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Informazioni sul libro

Campagna toscana, anni trenta; in un piccolo paese della provincia di Pisa, detta legge il nobile Fabrizio Bellagamba, medico, che controlla l'esistenza dei suoi contadini. Un mistero avvolge la villa del signorotto: molte persone scompaiono in paese, ad opera sicuramente del Bellagamba e nessuno ha mai fatto ritorno; le forze dell' ordine sembrano essere conniventi.
Il protagonista della storia è Michele Canetti, un contadino che non ha mai accettato la sua condizione sociale e che tenta di allontanarsi dalla vita e dal lavoro della campagna, ripudiando le sue origini; egli prova in gioventù ad emigrare in America sulle orme dello zio, ma il suo destino lo richiama a vivere nel paese.
...
Fabrizio diventa l''antagonista principale di Michele: violento ed intelligente, ha alle spalle il fallimento di una storia d'amore per una ragazza, figlia di un professore universitario, la quale viene allontanata dal padre una volta che egli si rende conto della natura oscura e pericolosa del giovane. Nella vita universitaria di Fabrizio c'era stata anche la morte violenta di Enrico, suo amico e fidanzato promesso alla figlia del professore; la perdita della donna amata rende il Bellagamba ancora più incapace di amare.
...
Michele viene sottoposto ad una dura prova: scompare Aldo, il suo unico amato figlio, con cui egli non ha però mai instaurato un rapporto di vera confidenza e di fiducia; il figlio predilige il nonno, osteggia e spesso deride le ossessioni e le insofferenza del padre. La scomparsa di Aldo getta Michele in un vortice di angoscia e di rabbia contro Fabrizio Bellagamba.
Una storia ricca di colpi di scena e tensione per un mistero furori dal comune!

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788868822477

La svolta

Michele in quel pomeriggio aveva trovato la compassione dei compagni contadini ed un possibile aiuto nella ricerca del figlio Aldo ma nessuno voleva indagare o incrociare la strada col Bellagamba, primo sospettato da Michele. Quindi a fine lavoro i contadini si misero a cercare il ragazzo per le campagne intorno al paesino; le luci d'agosto rendevano il cielo chiaro, ottimo, nonostante si facesse sera, per cercare Aldo. I campi emanavano calore dalla terra e la brezza che si era levata rendeva piacevole la ricerca. Lo cercarono seguendo le stradine sterrate e fangose che si avventuravano perfino nei boschi, lungo le rive dei ruscelli che passavano nei pineti, lungo i fossi dei campi. Si fece tardi ed alcuni già stanchi della giornata tornarono a casa; Michele e pochissimi altri rimasti accesero le torce ad olio prese da casa e si avventurarono verso i paesini più vicini per cercare notizie. La strada lunga che collegava questi villaggi servì a far socializzare maggiormente i contadini con Michele . Era certo che in ogni famiglia ci fossero delle persone un po' più strane e Michele venne a conoscenza che tutto sommato di familiari strambi ne avevano tutti. Si sentiva molto più accettato e unito al gruppo dei compagni; addirittura ci scappò un invito a cena tra famiglie, primo tra tutti Paolo:le mogli avrebbero cucinato per tutti ed i loro figli, compreso Aldo appena fosse stato trovato, sarebbero stati insieme.
Giunti nel paesino più vicino Michele chiese di parlare con il fattore, ovvero il contadino capo a cui faceva riferimento il signorotto per questioni riguardanti il lavoro e ciò che riguardasse i raccolti. Dopo le strette di mano affettuose e dopo essersi scusati per l'ora tarda per un lavoratore che vuol riposare dopo una giornata di duro lavoro, gli fu presentata la situazione. Fu chiesto se i contadini del paesino avessero avvistato un ragazzo sulla decina di anni abbastanza alto per l'età. Il padre Michele non ce la fece a trattenere le lacrime, si stava aspettando un'altra risposta negativa, non avrebbe ritrovato suo figlio nemmeno per quei campi che non erano i suoi. Il fattore promise di informare i suoi lavoratori in modo che guardassero intorno ai campi dove lavoravano in cerca di qualcosa. L’ idea che si fosse potuto trovare qualcosa faceva rabbrividire Michele: sapeva che sarebbe stato un cadavere. Due giorni senza cibarsi avrebbero ucciso un ragazzo, il pensiero di avere un figlio morto gli toglieva il respiro. Avrebbe sperato che Aldo si fosse ripresentato una mattina a casa, così lui e la moglie Anna lo avrebbero riabbracciato, come aveva fatto suo padre con lui. Dall'altro lato lo stare fermo in attesa che qualcosa saltasse allo scoperto lo uccideva, non ce la faceva a tenere le mani in tasca mentre suo figlio poteva soffrire in qualsiasi posto nei dintorni.
Sulla strada verso casa Michele se ne stava in silenzio, i compagni lo rassicuravano, ma era tutto inutile, il pensiero di dover passare un'altra nottata in casa con la moglie senza il figlio giovane ed indifeso gli levava la voglia di vivere, la ragione per alzarsi dal letto la mattina seguente; avrebbe fatto davvero tutto per riaverlo. Dentro di lui si faceva sempre più forte e convinta un'idea. Nonostante non fosse appropriato dirlo e ciò avrebbe fatto scaturire i timori dei compagni la sua mente volava alla villa di Fabrizio Bellagamba. Quello era l'ultimo posto dove poter cercare il piccolo Aldo, egli sapeva che alla fine delle ricerche sarebbe dovuto entrare nella dimora a qualsiasi costo, persino della sua stessa vita.
A casa pensò a come avrebbe fatto a penetrare in quel maniero così ben sorvegliato e pieno di uomini senza scrupoli e soprattutto armati. Andare da solo e cercare di scavalcare le mura non facendosi notare da nessuno sarebbe stata una missione suicida; non sarebbe servito a niente, non certo per ritrovare Aldo, l'avrebbero preso e fatto di lui chissà che cosa. Serviva un piano più abile, senza poter contare sulla presenza delle forze dell'ordine sulle quali non avrebbe potuto fare affidamento. Sarebbe servito un mandato per far smuovere un po' le acque tra quelle mura piene di misteri di cui nessuno osava chiedere. Fabrizio in paese era odiato da tutti ed anche molto temuto, grazie a questo nessuno si metteva sulla sua strada, nessuno avrebbe mosso un dito per paura di ritorsioni sulla propria famiglia. Eppure ci doveva pur essere qualcuno che odiasse il Bellagamba ed avesse abbastanza potere da aiutare in modo efficace Michele.
Il povero Michele cercava di ricordare qualche fatto significativo riguardante la famiglia del dottor Bellagamba, non che si sapesse molto ma dei ricordi vennero alla mente. Il buon vecchio Giuseppe Canetti, padre del protagonista, svolgeva il ruolo di fattore in paese e spesso incontrava il padre di Fabrizio, Lazzareto. Giuseppe era un uomo che godeva da parte del Bellagamba di qualche privilegio: aveva il diritto di distribuire i raccolti tra i contadini, organizzare talvolta il lavoro nei campi, e, strano, aveva accesso anche al castello. Usava parlare spesso da solo col padrone nel suo ufficio, come due persone che hanno qualcosa da nascondere. La confidenza tra i due era radicata dal tempo in cui nacque Michele.
Questa confidenza assicurava alla famiglia Canetti qualche chicco in più di grano da mettere sotto i denti rispetto alle altre famiglie ed il permesso di far studiare i figli senza mandarli a lavoro, cosa impensabile per altri; proprio per questo Giuseppe sempre aveva rimproverato a suo figlio di aver abbandonato la scuola.
Il padre narrava ogni tanto a Michele degli incontri di lavoro che aveva avuto presso la dimora dei Bellagamba; di come lussuosa ma cupa fosse quella casa, piena di arazzi e mobili scuri, non un bel posto in cui perdersi. Incontrava il signore presso il suo studio, pieno colmo di libri, con un caminetto sempre acceso ed il giovane Fabrizio intento a studiare medicina. Giuseppe sapeva che Fabrizio per i suoi studi necessitava di anestetici, farmaci che faceva arrivare in gran quantità presso la loro dimora. Il padre gliene assicurava a sufficienza per i suoi studi e la farmacia di sottobanco si faceva ben corrompere in cambio di grosse quantità di denaro. A cosa fossero serviti gli anestetici ad un ragazzo che ancora studiava. era una domanda lecita. Oltretutto una volta laureatosi Fabrizio non si era preso l'abilitazione perché aveva preferito scegliere di fare il nobile come il padre prima di lui. Gli mancava l'interesse che motiva molti a fare i medici: curare e salvare i malati. Si sarebbe dedicato forse ai suoi esperimenti, quelli che portava avanti fin da bambino.
Michele non conosceva bene la medicina ma sapeva che abusare nell'acquisto di un farmaco era sicuramente illegale; in più a dare sospetti era il fatto che si sapesse che l'anestesia si dava per far addormentare il corpo in modo da poter eseguire delle operazioni senza dolore del paziente. Il padre Giuseppe non esprimeva mai opinioni sul fatto e si chiudeva in un cupo silenzio nei confronti dei Bellagamba: scuoteva la testa come in una sorta di rassegnazione.
Finalmente Michele sapeva cosa fare: si sarebbe spostato a Pisa a denunciare il fatto, così facendo avrebbe causato dei problemi a Fabrizio e magari un mandato di perquisizione per osservare che nel maniero tutto fosse secondo legge. Per provare la colpevolezza del dottore aveva bisogno di una prova. In modo sciocco il Bellagamba mandava i suoi uomini a prendere gli anestetici in farmacia con una ricetta prescritta da lui medesimo, in quanto medico, ed in grosse quantità ogni volta; sarebbe stato più diligente ordinare quantità minori più volte. Se Michele fosse stato in grado di sottrarre ad uno scagnozzo di Fabrizio una ricetta di quella quantità enormi di farmaci ciò avrebbe suscitato sospetti e qualcuno avrebbe potuto fare qualcosa.
Il giorno seguente era domenica, la farmacia sarebbe stata aperta per alcune ore in caso di urgenze e molto probabilmente i servitori del nobile sarebbero venuti per gli anestetici.
Michele tornò a casa trovando una moglie sempre più spenta e una cena sempre più magra; certamente non si aveva la motivazione a fare le faccende quotidiane e cucinare in una situazione del genere. Non spiegò niente del rischioso piano e la sera passò muta e veloce.
La mattina seguente, indossato l'abito della domenica, si preparò alla sua giornata sperando che tutto andasse bene. Si mise un coltello nella manica sinistra della camicia legato con un laccio. Un coltello poteva far ben poco contro le pistole ma un fucile, come quello di suo padre Giuseppe, lo avrebbero certamente notato subito e si sarebbero prospettate rogne. Una volta compiuto il ladrocinio doveva scappare a piedi verso Pisa. Non aveva mezzi di trasporto ma forse lungo la strada avrebbe trovato qualcuno che lo caricasse; proprio come quella volta in ritorno da Livorno. L'adrenalina cominciava a salire ma non avendo nulla da perdere si sentiva bene, carico e pronto all'azione. Anna partì per la messa circa mezzora prima di Michele il quale rimase a casa a sistemare nel capanno degli attrezzi. Appena finito si avviò in paese, poi sarebbe sparito; potevano esserci ritorsioni verso la sua famiglia. Michele sapeva che Anna era pronta a pagare qualunque prezzo per Aldo, in questo modo si sarebbero fatti passo verso la ricerca del figlio.
Da lontano i tetti delle case rosso mattone riflettevano illuminate dal sole un colore molto acceso che sovrastava tutte le altre tonalità dei campi intorno. Dopo una passeggiata per arrivare alle prime abitazioni il cuore batteva sempre di più; girò un angolo e si mise a sedere su una panchina, proprio di fronte alla farmacia nella piazza del paese. I compaesani si avviarono alla messa, salutavano Michele che contrariamente alle altre domeniche non faceva un passo verso la chiesa. Aspettò e dopo un po' di tempo, a messa iniziata, arrivarono due scagnozzi e lasciando le loro due Atala appoggiate al muro fuori dalla farmacia entrarono, egli balzò in piedi e si avvicinò con modo insospettabile e silenzioso alla porta. I due erano dentro a scambiare delle parole con il farmacista e stupidamente avevano lasciato nella borsa di una bicicletta tutti i fogli tra cui le prescrizioni mediche.
Il Canetti passò e si mise dall'altro lato della porta per farsi vicino ai mezzi e con sua fortuna non fu notato da nessuno; era al posto giusto ma aveva pochi secondi per trovare la ricetta. Il tempo volava e gocce di sudore per lo stress colavano dalle ascelle. Non c'era davvero tempo, le sue mani cominciarono a cercare tra i fogli, lui non sapeva leggerle benissimo ed era davvero difficile capire quale fosse la prescrizione giusta. Proprio mentre i due uomini del Bellagamba stavano avviandosi ad uscire; Michele afferrò con la sua mano destra sudata una manciata di fogli e scappò cercando di non far rumore; girò il primo angolo della piazza e si infilò nei vicoli del paesino.
Si sentiva i battiti in gola dalla felicità perché il suo piano avanzava. Doveva solo avviarsi fuori da occhi maldestri e prendere la strada per la città. Passò da un'altra piccola piazzetta, quella con la chiesa e i suoi piedi rallentarono l'andamento.
Proprio nella piazza c'era un bar con un chioschetto e tre tavolini; seduti ad uno di questi altri due uomini del nobile, sicuramente a sorvegliare la piazza. I due balordi stavano bevendo e mentre uno cercava di riposarsi all'ombra del tendone del locale l'altro aveva tra le mani un oggetto conosciuto a Michele. Quell'uomo stringeva e cercava di leggere un abbecedario. Questi libri servivano ai ragazzi per imparare a leggere, erano un investimento per una famiglia dal momento che avevano un costo e che nelle famiglie contadine i ragazzi destinati allo studio erano davvero pochi, salvo che il padrone accettasse di farli continuare ad andare a scuola privandosi di due braccia. Sicuramente il fatto ancora più strano era che lo sfogliasse un adulto pur quanto ignorante esso fosse. Quel libro sembrava proprio quello di Aldo; Michele pensava che le probabilità che fosse di suo figlio erano buone visto il fatto che riteneva lo avesse rapito il Bellagamba, in più il libro presentava delle sciupature sui bordi che gli facevano ricordare che fosse proprio l'abbecedario che vedeva tutti i giorni a casa sua. Suo figlio era scomparso dalla mattina, ultima volta in cui si ricordasse di averlo visto e proprio la mattina doveva andare a scuola, con la cartella e la merenda. Troppi fatti combaciavano verso un unica risposta: quel libro era di Aldo.
Preso dalle emozioni del momento si sentì ghiacciare il sangue da una rabbia che saliva ed a mente fredda si avvicinò al balordo. Passo dopo passo il suo sangue veniva pompato sempre di più nei muscoli. Avrebbe davvero rovinato il suo piano per questo fatto imprevisto? Michele ragionava poco in quel momento dandosi già in partenza spacciato nell'impresa di poter arrivare a Pisa.
Giunto al tavolino dei due con la mano sinistra strappò il libro dalle mani del manigoldo e, mentre questo stava cambiando espressione per la sorpresa, la mano destra sferrò un pugno di una cattiveria micidiale che stese l'uomo a terra disarcionandolo dalla sedia proprio come un cavaliere medioevale a cavallo colpito in pieno petto dalla lancia del suo rivale volava al suolo. L'altro scagnozzo, stupito al pari del collega steso a terra, sgranò subito gli occhi e balzò in piedi facendo fare uno scatto alla sua seggiola la quale cascò. Mentre si stava levando in piedi non ce la fece ad evitare la manata di rovescio che il furioso Canetti gli dette sul viso. Il secondo uomo si piegò indietro una volta subito il colpo. Michele aveva firmato la sua condanna a morte: quegli uomini non si sarebbero dati pace finché vendetta non fosse stata fatta.
Le urla fecero volar via tutti i piccioni accovacciati sui tetti delle case vicine al bar. Così forti furono le grida di dolore che i due uomini andati in farmacia nel giro di pochi secondi comparvero sulla piazza. I paesani incuriositi uscirono dalla chiesa con Fabrizio Bellagamba scortato e protetto da altri due mercenari. Michele si tirò indietro, era nel mezzo della piazza circondato da sei scagnozzi nemici, il Bellagamba ed i suoi compaesani che cercavano di capire l'andamento dei fatti.
Il Canetti si sentiva come un cane scappato nel momento in cui viene riacchiappato. Tutti si stavano facendo più vicini a Michele quando lui aprì bocca e fronteggiò il suo antagonista principale.
“Lo so che sei stato tu a strapparmi mio figlio da casa, brutta canaglia.”
“Devi ridarmelo o te ne pentirai.
Sei il mostro di questo paese, tutti ti odiano e se non davanti a noi ma davanti a Dio pagherai tutto il sangue che le nostre oneste famiglie hanno versato”
Fabrizio, offeso pubblicamente, rispose:
“Pazzo di un Canetti, non sei degno di avere una mia risposta. E se fossi stato io a prendere tuo figlio? Lo avrei sottratto ad un folle ed inconcludente.
Ancora più buffo sarebbe il fatto che il ragazzo avesse seguito le orme del padre, se non per uscire da quella gabbia di matti che si ritrova in casa.”
E Michele sempre più infuriato:
“Mio figlio mi ama.
Non sarebbe mai scappato e scomparso da casa se un malato come te lo avesse rapito per fare i suoi sporchi esperimenti.
Cosa ci fai con i nostri familiari, li mutili? Oppure li mangi? Lurido cane sono conosciuti il tuoi vizi, mio figlio vale la mia vita.”
Poi rivolgendosi ai paesani ammutoliti in ascolto:
“Ed i vostri familiari scomparsi valgono le vostre: mogli, figli, genitori... un diavolo come lui non potrebbe entrare nemmeno in chiesa. Temo di più Dio che questo demonio sotto forma di uomo”
Queste parole smossero gli animi delle persone presenti in piazza, cominciarono i mormorii tra tutti. I più coraggiosi presero parola sostenendo la tesi di Michele soprattutto Paolo, il contadino più vicino al Canetti:
“Cosa ne ha fatto di mio padre? Son due anni che lavoro per poterlo rivedere”
“Mia sorella? Son persone non oggetti da prendere in pegno”
Così altri continuarono ed in piazza la rabbia stava crescendo.
Fabrizio non riusciva a parlare, preso alla sprovvista dalla rabbia dei compaesani.
Un po' di paura e di stupore stava crescendo dentro di lui, alla fine le persone presenti, saranno state sulle duecento, e stavano protestando in piazza, contro sei uomini, luridi balordi violenti che presi da codardia avrebbero potuto anche lasciare il loro signore in balia della folla.
A quel punto il Bellagamba lanciò uno sguardo al comandante dei Carabinieri giunto sul luogo al fianco di due suoi uomini, il quale esordì verso Michele:
“Lei è in arresto per aver usato violenza contro due uomini, stia fermo e non opponga resistenza alle forze dell'ordine.”
Alle parole del comandante i due suoi uomini si mossero verso l'accusato ponendo una mano sulla fodera della pistola, mossa usata di consueto anche se per aprire il fuoco un criminale avrebbe dovuto attaccarli.
Mentre i Carabinieri si avvicinavano Michele fece dei passi in dietro e di scatto si girò pronto alla fuga. Intorno a lui gli uomini del Bellagamba non si muovevano di un passo: non avrebbero mai interferito con azioni delle forze dell'Ordine ma non avrebbero nemmeno permesso che ci fosse una fuga. Michele cominciò a correre verso i due mercenari arrivati dalla farmacia, dietro di loro era deserto ed avrebbe potuto imboccare una strada per uscire dal paese. Nel giro di pochi secondi egli si trovò un uomo di fronte; Michele pose il suo braccio sinistro avanti per spingerlo via ma nella carica contro il suo corpo il nemico resse l'impatto ed il braccio del fuggitivo si piegò ponendo il gomito sul suo petto. Il suo compagno, proprio accanto a lui, fece per saltare lateralmente addosso a Michele ma, nel tempo in cui le sue braccia si erano aperte per stringergli il torace, il Canetti estrasse con la sua mano destra il coltello tenuto nella manica sinistra della camicia da quel avambraccio appoggiato sul petto del primo uomo. Con un colpo di rovescio la lama del coltello tagliò di striscio il petto dello scagnozzo che giungeva lateralmente: la maglia di quest'ultimo si riempì di rosso e il suo corpo si accasciò a terra. Non era stata una coltellata mortale ma sicuramente sarebbero stati necessari dei punti per richiudere la ferita.
Sferrato il primo colpo di rovescio seguì un affondo frontale al nemico davanti che con il petto reggeva il braccio sinistro di Michele. La coltellata affondò nel l'addome dello sventurato con un colpo molto più pericoloso di quello sferrato al collega ormai steso al suolo. Anche quest'ultimo tra le urla ed i dolori cascò a terra.
Michele di corsa, senza nemmeno voltarsi o guardare i due uomini che aveva steso e sconfitto, imboccò una stradina tra le ...

Indice dei contenuti

  1. Una spiacevole sorpresa
  2. Fabrizio Bellagamba
  3. La svolta
  4. Verso casa
  5. La Perquisizione
  6. Durante la nottata
  7. La sommossa
  8. Ritorno al paese
  9. La risoluzione
  10. Le indagini sugli scomparsi