Banche in sofferenza. La vera storia della Carige di Genova
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Banche in sofferenza. La vera storia della Carige di Genova

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Banche in sofferenza. La vera storia della Carige di Genova

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Aggiornato al 2019! Cos'è successo a Carige, la banca italiana più amata dai liguri? Come mai nel 2017 ha nuovamente bisogno di chiedere soldi agli azionisti per la terza volta in quattro anni? Per dare una risposta, dobbiamo seguire il percorso tortuoso dei fiumi di denaro che hanno attraversato la banca per vent'anni e che, nella maggior parte dei casi, si sono formati al suo interno per poi sfociare in mari spesso sconosciuti. L'autrice prova a tracciare questi flussi per comprendere i motivi della mancata rinascita di Carige partendo dalla storia del suo ex presidente, Giovanni Berneschi, e immergendosi nei fiumi di carta che arrivano fino ai giorni nostri.

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Informazioni

Editore
Go Ware
Anno
2017
ISBN
9788867978519
Argomento
Economia

Capitolo 1
Il denaro espatria in Austria

Anno 1993. In Italia, ad aprile, nasce il governo di Carlo Azeglio Ciampi; lo stesso mese, sugli schermi dei televisori, scorrono le immagini del leader del partito socialista, Bettino Craxi, che, fuori dall’hotel Raphaël di Roma, viene preso d’assalto da una folla inferocita che gli lancia addosso monetine. La politica esce a pezzi da Tangentopoli. Gli italiani sono reduci dalla patrimoniale del governo di Giuliano Amato, che, nella notte tra il 9 e il 10 luglio del 1992, ha frugato nelle loro tasche rendendo i loro conti correnti un po’ più leggeri. Corre l’anno 1993 in una Genova appena orfana dei festeggiamenti per le Colombiadi, che hanno dato un volto nuovo alla città. È mattino presto di un giorno dall’aria fredda e dal vento tagliente, sferzante, di quelli che solo i liguri possono capire.
È allora che il cinquantaseienne Giovanni Alberto Berneschi, chiamato dagli amici con il secondo nome e detto “il Magro” per il suo fisico asciutto, che lavora come direttore generale di Banca Carige, parte in automobile con l’obiettivo di raggiungere il valico di Tarvisio e oltrepassare il confine con l’Austria. Come rivelerà ventuno anni dopo, nel 2014, interrogato nel corso di un’inchiesta giudiziaria che lo vede tra i principali indagati, quel mattino porta con sé un borsone pesante, carico di una «considerevole somma in contanti» di cui però sostiene di non essere in grado di definire l’ammontare con precisione.

1.1 La paura che fallisca l’Italia

Berneschi non è solo: insieme con lui – racconterà nel 2014 – ci sono la moglie, Umberta Rotondo, e il presidente di Carige, Gianni Dagnino, pure in compagnia della consorte[5]. Ciascuno dei due uomini trasporta la borsa contenente i propri soldi, prima di stiparla nel bagagliaio del veicolo. Subito dopo, si parte. La destinazione è stata decisa da tempo: il Creditanstalt di Vienna, nei cui forzieri le due coppie intendono condurre in salvo i loro risparmi, nel timore – svelerà Berneschi anni dopo – che in Italia possa «succedere qualche cosa». Qualche cosa di brutto al paese, si intende, come potrebbe essere un ennesimo sconvolgimento politico, se non addirittura un fallimento. La speranza dei due banchieri di Carige è che lì, in Austria, dal loro punto di vista all’epoca tutto sommato ancora difficile da raggiungere dall’Italia, quei soldi possano fruttare una piccola fortuna: tra l’8 e l’8,5 per cento, grazie a un investimento in titoli obbligazionari, presumibilmente di Stato. Eppure, i Buoni ordinari del Tesoro italiani, meglio noti come Bot, nel 1993, rendono ancora cifre stellari oggi inimmaginabili: il 12 per cento lordo, senza però tenere conto delle tasse e di un’inflazione, ossia una crescita dei prezzi, che quello stesso anno corre a una velocità media del 5 per cento. Così, i due banchieri liguri preferiscono muoversi verso nord, spingendosi fino in Austria, in cerca di approdi che giudicano più sicuri.
L’idea di fare espatriare il denaro sembra funzionare per qualche anno. Per la precisione, fino a quando muore l’avvocato Dagnino, nel 1995 (sebbene nell’interrogatorio del 2014 Berneschi si confonda e parli del 1996). Da quel momento in poi, per sua stessa ammissione, il direttore generale di Carige volgerà il proprio sguardo altrove. Del resto, il denaro non dorme mai, come sosteneva appena qualche anno prima, nel 1987, il finanziere spregiudicato Gordon Gekko, magistralmente interpretato da Michael Douglas nel film Wall Street. E qui i soldi si preparano a intraprendere un nuovo, avventuroso viaggio, questa volta verso la Svizzera, dove finiscono davanti a un bivio e prendono due strade diverse, con l’obiettivo – spiegherà poi Berneschi – di «differenziare il patrimonio». Una parte del denaro austriaco del Magro viene trasferita dal Creditanstalt di Vienna al Banco di Lugano (istituto di credito che anni dopo entrerà nell’orbita della banca svizzera Julius Baer). La parte residua confluisce nella Geberon, una società che funziona come un trust, rapporto giuridico che, in sintesi estrema, vede un fiduciario gestire un determinato patrimonio per uno scopo prestabilito. Secondo le rivelazioni di Berneschi, la Geberon è gestita dall’avvocato Rocco Olgiati, che il direttore generale di Carige sceglie perché ne conosceva il suocero, Giancarlo Puccio, suo coetaneo – quindi classe 1937 – a suo dire deceduto l’anno prima, cioè nel 2013. Anche qui, però, Berneschi fa confusione: Puccio, che secondo gli inquirenti è lo stesso Giancarlo Puccio che nel mondo della massoneria ricopriva il ruolo di “Venerabile maestro” della loggia “Il Dovere”[6], scompare in realtà nel 2010.

1.2 L’acquisto dell’Holiday Inn

In particolare, Olgiati gestisce per Berneschi la Admiral, società Albergo Admiral per la precisione, che, tra il 2003 e il 2004, si lancerà in un’importante operazione immobiliare in territorio elvetico: comprerà l’hotel Holiday Inn di Lugano. Nel 2003, nel frattempo, Berneschi è diventato presidente di Carige, acquisendo un potere ancora maggiore. Se oggi si cerca su internet, si trova facilmente l’albergo: è un quattro stelle e si chiama appunto Hotel Admiral Lugano. Nella presentazione di un noto sito di prenotazioni online, si legge che «offre servizi gratuiti quali una piscina all’aperto e una al coperto, una sala fitness e una sauna». Inoltre, «sorge a 1,5 chilometri dal Casinò di Lugano, a sei dal Casinò di Campione e a breve distanza da diversi negozi e ristoranti rinomati». Tanto per fare un esempio, soggiornare lì una notte nel fine-settimana dell’8 e del 9 luglio del 2017, a due adulti in una stanza doppia, sarebbe costato 160 euro con la colazione inclusa (con uno sconto sul prezzo pieno di 173 euro).
Olgiati – racconta Berneschi nel 2014 – ha pagato le mie quote dell’albergo per un importo complessivo di 5 milioni di euro, soldi che lui mi amministrava, nel senso che ha utilizzato il denaro che era nella Geberon per acquistare la quota dell’albergo.
Giacché il banchiere parla di “quote”, è legittimo ipotizzare che Berneschi non sia l’unico proprietario della struttura. In sintesi, quindi, poiché Olgiati amministra la Geberon e la Admiral, utilizza il denaro confluito nelle società svizzere, e trasferito dal direttore generale di Carige, per comprare la partecipazione azionaria di Berneschi nell’hotel di Lugano. Negli anni rampanti in cui ancora è in vigore il segreto bancario (dal 2017 non è più così), i soldi del Magro espatriati in territorio elvetico sono avvolti nel mistero. A identificarli è un codice numerico oppure un nome di fantasia. Uno di questi, curiosamente, è “focoso”. Sì, proprio così: nome in codice, focoso. C’è chi si è interrogato s...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Presentazione
  5. Prefazione di Marco Preve
  6. Introduzione
  7. Capitolo 1 –  Il denaro espatria in Austria
  8. Capitolo 2 – Nome in codice: La Tunisina
  9. Capitolo 3 – “Colpa di Bankitalia”
  10. Capitolo 4 – La sentenza: fine di un’era
  11. Capitolo 5 – Apollo ’15: Genova, abbiamo un problema!
  12. Capitolo 6 – L’azione di responsabilità
  13. Capitolo 7 – Conclusioni di una storia infinita
  14. Postfazione – Gennaio 2019
  15. Figure
  16. Lista dei luoghi e dei nomi citati