Don Lorenzo Milani da S. Donato a Barbiana
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Don Lorenzo Milani da S. Donato a Barbiana

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Non è un caso o una semplice simpatia che ci spinge a ricordare don Lorenzo Milani.
Sono trascorsi circa trentasei anni dalla sua morte, avvenuta a ridosso del '68, precisamente il 26 giugno 1967, ma è un'altra la data che ci serve da pretesto per parlare nuovamente di lui, della sua testimonianza, dei suoi scritti e della sua Scuola.
Don Lorenzo infatti nasceva ottanta anni fa, il 27 maggio 1923, in una famiglia della ricca borghesia fiorentina nella quale era di casa la cultura, da madre ebrea di origine polacca e dal padre, libero pensatore. La conversione al Vangelo e l'ingresso in Seminario avvenne nel tragico 1943, quando aveva appena compiuto i vent'anni.
Don Lorenzo ci ha lasciato un sentiero; a Barbiana: non arrivano i pullmann, non si compra e non si vende, non servono controlli. La piccola Chiesa, la Canonica, la stanza che faceva da aula scolastica, il piccolo cimitero, sono nascosti, bisogna cercare per trovarli.
A Barbiana scopri che il seme è morto, gettato nella terra e produce continuamente frutto abbondante.
Don Lorenzo ci invita ancora una volta ad entrare nella sinagoga di Nazareth: Gesù dinanzi ai suoi concittadini apre il rotolo del profeta Isaia dove sta scritto …il Signore mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri …oggi si compie questa profezia che avete udita con i vostri orecchi. Dio e i poveri costituiscono un binomio inscindibile, la fede autentica non può stare senza la fame e la sete di giustizia.
Don Lorenzo ha vissuto coerentemente e fino in fondo questo messaggio; nei suoi comportamenti ci sono delle asprezze ma sono quelle caratteristiche degli autentici ricercatori.
L'Università Cattolica non poteva mancare a questo appuntamento della memoria capace di aprire orizzonti profetici verso il futuro. Esaltare chi ha accettato di prendere l'ultimo posto per amore verso Dio e verso gli altri, facendosi servo della verità, vuol dire annunciare i tempi futuri, proclamare le grandi gesta del Dio vivente, che abbatte i potenti dai troni e innalza gli umili.
Domenico Simeone è tra i maggiori esperti della vita e del pensiero di don Lorenzo Milani. In questa antologia di scritti ci offre un nuovo intelligente contributo affinché il limpido sentiero venga ripercorso.
Brescia, 27 maggio 2003
don Mario Neva

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Informazioni

Editore
EDUCatt
Anno
2014
ISBN
9788867805945

L’impegno civile

Piero, ho sentito preti e giornali dire che tutte le cose sindacali e sociali sono materia. Che non bisogna che il prete si faccia trascinare dal suo cuore di uomo, da motivi terreni.
Che il pensiero del benessere è eresia. Che ai poveri Gesù parlava solo di croce e di cielo.
Ci credo Piero. Lo credo con tutto il cuore, con tutto me stesso. Appunto. È al cielo che li voglio portare i miei figlioli. Son partito per questo e ancora non penso altro che a questo.
Io non li voglio far signori. Non voglio che abbiano neanche un soldo di più. Che vuoi che me ne importi delle questioni sindacali, dei colpi che batte quel telaio e d’ogni cosa?
Morissero di fame tutti i poveri! Che me ne importa?
Andranno tutti in cielo. Non ho scordata la prima beatitudine.
L’ho sempre dinanzi agli occhi. Sì, Beati, lo credo. Te lo giuro.
Eppure, Piero, c’è qualcosa che io voglio e che tu devi intendere che è degna ch’io la voglia. Una cosa che m’importa e tu devi intendere che mi importa solo perché attendo tutto nell’altra vita e non in questa:
Per ora Mauro è ancora qui, accanto a me.
Me lo son potuto tenere sempre vicino, parlargli di Dio e di purezza, nutrirlo di assoluzioni e Comunioni.
Ma tutto questo solo perché è giovane. Diciasett’anni son pochi. Ma quando se n’è viste tante cominciano a pesare quanto i trenta d’un signorino.
Domani quando ne avrà 18 o 19 sarà come se ne avesse 40.
Odierà tutto e tutti e me suo prete, e il Papa e il Cristo nostro Signore.
Per ora mi crede ancora se gli dico qualcosa.
Ma se mi chiede ragione di quel che fa il Baffi, di quel che fa il governo cattolico, che gli posso dire?
Potrò ingannarlo? Potrò dirgli che attenda? Potrò dirgli che il Baffi ha diritto per diritto naturale? Che la Celere ha il dovere di difendere la legge pagana che fa forte il Baffi?
Che questa legge è quella che Dio ha posta?
Io non posso dirgli queste cose. Non mi crederebbe. E ha ragione.
E io, Piero, non posso non essere creduto dal mio Mauro.
Lui n’ha bisogno di me suo prete per mille altre cose troppo più grandi di questa stupida cosa del lavoro e del governo.
N’ha bisogno per il perdono di Dio di cui ha avuto sete fino a oggi di cui avrà bisogno anche domani. N’ha bisogno per il Corpo di Cristo che l’aiuti ad affrontar la vita e il matrimonio e la vecchiaia e poi la morte e poi la Vita Eterna.
Parlargli d’altre cose? Tenere il discorso sempre su quello della fede?
Non mi parrebbe vero, credimi. Ma son anche maestro di morale e confessore e se mi interroga devo rispondergli. E di che è la colpa se nove volte su dieci la sua domanda sarà su questo campo umiliante?
Ah se avessi una posizione così limpida da poter rispondere:
“A me lo vieni a dire? Che centro io, l’uomo dei Sacramenti, il pontefice tra la terra e il cielo coi misfatti dei forti di questa terra? Pensa all’anima tua, pensa a salvarti. Chiedimi il libro di Dio, il Corpo di Cristo, il suo Perdono”.
Penso ora che è ancora troppo dono di Dio che io l’abbia ancora qui a domandarli a me i suoi perché. So che è l’ultimo giorno. Domani non verrà più. C’è un’altr’uscio, non lontano dal mio, dove c’è qualcuno che saprà dargli le risposte che attende.
C’è qualcuno che per un po’ di lavoro, un po’ di casa, un po’ d’aumento, un po’ di giustizia umana, per queste quattro stupide piccole cose umane che io non ho saputo riconoscergli a tempo, gli ruberà la fede.
Se quel qualcuno avesse almeno una dottrina più bella della nostra, starei zitto. Ma la dottrina del comunismo non val nulla. Una dottrina senza amore. Una dottrina che non è degna di un cuore di giovane.
Avesse almeno realizzazioni avvincenti. Ma nulla. uomini insignificanti, un giornale infelice, una Russia che a difenderla ci vuol coraggio.
E io dovrei farmi battere da così poco? Io che ho una dottrina che pare fatta apposta incendiare un cuore di giovane.
Una dottrina che per secoli ha portato migliaia di giovani al martirio e al chiostro, sorridenti.
Mi par già di sentirti protestare: “Che c’entra? Sei te Lorenzo che non sei riuscito a mostrargli la Croce, a predicargli il Vangelo nudo e crudo e la dottrina sociale della Chiesa”.
No Piero. Se il colpevole di questa umiliazione dell’uomo non fosse in nulla aggiogato al mio carro, io potrei dire a Mauro che pieghi il capo all’uomo come fosse dinanzi a Dio. Per salvarsi l’anima e in sconto dei suoi peccati. Potrei leggergli la lettera di S. Paolo agli Efesini. Quella che don Divo cita contro di me.
Ma così come sono non posso leggergliela. Don Divo s’è scordato che S. Paolo, quando scriveva quella lettera era in prigione. Vittima con le vittime. Lui sì che poteva additare la Croce.
Ma chi è dall’altra parte non può. Io non posso. Non posso neanche se mi ci son trovato solo per un imprevedibile coincidere di circostanze storiche che non dipendono da me. Il fatto resta e cioè che son compromesso col governo e col Baffi. Al governo gli ho dato il voto. Ho proibito dall’altare di dare il voto a altri. Ho proibito di leggere i giornali che lo criticano. E il governo che io ho così sorretto, non platonicamente, ma in concreto, il governo s’è lasciato legare mani e piedi dal Baffi e da quelli come lui.
Il governo s’è alleato col Faraone contro Babilonia. L’ha stimato prudenza. Ed io ho taciuto. Non mi son fatto buttar nel pozzo com...

Indice dei contenuti

  1. INDICE
  2. ANTOLOGIA DI SCRITTI DI LORENZO MILANI
  3. Aspetti biografici
  4. Fede e dimensione religiosa
  5. Rapporti con la gerarchia ecclesiastica
  6. La questione sociale
  7. La scuola
  8. L’impegno civile