Premessa
Appellare Talarico (Pasquale) con il termine di “scrittore” o “ingabbiare” la sua scrittura nelle “pastoie” letterarie probabilmente potrebbe essere riduttivo, ma sicuramente non ci aiuterebbe nel fecondo viaggio introspettivo che le sue continue provocazioni riflessive provocano nel lettore, convitato. La capacità straordinaria di esprimere concetti rappresentandoli come “affreschi” Raffaelleschi, così densi di particolari che costituiscono l’ingresso verso modi diversi ma pregnanti di leggere la realtà; camuffata ma sempre reale, percepita ma sempre esistente, capacità questa che lo porta ad essere un pensatore più che uno scrittore. Lui sente ed avverte come essenziale, naturale, addirittura indispensabile la necessità di comprendere “le ragioni dell’altro”, sia esso uomo, natura, pensiero, ma questo senza lasciarsi dominare dalle loro ragioni, e soprattutto traendo linfa dall’universalità comunicativa che avvolge il tutt’uno della vita.
Le difficoltà nel seguire il suo ragionamento spariscono d’incanto a contatto con la vita quotidiana, e diventano la chiave di accesso a forme sensoriali “epicuree” capaci di ridefinire l’essenza della vita, di dare il giusto valore agli avvenimenti senza per questo cadere nell’ immobilismo o nel fatalismo.
La sua capacità di dare il giusto senso agli avvenimenti e di riempire del giusto contenuto il significato delle parole, contrariamente alla sua forma, a volte disorientante, lo rendono un valido testimone dell’artificialità della vita.
La sua continua ricerca dell’equilibrio, discorsivo ma soprattutto “sistemico”, non lascia spazio a dubbi, anche se espressi questi sono necessari, anzi contengono le risposte che il lettore-convitato si dà.
In questo senso la sua scrittura, le sue riflessioni potrebbero essere viste come il mezzo che sostituisce il fine, ma come il cane che si morde la coda sono necessarie a trovare quelle certezze esistenziali di cui tutti abbiamo bisogno.
Il continuo tentativo dell’autore di far discendere le ansie moderne o peggio le spersonalizzazioni individuali dalle “pasture” sociali non è altro che il rimarcare la necessità per l’uomo contemporaneo di riappropriarsi delle naturali certezze quotidiane, del proprio equilibrio esistenziale, avendo come limiti, e giova ricordarlo l’esistenza dell’uomo. La capacità di rappresentare spazi vissuti quotidiani come elementi della realtà, anzi, come l’elemento reale, in grado di assorbire le informazioni interne della memoria “ancestrale” dell’uomo ed indirizzarle nella comprensione dell’azione, sembra essere il tratto distintivo dell’autore.
Per lui, le parole e le situazioni non sono il “cosmo” della realtà, non illustrano l’ornamento del reale, ma ne costituiscono la semplice e necessaria spiegazione non del perché, ma delle cause, non confondiamo il saggio con il filosofo.
Talarico è solo un pensatore acuto.
Anche il ricorrere ad immaginari colloqui per addentrarsi alla ricerca di spiegazioni “esistenziali” della vita dell’uomo contiene quei tratti naturali, quelle parole che sono la sintesi del divenire: il giovane con il vecchio il luogo isolato ed il luogo “rappresentativo” della società, il linguaggio e gli stereotipi.
È da queste riflessioni che nasce per l’autore la necessità di tenere ben presente l’utile dal superfluo, aggiungendovi la primordiale esigenza sociale di “induzione”; come mantenere l’equilibrio fra le cose? Come controllare “a maglie larghe” dando l’impressione di libertà, ma restringendo viepiù gli spazi?
Pastura, nelle sue molteplici forme: fisica, materiale, ideologica, di convenzione, o “immateriale” essa costituisce una necessità di perpetuazione, e questo, Talarico lo mette in risalto.
A. Sica
Introduzione
Si è mai chiesto qualcuno perché l’unico animale al mondo a soffrire il freddo è soltanto l’uomo? Si è mai chiesto qualcuno perché è il sonno a fornire l’energia necessaria ad affrontare l’eterno “gioco-giogo” del miracolo della vita? E si è mai chiesto, infine, qualcuno, perché è ancora sempre l’uomo a finire, prima o poi, schiavo e prigioniero della sua stessa paura? Di certo l’energia vivente continua a scorrere ininterrottamente da una generazione all’altra ed a mutare le provvisorie sembianze, secondo oscuri cicli divini, “a prescindere”, inconfondibilmente ancora sempre sospesa fra le opposte sponde del miracolo della nascita ed il mistero della morte. Esplode, implode, cresce, si sviluppa… vola, nuota, striscia, cammina… cerca, trova, s’accoppia e si riproduce spontaneamente senza alcun bisogno di scomodare mai più di tanto né la ragione, né la scienza e né tanto meno l’umana conoscenza. Compare, scompare, pulsa, vive, vibra, respira, si nutre… ora guarda, ora vede, ora sente, ora ascolta ed ora pensa… sorprende, stupisce e meraviglia, a suo piacimento, ma sempre in piena armonia con l’eterno alternarsi del clima, delle stagioni, del giorno, della notte, dell’alba e del tramonto. Sempre in perfetta sintonia con la “densità delle infinite ed indefinibili forme di creature viventi” della natura, presenti nell’ambiente, dell’intensità dei colori del paesaggio e dei fenomeni politici, economici, sociali e culturali che caratterizzano e contraddistinguono il contesto di riferimento contemporaneo. Idealmente, insomma, tutto avviene in equilibrio con la capacità individuale, di ogni organismo vivente, di riuscire ad interagire col mondo esterno, senza tanti traumi, tante paure e tanti spaventi che ne potrebbero compromettere profondamente l’esistenza. Tutto secondo un copione universale, vecchio quanto il mondo, che invita puntualmente anche sempre tutte le nuove generazioni ad entrare a far parte, via via, della vita attiva contemporanea con tanta prudenza, tanta pazienza ed una gran voglia di crescere ed imparare a lottare anche soltanto per la semplice sopravvivenza. Tutto secondo ritmi, sensazioni e “passi lenti” per non rischiare di offendere mai troppo le abitudini, la mentalità e la cultura contemporanea intanto anche consolidata comunque nel contesto sociale di riferimento ed accettata quasi spontaneamente come unica verità esistente! Tutto attraverso un linguaggio di comunicazione spontaneo, diretto, immediato e davvero assai espressivo che orienta comportamenti e indica la strada più opportuna ai giovani per diventare adulti.
È il prezzo che ogni creatura deve pagare per assicurarsi un avvenire abbastanza tranquillo e dignitoso! Un esame indispensabile per poter entrare a far parte di una società contemporanea con tutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti. Proprio come essere costretti a dover subire una sorta di metamorfosi spontanea destinata a trovare, di volta in volta, l’equilibrio esistenziale più opportuno fra il nuovo che entra e il vecchio che inevitabilmente è destinato a tramontare ed a perire per sempre. Un antichissimo processo universale, vecchio quanto il mondo, di spontaneo assorbimento di mentalità, cultura, abitudini e tradizioni preesistenti, intanto accettate e o comunque percepite nel contesto sociale come uniche verità apparenti ed in realtà, magari, del tutto inesistenti. Un modo assai eloquente e davvero assai significativo per nascondere la paura e riuscire a trovare il coraggio quotidiano di vivere l’eterno conflitto terreno fra fede, scienza, coscienza e conoscenza! Fra l’angoscia di vivere e la paura di morire! Ma, paradossalmente, dove a dominare su tutti e su tutto, è, ancora adesso e per sempre, il fantasma dell’umana paura! L’evanescente volto dell’umana paura che scava segni sempre assai profondi nella coscienza della gente e l’accompagna, poi, inseparabilmente, per il resto dell’intero percorso divino. Soprattutto nell’adolescenza, quando il rischio di essere colti impreparati è sempre molto alto, il fantasma dell’umana paura può segnare per sempre il destino di ogni esistenza terrena! Piacere o non piacere, da quando è nato il mondo, insomma, la paura è sempre al centro di ogni manifestazione sia individuale che collettiva, protagonista principale del modo di manifestarsi di ogni creatura vivente. Anzi, per certi aspetti rappresenta al tempo stesso il vero sale della vita. A volte è bene, a volte è male e tante altre volte ancora può diventare addirittura provvidenziale! Tutto dipende dall’età, dalla dose, dal momento e dalle circostanze. È al tempo stesso condanna e privilegio. Può uccidere e può salvare, ora assolvere ed ora condannare! Di certo, però, il fantasma della paura appartiene ancora sempre a quella sfera di sentimenti individuali o di fenomeni sociali collettivi davvero assai complessi e complicati, che per quanto apparentemente comuni e simili alla fonte, in realtà non sono poi mai del tutto uguali per nessuno. Proprio come se nella forza dei sentimenti e nella capacità di percepire al meglio i messaggi-stimoli presenti nell’ambiente, si nascondesse, poi, di volta in volta e da caso a caso, tutta la potenza dell’energia vivente, solo provvisoriamente condensata in una meravigliosa “goccia” di materia, destinata comunque a lottare con le inevitabili, anzi per certi aspetti anche indispensabili, avversità della vita! È tutto un fatto di esperienza, di momentanea coscienza e di umana consapevolezza, magari anche opportunamente scandita ed illuminata dall’umana intelligenza!
Così perfino davanti a casi di piccole ferite, di offese presunte o di velate minacce alla propria incolumità fisica o morale, magari anche del tutto istintive, può ancora sempre accadere di dover assistere a delle liti furibonde e a delle forme di reazioni esagerate davvero assai impreviste ed imprevedibili di cui non è mai possibile valutare le inevitabili conseguenze!
Ed ecco che allora, a dare l’idea del potere scatenante dell’umana paura basta osservare come ad ogni livello di percezione della paura può corrispondere, di volta in volta, in maniera inequivocabile, ora l’atteggiamento propositivo della prudenza, ora del timore, ora dell’attesa, ora del gusto del proibito ed ora perfino della sottile sensazione di gioia che si sviluppa spontaneamente davanti ad un pericolo scampato, senza dimenticare nemmeno la paura “piacevole” del cosiddetto male necessario, mentre, viceversa, dei danni irreversibili dello spavento adolescenziale, della fifa, del panico e del terrore degli adulti sono ben note le dirette conseguenze, sia sotto forma della perdita di controllo istantaneo dei bisogni fisiologici che della preziosità delle facoltà mentali! Tutto in stretta relazione con la cultura contemporanea dell’immaginario collettivo, da un lato, e con l’elasticità mentale individuale, dall’altro.
Certo è che al mondo, intanto, anche il valore del coraggio e della paura non è mai una verità assoluta per nessuno, ma varia profondamente al variare della formazione della coscienza collettiva contemporanea, ed ecco che allora sulla scena della vita quotidiana c’è sempre chi ha paura di star fermo e di rimanere indietro, oppure, viceversa, chi, invece, corre troppo in fretta e rischia di rimanere comunque da solo in avanti! Due vie diverse ma convergenti verso il terribile fantasma dell’umana solitudine! C’è chi corre, chi cammina, chi striscia e chi sta fermo lasciando volentieri ad altri la responsabilità del proprio destino! C’è chi ha paura di perdere la libertà, chi di subire un’ingiustizia… chi di vivere, chi di morire e chi di cadere e non potersi rialzare! Paura di vivere, di morire, di sbagliare, di vincere, di perdere, di distrarsi e cadere in errore, di finire in prigione, oppure ancora peggio, nella rete invisibile delle umane prigionie mentali, sempre pronte a confondere le idee della comune mediocrità!
Tutte nuove forme di paura indotta e di sottile violenza mentale, maliziosamente diffuse, di volta in volta, dai centri di potere, per limitare comunque la libertà dei cittadini, senza alcun bisogno di ricorrere necessariamente all’esecuzione forzata della condanna al carcere, alle prigioni o alle moderne strutture penitenziarie. Un nuovo modello di pastura mentale, reso possibile dai potenti mezzi di comunicazione di massa, che orientano la coscienza della comune mediocrità, verso l’ingloriosa cultura del consumismo diffuso, dell’appiattimento, dell’omologazione e del conformismo diffuso, con l’arma sottile e subdola della strategia dell’informazione a distanza. Della radio, della stampa, della televisione e della recente diffusione della rete Internet, che ormai impera incontrastata sulla vita quotidiana delle nuove generazioni che non perdono mai davvero nessuna occasione per rimanere inchiodati ad una sedia davanti ad uno schermo ed ad una miserevole tastiera. Una nuova forma di schiavitù mentale che ormai condanna giovani e meno giovani a comunicare attraverso simboli ed immagini direttamente da casa propria. Un’ennesima strategia politico-sociale-economica e culturale per allontanare le giovani generazioni dalla comunicazione autentica, diretta ed immediata garantita dal rapporto umano ed orientarli invece verso il linguaggio telematico a distanza delle vili, vuote, vaghe e vane immagini, a colori o in bianco e nero, che, purtroppo, giorno dopo giorno, entrano sempre più abbondanti nell’immaginario collettivo della società civile, fino al punto da riuscire ad inaridire sul nascere, e magari anche direttamente a casa propria, l’umano privilegio di pensare con la propria testa e di camminare con le proprie gambe, così come la natura aveva immaginato.
E non è certo davvero curvando di nuovo la schiena davanti ad un vile schermo a cristalli liquidi e ad una misera tastiera che si onora davvero fino in fondo il privilegio dell’umana intelligenza. Non è certo né con l’uso esagerato della tecnologia che si apprezza abbastanza la capacità di intendere e di volere, e né tanto meno quella di scegliere, di decidere, di correre, camminare e o comunque di muoversi liberamente nello spazio, con lo spazio e per lo spazio, senza alcun bisogno di ricorrere necessariamente all’uso incontrollato dell’intelligenza artificiale. Vivere del resto non significa affatto non avere mai problemi e difficoltà, ma è anche e o soprattutto la capacità, prima individuale e poi anche collettiva, di saper affrontare, di volta in volta, gli ostacoli e le avversità della vita, da cui, poi, trae necessariamente nutrimento anche la luce dello spirito che illumina la speranza e dà un senso all’esistenza. Proprio come dover constatare, che, paradossalmente, senza la sensazione dell’attesa, del disagio, del digiuno, del dolore o comunque senza un’adeguata dose di spirito di sacrificio, può diventare quasi impossibile perfino riuscire a riflettere, pensare e provare emozioni. Cioè a vivere! A vivere in una vera dimensione umana nella natura, con la natura e per la natura, aspettando l’alba e il tramonto di ogni nuovo giorno senza alcun bisogno di scomodare, necessariamente, la scienza, la tecnologia ed ancora meno di tentare di risalire invano alle origini dell’universo. Il mistero del mondo, di certo, non può, non deve e né mai potrebbe essere svelato! Sarebbe la fine. La stessa vita è sempre legata, indissolubilmente, all’incertezza. All’ignara paura di perdere per sempre il divino privilegio di poter continuare a contemplare il più a lungo possibile la bellezza del creato. All’eterno “gioco-giogo” del fare e del disfare, del dare, del ricevere, del prendere o lasciare. All’istinto di so...