Persona e famiglia nell'era del Biodiritto
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Persona e famiglia nell'era del Biodiritto

verso un diritto comune europeo per la bioetica

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Persona e famiglia nell'era del Biodiritto

verso un diritto comune europeo per la bioetica

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Il mutamento incessante che la scienza e la tecnologia hanno imposto alla società civile mette in discussione temi fondamentali come nascita, salute, morte, e con essi gli 'strumenti giuridici' pensati per autodeterminarsi. Non solo l'individuo è investito da questo tumultuoso processo ma anche la famiglia, come luogo principale in cui lo stesso esercita la sua personalità, ne risente gli effetti. In questo terzo volume di Verso un diritto europeo per la bioetica il focus dei contributi dei vari autori (giuristi, medici, bioeticisti) è centrato su temi quali: genitorialità consapevole e procreazione assistita, profili anticipatori assunti dalla salute e connesse esigenze di tutela, articolazione dei modelli familiari e ridefinizione del progetto genitoriale. Il tutto declinato nella logica del Biodiritto, disciplina autonoma ma anche metodo di indagine e di lavoro per coloro che intendano approcciarsi alle cosiddette fattispecie biotecnologiche. Gianni Baldini, docente di Biodiritto presso l'Università di Firenze, si interessa prevalentemente di Biodiritto, diritti fondamentali della persona e responsabilità civile, nella proiezione nazionale e comunitaria. Componente di progetti di ricerca del MIUR sui temi indicati, è autore di numerose pubblicazioni, tra le quali i due volumi già editi dalla Firenze University Press: Tecnologie riproduttive e tutela della persona (2007) e Nascere e morire: quando decido io? (2011). Avvocato cassazionista, consulente di associazioni di pazienti, ha patrocinato taluni dei contenziosi più controversi inerenti la fecondazione assistita e la legge 40/04 presso le corti di merito e innanzi alla Consulta.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788866558903
Categoria
Biology
Parte seconda
Persona e famiglia tra procreazione assistita, genitorialità consapevole e autodeterminazione
IL CAMMINO SENZA PREGIUDIZI DEL BIODIRITTO.
LA COSTRUZIONE GIURIDICA DEI RAPPORTI GENITORIALI
Andrea Bucelli
Sommario: 1. Comunicare senza pregiudizi – 2. La super-domanda della bioetica – 3. Frantumazione della famiglia – 4. Consensus facit filios – 5. L’alterna vicenda della fecondazione eterologa: fino alla sentenza della Corte costituzionale n. 162 del 9 aprile 2014 – 6. Surrogazione di maternità e matrimonio omosessuale – 7. Una famiglia per gli embrioni in sovrannumero – 8. Accesso alle tecniche riproduttive e ‘selezione’ dei genitori: quale interesse dei figli? – 9. Sul Biodiritto nel tempo della tecnica
1. Comunicare senza pregiudizi
Le recenti Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT (acronimo di ‘Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender’) del Ministero per le pari opportunità dettano un minuzioso decalogo di raccomandazioni al fine di «comunicare senza pregiudizi» attorno alle persone omosessuali. Sarebbe ad esempio preferibile usare il plurale «famiglie» in luogo di «famiglia»: dunque si dica e si scriva di «famiglie omogenitoriali, oppure con due papà, due mamme. Meglio ancora parlare, semplicemente, di famiglie». E sarebbe scorretto riferirsi al matrimonio gay, che «suggerisce l’idea di un istituto a parte, diverso da quello tradizionale». Né mancano indicazioni sulla procreazione medicalmente assistita (di seguito PMA): anche qui la terminologia andrebbe depurata da deprecabili contaminazioni, come la peraltro ricorrente locuzione di ‘utero in affitto’, che spregiativamente associa l’organo riproduttivo femminile al mondo degli affari, mentre (si spiega ancora) è in gioco la ben più alta «aspirazione della coppia gay o lesbica ad avere un proprio figlio».
Insomma: i giornalisticamente indicati come ‘temi etici’ suscitano preoccupazioni di vario genere, persino lessicali. Non si pensi però a questioni soltanto nominalistiche; in certi suggerimenti terminologici è facile scorgere sintomi e segnali, pure gli eccessi1, di una profonda trasformazione culturale e di costume.
2. La super-domanda della bioetica
Frasi – quelle appena riportate – che si riferiscono alla famiglia non meno che alle tecniche riproduttive. Il primo aspetto, com’è ovvio, si regge ed interferisce con il secondo. Le moderne biotecnologie, se da un lato consentono ad una coppia eterosessuale di accedere alla genitorialità negata da cause patologiche di sterilità o d’infertilità, dall’altro permettono di superare limiti biologici altrimenti insormontabili a coppie dello stesso sesso e a persone singles. Così tutti o quasi, grazie ai ritrovati della scienza medica, potrebbero ambire all’esperienza irripetibile della paternità e della maternità.
Se nonché, ogni volta che il progresso scientifico supera i limiti segnati dall’ordine naturale delle cose ed offre nuove soluzioni tecniche, riaffiora inesorabile la super-domanda della bioetica: «tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente accettabile, socialmente ammissibile e giuridicamente lecito»?2.
Su un tal genere di interrogativi si concentra l’attenzione contemporanea3, intrecciandosi ed arricchendosi con riflessioni delle diverse scienze sulle questioni della vita umana.
Le note che seguono4 ripercorrono per sommi capi gli itinerari della complessa vicenda – tutta italiana – della PMA: riconsiderandola ormai a più di dieci anni dalla legge n. 40 del 19 febbraio 2004, se ne potranno trarre alcune indicazioni anche a proposito del c.d. biodiritto.
3. Frantumazione della famiglia
Il civilista non avrà difficoltà ad adeguarsi ad una delle raccomandazioni di cui si diceva: per lo studioso non è una novità parlare di ‘famiglie’ al plurale, anziché di ‘famiglia’. Non di rado ci si esprime in termini di ‘modelli familiari’, e pure questa non è una terminologia neutra e casuale. Due scuole di pensiero si contendono il campo a livello europeo. Da un lato la tesi del ‘non-modello’, che guarda alla pluralità delle famiglie così come si formano nel tessuto sociale, ritenendole in quanto tali meritevoli di protezione, a prescindere da ogni giudizio di valore e senza alcun modello da rispettare o privilegiare. La tutela, secondo tale visione, dovrebbe dispiegarsi per mezzo di un ‘diritto leggero’, lungi da ogni «forzatura sulle strutture che la famiglia riceve dal costume e dal sentire sociale», il che impone all’ordinamento «un solenne principio di autolimitazione». Diverso è l’approccio che vorrebbe un’iper-giuridicizzazione dei rapporti familiari tra i quali, in una logica di non discriminazione, le relazioni omosessuali. L’alternativa quindi c’è, ma verte sul quantum di regole e non sull’ispirazione di fondo: «Si avverte sempre più impetuoso, al di là delle tecniche di adeguamento, il vento dell’individualismo libertario che ispira l’interpretazione dell’art. 9 della Carta di Nizza», il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia5.
Torna, com’è evidente, l’antico nodo del rapporto tra famiglia e diritto. Solo che, del tutto mutata concezione e realtà della famiglia, la pur fortunata metafora dell’unica grande isola, ancora costituita dalla famiglia fondata sul matrimonio, lascia senz’altro il posto alla più aggiornata immagine dell’arcipelago composto da tante isole6. Chi ne ha ripercorso le «stagioni (…) nel diritto, dall’unità d’Italia a oggi»7, nell’ultimo scorcio di anni «vede sulla istituzione familiare riflettersi in misura rilevante il processo di integrazione giuridica europea». E proprio nel considerare un sistema di fonti divenuto sempre più fluido e complesso, in un intreccio di tutele multilivello tra loro non sempre concordanti8, il «ri-ordinare» i «frantumi europei di famiglia» diventa per l’interprete compito tutt’altro che agevole9.
Ora, a frantumare la famiglia concorrono senz’altro anche le metodiche di PMA. Nell’aumentare le possibilità riproduttive, la tecnica moltiplica le figure genitoriali. Per composizione e caratteri si modifica il nucleo familiare, cambia l’assetto relazionale destinato ad accogliere il figlio che verrà. Il nato potrebbe essere accolto da una coppia eterosessuale, ma pure omosessuale o da una persona sola. C’è poi da considerare che le tecniche eterologhe, basate su capacità generative esterne alla coppia, mettono in gioco soggetti che si possono considerare ‘terzi’, ossia estranei al rapporto di filiazione, ma fino ad un certo punto, essendo anch’essi coinvolti con il fatto biologico della generazione.
È il caso ad esempio del donatore di gamete che è pur sempre padre biologico, oppure si pensi allo sdoppiamento che si verifica allorché una donna intervenga nel procedimento con l’apporto biologico della gestazione ed un’altra con la donazione dell’ovocita, sicché in linea astratta possono essere ben tre le aspiranti madri, le due suddette e quella che a loro si è rivolta per procreare il figlio.
Nell’età del biodiritto, che è anche il tempo della tecnica, entrano in crisi canoni consolidati del diritto di famiglia (ad esempio, mater semper certa est, pater numquam; pater is quem iustae nuptiae demonstrant). Ma ad amplificare l’impatto delle tecnoscienze, in una sorta di alleanza o di movimento convergente, concorre senza dubbio la spinta proveniente dall’accennato processo di cambiamento antropologico e di costume.
4. Consensus facit filios
«Per fare un uomo ci voglion vent’anni, per fare un bimbo un’ora d’amore», recitava una canzone degli anni Sessanta.
Oggi per fare un bambino si offrono ulteriori possibilità: il concepimento non è più soltanto un fatto naturale10. Si possono adottare procedure che non si esauriscono certo in un’ora.
Alla base delle tecniche di PMA vi è un atto giuridico della coppia, basato sul consenso che deve essere informato prima di manifestarsi per iscritto «congiuntamente al medico responsabile della struttura» (art. 6, l. 19 febbraio 2004, n. 40). Dunque, una «volontà consapevole e consapevolmente espressa» (art. 6, co. 1, cit.), che in campo medico ha la «funzione di sintesi di due fondamentali diritti della persona: quello all’autodeterminazione e quello alla salute»11, mentre sul terreno dei rapporti familiari diventa pure «strumento tecnico della filiazione»12. Cade così un altro brocardo ricevuto dalla tradizione: consensus non facit filios.
Fintantoché la procreazione segue il suo corso naturale, i soggetti coinvolti sono ovviamente due, madre e padre, dopodiché – al momento del concepimento – si aggiunge l’ulteriore presenza del nascituro. Terzo rispetto all’atto generativo, dal concepimento in avanti diviene esso stesso parte del rapporto: parte nel senso elementare di «centro di interessi». Parlare infatti di «soggetto»13, con riferimento allo statuto giuridico dell’embrione, solleva – com’è ben noto – questioni che, sin dalla legge n. 194 del 1978 sull’interruzione volontaria della gravidanza, hanno dato adito a ricostruzioni anche molto divergenti.
Quando la filiazione sia frutto di una scelta meditata, presidiata dalla prescritta forma, e quando il medico ‘assiste’, dovendo preliminarmente informare la coppia, l’accesso alla struttura sanitaria sottrae l’atto procreativo alla sfera d’intimità consueta, per inserirlo in un più ampio contesto di regole e d’interessi, anche economici.
Non solo. Se – come detto – alcune tecniche di PMA, a cominciare dalla fecondazione eterologa, mettono in gioco altre figure, oltre al medico, e tuttavia il coinvolgimento di più soggetti che, contribuendo biologicamente al processo formativo dell’embrione, almeno in astratto potrebbero ambire al ruolo genitoriale, è impensabile che, al moltiplicarsi degli apporti biologici, faccia seguito un’automatica proliferazione di padri e madri, una sorta di famiglia allargata ante litteram. Ne deriverebbe una confusione di ruoli, un’incertezza di status che l’ordinamento in linea principio respinge. Senza dire che il conferente l’apporto biologico solitamente non vuole affatto comparire sulla scena familiare, tanto meno assumersi la minima responsabilità: è il caso ad esempio del donatore del seme che non intende diventare padre di chi, pur essendo suo figlio biologico, un padre consensuale che l’ha voluto comunque ce l’ha. Ciò non toglie che il proposito di rimanere nell’ombra dell’anonimato possa entrare in conflitto con gli interessi del figlio, quando ad esempio, raggiunto per così dire l’uso della ragione, voglia conoscere le proprie origini genetiche14.
Tanto basta per rendersi conto del carattere relazionale della figura di genitore, che si definisce con riferimento a quella di figlio: il rapporto tra generante e generato è necessariamente bilaterale. E tuttavia si tratta di due posizioni diverse, completamente disallineate nel tempo e quindi sbilanciate. Sono perciò gli adulti, ai quali non a caso la legge richiede tra gli altri il requisito della capacità di agire (art. 5 l. n. 40), a farsi interpreti di quel progetto di vita che coinvolge anche chi,...

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  1. Parte prima
  2. Parte seconda
  3. Parte TERZA
  4. Bibliografia generale
  5. Notizie sugli Autori