacere – ripreso da Sciascia nel 1958 perché l’aveva stizzito l’applauso dei comunisti – al Gattopardo di Tomasi di Lampedusa (Macaluso, 28)4 – i quali l’avevano irritato con la contemporanea esperienza ‘milazziana’ alla Regione Sicilia (Sciascia 1980a, 138). Questo detto viene poi tautologicamente reiterato, di punto in bianco, ne 1912 + 1 (III, 271), surrettiziamente conducendo il lettore acritico a dare alle «digressioni» di Sciascia una validità trascendente.
Secondo Pietropaoli, «le microstorie predilette – da Sciascia – costituiscono la linfa dei suoi libelli storiografici, o racconti-inchieste, nei quali vengono narrati episodi minimi quanto salienti di fanatismo e illibertà» (222). Nello stesso tempo, occorre notare che questo è un modo totalizzante di recuperare il passato perché prende il parte per il tutto per un fine ideologico; si vorrebbe porre come assoluto ciò che ha un valore nel momento: il fatto specifico (l’aneddoto) non viene storicizzato, ma è presentato con una valenza che trascende o supera la storia.
Un altro problema con un tale metodo di indagine, come nota Asor Rosa, si riscontra nell’«idea che la storia sia riducibile a una somma di casi individuali, ognuno preso per sé e dunque, nell’assoluta singolarità esistenziale» (134). Questo modo di procedere, sia detto per inciso, è anche alla radice del revisionismo storico dei nostri giorni. Scrive lo storico della letteratura italiana:
[…] partigiano o repubblichino, torturato o torturatore non contano per i valori di cui sono stati i portatori, ma per lo spettacolino che hanno rappresentato sulla scena del passato. Così si perde il senso della storia e dunque il valore di quegli ideali di giustizia e libertà da cui essa è animata (134),
quindi,
[…] dietro il milite delle Brigate nere più onesto, più in buonafede, più idealista, c’erano i rastrellamenti, le camere di tortura, le deportazioni e l’Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c’era la lotta per una società pacifica e democratica. Insomma, da una parte c’è “il giusto”; dall’altro “lo sbagliato”. Se si dimentica questo, si perde il senso della storia (135),
questo tema, e questo modo di ragionare acquisteranno maggior rilevanza quando discutiamo il manoscritto sul caso Interlandi che Sciascia preparava per la stampa quando gli sopraggiunse la morte.
Intanto, riflettendo sul suo interesse per la ‘microstoria’ Sciascia notava che questa gli permette di raccontare i «piccoli fatti del passato, quelli che i cronisti riferiscono con imprecisione o reticenza e che gli storici trascurano» (III, 150). E quei fatti, spiegava,
[…] a volte aprono nel mio tempo, nelle mie giornate, qualcosa di simile alla vacanza. Diventano cioè riposo e divertimento, come la lettura di un libro di avventure o poliziesco, come (ma non per me, ché rare volte ho tentato senza riuscire) lo scioglimento di un rebus o di un cruciverba. […] L’imprecisione o la reticenza con cui il fatto viene riferito è, naturalmente, la condizione indispensabile perché il divertimento scatti. Che è poi il gusto della ricerca, del far combaciare i dati o del metterli in contraddizione, del fare ipotesi, del raggiungere una verità o dell’istituire un mistero là dove o la mancanza della verità non era mistero o la presenza di essa non era misteriosa. Un giuoco cui spesso si accompagna, e lo eccita, un senso di puntiglio, ma qualche volta interviene anche una sorta di pietà (III, 150).
Si ritornerà sui temi della pietà e del puntiglio ma per il momento preme sottolineare che sciogliere l’enigma per Sciascia non significa tanto mirare alla accurata ricostruzione storiografica o filologica del passato quanto alla riscrittura del passato in funzione del presente:
[…] dovrebbero esser considerati romanzi storici quelle opere in cui gli accadimenti rappresentati sono parte di una “realtà storicizzata”, cioè conosciuta e situata, nel suo valore e nelle sue determinazioni, in rapporto al presente (III, 1147),
cioè, non si cerca di ricostruire l’hic et nunc del passato nei suoi nessi organici e totali ma la si recupera in modo strumentale a giustificazione di comportamenti e prese di posizione nel presente e, per dirla con Sciascia, «a futura memoria», per determinare la prospettiva storica dei posteri.
Per questo, prima di procedere, è necessario soffermarsi per sottolineare altresì come il sollevare un caso singolo, un aneddoto, a caso generale o sineddoche, ossia fare un fascio di una categoria di persone, è una strategia retorica ‘populistica’ adatta al circolo paesano, ad esempio il Circolo dell’Unione di Racalmuto o quella della Concordia, frequentata dal professor Laurana, protagonista de A ciascuno il suo5. Laurana indaga un doppio assassinio, ma non tanto per amore della giustizia ma perché «la sua curiosità riguardo alle ragioni e al modo del delitto […] era puramente intellettuale». La sua lealtà, il suo impegno (come, vedremo, quello del suo autore), è «soprattutto con [se] stesso, per se stesso» (Sciascia 1980a, 68-69). E le azioni di Laurana – e lo stesso può dirsi di tanti altri protagonisti sciasciani, nonché, come vedremo, lo stesso scrittore (quando tratta di Majorana e di Moro) – prendono le «moss[e] da una specie di puntiglio»6.
Sciascia scrive Majorana per «indignazione» (III, 649)7; e l’impeto originale per Moro fu un corsivo del direttore del quotidiano comunista «Paese sera», Aniello Coppola, il quale non poteva capire il silenzio mantenuto da Sciascia all’indomani del sequestro del presidente democristiano, un silenzio inaspettato e ‘rumoroso’ dopo i numerosi interventi dello scrittore siciliano sul processo celebrato alla colonna torinese delle Brigate rosse l’anno precedente8.
Il «puntiglio» è anche parte integrante di quella che per Sciascia è l’essenza metatemporale dei siciliani: la «sicilitudine» come manifestazione e mezzo di difesa dell’amor proprio che nella sua accezione è «una forma esasperata di individualismo in cui agiscono, in duplice e inverso movimento, le componenti della esaltazione virile e della sofistica disgregazione» (III, 1051).
Per questo, e a prescindere dalla correttezza etica delle prese di posizione di Sciascia, il problema – un altro ‘filo rosso’ sotteso a questo libro – è il modo in cui l’intellettuale concilia – o no – quella che per Weber è un’etica dei princìpi, o della convinzione, e un’etica della responsabilità per cui il politico è tenuto a pensare alle conseguenze delle sue scelte «non per sé, ma per coloro che egli rappresenta e guida, partito classe o nazione che sia» (Liguori, 17). In altre parole, ci si domanda se sia giusto, in nome della sacrosanta libertà dell’intellettuale di errare, mirare costantemente il tiro a seconda della contingenza (all’occorrenza ‘riscrivendo’ il passato), atteggiandosi da ‘guastatore’ e ‘garantista’ e ignorando le ripercussioni delle proprie parole9.
La «sicilitudine», per Sciascia non è performance, per usare la terminologia di Judith Butler, bensì un’identità astorica legata a un luogo: per Sciascia l’identità del siciliano è il suo destino. Riprendendo Dainotto, possiamo dire che tentativi, come questo di Sciascia, di ripristinare identità geografiche tangibili in effetti sono una fuga dalla storia, dal presente, verso luoghi che rimangono eternamente uguali a se stessi (3, 17). In tal modo, si nega il valore dell’analisi storica a favore del determinismo naturalistico che reifica il processo identitario in una categoria ontologica. Per Sciascia il destino del siciliano «buono» è la tendenza ad isolarsi e a vedere qualsiasi consorzio umano come «cosca»; da qui, il «tenace concetto» di uomini disposti a morire pur di salvaguardare «la dignità e l’onore dell’uomo, la forza del pensiero, la tenacia della volontà, la vittoria della libertà» (I, 685).
Lo scrittore, come avremo modo di vedere nei capitoli 2, 4 e 5, si identifica con molti suoi protagonisti, ad iniziare da Diego La Matina che incarna quello che, per dirla con Ragland-Sullivan, è il suo «ego ideal»10. La Matina – protagonista della Morte dell’Inquisitore, a detta di Sciascia il suo libro preferito (Sciascia 1979a, 69) – è personaggio dalla «dignità indistruttibile» (Collura, 191)11 e fa parte di una categoria di uomini che respingono la mentalità della «cosca». Questa categoria include quasi esclusivamente siciliani ma verrà allargata per comprendere un altro meridionale, il pugliese Aldo Moro (impavido prigioniero sia di terroristi che della sua immagine pubblica creata dai suoi ex compagni di partito), per lo scrittore altro irreducibile «sconfitto […] della mia parte» [Sciascia 1979a, 144]). Nelle pagine di Sciascia, Moro, come Ettore Majorana, viene trasformato in un personaggio di romanzo storico che partecipa alla «pirandelliana condizione di “uomo solo”» (Onofri 2004, 216) essendo rappresentato a futura memoria non come un uomo che ha perso il lume della ragione, come vorrebbero far credere i suoi ex compagni, ma lucidamente e in netto contrasto con la società circostante. Così come moltissimi altri protagonisti di Sciascia anche Moro è il portavoce delle idee del loro creatore, il quale faceva «dell’opposizione una ragione di vita» (Collura, 169).
Secondo il biografo Collura, amico di Sciascia e della sua famiglia, lo scrittore prende la sua determinazione, nonché «un’aggiunta di scontrosa severità», dal padre, Pasquale (52). Secondo Leonardo, un tale rapporto «di ostilità, addirittura di inimicizia, durante l’adolescenza» fra padre e figlio era all’epoca cosa comune in molte famiglie siciliane e si perpetuava quando, così come avviene a lui stesso, «di punto in bianco ci si accorge, quasi vedendosi in uno specchio, che “si” assomiglia al padre, che “si” ripete la sua esistenza» (Collura, 51). Una simile metamorfosi descrive il rapporto fra Sciascia e il suo «padre letterario», Luigi Pirandello, che il racalmutese trasformerà in antifascista e femminista avant la lettre. È negli anni della maturità, secondo Farrell, che Sciascia porta avanti «il compito quintessenzialmente pirandelliano di rielaborare la sua immagine di Pirandello» per farlo «rassomigliare al medesimo Sciascia» (1995, 57).
Sarebbe molto difficile esagerare l’importanza di Pirandello per Sciascia. Chi legge il saggio «Pirandello» (1960) spesso ha la sensazione che Sciascia stia parlando di sé12. Dallo scrittore agrigentino Sciascia mutua la strategia di discettare attraverso i personaggi (si veda per es. III, 1092 e 1095) nonché il ben noto ‘pirandellismo’, il tema della relatività della verità – o lo scarto fra la relatività delle apparenze e una realtà irraggiungibile dietro un «gioco delle parti» che diventerà uno dei cardini della visione epistemologica di Sciascia. Il «pessimismo cosmico» degli anni Ottanta è una forma esagerata del «pirandellismo» di Sciascia. Ma oltre alla strategia di discettare attraverso i personaggi e il «pirandellismo», un altro tema mutuato dall’agrigentino è quello dell’«uomo solo», parte integrante dello sciasciano «tenace concetto» degli «eretici sconfitti» (sinonimo, quest’ultimo, del «nessuno» pirandelliano il quale si trova a vivere «una condizione sciolta da ogni vincolo» sociale [Sciascia 1980b]) che Sciascia eleva a sua volta a proprio ‘modello di vita’.
A maggior riprova di questa identificazione, nella sua ultima pubblicazione, «Pirandello, mio padre» Sciascia non solo rivela il suo complesso edipico ma di...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. Il ‘pessimismo cosmico’ di Sciascia
  3. L’onore, il qualunquismo e l’essenzialismo ne L’antimonio
  4. La mascolinità e la negoziazione di potere in tre romanzi di Sciascia: l’ironia, l’umiliazione e la gerarchia maschile
  5. La scomparsa di Majorana
  6. De L’Affaire Moro e della (ri)scrittura della storia
  7. Conclusioni. Moro e dopo
  8. Opere citate