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Lo scacco di Amazon ad Apple e le sue conseguenze.
La mancata innovazione di contenuto
Oggi l’editoria è un’industria completamente diversa da quella che è sempre stata.
Jann Wenner, fondatore del magazine “Rolling Stone”
Una volta i media erano separati, ciascuno era per conto suo sul proprio canale di distribuzione. Un contenuto competeva solo con un contenuto affine. Oggi tutto è cambiato. Tutti i media sono insieme e competono tutti nello stesso ambiente: uno schermo connesso a Internet.
Steve Jobs
I sei pilastri della Kindle platform
I 35 minuti di viaggio nel futuro
Il 19 dicembre 2007 alle 9,40 di mattina l’industria del libro, sostanzialmente, era quella che era sempre stata dal 1945. C’erano gli hardcover, i paperback, le librerie, i distributori, gli agenti, gli editori e infine gli autori. Gli autori davano i libri al loro agente che portava a pranzo l’editor della casa editrice e, prima di pagare il conto, gli consegnava il manoscritto di cui gli aveva magnificato il contenuto e le potenzialità commerciali. Le case editrici controllavano il mercato ed elargivano cospicui anticipi agli autori sul cui talento intendevano investire. Era un meccanismo ben oliato ed efficiente.
Gutenberg, tornato sulla terra dopo mezzo millennio, non avrebbe avuto difficoltà a riconoscere la sua invenzione della stampa a caratteri mobili nelle moderne forme industriali. Un’invenzione che era stata veramente alle scaturigini del mondo moderno e per questo era durata più di qualsiasi altra. In realtà si stava arrivando ormai al crepuscolo di quell’era.
L’unico cambiamento – peraltro di poco interesse per il grande pubblico – nell’industria del libro in 70 anni era questo: gli intellettuali collettivi e le famiglie che avevano fondato le grandi case editrici, agli inizi dell’epoca dei mass-media, avevano ceduto via via i loro pacchetti azionari ai grandi conglomerati media che avevano individuato nel business del libro un fattore anticiclico nel più ciclico dei settori, quello appunto dei media.
Le case editrici storiche mantenevano però il loro nome e anche la loro specializzazione e, per certi versi, la mentalità aristocratica ed elitaria. In più di mezzo secolo si erano visti davvero pochi cambiamenti e l’innovazione è qualcosa che tutti predicano ma nessuno pratica davvero. La vicenda della musica toglieva il sonno.
Alla 10,15 di quella stessa mattina del 19 novembre era già cambiato tutto. Amazon presentava il Kindle, o meglio la piattaforma Kindle, perché di e-reader ce ne erano già a sufficienza, anche se in pochi se ne erano accorti. Jeff Bezos aveva riunito alle 9:30 i giornalisti e i blogger al W Hotel di Union Square a New York e in mezz’ora aveva mostrato il Kindle e parlato della nuova piattaforma di Amazon per far leggere i libri su uno schermo connesso a Internet.
Nelle sei ore successive all’evento di Union Square, il Kindle, andò esaurito e il dispositivo restò indisponibile all’acquisto fino all’aprile del 2008. Anche il Kindle aveva avuto il suo effetto iPhone: istantaneamente era divenuto un must. Tutti lo volevano.
Il 2007, un anno di vera epifania tecnologica
Quel 2007 era stato un anno veramente speciale, un vero e proprio anno spartiacque tra “il prima” e “il dopo”. Mentre il mondo stava avviandosi alla grande recessione, il 9 gennaio 2007 Steve Jobs presentava l’iPhone, che pareva non entrarci nulla con i libri e con i contenuti, e invece c’entrava parecchio. Nel settembre 2017, Facebook e Twitter iniziavano la loro espansione globale, Hadoop rilasciava un software per gestire i big data e analizzare montagne di informazioni non strutturate aprendo la via al cloud computing; Google, il 12 novembre, presentava l’sdk (Software Development Kit) di Android; ibm avviava lo sviluppo di Watson il primo computer cognitivo. Inoltre nell’ottobre 2007 il culturista Brian Chesky, Joe Gebbia e Nathan Blecharczyk aprivano Airbnb, dopo avere faticato a trovare una sistemazione a San Francisco. Satoshi Nakamoto stava lavorando al protocollo Bitcoin che avrebbe rilasciato l’anno successivo. E infine il 16 gennaio 2007 Netflix varava il suo programma di streaming.
Una lista esaustiva di tutte le cose importanti successe nel 2007 l’ha tracciata Thomas Friedman, il columnist del New York Times, in un articolo, Dancing in a Hurricane, apparso sul quotidiano di New York il 19 novembre 2016.
Torniamo ad Amazon e al Kindle. È interessante esaminare quello che Bezos ha detto a proposito del Kindle ai giornalisti convenuti a Union Square. Purtroppo non disponiamo di una registrazione video e pertanto dobbiamo affidarci al resoconto che ne fece il cronista di “Tech Crunch”.
La visione librocentrica di Bezos
Il keynote di Bezos si apriva con un’ammissione di profonda deferenza nei confronti del libro, che era indicato come una vera e propria tecnologia, una tecnologia che aveva retto magnificamente mezzo millennio. Bezos precisava meglio questo concetto. Diceva:
I libri sono l’ultimo bastione dell’analogico. Hanno resistito tenacemente alla digitalizzazione. Il libro è così altamente evoluto e adatto ai suoi scopi che è difficilmente sostituibile… Il libro è già un device incredibile.
A distanza di qualche tempo avrebbe aggiunto “Che cosa possiamo aggiungere a Guerra e Pace? Niente!”. Lui stesso accanito lettore e la moglie MacKenzie, autrice di romanzi, avevano una riverenza assoluta per il libro che, del resto, era stato, per oltre 10 anni, il core business di Amazon. La passione per i libri è qualcosa che rimane per tutta la vita e una passione che sta sempre sul podio.
primo pilastro: la forma libro ha una validità e una vitalità che occorre preservare nel passaggio al digitale. Da che cosa deriva questa sua vitalità? Deriva dal suo contenuto che ha bisogno di poca innovazione.
Come tutti i lettori sanno, precisava Bezos, la fisicità di un libro (la carta, le pagine, la rilegatura, la forma ecc.) veniva meno una volta che lo si era consumato; alla fine rimaneva solo il mondo dell’autore nel quale il lettore si era immerso e del quale si era nutrito. Era proprio questo quello che Amazon intendeva preservare.
secondo pilastro: al centro di tutta questa industria c’è l’autore, il creativo, non la tecnologia. Però la tecnologia può fare qualcosa per supportare l’autore e aiutarlo a stringere un patto diretto con il lettore.
La questione quindi era:
Possiamo migliorare qualcosa di una tecnologia così altamente evoluta e adatta allo scopo come il libro? E come? Portando la tecnologia a fare quello che il libro non può fare, come raccogliere e condividere le recensioni dei lettori, mostrare ai lettori quello che gli altri lettori hanno selezionato, valutato, acquistato e letto. Tutte cose che non possono essere effettuate in una ...