Welcome to Chrissi Island
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Informazioni sul libro

Richard Smith è un famoso giornalista inglese a capo di uno dei network più conosciuti negli Stati Uniti. Dalla vita è riuscito ad ottenere tutto: soldi, fama, successo, una famiglia fantastica e una villa a Malibù, ma ancora non riesce a definirsi felice. Gli manca qualcosa. Gli manca Corinna. Ed è proprio per questo motivo che ogni anno nel mese di settembre si reca nell'isoletta più sperduta di tutta la Grecia, dove il tempo sembra essersi fermato al lontano 1989, anno in cui tutto ha avuto inizio.
Dopo anni di bugie però, durante il suo ennesimo viaggio a Chrissi Island, il giornalista sente il bisogno di confidare la sua storia ad un vecchio quaderno, ripercorrendo giorno dopo giorno i momenti più belli della sua vacanza post-diploma, in cui amore, avventure e perdizione si mescolano a spiagge bianchissime e a un mare cristallino.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788868823689

Welcome To Chrissi Island

I soldi e il successo non fanno la felicità. Tutti lo dicono, ma nessuno lo pensa sul serio. Anche la persona più felice saprebbe benissimo di mentire se solo non ammettesse che con qualche soldo in più sarebbe ancora più felice. Lo stesso vale per tutti i miei amici, i miei dipendenti, i miei tre figli e anche per tutte le persone che sono con me ad aspettare questa stupida nave. Io invece no, io sono l’eccezione che conferma la regola. Non è del tutto esatto però. A dire la verità, per i primi vent’anni della mia vita (non fatevi impressionare da come lo dico, in realtà oggi ne ho solo 44), ero davvero convinto che i soldi e il successo avrebbero fatto di me la persona più felice del pianeta. Che cosa successe dopo? Incontrai Corinna. Vi starete chiedendo se ho poi sposato quella donna. Beh, la risposta è no, purtroppo no. Certo, Samantha è la madre dei miei figli e la amo alla follia, ma non è Corinna.
Corinna non ha mai voluto seguirmi, è sempre rimasta qui, su quest’isola dimenticata dal resto del mondo e io ogni volta torno da lei e resto in questo paradiso per tre settimane. Erano mesi ormai che non vedevo l’ora di venire quaggiù. Mia moglie? Ovviamente non sa nulla, crede che sia andato in viaggio di lavoro per preparare un importante servizio sulla cultura greca. Trovare una bugia migliore? E perché dovrei? Sono Richard Smith, uno degli uomini più ricchi del mondo e proprietario della World Nature Channel, me lo posso permettere.
Quello che non posso più permettermi di fare però, è tenermi dentro questa storia. Da troppi anni ormai continuo a vivere in un grandissimo intreccio di bugie per poter nascondere quello che faccio dal 1° al 21 settembre da vent’anni a questa parte. è buffo, questo è il periodo dell’anno in cui mi sento veramente libero, ma per permettere che ciò accada devo incatenare il mio personaggio a una serie impressionante di bugie, per le quali non mi impegno più di tanto a dire la verità. Poco mi importa che mia moglie Samantha mi creda in Kenya, in Vietnam o a Calcutta per un ciclo importantissimo di conferenze: io per quelle settimane all’anno non ci sono per nessuno, se non per Corinna.
Non giudicatemi male, non ho mai voluto tradire mia moglie. Non sono uno di quei padri scellerati con due famiglie in giro per il mondo e nemmeno un cattivo marito. Non voglio nemmeno farvi credere che Corinna sia stata l’unico amore della mia vita, anche perché sarebbe riduttivo per descrivere i sentimenti che nonostante tutto continuo a provare per lei. Corinna per me è molto di più di un amore: è la mia ragione di vita, la mia musa ispiratrice e l’unico scorcio di libertà che ormai riesco a vedere nella mia esistenza troppo inquadrata. E credetemi se vi dico che quando c’è lei sono una persona migliore, perché è proprio così. Continuo 365 giorni all’anno a svegliarmi la mattina in giro per il mondo e fare tutto ciò che la comunità e la mia famiglia si aspettano da me, ma se mi dovessero domandare quanto tempo in realtà abbia vissuto la mia vita, beh, risponderei senza esitazione: “21 giorni all’anno, a Chrissi Island”.
GIORNO 1
1° settembre 2013
ore 08.57
Era l’estate del 1989 quando io e i miei amici decidemmo di fare una vacanza dopo il college. In quei mesi avevo iniziato a prendere i miei primi contatti con la Channel UK, riuscendo a entrare come stagista nei loro studi, così i miei compagni d’infanzia decisero di aspettarmi, facendo slittare la partenza per le vacanze del diploma alla fine di agosto. Dopo tante discussioni sulla nostra destinazione, alla fine optammo per la Grecia. Là avremmo sicuramente trovato il caldo e l’avventura che cercavamo, a un prezzo contenuto. Nessuno di noi aveva molti soldi allora, e la Spagna e l’Italia risultavano molto più dispendiose per le nostre tasche.
Lo scoglio più grande fu l’acquisto dei biglietti per il volo Londra – Atene – Iraklion. Da lì, tutto il resto fu in discesa. Avevamo preso contatti con un amico del mio capo che viveva a Creta e ogni anno andava a passare le vacanze nello stesso posto. Si trattava di un’isoletta a sud di Creta in cui il tempo pareva essersi fermato: non un albergo o una casa in quel paradiso terrestre, ma solo dune e alberi per campeggiare e spiagge dal mare cristallino. La vita là sarebbe stata molto più libera, una sorta di piccola comunità hippie a contatto con la natura. Non potete dire che la proposta non fosse affascinante, soprattutto per giovani scapestrati come noi, senza il becco di un quattrino e con una sete sfrenata di relax, avventura e divertimento. In men che non si dica eravamo già all’aeroporto di Londra su quell’aereo, con in mano una mappa che segnava la strada dall’aeroporto greco di Iraklion a una cittadina chiamata Ierapetra, dove avremmo trovato l’imbarco per l’isola di Chrissi.
«Sono parecchi chilometri da attraversare a piedi o con l’autostop – disse preoccupato Charles per non pensare alle ore di aereo che ci aspettavano – che ne dite di noleggiare una macchina per arrivare là?»
«Per poi lasciarla in porto per tre settimane? – osservai – Certo che hai sempre delle ottime idee, eh Charles! Comunque ho già pensato a tutto. Il mio superiore, quello della Channel UK, ha un amico a Creta e gli ha chiesto un favore. Ci verrà a prendere all’aeroporto e ci lascerà davanti al posto d’imbarco per quel paradiso. Non vi preoccupate… sarà una vacanza indimenticabile!».
E infatti non mi sbagliavo. Una volta atterrati ad Atene, sentimmo subito il cambiamento di clima e il sole del Mediterraneo iniziava a penetrarci nelle ossa scaldando i nostri corpi provati dal lungo viaggio. Era davvero una sensazione bellissima, soprattutto per noi, abituati alla pioggia 6 giorni su 7. Quel torpore però durò poco perché in meno di trenta minuti fummo imbarcati sull’aereo diretto a Creta, che ci avrebbe portato a Iraklion. Lì ad aspettarci trovammo un simpatico cartello “RICHARD SMITH AND FRIENDS”. Lo teneva sbadatamente con una mano un ragazzo dai lunghi rasta biondi e i vestiti dai colori sgargianti, con l’altra invece continuava a portarsi la sigaretta alla bocca, seccandola in un baleno.
«Tu devi essere Jacopo – dissi a quel giovane dall’aria insofferente -. Piacere, io sono Richard, Richard Smith. Loro sono Charles, Eric e Paul. Non vediamo l’ora di campeggiare in quel posto fantastico che il tuo amico ci ha descritto. Tu sarai dei nostri?».
«Può darsi» mi liquidò il ragazzo, che fece l’ultimo tiro di sigaretta, la gettò in terra e poi la calpestò lentamente con i suoi sandali di cuoio.
«Seguitemi – ci disse alla fine –, ma vi avverto: questa vacanza non la dimenticherete mai! La mia macchina è qui fuori. Arriveremo fino a Ierapetra, lì ci aspetta mio cugino con la sua barca. Ci darà lui uno strappo a Chrissi Island, ma non provate mai a convincerlo a scendere. è irremovibile: colpa di una vecchia storia. Pene d’amore, amici miei, sempre colpa delle donne!» borbottò tra sé e sé.
“Che buffo” pensai. Come era possibile che quel ragazzo avesse trovato l’amore su un’isola lontana dalla civiltà? Quel posto, da come me l’avevano descritto, non doveva essere certo turistico.
Continuai a fissare la cartina di Chrissi Island per tutto il viaggio. Sembrava un’isola come tante, ma quella mappa aveva gran poche indicazioni: non un tondo che segnasse il centro città o un intreccio di strade. Tutta un’altra cosa rispetto alle cartine della nostra cara Londra, quasi incomprensibili anche per i tassisti, figuriamoci per me e i miei compagni della troupe Channel UK, in cerca perenne di scoop, che puntualmente finivano a chiusura dei telegiornali locali. Per tre settimane però dovevo sforzarmi di allontanare dalla mia mente quel terribile groviglio di automobili, bus e persone e pensare solo a me e ai miei compagni di avventura.
«Ehi, Richard – mi riportò alla realtà Jacopo -, è inutile che continui a fissare quella cartina. Non ne avremo bisogno là. L’unica strada battuta è quella che porta da un lato all’altro dell’isola, tutto il resto è da scoprire. Natura, natura e ancora natura. Il solo angolo di civiltà che incontrerai sarà il porto con un piccolo bar sulla spiaggia gestito dalla signora Elena, gran bella donna tra l’altro! Ora che ci penso, credo che abbia anche una figlia…»
«Non mi parlare di ragazze! – lo ripresi ridendo – Se avessi voluto divertirmi e fare il Casanova, di certo non mi sarei andato a intrigare con voi quattro in Grecia, non credi?»
«Bella risposta, amico, ma ricorda che le ragazze greche sono molto più calde delle vostre inglesine. Sono inavvicinabili per me, davvero. Dici che mi snobbano per colpa dei rasta?»
«Naaaah, io dico che è perché non ti lavi!» gli risposi battendogli una mano sulla spalla, mentre a farmi eco c’erano le risate dei miei compagni.
«Io mi godo la vita ragazzi! Non come te Richard, che stai continuando a fissare quella mappa da quando siamo saliti in macchina. A proposito di cartine… ne avete qualcuna? Avrei proprio voglia di fumarmi una cannetta…» disse Jacopo.
«Ma come? Adesso? Stai guidando!!» esclamò stupito Paul.
«E con questo? Dimenticatevi gli inglesismi, i controlli e l’ora del tè ragazzi. Qui siamo in Grecia e stiamo per arrivare su un’isola in cui tutto è concesso per gli spiriti liberi!».
«Io AMO, AMO quest’uomo!» se la rise Eric iniziando a rollare una cartina con un po’ di erba che gli aveva passato Jacopo.
Tempo qualche minuto e la nostra piccola auto fu tempestata da una intossicante ma inebriante fragranza di marijuana. Non solo i miei tre amici, ma anche io e Jacopo iniziammo a fumare, e a ogni tiro la strada iniziava a farsi più scorrevole e il piede sull’acceleratore sempre più pesante, tanto che in meno di un’ora raggiungemmo il porto di Ierapetra.
«Eccoci qua» disse Jacopo parcheggiando l’auto davanti al cancello di una chiesa.
«Sicuro che puoi sostare qui? – gli domandò Charles – Se qualcuno deve uscire dal cancello?»
«Da questo? – rispose sprezzante il nostro accompagnatore – Dico, hai mai visto un parroco girare per questa città in macchina? Siamo baciati dal sole per la maggior parte dell’anno, quale miglior luogo per sfruttare la bicicletta! E poi, se hanno qualche problema, possono benissimo chiedere a Maria, lei ha le chiavi della mia auto».
«Davvero? E chi sarebbe?» domandai curioso.
«La proprietaria di quel bar di fronte all’imbarco per Chrissi, ora gliele vado a portare. Voi potete aspettarmi qui, anzi, raggiungete mio cugino. Ci sta aspettando laggiù con il motoscafo».
Jacopo si diresse saltellando verso il bar, che dalle insegne prometteva un ottimo caffè greco. Non credetegli però: è una vera barbarie. Imbevibile nonostante le tonnellate di zucchero che ho usato negli anni. Tuttavia, ogni anno quella è una tappa obbligata del mio viaggio. Mi riporta alla mente i ricordi più belli della mia vita, e per questo ringrazio la signora Maria, che ormai ogni volta mi saluta con un gran sorriso porgendomi una tazzina di caffè fumante e acquoso. Lo stesso caffè che sto bevendo in questo momento seduto al tavolo del Bar Kalimera aspettando la partenza della motonave per Chrissi. è incredibile pensare a quanto le cose siano cambiate in 24 anni: la struttura del porto, le compagnie di navigazione, il turismo, le automobili, i ristoranti, la gente. Ma non questo caffè. Era terribile quando ero un ragazzo e continua a esserlo ancora adesso, che sono un uomo bello e fatto. Anzi, il gusto è ancora peggiore, ora che non sono sotto l’effetto di stupefacenti!
Ma torniamo alla mia storia. Jacopo ci aveva abbandonati davanti a questo piazzale, sguinzagliandoci alla ricerca di suo cugino, del quale si era persino dimenticato di rivelarci il nome. Ma a quel tempo poco ci importava di queste piccolezze, l’unico obiettivo era il divertimento sfrenato e quel ragazzo era il nostro Caronte.
«Bene ragazzi, che stiamo aspettando? Prendiamo le sacche e andiamo. Credo che il tipo di cui ci ha parlato Jacopo sia laggiù, vedete quel motoscafo?» dissi indicando un lungo scafo color avorio di nuova fattura.
I ragazzi acconsentirono e, una volta presi su sacchi a pelo e zaini, mi seguirono in quella direzione. Avevamo quasi raggiunto quell’imbarcazione quando da lontano ci sentimmo chiamare a gran voce. Era Jacopo che con gesti plateali cercava di farci capire che avevamo sbagliato “uomo”.
Beh, a ripensarci, posso dire: «magari fossimo saliti su quel motoscafo». Jacopo ci raggiunse sulla banchina e ci condusse diversi metri più in là dove conoscemmo Petro, suo cugino. Il suo abbigliamento e la sua barba la dicevano davvero lunga sul viaggio che ci aspettava per raggiungere Chrissi Island.
«Ragazzi, vi presento mio cugino, ci accompagnerà a Chrissi e ci verrà a riprendere tra tre settimane. Petro, questi sono Richard, Paul, Eric e Charles, i miei amici di Londra».
«Piacere di conoscervi» disse quello strano ragazzo. Aveva solo 25 anni, ma con il suo fisico ne dimostrava quasi il doppio. Era un tipetto di bassa statura, con una pancia davvero importante, come la sua folta barba nera. Era vestito con una canottiera gialla, completamente zuppa di sudore, e un paio di bermuda stile militare macchiate qua e là con chiazze nere di dubbia provenienza. Aveva in mano uno stuzzicadenti, con il quale stava probabilmente tentando di levare del cibo incastrato nella sua bocca, e il braccio sinistro era completamente immerso nel retro dei suoi pantaloni.
«Scusate, ma restando su quest’isola forse ho dimenticato le buone maniere – disse poi porgendoci la mano che afferrammo tutti con riluttanza, visto che era quella con cui fino a un secondo prima si stava grattando il deretano – Accomodatevi sulla mia barca, ci aspetta un viaggio pieno di avvent...

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