Testo e performance dal settecento al duemila
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Testo e performance dal settecento al duemila

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Testo e performance dal settecento al duemila

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Scrivere sul teatro significa scrivere in assenza di ogget­to, ma in presenza di una tradizione sia dram­maturgica sia spettacolare (che può essere anche rin­negata, riformata o rivoluzionata); significa ricostruire e analizzare le istan­ze di un evento unico, irripetibile e solo in parte ripro­ducibile, seppure inizialmente connesso a un preciso con­testo storico-culturale.
Per questi motivi, la scrittura critica relativa al teatro e alla teatralità – intesa come categoria estetica che può essere applicata anche ai prodotti di altri settori artistici, quali il melodramma, il cinema, i nuovi media, le arti visive in genere – non può essere esercitata solamente a partire dal testo drammatico, tramandato dal suo percorso editoriale, ma deve necessariamente incontrare il testo performativo tracciato dall'azione (o dalla non-azione) di un corpo in uno spazio e in un tempo determinati, in presenza di qualcuno che guarda.
Considerando l'etimologia del termine ("teatro" dal verbo greco théaomai, ossia "guardo"), tutto ciò che è le­gato al campo semantico della teatralità incorpora neces­sariamente la visione, come tutto quello che si lega al "dramma" è centrato su drama e diàlogos, ovvero azione e interazione linguistica o paralinguistica fra personae. Il teatro nasce nel mondo antico strettamente connesso alla categoria della socialità e di tale categoria (o della mancanza di essa) continua ad essere espressione, talvolta anche suo malgrado, nel corso dei secoli.
Di conseguenza, nel contesto della didattica univer­sitaria insegnare a scrivere sul teatro significa anzi­tutto insegnare a leggere il teatro, come testo drammatico e co­me testo performativo. Agli strumenti per l'analisi reto­rica e stilistica di un testo scritto devono essere unite infatti competenze per l'analisi di un testo visivo (ma anche sonoro), effimero, mutevole, e quindi difficilmente ricostruibile e decodificabile a posteriori. Occorre dunque conoscere i codici dello spettacolo come quelli della scrittura drammaturgica, tenendo presente che la scrittura per la scena spesso contiene in sé elementi conativi che orientano l'azione. Pertanto, anche il testo drammatico deve essere letto alla luce delle sue valenze performative e delle convenzioni spettacolari cui si attiene o da cui si distacca.
Questo libro vuole fornire alcuni esempi di scrittura critica sul teatro a partire dalle complesse relazioni che intercorrono fra testo e performance dal Settecento ai giorni nostri1. I quattro esempi scelti – Il libretto metastasiano, I trasformismi di Vittorio Gassman, Teatro e carcere, Corpo e immagine – declinano modi diversi d'intendere tali relazioni nel passaggio dall'età moderna a quella contemporanea e sono corredati al loro interno dei riferimenti bibliografici necessari a fornire una contestualizzazione storico-criti­ca dei singoli fenomeni. Fra i Materiali critici sono raccol­te invece due recensioni relative soltanto alla scena contempo­ranea, ma esercitate su fenomenologie registiche, attoriali e drammaturgiche differenti fra loro e pertanto, ciascuna a suo modo, esemplificative. Tratto dal capitolo introduttivo dell'Autrice

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Informazioni

Il libretto metastasiano come “fabula agenda”

Ricostruire lo spettacolo perduto

1. Un fossile del palcoscenico

A partire dagli anni Ottanta del Novecento una serie di studi1, facendo propri alcuni principi della semiotica teatrale2, ha avviato una riflessione sulle concezioni metastasiane intorno al testo drammatico, allo spettacolo e ai loro rapporti reciproci. Il libretto per musica settecentesco3 è stato così sottratto alle sole aree d’interesse letterario e musicologico e ri-collocato nel contesto storico-culturale di riferimento, rivalutandone conseguentemente anche la dimensione performativa.
Come osservato da Anna Ubersfeld, il testo dram­matico è sempre scritto in presenza della tradizione precedente, sia dal punto di vista della drammaturgia che dello spettacolo4: Metasta­sio si pone in dialogo con tale tradizione, proponendo, all’inizio del XVIII secolo, un’azione riformatrice incentrata su una scrittura drammaturgica forte, in un momento di crisi della scena operistica barocca. Il melodramma era nato infatti all’inizio del Seicento con il proposito di restaurare la tragedia antica nelle sue componenti recitate, cantate e coreografate, per poi essere risucchiato dalle finalità edonistiche della spettacolarità seicentesca e, persi progressivamente i suoi intenti originari, lasciare al vir­tuosismo di musica e cantanti il potere totale d’incantare il pubblico5.
Ma al di là degli intenti riformatori – maturati in seno al progetto culturale complessivo dell’Arcadia – Metastasio è poeta di teatro il cui compito non si esaurisce nella composizione del testo poetico, ma investe la sua realizzazione scenica alla cui direzione è preposto. Dall’analisi dell’epistolario, come dalla lettura delle dettagliate didascalie di cui dissemina i suoi libretti emerge infatti una sorta di figura proto-registica molto attenta alla prescrittività della parola, in funzione di un’esigenza di riproducibilità (compatibile con lo svi­luppo dell’industria dell’editoria e dello spettacolo) che deriva dalla necessità della parola stessa d’interagire con la struttura polisemica dell’evento teatrale.

2. Metastasio e il canone teatrale europeo

Ai fini d’inserire l’opera metastasiana nel canone tea­trale europeo, si considerano tre fattori: in primis gli an­ni dell’apprendistato napoletano6, condotto in una delle piazze teatrali più vivaci d’Europa, che generano il legame fra il drammaturgo ed un cast di cantanti-attori d’eccezione – quello capitanato dal duo Bulgarelli/Grimaldi – portandolo al seguito della compagnia in tutti i principali teatri d’Italia. Quest’esperienza conferisce a Metastasio una sapienza drammaturgica (maturata a ridosso della scena) che lo proietterà verso l’incarico alla corte viennese; in seguito, a partire dal 1730, il ruolo di poeta cesareo gli conferirà anche un’autorevolezza di latitudine europea, facendo dei suoi libretti nuclei generatori di infinite possibilità spettacolari sia nei teatri di corte che in quelli venali7.
In secondo luogo, gli studiosi fanno riferimento ormai ad un’età metastasiana del melodramma, poiché le specifiche doti teatrali dell’autore, coniugate all’autorità delle sue funzioni, favoriranno la diffusione di uno stile metastasiano, anche musicalmente individuato (nelle sue arie sono state rinvenute vere e proprie qualità musico-genetiche), che si appoggia proprio sull’efficacia della suggestione irradiata dai suoi libretti su tutte le componenti dello spettacolo.
In ultima analisi, l’esigenza di favorire le ambizioni della committenza unite alla necessità di sedurre lo spettatore rendono il dramma metastasiano ponte culturale fra corte e cittadino, in un periodo in cui l’importanza conferita dalle autorità alla costruzione dei teatri all’interno del contesto urbano8 corrisponde al ruolo pedagogico9 a sua volta conferito all’arte drammatica. A livello tematico, i libretti metastasiani ripropongono costantemente le dinamiche del potere nel binomio, anche iconografico (a livello di scenografia) città/reggia, ma in maniera dapprima assai problematica e poi sempre più risolta nella figura del “sovrano illuminato”. Il dramma in musica diviene in questo modo veicolo semantico di una proposta politica che, all’alba di un corso storico perennemente oscillante fra rivoluzione e restaurazione10, sembrerà essere l’unica via di governo effettivamente percorribile almeno sino alla nascita delle democrazie del ventesimo secolo.

3. Criticità metodologiche nel rapporto
con un
genotesto

Prima di fornire un breve esempio di analisi attraverso un caso esemplare di alcune dinamiche dei testi metastasiani, Didone abbandonata, è bene sottolineare alcune criticità che emergono accostandosi ad una drammaturgia mutila e liminare come quella del libretto per musica, progettato (almeno sino alla fine del XVIII secolo) solitamente in assenza della sua componente musicale.
Il libretto settecentesco è infatti un “geno-texte11 co­struito prima dello spettacolo e distribuito (spesso a pagamento) in sala avanti la rappresentazione con una prassi strettamente legata allo svilupparsi dell’industria del divertimento. Questa prassi comportava necessariamente una divaricazione fra ciò che era stampato e ciò che veniva effettivamente rappresentato, rendendo particolarmente difficoltosa una ricostruzione attendibile dell’evento spettacolare a partire dalla volontà dell’autore del testo drammatico.
Esistono inoltre delle vistose lacune nelle ricostruzione filologica della musica operistica del XVIII secolo dovute soprattutto agli accidenti occorsi alla trasmissione della partitura, che quindi si ripercuotono sul reperimento della partitura stessa da parte degli studiosi12. La musica (almeno sino alla fine del secolo) circolava prevalentemente manoscritta e ciò comporta la conservazione di partiture spesso mutile nelle principali biblioteche o collezioni private, senza contare il fatto che esisteva anche una circolazione autonoma delle introduzioni e degli intermezzi strumentali, come delle arie cantate.
Per questi motivi esistono varianti significative fra il testo drammatico riportato nei libretti stampati e quello inserito, spesso a mano, in partitura; diventa dunque diffi­cile stabilire cosa venisse effettivamente rappresentato e cosa no. Per quanto riguarda i pezzi chiusi, comunemente chiamati arie, dobbiamo tener presente che nella stampa seguono la convenzione metrica del verso letterario, mentre nella partitura si adattano al fraseggio musicale e, a livello di analisi degli stessi, il più delle volte occorre prescindere da quella ri-codificazione che essi subivano nel trattamento musicale, ovvero nella ripetizione della prima strofa, chiamata in gergo operistico da capo13.

4. Didone abbandonata fra canone e mito

La Didone abbandonata è il primo dramma per musica di Metastasio14 e, anche se è stato composto in una fase non ancora piena della sua maturità artistica, ne presenta in nuce tutti i...

Indice dei contenuti

  1. Esercitare la parola sul teatro
  2. Il libretto metastasiano come “fabula agenda”Ricostruire lo spettacolo perduto
  3. I “trasformismi” di Gassmanfino al Teatro Popolare ItalianoAnalizzare un’esperienza teatralefra scena e schermo
  4. Teatro e carcere:se Alice incontra Amletonella FortezzaAnalizzare la scena imprigionata
  5. Corpo e immagine:“Preparatio mortis” di Jan FabreLeggere il testo performativo
  6. Materiali criticiLa scrittura a caldo: esempi di recensione
  7. Appendice iconografica