Il Bivio
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Il Bivio

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Informazioni sul libro

Questa, non è solo la storia di Achille e di Christian: è uno sguardo sul freddo scorrere della vita, in un viaggio tra Lione, Bruxelles e Milano, le intuizioni di Stanislavskij e la rabbia di una casa vivente; la preghiera di un vecchio magnate e il ricordo di una sposa sepolta.
Il presente non è che un respiro, tra il bivio passato e quello seguente.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788868823641

1.

Qualcosa di invisibile mi scivola lentamente in gola ostruendo la faringe, ma sono uno che manda giù tutto.
Tutto. Così non muoio.
E’ il mio turno e gli altri mi guardano in silenzio, pronti ad ascoltare. Io guardo loro, ma ho la sensazione che sarà del tutto inutile: c’è gente malata, qui.
Esiste uno stato patologico che mediante la distorsione degli stimoli sensoriali ti fa credere di essere una persona brillante circondata da deficienti; qui ne siamo tutti affetti.
Inizio a leggere:
- Fa freddo. Bruno, un giovane cieco in un lungo cappotto nero, viene accompagnato dal cane Buk lungo una squallida strada di periferia. Presto le poche case lasciano posto alla campagna, ma è una campagna arida, priva di suoni e spoglia di vegetazione, con carcasse di animali putrefatti. Giunti a un bivio, il pastore tedesco fa cambiare direzione al padrone, tirandolo con forza verso la strada adombrata da un grosso platano. Bastano poche centinaia di metri e il terreno brullo e lunare comincia a colorarsi di verde. Il gracchiare delle rane e il ronzio degli insetti rompono il muro di silenzio. I fiori profumano l’aria; l’uomo ne respira avide boccate e per un istante sorride.
Ad ogni passo, una musica di violini e fisarmoniche si fa sempre più distinta: è una comunità di zingari che balla e si diverte attorno al fuoco. Quando si accorgono di loro, alcuni gitani vanno ad accoglierli. Un ragazzino infila la mano in una tasca del cappotto del giovane, sfilandone con destrezza il portasigarette d’argento: il cane ringhia, pronto ad attaccare, ma una ragazza dai lunghi capelli neri rifila uno scapaccione al bambino, obbligandolo a rimetterlo a posto; poi, prende Bruno sottobraccio e lo porta con sé al calore della fiamma. Poco dopo, al giovane vengono offerti del cibo e del vino e lui lascia cadere il guinzaglio.
Il ritmo sarà quello giusto?
- Buk esita per un attimo, ma lo scodinzolare di una femmina della sua razza lo fa saltellare di gioia…
Un momento! Questa è veramente una cazzata, avrei potuto risparmiarmela. Com’è che me ne accorgo solo ora?
Non ho tempo di pensarci:
- La… la zingara toglie gli occhiali al giovane e lo bacia, poi lo trascina con sé a ballare. I passi di Bruno sono incerti e non seguono il tempo della musica, ma è felice. Il cane lo guarda e inizia ad abbaiare con insistenza: Bruno lascia le mani della donna e afferrato un boccone di carne ancora da cuocere lo porta da Buk, che gli lecca i palmi e la faccia. Rimane un po’ in ginocchio ad accarezzarne il muso e il pelo, poi si alza e dopo aver vuotato l’ennesimo bicchiere di vino ritorna alle danze. Appena comincia a fare buio l’uomo crolla stremato. Prende la ragazza per mano e la porta a sedersi con lui sull’erba ad ammirare i colori del tramonto. E’ notte ma non fa per niente freddo: Bruno e la giovane dormono abbracciati sotto il cielo stellato. Il cane dà loro un’occhiata e gli si accuccia accanto.
Riprendo fiato: non leggevo così a lungo ad alta voce dai tempi di scuola…
- La luce accecante di una lampada colpisce gli occhi di Buk, facendolo svegliare di soprassalto: il cane scatta sulle zampe, ringhiando, ma riconosce subito il padrone. Bruno, in uniforme nazista, lo accarezza, lisciandogli il pelo con cura, e dopo averlo stretto al guinzaglio lo porta fuori dal vagone merci per raggiungere i propri camerati. All’interno dello scalo ferroviario alcuni soldati, con altri cani che abbaiano e digrignano le zanne, stanno già ammucchiando un gruppo di zingari ed ebrei; i prigionieri si stringono tra loro in preda al terrore e vengono spinti con forza su di un grosso camion col motore acceso. Lara, una giovane gitana dai capelli corvini, è nel mucchio: piange e stringe forte il fratellino al petto. L’autocarro parte, scortato dalle SS, e quando a un bivio imbocca la strada che porta al campo di concentramento, Buk comincia ad abbaiare verso un platano sull’altro lato della biforcazione, senza che gli sforzi di Bruno riescano a farlo smettere.
Ho finito.
Sollevo gli occhi e scruto gli altri per interpretarne le reazioni: oltre a Rino, nello scantinato siamo in sei, seduti attorno a un tavolo, circondati da mensole straripanti di dvd, cd e vhs.
Dall’anta socchiusa di un armadio scorgo un centinaio di cartellette ordinate secondo il nome dell’autore. E’ tutta roba nostra e di chi ci ha preceduto: “pensieri, parole, opere e omissioni” partoriti in questi innumerevoli, sfrontati incontri del lunedì sera.
Sì. “Sfrontati” è la parola giusta.
Amici e colleghi potranno anche guardare con ammirazione i fogli di carta che mi ostino a imbrattare d’inchiostro, esterrefatti da cotanta fantasia esplosiva, ma ciò dovrebbe lusingarmi? Sarebbe come se il panettiere riuscisse a sentirsi speciale facendomi assistere alla solerzia con cui smonta e rimonta un semiasse del suo furgone, ben sapendo che di meccanica non ci capisco una mazza. Gli basterebbe iscriversi a un corso amatoriale di “smontatori di semiasse” per rendersi conto che - non dico il mondo - il suo quartiere, pullula di centinaia di mancati meccanici. Tendendo l’orecchio, dai box vicini riuscirebbe a distinguere il clangore degli attrezzi sul metallo, prodotto dallo sforzo di gente come lui, e tornerebbe subito con i piedi per terra.
“Clangore?”: cazzo, allora è vero che sono un artista!
Mi scuoto:
- L’idea… - farfuglio – è la seguente: un cane sogna di guidare il proprio padrone cieco per una strada che lo porterà alla guarigione. In realtà, l’uomo ci vede benissimo ed è un nazista che non prenderà quella strada.
Pausa + scansione su facce perplesse.
- Il Mito di Riferimento – do fondo alle mie riserve di ossigeno – potrebbe essere che… se gli uomini continueranno a tenere gli occhi chiusi… saranno destinati all’autodistruzione…
Attendo.
Continuo ad attendere.
Quando saluto i miei compagni di corso di sceneggiatura è quasi mezzanotte. Aspetto che Guido finisca la sigaretta.
E’ un bel ragazzo con i capelli lunghi e gli occhi chiari, dotato di un discreto senso dell’umorismo: siamo entrati subito in sintonia grazie allo sguardo rapito di quando mi ha descritto la fauna femminile del quartiere a luci rosse di Amsterdam…
- Mi piace il tuo soggetto, Achille. – dice – L’idea che un cane possa sognare è… singolare.
Butta fuori una boccata di fumo. Fa freddo e fumo anch’io, senza tabacco e nicotina.
Non tutti la pensano come lui, però.
- Il confronto è molto utile. – penso a voce alta – Tante cose le dai per scontate, invece scopri che ti sono rimaste in testa e non sei riuscito a trasmetterle.
- A me basta la sola idea di scrivere a bloccarmi! Preferisco leggere… e cercare di capire se riesco a lasciarmi trasportare in situazioni e storie create da qualcun altro.
- Sei una mosca bianca. – mi alito tra le mani – Hai visto le facce che abbiamo, tu e Rino esclusi, quando ascoltiamo leggere un altro di noi? Io ci ho fatto caso: sembriamo un manipolo di snob, saccenti e annoiati. Ognuno è certo di essere il vero artista incompreso, circondato da cinque dilettanti.
- Come sei funereo, stasera! Te la sei presa per la critica di Laura?
Tiene la sigaretta tra le labbra e si cala il berretto da scaricatore di porto fino alle sopracciglia. Mi scappa una risata e lui mi imita.
Laura… in un rigurgito di “peace, love & no racism” si era risentita per il tentativo di furto al portasigarette di Bruno compiuto dal piccolo zingaro.
- Secondo te, se sul metro affollato dovesse accorgersi che un gruppo di zingarelli le stanno passando alle spalle, Laura stringerebbe forte la borsetta o continuerebbe a fare come se niente fosse?
Guido sorride e schiaccia il mozzicone sotto gli scarponi, ma non mi risponde.
- Ho già problemi a casa… - dico – Mi devo pure “smazzare” questa moralista da quattro soldi?
- Qualcosa non va?
Guido è un tipo a posto, ma dovrei imparare a pensare, prima di aprire bocca.
- No… niente di grave. Solo che ogni tanto io e la mia compagna sembriamo abitare su due pianeti diversi.
- E’ una donna, no?
- Lo so bene, ma certe volte si chiude in se stessa e non c’è verso di farla parlare.
- Ognuno ha il suo carattere, Achille. C’è chi si sfoga e chi preferisce tenersi i problemi dentro, per non passarti il peso delle sue preoccupazioni.
- Ci ho pensato. Ma siamo un po’ troppo cresciuti per il gioco del silenzio. Quando fa finta di non sentire che le parlo, mi verrebbe voglia di strozzarla!
- Mi è capitato qualcosa di simile con Serena, ma poi sono riuscito a superarla.
- Come hai fatto?
- Mi sono messo con un’altra, con l’udito più fine.
Scoppiamo a ridere.
- La cosa più tragica è che è vero. Però, non vuole essere un consiglio.
- Sei troppo saggio, Guido. L’ho sempre detto.
Faccio un passo in avanti e mi guardo intorno. Ci troviamo in un cortile, circondati da edifici in mattone di una fabbrica abbandonata, ma è una decadenza positiva che in qualche modo trasmette armonia.
Da una casetta alla nostra sinistra escono un gruppetto di ragazze vocianti, contenute a stento nei loro cappotti aperti: il contatto con l’aria gelida novembrina è un pugno nello stomaco che le zittisce quasi immediatamente, obbligandole ad abbottonarsi.
- E’ una scuola di ballo. – gli dico – La prima sera ci sono finito per sbaglio, pensando che la sede del nostro corso fosse quella.
- Non sarai rimasto deluso, spero. Rino è un po’ carente di seno, ma è molto bravo: riesce a essere chiaro e ad appassionarti, senza essere… didascalico.
Guido ha ragione. E’ evidente che è la passione per il cinema e il teatro a spingerlo ad avere a che fare con gente come noi.
- Mi piace molto anche la serata del “mercoledì”. – aggiungo – Il confronto tra antagonista e protagonista, con le loro urgenze inconciliabili, è da fuori di testa.
C’incamminiamo verso le nostre auto, facendo crocchiare la ghiaia sotto i piedi. I rami senza foglie che sovrastano le macchine sono delle vene varicose, nere come lo spazio profondo.
L’improbabile analogia mi fa scuotere la testa.
Prima di salire sulla sua “Fiesta” bianca, Guido esita stoicamente con la portiera aperta:
- Il corso d’attore è molto duro. – dice – Devi abbassare le tue difese e metterti a nudo davanti a tutti. Davanti a te stesso…
- Non so se ce la farei. Più passa il tempo, più mi viene da pensare che Lee Strasberg non fosse altro che un pazzo sadico.
Mi guarda e annuisce:
- Ed è per questo che lo amiamo!
Ci salutiamo ridendo.
Nonostante la temperatura, la mia “Cinquecento” parte al primo colpo. “Attacco” il riscaldamento e scendo a grattare il ghiaccio dai finestrini. E’ un’opera che devo svolgere con estrema cura, incurante dei brividi.
Una volta risalito in auto, dallo specchietto retrovisore vedo uscire gli altri. Nicola e Laura sono gli ultimi. Lei si accende una sigaretta sulla stessa piastrella dalla quale le ho dato dell’ipocrita moralista.
Infilo la raccolta dei “New Order”, ma lascio i fari spenti.
- Cazzo, che bella “Procession”…
Nuvole di condensa scaturiscono dalla mia bocca, poco propense a dissolversi: ne butto fuori diverse, a intervalli regolari, gigantesche e compatte. Sulle croste frastagliate della Foresta Pietrificata, un guerriero rosso capta i miei segnali di fumo e li decifra. Pensando di farmi un favore, accende un fuoco e li ripete con precisione, in modo da renderli visibili a un altro fratello molto più a sud: la lunga catena è avviata! In un batter d’o...

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