Deformità fisica e identità della persona tra medioevo ed età moderna
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Deformità fisica e identità della persona tra medioevo ed età moderna

. Atti del XIV Convegno di studi organizzato dal Centro di studi sulla civiltà del tardo medioevo. San Miniato 21-23 settembre 2012

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Deformità fisica e identità della persona tra medioevo ed età moderna

. Atti del XIV Convegno di studi organizzato dal Centro di studi sulla civiltà del tardo medioevo. San Miniato 21-23 settembre 2012

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Negli ultimi decenni, la storiografia europea si è occupata attivamente della storia del corpo, dando così spessore e consapevolezza a potenti sollecitazioni provenienti dalla cultura dominante nella società affluente. Non solo dunque il corpo 'bello' è stato oggetto di ricerca, ma anche il corpo dell'uomo comune, mutilato, deforme e imperfetto. Il volume, attraverso sondaggi nelle fonti giuridico-normative, anagrafiche, iconografiche, letterarie e nei trattati medici e fisiognomici e la partecipazione di alcuni dei maggiori specialisti internazionali nel campo, intende approfondire queste tematiche soprattutto per lo spazio geografico, culturale e documentario dell'Italia del tardo Medioevo e della prima età moderna rimasta sino ad ora abbastanza ai margini di questo filone di studi. Gian Maria Varanini insegna all'Università di Verona. Si interessa di storia politica, istituzionale e sociale dell'Italia tardo-medievale, di storia della storiografia, di edizioni documentarie. È condirettore del Dizionario biografico degli italiani e presiede l'associazione culturale «Reti medievali». È stato sino al 2015 presidente del comitato scientifico del Centro studi sulla civiltà del tardo medioevo di San Miniato.

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Informazioni

Immaginare e interpretare simbolicamente
Fausta Piccoli
Università di Verona
La raffigurazione della deformità nell’arte dell’Italia settentrionale nel XIV secolo*
1. Definizione e ambito della ricerca
Il concetto di deformità, intesa come condizione di colui ‘che è o appare lontano dalla forma naturale’ e quindi ‘spiacevole a vedersi’, trova, in ambito artistico, due principali filoni rappresentativi: da un lato, come alterazione o sproporzione di parte o dell’intero corpo umano o animale che non sottende una condizione patologica, ma viene utilizzata ora per tradurre concetti legati alla sfera del sovrannaturale, del grottesco e del ridicolo, ora come semplice divertissement; dall’altro, in esclusivo riferimento all’uomo, come condizione permanente di malattia, sia congenita che acquisita, che comporta «alterazioni anatomiche» e «disturbi funzionali che si riflettono sulla forma»1. Il presente contributo focalizza la sua attenzione su quest’ultimo aspetto, considerato, per maggior completezza, nell’ambito del più ampio concetto di infermità, intesa come condizione debilitante cronica e irreversibile.
In quest’accezione, il tema della raffigurazione della deformità nell’arte italiana di epoca medievale appare un argomento di studio piuttosto nuovo, il più delle volte indagato nell’ambito di approfondimenti a carattere storico di ambito tedesco o anglosassone – come nel caso del saggio di Sarah Harms nella monografia (De)formierte Körper. Die Wahrnehmung und das Andere im Mittelalter del 20122 –, oppure a margine di contributi di ricerca contermini, come, ad esempio, il rapporto tra arte e medicina o arte e povertà. A questo proposito, meritano un cenno particolare gli atti del convegno svoltosi a Firenze nel 2004, Armut und Armenfürsorge in der italienischen Stadtkultur zwischen 13 und 16 Jahrhundert, con contributi legati alla raffigurazione della povertà nella cultura cittadina italiana tra il XIII e il XVI secolo3, tra cui, per l’epoca medievale, quelli di Louise Bourdua sulla raffigurazione di poveri e infermi nella cultura figurativa tra Padova e Venezia, di Roberto Cobianchi sulla raffigurazione dei lebbrosi nell’iconografia francescana e di Anna Esposito sulla rappresentazione di poveri e malati nella Roma tardomedievale4.
Fig. 1 – Lodi, Cattedrale. Pittore lombardo: Giobbe piagato con la moglie e un amico (?).
Fig. 2 – Trento, Biblioteca Comunale, Breviarium Romanum, Ms. 1563, p. 40. Nicolò di Giacomo: Un cieco si avvicina la mano agli occhi.
Per il resto, il panorama critico italiano appare nel suo complesso piuttosto povero e disarticolato, anche se non manca qualche intervento di un certo interesse, come un saggio del 1993 di Silvia Pasi relativo a scene di guarigione nel ciclo cristologico del Duomo di Monreale5 e il volume Curare e guarire. Occhio artistico e occhio clinico del 20056. Recentissimo è infine il contributo di Raffaele Argenziano sull’iconografia di Giobbe, Lazzaro e della lebbra in territorio senese tra XIII e XIV secolo7.
In questa sede, si è scelto di affrontare il tema della raffigurazione della deformità nell’Italia Settentrionale del Trecento: un contesto geografico e cronologico ampio, ma allo stesso tempo connotato da una certa omogeneità culturale e quindi in grado di restituire un quadro di riferimento articolato e coerente per la tematica in esame, finora mai indagata, per il XIV secolo, in un ambito territoriale così vasto. È stato quindi individuato un nucleo ampio ed eterogeneo di centodieci testimonianze di pittura murale e su tavola, di miniatura e di scultura in un’area che comprende le attuali Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Istria (quest’ultima in ragione dei suoi stretti legami con l’arte veneziana). La selezione delle opere è stata fatta in base alla rilevanza artistica e alla piena aderenza all’argomento: la scelta iconografica quindi non si intende esaustiva, ma costituisce piuttosto una significativa campionatura della produzione padana dell’epoca. Le presenti riflessioni offrono un primo inquadramento sull’immagine della deformità nell’arte italiana del XIV secolo, suggestivo riscontro visivo ai contributi presentati in questo volume e punto di partenza per ulteriori e più approfondite indagini.
2. Storie di guarigione, di pazienza e di misericordia: per un’iconografia della deformità nelle raffigurazioni a carattere religioso
Per meglio comprendere l’immagine che gli uomini del XIV secolo avevano delle persone affette da deformità, non si può prescindere dai contesti figurativi in cui essi appaiono inseriti. A quest’altezza cronologica, infatti, le figure di infermi e invalidi non sono mai protagoniste autonome di un’opera d’arte, come invece avverrà sempre con maggior fortuna a partire dall’età moderna. La loro presenza appare quasi sempre inserita all’interno di episodi a carattere sacro, che compongono un’ampia selezione della ‘storia della salvezza’, a partire dai fatti biblici tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento e dalle Vitae Sanctorum narrate nelle fonti agiografiche. La minor incidenza numerica di figure connotate da deformità in soggetti a carattere profano – di cui pure si discuterà nel paragrafo 5 – può in parte dipendere dalla maggior rarefazione di questi ultimi rispetto a quelli di argomento sacro, tuttavia appare innegabile che tale situazione sottenda anche precisi orientamenti rispetto alla funzione e ai significati che le immagini di deformi dovevano ricoprire nell’ambito della rappresentazione artistica. Varrà quindi la pena di tratteggiare un quadro d’insieme dei principali filoni iconografici in cui compaiono figure sia di uomini infermi, sia di deformi.
Fig. 3 – Trieste, Museo Civico Sartorio. Pittore veneziano: Trittico di Santa Chiara (part.).
Fig. 4 – Venezia, Biblioteca Marciana, Chronologia Magna di Paolino da Venezia, Ms. Lat. Z 399=1610, c. 21v (part.).
Fig. 5 – Bologna, Pinacoteca Nazionale (dalla chiesa di Santa Maria di Mezzaratta). Jacobus: Probatica piscina.
Fig. 6 – Verona, Biblioteca Capitolare, Graduale, Ms. MLVI-5, c. 77r. Miniatore veronese: Cristo guarisce un cieco.
Dalla Bibbia è tratta la maggioranza degli episodi, di cui alcuni dell’Antico Testamento. Tobi e Giobbe, esempi di pazienza e s...

Indice dei contenuti

  1. Nota del curatore
  2. Diritto, leggi, norme
  3. Deformità e malattia
  4. Immaginare e interpretare simbolicamente
  5. Alterità