Della Memoria e dell'imaginazione sociale
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Lo scritto, inserito nella Collana "I dispersi", è una delle sei "Memorie" presentate al Quinto Congresso Internazionale di Psicologia del 26-30 luglio 1905. Questo scritto di Rossi che si è voluto includere nella Collana risponde ai criteri ispiratori della stessa perché: non è di facile reperibilità, non è di grande mole, permette di avere un buon filo conduttore tra le idee di uno studioso e di un ricercatore di non scarso rilievo nella cultura filosofico-scientifica di fine Ottocento.

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788868220037
Argomento
Philosophy
della

Memoria
e dell’imaginazione sociale

Per il
Dott. Pasquale Rossi
______________

I. La memoria collettiva e sociale

Sommario: – I. La memoria organica collettiva e sociale e le sue forme – II. La memoria e la testimonianza – III. Dalla memoria collettiva alla sociale – IV. La memoria sociale – V. I tipi di memoria sociale – VI. L’eponimia – VII. Esiste una memoria sociale patologica? – VIII. La diffluenza nei processi mnesici.
I – Dalla memoria psichica individuale non si ascende direttamente alla memoria sociale; ma tra l’una e l’altra è la memoria collettiva, termine intermedio nella comprensione logica e nella successione realistica. Prima ancora però, è da dire della memoria organica. La quale, quant’altro mai personale per performazioni organiche ereditarie e per abitudine ed educazione differentissime, parrebbe non potersi espandere e diventare collettiva o sociale. Eppure, quando sia sottomessa a condizioni esteriori che ne disciplinino lo sviluppo e la educhino in modo concorde ed uniforme, essa assume forma e materia sociale e collettiva. E può – come a lungo dimostrammo nei nostri studi di psicologia collettiva – ridursi alle seguenti forme:
1) Memoria organica, collettiva, con superstruttura psichica, sinestesica e sinergica ad un tempo, come il ballo-pantomima:come le canzoni che accompagnarono i lavori che chiesero sforzi conserti o successivi; come il coro canoro di certi uccelli; come la poesia umana primitiva, d’origine indubbiamente collettiva, quale la ballata o il vocero[1].
Un caso particolare di queste forme, in uno sinergiche e sinestesiche, si è quello in cui evanirono, in tutto od in parte, i sentimenti e le emozioni che le ispirarono. Sicché rimasero i movimenti muscolari, le pure sinergie, muto ischeletro di stati ben più complessi di coscienza, costituenti quel che io altre volte dissi «forme meccanicizzate».
2) Memorie organiche parallele, che distinguendosi, per il loro svolgimento, in coesistenti e successive. Le quali due forme, anziché contraddirsi, si sottintendono a vicenda, giacché le memorie organiche successive presuppongono fasci di memorie coesistenti.
Così, ad esempio, una data abilità tecnica, comune a più generazioni d’un gruppo familiare, è una memoria organica successiva, che si è venuta educando nei diversi membri delle tante generazioni di cui la famiglia si compone.
Distinguesi ancora la memoria organica a seconda del gruppo sociale in cui svolgesi: famiglie, caste, gilde, sette artistiche.
Di tali forme di memoria organica gli esempi abbondano. La psicopatologia, ricercando il complesso problema dell’eredità biologica e psichica, ha rinvenuto varie forme di memoria organica familiare. Sono memorie tattili – motrici, o visive, od auditive, presenti in ciascuno individuo ed in ciascuna generazione di una data famiglia, sebbene con sviluppo personale differente. Come ci è attestato largamente dagli studi intorno all’eredità di certe famiglie di artisti, oratori, musici, poeti, tragedi, vincitori di giuochi olimpici ecc..., note per tendenze ingenite, surte ora a caso nel capostipite, ora per condizioni di mestiere e d’ambiente: in modo cioè voluto o riflesso, come nelle corporazioni medioevali e nelle caste. Ma che, si vennero fissando ed educando, selettivamente, lungo le generazioni succedentisi.
Il quale processo si avvera ancora nelle sette artistiche o religiose, depositarie di arti e di particolari tecnicismi e delle quali io, a più riprese, studiai i mezzi materiali, con cui trasmettono la acquistata esperienza tecnica.
II – Dalla memoria organica si ascende alla memoria psichica, statica e dinamica. E per statici si intendono, come avvertii più volte, tutti quei fatti collettivi che si compiono nelle folle, raccolte in breve spazio e per breve volgere di tempo; e per dinamici tutti quegli altri che si prolungano nel tempo e nello spazio.
La memoria, che presuppone sensazioni presenti e percezioni passate che si riconoscono; che importa punti di ritrovo e avvenimenti che si allogano nella trama delle proprie esperienze psichiche, è essenzialmente dinamica. Tanto più se negli avvenimenti mnesici, ricollegandosi gli uni con gli altri, diventino transeunti. Come tali, essi richiedono che il soggetto che il soggetto non abbia una vita effimera, come quella della folla statica; ma una vita continuativa quale quella della folla, dinamicamente intesa. La memoria collettiva adunque, come fatto statico di coscienza, esiste, sebbene molto di rado, e sempre come fascio di memorie psichiche parallele. Così avviene, per esempio, quando la solita folla di habituês assista a successive rappresentazioni d’una stessa opera musicale; o quando un determinato evento luttuoso si ripeta, a distanza brevissima di tempo, in una folla istessa.
Allora nei componenti della folla, di poco cambiati per numero e persone, rivivono ricordi, sincroni e paralleli, che si rassomigliano, giacché vertono intorno ad uno stesso obbietto. E son questi che possiamo considerare, lato sensu, come fatti di memoria collettiva.
Più importanti ci sembrano i fatti che susseguono ad un dato stato di coscienza psico-collettivo. Questo non muore col dissolversi della folla, che fu soggetto di quel dato avvenimento psichico. E ciò importa sotto i due punti di vista della testimonianza e della tradizione, che ci aiutano nell’intendimento della memoria sociale.
La testimonianza si ricollega al principio d’autorità, così necessario all’esplicazione della giustizia del pari che nella costruzione dell’edifizio scientifico. In vero senza contare i giudizi penali e civili che attingono alle testimonianze le pruove di fatto donde scendono le contestazioni di dritto; le scienze tutte ripetono in maggiore o minore misura sull’autorità e la testimonianza. Da ciò quel ragionevole ossequio che la logica presta loro. E la filosofia della storia, intesa quale storiografia, come vogliono il Simmel ed il prof. Antonio Labriola, verte a ragione sui criterii con cui le testimonianze storiche vanno raccolte,interpretate, discusse. Onde il Binet, ponendo il problema della testimonianza dal punto di vista sperimentale, istituiva delle ricerche sui giovanetti delle scuole elementari di Parigi. Egli procedeva così. Presentava alla scolaresca allo stato di folla – cioè staticamente raccolta – degli oggetti per qualche istante. Ed invitava poi ciascuno scolaro a descrivere gli oggetti veduti, a seconda la propria immagine mentale. Poi, procedendo più oltre, facea sì che le piccole folle degli scolari fossero, ad arte o a caso, testimoni di qualche avvenimento di cui suol essere ricca la vita della scuola. E di cotesti avvenimenti ciascuno doveva rendere, a distanza varia di tempo, testimonianza. Conseguenza di tutti questi studi fu che ciascuno ha un modo personale di percepire e di ricordare e però di testimoniare.
Lo Stern, ripigliando l’argomento dal punto di vista sperimentale, ha concluso che nella testimonianza vi è una duplice sorgente di errori: di percezione e di memoria. Errori di percezione, giacché ognuno ha un peculiare modo di percepire; errori di memoria, in quanto delle percezioni non vivono in noi che residui, che frammenti scoloriti ed indistinti. Attorno a questo nucleo centrale di percezioni personali e di ricordi, la immaginazione intesse tutto un incosciente lavorìo di creazione: ecco la testimonianza[2].
Vediamo di interpretare e completare la psicologia della testimonianza al lume delle leggi psicologiche individuali e collettive.
Una delle leggi più certe della psicologia scientifica è quella, per la quale la coscienza tende, come dice il Iames, ad una forma personale. Donde dipende ciò? L’Ardigò, che si è intrattenuto più volte ed a lungo su questo tema con la consueta penetrazione, ne attribuisce la ragione alla varietà psichica: e questa alla peculiare costituzione dei sensi ed al modo come poi le ottenute sensazioni vengono ad essere elaborate e combinate, bastando che un senso nuovo si aggiunga o un altro esistente si sopprima o la velocità dell’onda nervosa si acceleri o si ritardi, perché la concezione del mondo cambi[3].
«Il pesce – egli dice – che scivola guizzando nell’acqua, non si può fare una idea della resistenza dell’esterno come il cavallo, che pesa fortemente sul terreno calpestato e lo fa risuonare, battendolo con l’unghia; la farfalla, ch’è portata sulle ali soffici dell’aria leggiera, e s’attacca con uncini sottilissimi ed elastici al petalo molle d’un fiore, e ne succhia l’umore con una tromba pieghevole, non si può fare una idea delle cose come il leone, che si slancia con feroce coraggio sulla preda che si difende, e l’afferra vigorosamente con gli unghioni, e ne fa scricchiolare le ossa sotto i denti potentissimi».
«I sensi sono come dei filtri, che permettono ai fenomeni esterni di entrare nella coscienza, ma non a tutti; ad alcuni si, ad altri no. Degli infiniti fenomeni naturali un animale ne sente solo alcuni pochi. Né i medesimi fenomeni tutti gli animali; altri questi, altri quelli, secondo la diversità dei sensi, o dei filtri, onde li possono avere. E, anche se i medesimi fenomeni, non nella stessa misura o dose; poiché i sensi analoghi, non hanno le medesime proporzioni di grandezza e di recettività. E nemmeno nella stessa forma di sensazione; poiché il medesimo fenomeno esterno si at...

Indice dei contenuti

  1. Premessa
  2. Presentazione
  3. Memoria e dell’imaginazione sociale