Diritto della responsabilità civile
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Il libro nasce dalla esigenza di coniugare l'analisi e lo studio degli aspetti generali costitutivi dell'istituto della responsabilità civile e della sua funzione, unitamente all'approfondimento dei regimi speciali e delle nuove forme di responsabilità, la cui affermazione dipende da un contestuale adeguamento del nostro diritto all'evoluzione della società e del costume moderno.
Partendo dall'esame dei principi generali vigenti in materia di responsabilità aquiliana, contenuti nel capitolo I, nel secondo capitolo si procede con la disamina della nozione di danno ingiusto e con la descrizione delle relative ipotesi applicative. Proseguendo nella lettura dell'opera, si osserva come i capitoli terzo e quarto siano rispettivamente deputati a descrivere i regimi speciali di responsabilità, oggettiva ed indiretta, e le nuove forme di responsabilità, tra cui la responsabilità professionale, e quella derivante da illecito trattamento di dati personali e da danno ambientale. Nell'ultimo capitolo ci si sofferma, invece, sulla funzione che l'istituto della responsabilità civile assume, anche a livello comparato, e si ripercorrono gli orientamenti che, a livello dottrinale e giurisprudenziale, si sono susseguiti in materia. Giuseppe Cricenti. Consigliere della Corte di Cassazione. È incaricato di Diritto della Responsabilità Civile nell'Università di Roma. Ha fondato e dirige la rivista Biodiritto. È autore di diverse monografie e di numerosi articoli in tema di Bioetica e Diritto Civile. Ida Parisi. Avvocato iscritto all'Ordine degli Avvocati di Taranto, si interessa di Diritto Civile e di Diritto di Famiglia, con particolare riferimento alle tematiche del Biodiritto e della Procreazione Medicalmente Assistita. È autrice di numerosi articoli in materia di Diritto Civile e Biodiritto ed ha partecipato attivamente, in qualità di relatrice, a convegni e tavole rotonde sollecitando la discussione comparata sul tali temi. Eleonora Bruno. Avvocato iscritto all'Ordine degli Avvocati di Barcellona Pozzo di Gotto, si interessa di Diritto Civile e di Diritto di Famiglia. È assistente presso la Cattedra di Istituzioni di Diritto Privato – Diritto Civile della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Luiss Guido Carli.

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Informazioni

Anno
2016
ISBN
9788869950056
Argomento
Law
Categoria
Civil Law

CAPITOLO II

Il danno ingiusto
Eleonora Bruno
SOMMARIO: 1. Il danno e l’ingiustizia. – 1.1. Danno non iure e contra ius. – 2. L’atipicità dell’illecito civile. – 3. L’evoluzione storica dell’ingiustizia del danno: dal diritto soggettivo assoluto alla tutela dell’interesse legittimo. – 4. Il danno da perdita di chance. – 5. Il danno non patrimoniale. – 6. La prova del danno non patrimoniale. – 7. Ipotesi applicative. – 7.1. Danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale. – 7.2. Danno non patrimoniale in ambito lavorativo. – 7.3. Danno da lesione o morte del congiunto. – 7.4. Danno non patrimoniale e procreazione. – 7.5. Danno tanatologico. – 7.6. Danno estetico. – 7.7. Danno da stalking. – 7.8. Danno alla reputazione e all’immagine: persone fisiche e persone giuridiche. – 7.9. Il danno non patrimoniale da provvedimento illegittimo della P.A. sentenza n. 500/997.10. Danno da irragionevole durata del processo.
1. Il danno e l’ingiustizia
Nel linguaggio comune il “danno” si identifica nel “pregiudizio” o “perdita” e corrisponde ad una alterazione, in negativo, della realtà naturale. Nel significato giuridico, invece, il danno rappresenta la lesione di un interesse giuridico altrui.
Nel nostro ordinamento, così come in altri ordinamenti, manca una norma definitoria del termine danno, per tale ragione la dottrina ha elaborato diverse ipotesi ricostruttive della nozione di danno in senso giuridico: a) come evento lesivo; b) come effetto economico negativo; c) come liquidazione pecuniaria dell’effetto economico negativo (C.M. BIANCA, in La responsabilità, volume V, Milano, 2012, p. 123; M. MAGGIOLO, in il risarcimento della pura perdita patrimoniale, Milano, 2003, p. 2). Nella prima ipotesi il danno consisterebbe nella lesione materiale o giuridica di un interesse tutelato dalla legge; nella seconda ipotesi il danno viene visto come la conseguenza patrimoniale che determina l’evento lesivo ovvero la “perdita subita” ed il “mancato guadagno” (R. NEUNER, in Interesse und Vermogensschadem, AcP, 133 (1931), p. 277 ss.).
Infine, la terza ipotesi, elaborata da Friederich Mommesen (F. MOMMSEN, Zur Lehre von dem Interesse, Braunshweig, 1855, p. 3 ss.), qualifica il danno come effetto economico negativo (differenztheorie), quale differenza tra il valore del patrimonio in un determinato momento ed il valore del patrimonio in assenza di un fatto lesivo.
Tale ultima nozione di danno, più volte esaminata dalla giurisprudenza di legittimità, incontrava il limite di prendere in considerazione solo le conseguenze che ricadono sui beni della vittima, senza valutare che il danno può incidere sulla capacità di guadagno (Cass. 18.07.1989 n. 3552, in Foro Italiano1990, 1, 1933, con nota di VALCANI).
Secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria, affinché sorga l’obbligazione di risarcimento del danno sono necessari due concorrenti requisiti, riferiti alla condotta del danneggiate, che deve essere non in iure (non giustificata dal diritto) e contra ius (cioè lesiva di un diritto del danneggiato). Ne deriva che il danno è ingiusto quando è conseguenza di una condotta antigiuridica che lede un diritto altrui (R. SACCO, L’ingiustizia del danno, di cui all’art. 2043 c.c., in Foro pad., 1960,1, p. 1420 ss.).
Tradizionalmente, la dottrina, qualificava come ingiusto unicamente il danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo, quale ad esempio il diritto di proprietà (diritto soggettivo assoluto). Con riferimento a tale diritto la dottrina riteneva, infatti, configurabile, una violazione da parte di chiunque, salvo nel caso di diritti relativi per loro natura tutelati dal rapporto creditore-debitore (P. SCHLESINGER, La “ingiustizia” del danno nell’illecito civile, in Jus, 1960, p. 338 ss.; S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, p. 46 ss.; G. CIAN, Antigiuridicità e colpevolezza. Saggio per una teoria dell’illecito civile, Padova, 1966, p. 154 ss.; P. TRIMARCHI, Illecito (diritto privato), in Enc. dir., XX, Milano, 1970, p. 90 ss.; M. FRANZONI, L’illecito, in Trattato della responsabilità civile, diretto da M. Franzoni, 2a ed., Milano, 2010, p. 807 ss.). Pertanto, l’illecito extracontrattuale rappresentava uno strumento di tutela dei diritti reali (proprietà e altri diritti sulle cose), dei diritti sui c.d. beni immateriali e della persona, come il diritto all’integrità fisica, all’onore, alla riservatezza.
Tali elaborazioni dottrinali, finalizzate a limitare l’area del danno risarcibile, sono andate via via modificandosi prevedendo nell’ambito del danno risarcibile: la lesione del diritto di credito, la lesione delle aspettative di diritto nonché la lesione di qualsiasi interesse giuridicamente protetto.
Infine, l’intervento della Cassazione a Sezioni Unite (22 luglio 1999 n. 500) ha segnato un importante punto d’arrivo del delineato percorso evolutivo, rappresentato dall’affermazione che l’art. 2043 c.c. non è una norma solo sanzionatoria della violazione di diritti previsti e tutelati da altre norme, ma è essa stessa norma primaria di protezione.
Tuttavia, mentre per il danno economico è sufficiente il filtro dell’ingiusta ex art. 2043 c.c., collegato alla lesione di qualsiasi interesse giuridicamente rilevante, per il danno non patrimoniale è necessario il doppio filtro della tipicità e dell’ingiustizia, con la conseguenza che l’ingiustizia deve essere ulteriormente qualificata dalla violazione di una precipua norma che risarcisca il danno non patrimoniale o dalla lesione di un diritto inviolabile.
1.1. Danno non iure e contra ius
L’art. 2043 c.c. qualifica il danno, che discende da responsabilità, come ingiusto.
La valutazione dell’ingiustizia del danno fornisce una soluzione ai contrapposti interessi, del danneggiale e del danneggiato, attraverso una comparazione che si fonda non già su valutazioni aprioristiche, bensì su un esame a posteriori dell’interesse leso al danneggiato, da un lato, e di quello perseguito dal danneggiante con la sua condotta (U. BRECCIA - L. BRUSCUGLIA - D. BUSNELLI - F. GIARDINA - A. GIUSTI - M. LOI - E. NAVARRETTA - M. PALADINI - D. POLETTI - M. ZANA, in Diritto privato, vol. Il, Torino, 2004).
Inoltre, come già precisato nel precedente paragrafo, secondo quanto affermato da una ormai consolidata dottrina, l’ingiustizia del danno va intesa nella detta duplice accezione.
In primo luogo, il danno è ingiusto quando è prodotto non iure, ossia quando sia stato cagionato da una condotta non giustificata dall’ordinamento; in secondo luogo, il danno deve essere contra ius, in quanto deve aver leso un interesse meritevole di tutela per l’ordinamento (in tema, V.M. MARRONE, Istituzioni di diritto romano, Palermo, 2002, p. 529 ss. nonché P.G. MONATERI, L’ingiustizia di cui all’art. 2043 cc: una nozione salda o un’occasione di revisione codicistica?, in Riv. dir. civ., 52, 2006, p. 523 ss.; C. SALVI, La Responsabilità civile, Milano, 2005, pp. 86-87).
2. L’atipicità dell’illecito civile
Una delle caratteristiche del fatto nell’illecito civile è l’atipicità. Per accertare se un danno cagionato da un comportamento altrui sia risarcibile ex art. 2043 c.c., occorre verificare se tale danno sia ingiusto, cioè se abbia leso degli interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Tuttavia, il giudizio di meritevolezza di un determinato interesse nei confronti di un precipuo comportamento non iure, non è formulato in via preventiva dal legislatore, ma è rimesso al giudice che, attraverso una valutazione degli interessi in conflitto, deve accertare se l’interesse leso sia degno della tutela prevista dall’art. 2043 c.c.
Per comprendere che cosa si intende per “atipicità”, bisogna procedere a due comparazioni: una con le norme che disciplinano la responsabilità penale e l’altra con quelle che disciplinano i contratti. Nel primo caso, come è noto, solo quando il comportamento del soggetto integra delle condotte riscontrabili nel codice penale, saremo in presenza di un fatto di reato che, nel nostro ordinamento è necessariamente “tipico” e si contrappone “all’atipicità” dell’illecito civile.
Nel secondo caso, facendo riferimento ai contratti, in quanto il legislatore ha previsto, nel codice civile, un elenco di contratti anch’essi “tipicizzati”, al fine di normativizzare alcune esigenze che, per trovare un legittimo conforto nella legge, devono avere specifiche caratteristiche.
In materia di responsabilità per fatto illecito, invece, il legislatore ha dovuto fare una scelta differente, prediligendo una strategia ovvero non quella di identificare le singole fattispecie, quanto quella di individuare i soggetti protagonisti che possono essere autori di danni nei confronti di altri, salvo che per la clausola generale di responsabilità contenuta nell’antico precetto del neminem ledere dell’art. 2043 c.c.
Secondo un orientamento costante in giurisprudenza, la norma sulla responsabilità aquiliana non è una norma (secondaria) volta a sanzionare una condotta vietata da altre norme primarie, bensì una norma primaria che appresta una riparazione del danno ingiustamente sofferto da un soggetto per effetto dell’attività altrui.
Non assume rilievo determinante, dunque, la qualificazione formale della situazione giuridica soggettiva base o di partenza, sorgendo il diritto al risarcimento del danno a seguito della lesione ingiusta di un interesse giuridicamente rilevante e meritevole di tutela. Stante l’atipicità dell’illecito civile dell’art. 2043 c.c., compete al giudice, di volta in volta, selezionare gli interessi meritevoli di tutela valutando e comparando se vi è stata rottura del c.d. “giusto equilibrio” (Cass. civ., 17 maggio 2004; conf. Cons. St., sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6666; conforme Trib. Milano, sez. X, 31 dicembre 2005, n. 14055; conf. Cass. 27 marzo 2003 n. 4538, sul punto in dottrina G.F. FERRARI, Atipicità dell’illecito civile. Una comparazione, Milano, 1992, p. 111 ss.; E. NAVARRETTA, Il danno ingiusto, in Diritto Civile, diretto da N. LIPARI - P. RESCIGNO, coordinato da A. ZOPPINI, Attuazione e tutela dei diritti, IV, La responsabilità e il danno, Ili, Milano, 2009, p. 137 ss.; G.F. FERRARI, Tipicità e atipicità del fatto illecito, in Atlante di diritto privato comparato, a cura di F. Galgano, Bologna, 2011, p. 155 ss.).
3. L’evoluzione storica dell’ingiustizia del danno: dal diritto soggettivo assoluto alla tutela dell’interesse legittimo
Un importante risultato ottenuto dalla giurisprudenza – nell’ambito del percorso evolutivo della nozione di danno ingiusto ed all’esito di un complesso dibattito relativo alla contrapposizione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi – è stato identificato nel riconoscimento della risarcibilità del danno a seguito della lesione di un interesse legittimo.
Secondo la tradizionale interpretazione dell’art. 2043 c.c., la Pubblica Amministrazione non era tenuta a risarcire i danni causati ai cittadini. La norma, infatti, era considerata come norma secondaria, diretta a tutelare le sole posizioni (diritto soggettivo) previste e tipizzate in altre norme (dette primarie).
Successivamente, la giurisprudenza ha superato l’interpretazione secondo cui il danno ingiusto ex art. 2043 c.c. è da identificarsi con la sola lesione di diritti soggettivi assoluti, rilevando che nei rapporti tra privati, è consentita la risarcibilità di posizioni giuridiche non aventi la consistenza di diritti soggettivi assoluti, ma che, tuttavia, vengono considerati meritevoli di tutela in ragione della loro rilevanza sociale. In particolare: a) dei diritti relativi (si pensi alla ed. responsabilità aquiliana per lesione del diritto di credito); b) del diritto all’integrità patrimoniale e alla libera determinazione negoziale; c) del danno da perdita di chance.
La giurisprudenza ha riconosciuto, altresì, la risarcibilità degli interessi legittimi pretensivi lesi da fatti-reato (ad esempio nell’ipotesi di aspettativa di avanzamento di carriera o di assegnazione a funzioni superiori dei pubblici dipendenti lese da procedure concorsuali irregolari a causa della commissione di reati), nonché è giunta ad ammettere la risarcibilità degli interessi legittimi oppositivi elaborando la cd. teoria della degradazione.
Secondo tale teoria, l’emanazione di un provvedimento amministrativo illegittimo “degrada” la posizione giuridica di diritto soggettivo a interesse legittimo oppositivo. Il privato, di conseguenza, al fine di tutelare la propria posizione deve:
a) preliminarmente adire il giudice amministrativo, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento con efficacia ex tunc, con conseguente “riviviscenza” del diritto soggettivo, medio tempore, affievolito a interesse legittimo;
b) successivamente adire il giudice ordinario per ottenere il risarcimento del danno.
Determinante, a tali fini, è stata l’entrata in vigore della costituzione che, agli artt. 24, 97, 103 e 113 ha posto sullo stesso piano diritti soggettivi ed interessi legittimi.
Inoltre, espressione di tale importante progresso evolutivo, in ambito comunitario, si è rivelata la nota sentenza Francovinch, in cui i giudici comunitari hanno fissato il principio della risarcibilità dei danni cagionati dallo Stato che si sia reso inadempiente nella attuazione di una direttiva comunitaria.
Inoltre, il legislatore nazionale con la legge delega n. 59 del 1997 (cd. “legge Bassanini”) ha previsto, da un lato, la devoluzione al giudice ordinario delle controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A. (prima devolute alla cognizione del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva) e, dall’altro, la devoluzione al giudice amministrativo delle controversie relative ai diritti patrimoniali consequenziali (ovvero risarcimento del danno) in materia di urbanistica, edilizia, servizi pubblici.
A seguito della citata evoluzione giurisprudenziale e normativa, la Cassazione con la nota sentenza a SS. UU. 22 luglio 1999, n. 500 ha riconosciuto la risarcibilità degli inte...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Indice
  5. Capitolo I. La responsabilità aquiliana, Giuseppe Cricenti
  6. Capitolo II. Il danno ingiusto, Eleonora Bruno
  7. Capitolo III. I regimi speciali di responsabilità aquiliana, Ida Parisi
  8. Capitolo IV. Nuove forme di responsabilità, Ida Parisi
  9. Capitolo V. Le funzioni della responsabilità civile, Giuseppe Cricenti
  10. Quarta di copertina