Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario... lei mi crede pianista in un bordello
eBook - ePub

Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario... lei mi crede pianista in un bordello

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario... lei mi crede pianista in un bordello

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Che cosa significa essere un pubblicitario e come lo si diventa, come si reagisce alla "voce interiore" che chiama a questa vocazione, a questa dannazione nelle fiamme della cosiddetta creatività?
Ce lo racconta con grande brio e verità il più celebre e il più estroso dei pubblicitari della nostra epoca, Jacques Séguéla, il grande comunicatore, nemico della pubblicità americana e difensore di un immaginario che affonda le sue radici nella cultura europea.
Se prima di Séguéla il pubblicitario era considerato un tecnico, un "serio professionista", dopo di lui acquista il rilievo di nuova e imprevedibile figura dell'attuale panorama culturale. È un "terminale nervoso" che sente le vibrazioni di una società che comunica, vive di immagini e di segni. È un poeta, a suo modo, che da alle merci la valenza dei sogni.
"Questo libro è stato scritto da Ségué per Séguéla. È un libro di memorie. In memoria di me stesso.
Non sbagliatevi sul significato della parola memoria. In letteratura significa che all'autore interessa la vostra memoria.
A forza di fare la gloria dei caffè, degli olii, delle automobili o dei detersivi, i creatori di celebrità sono frustrati dal fatto di essere meno conosciuti dei prodotti che lanciano. Vi parlerò dunque del prodotto che conosco meglio: me stesso.
Perché il pubblicitario non è soltanto un orgoglioso: è anche un narcisista. Giusto riscatto delle merci. L'abitudine di parlar sempre bene delle marche che a tal scopo lo pagano, porta il pubblicitario ad un vizio: vuole che si parli bene di lui. Come Lamennais, il pubblicitario vuole che lo si ami. Selvaggiamente.
Avete tra le mani il libro di un vanitoso che ha tanto bisogno d'amore.
Coraggio."
Jacques Séguéla

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario... lei mi crede pianista in un bordello di Jacques Séguéla in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Languages & Linguistics e Communication Studies. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

L’anno di Marianne

“Coloro che non hanno niente da dire non diranno mai nulla. Solo gli altri mi interessano.”
Jean-Pierre Soisson
Descartes doveva essere belga, svizzero o americano, in ogni caso non francese.
Il francese è l’essere più illogico del mondo. Passa la vita a correre dietro al successo ma il successo degli altri lo indispone. Anzi lo ren­de aggressivo. Il successo per lui è sempre disonesto. Negli altri pae­si, guadagnare vi fa guadagnare la stima dei vostri concittadini. Da noi, è il miglior modo di perderla. Il piccolo mondo della pubblicità, già seccata di vederci salire in cinque anni dal centesimo al secondo posto delle agenzie, perse ogni dignità davanti al successo dei Pro­duits Libres. La stampa professionale non accennò a diminuire gli insulti. I salotti, le istituzioni, ci misero all’indice. Presto, alcuni no­stri clienti, influenzati dalla durezza dei nostri concorrenti, passaro­no all’attacco.
Fu una Stalingrado. Arthur Martin ci ritirò le cucine a gas Faure. Le rappresaglie erano ancora più ingiuste per il fatto che non c’erano elettrodomestici nei Produits Libres. Perdita: cinque milioni di fran­chi. Lu-Brun, a sua volta, ci tagliò i viveri, per spirito d’alleanza. As­surdo, dal momento che Lu-Brun era il fornitore dei biscotti ripieni liberi.
Eravamo partiti all’assalto di diversi grossi budget, ma fummo re­spinti. Insomma, il vento napoleonico della Beresina soffiava su di noi. In questa ritirata allucinante, perdemmo in un mese quindici mi­lioni di franchi di billing. Senza perdere il sorriso. Le guerre non fanno paura ai bambini...
Una disgrazia non arriva mai da sola. Mi sposai per la seconda volta.
Ho il dono della comunicazione con le casalinghe e dell’incomu­nicabilità con le donne. Il mio primo matrimonio fu un matrimonio d’amore e capii fin dal viaggio di nozze quanto l’amore sia un senti­mento ragionevole. Anne-Marie aveva tutte le qualità dei miei difetti e viceversa. Sembrava che fosse stato un computer e non il destino a metterci insieme. Eravamo la coppia ideale. Ma formavamo un’associazione, non un’unione. Ahimè, le associazioni coniugali sono a responsabilità ancora più limitata delle associazioni commerciali. Non potei rinnovare il contratto del sesto anno.
Il mio secondo matrimonio fu quindi un matrimonio di pazzia. Incontrai Dorothée in occasione di una cena. Mi sconvolse al primo sguardo. Piansi al nostro secondo incontro, sia per l’intensità del mio amore sia per il presentimento di ciò che sarebbe avvenuto. Furono cinque anni di follia durante i quali ogni notte si lacerava al cominciar del giorno, per meglio ricucirsi ai bagliori della sera. Più io bru­ciavo, più lei mi consumava. Finimmo per ridurci reciprocamente in cenere. Dorothée ebbe l’ultimo coraggio di rompere un matrimonio che non aveva più respiro. Commise l’unico errore imperdonabile: fuggire con un cliente. Immaginare che mia moglie possa un giorno portare il nome di un aperitivo, foss’anche il leader del mercato, mi disincantò. Annunciato da un colpo di fulmine, il nostro matrimo­nio precipitava in un disastro.
Sei mesi dopo, feci il mio terzo matrimonio. Un matrimonio d’i­stinto, quello della vita e quindi della paternità. Sophie mi ha offer­to un figlio. E la saggezza. Dandomi un frutto, mi ha dato delle radi­ci. Poiché ha la metà dei miei anni e questo mi disturbava, mi citò l’esempio di José Artur: “Per il mio secondo matrimonio, ho sposa­to, vent’anni dopo, la ragazzina che teneva lo strascico della mia pri­ma moglie. Per le nostre nozze, lei ha voluto semplicemente che non ci fossero damigelle d’onore.”
Sophie è della stoffa di cui si fanno le donne, quelle vere. Quelle che sanno essere presenti quando si è assenti, fino al giorno in cui sanno anche rendere la loro assenza insopportabilmente presente. In realtà una doppia donna. La mia donna ideale.
Il pubblicitario ha sempre bisogno di due compagne. Una donna che ama e una donna da amare. Tutte e due non sono altro che lo specchio del suo mestiere poiché un pubblicitario si divide tra due budget, quello che ha sposato e quello al quale fa la corte. Se perde questo bisogno viscerale di sedurre, comincia a languire, perde combattività. E i clienti.
La mia prima moglie era stata quella della mia sovramisura, la se­conda quella della dismisura. La terza sarebbe stata quella della mi­sura. È, credo, la vera definizione dell’amore, checchè ne dicano i poeti. E le donne soprattutto. Bisogna celebrare l’anno della coppia non quello della donna.
Ecco appunto una campagna che mi piacerebbe fare.
* * *
Ma non si fanno mai le campagne che si desiderano.
Ho la mia campagna impossibile come altri hanno amori impossi­bili per Raquel Welch o Marilyn Monroe. La mia fantasticheria pro­fessionale va a Marianne. Avevo sempre sognato di essere il pubblici­tario della Repubblica.
Questo sogno si sarebbe realizzato all’alba del 1977. La Francia cercava dei sindaci e i candidati un’immagine. Il tempo stringeva. La posta in gioco era notevole. In aiuto chiamarono la pubblicità. Stra­namente fu un concorrente a mettermi sulla pista. Jean-Pierre Au­dour, socialista militante e proprietario di una delle agenzie del gruppo Havas, mi chiese il manifesto del Partito Socialista. Era un’ammis­sione d’impotenza o un desiderio di ecumenismo, non lo saprò mai. Mi mandò un appunto di riflessione di una rara chiarezza. Il manife­sto doveva rappresentare Mitterrand che si poneva al di sopra della mischia e tradurre, in questo modo, la volontà del partito e l’umane­simo dell’uomo. L’ultima richiesta era che il manifesto fosse fuori dal tempo. Tuttavia la sua preoccupazione era più di vincere le suc­cessive elezioni legislative, poi le presidenziali, che di volare in aiuto della vittoria, ormai assicurata, delle amministrative. Accettai, ma a due condizioni.
Prima: vedere Mitterrand almeno per un’ora.
Seconda: avere solo lui come giudice supremo.
Le mie richieste avevano un motivo: un primo incontro mancato. In occasione delle ultime elezioni presidenziali, lo stesso Audour aveva insistito perché facessi il manifesto socialista del secondo “tour”. Avevo fatto un semplice ragionamento. Mitterrand non poteva perdere, tra i due turni un solo voto dei suoi elettori del primo. Bisognava quindi concentrare tutto il nostro sforzo sui tre settori della popolazione che gli erano più sfavorevoli: le donne (i sondaggi davano Giscard come il più sexy), i giovani agricoltori arrabbiati e la terza età. Quella del conservatorismo. Tirai fuori quindi tre belle foto-simbolo: una don­na che allatta, un adolescente che porta il trattore ai campi e una cop­pia di pensionati, mano nella mano. Il titolo era lo stesso per tutte e tre le immagini: “François Mitterrand, siate il nostro presidente”.
Audour si incaricò di presentarle allo stato maggiore del Partito. La riunione si svolse nella cucina di Mitterrand. Lui fu entusiasta, ma sua moglie Danielle e sua cognata, Christine Gouze-Reynal, ar­ricciarono il naso: “François, gli dissero, non puoi non farti vedere su un manifesto di questa importanza. Ci si aspetta di vedere te, non i tuoi elettori!”
Mitterrand fece fare allora, in fretta, dal suo pubblicitario di servi­zio uno sbiadito manifesto che lo presentava più volpone del solito. Nessuno mi impedisce di credere che la mia Madre col bambino, il mio Adolescente ai campi e la mia Coppia eterna gli avrebbero strap­pato ognuno i voti di centomila loro simili.
Centomila per tre fa trecentomila: i voti che gli mancarono per es­sere presidente.
* * *
Accettate le mie due condizioni preliminari, il primo incontro si svolse a casa di Mitterrand, in rue de Bièvre. Mi aspettavo di vedere un appartamento insignificante. Entrai in un hotel particulier. Ascen­sore privato e mobili chiari, era il Programma comune del contem­poraneo e dell’antico. Ebbi un riflesso stupido da francese medio: dunque il papa della sinistra viveva con i mezzi raffinati della gente di destra! Sacrilegio. Per maggior vergogna, mi ricordai di una ri­sposta di Bob Dylan davanti a un giornalista aggressivo che lo trat­tava da nuovo ricco: “La guida dell’arte non è riservata esclusiva­mente ai poveri. Guardate Picasso”.
Lo studio del padrone di casa era al terzo piano, sotto i tetti. Travi a vista, intonaco bianco, finestre e montagne di libri, la tana del se­gretario generale del partito socialista aveva l’aspetto della casa di campagna di un accademico.
François Mitterrand mi misurò con lo sguardo. Questo primo si­lenzio già parlava. Gli uomini non si esprimono mai tanto intensa­mente come quando tacciono. Prudenza e pudore erano all’appunta­mento.
Il nostro fisico è solitamente la fotografia del nostro carattere. Non per Mitterrand. La sua mente attira. Il suo aspetto sconcerta. Ad ogni istante l’uomo privato e l’uomo pubblico sono presenti. Tutta la stra­nezza del personaggio viene da questa estrema abilità in un corpo incline alla goffaggine. Mitterrand ragiona alla velocità dell’elettro­nica mentre i suoi pari pensano alla velocità dell’uomo. Stranamen­te, questo vantaggio, che in qualsiasi altro campo sarebbe un grande atout, in politica è un handicap. All’uomo piace riconoscersi nei suoi eroi, anche se li vuole sovrumani. Mitterrand è una formula 1 del pensiero. Un motore intellettuale che gira più in fretta degli altri. Ma le formule 1 non sono fatte per le strade nazionali e François Mitterrand ha forse sbagliato vocazione.
Figlio di Proust e Mauriac, la sua strada è anche quella della lette­ratura. Un’arte in cui il fisico dell’autore non è la condizione neces­saria del successo. Prova ulteriore che l’uomo politico, diversamente dallo scrittore, è un prodotto di consumo.
Cominciai senza preamboli:
“Chi è lei, Signor Mitterrand?
– Non si tratta di me, ma del socialismo.
– Certamente, ma del socialismo insieme a lei.
– Sono solo la guida. È la strada che ha importanza....

Indice dei contenuti

  1. Collana I Classici
  2. Il libro
  3. L’autore
  4. L’anno a zonzo
  5. L’anno blu
  6. L’anno blu
  7. L’anno folle
  8. L’anno saggio
  9. L’anno terribile
  10. La buona annata
  11. L’anno della libertà
  12. L’anno di Marianne
  13. L’anno vedetta
  14. L’anno stellato
  15. L’anno domani
  16. Copyright