Piccolo (e molto didascalico) viatico per un'introduzione alla poesia di Sanguineti
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Piccolo (e molto didascalico) viatico per un'introduzione alla poesia di Sanguineti

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Piccolo (e molto didascalico) viatico per un'introduzione alla poesia di Sanguineti

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Un'introduzione alla poesia di Edoardo Sanguineti, ad opera dell'amico Fausto Curi, che dedica al poeta un "commiato personale".
Il testo mette al centro lo stretto connubio tra ideologia e linguaggio, indispensabile per la comprensione del pensiero di Sanguineti... "Tanto che egli era solito dire che non vi è ideologia più manifesta dell'ideologia della fine dell'ideologie."
"... era un anarchico corretto da una buona dose di marxismo."

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788870005646
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Fausto Curi
Piccolo (e molto didascalico) viatico
per un’introduzione alla poesia
di Sanguineti
Mucchi Editore
ISBN 978-88-7000-564-6
Tutti i diritti riservati. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nel limite del 15% di ciascun volume o fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall’editore. Vietata la pubblicazione in Internet.
Grafica e produzione Mucchi Editore (MO)
© Enrico Mucchi Editore s.r.l.
Via Emilia Est, 1527 - 41122 Modena
iscritta: aie, uspi, confindustria
I edizione pubblicata in Modena nel 2011
In morte di Edoardo
non sono, le stanze che abiti tu ora,
piene di musica, immagino (come quelle
che hai immaginato per Berio): non eri, tu, uomo
di musica (anche se ti piaceva, credo, credere
di esserlo): tu eri addetto alle parole
(che, certo, amavi immergere
nei suoni, trasformare in ritmi, in numeri
innumeri perché diventassero per noi
memorabili).
Ci eravamo ripromessi, se ricordi, di incontrarci
nel limbo, se un limbo esiste per noi gente
di parole, quando anch’io sarò uscito da questo
infernale purgatorio dell’inferno: ti cercherò dove sei,
accanto a Ungaretti, suppongo, e a Montale,
(morto ormai al cento per cento o poco meno, però
tranquillo
ora che non lo minacciano più gli ottant’anni).
Ci sbrigheremo in fretta, noi, con poche battute
argute e brevi, come a volte in vita abbiamo fatto:
me ne andrò poi nell’angolo che avrò avuto
in sorte (la critica, si sa, non è niente più che
un metadiscorso, e talvolta un meta-meta):
sarà un privilegio, per me, lo sai bene, se potrò
stare non lontano da Anceschi, da Contini,
da Debenedetti (dalle loro parole,
voglio dire): attendimi, se credi,
(senza Virgilio, si capisce, e senza una paradisiaca
Beatrice): avremo finalmente ormai dismesso, noi,
con il corpo anche i residui stati d’animo dell’anima:
(saremo, insomma, insieme, quello che tu già sei:
corpi senza corpo). Ora che sei così in alto
nel basso luogo che ti accoglie lo posso, credo, dire:
come diceva (pressapoco) Elio Stilone di Plauto,
le tue muscolosissime muse adopererebbero
quel tuo stile quotidiano (e da quotidiano,
proprio) se volessero parlare
in italiano: (che se mi fai sapere –
trova tu il modo – che non ti va, però, mica lo dico)
(ma sei rimasto in silenzio).
Ma adesso il fango non ci sta alle spalle
e non c’è, adesso, sole fra gli alberi e non ci sono
bambini, adesso, che dormono sognando,
adesso il fango ci opprime (noi rimasti)
(e non è mica, lo sai, questo, un piccolo fatto)
e i figli ci hanno lasciato (e dobbiamo, lo so,
vendicare i padri), e non possiamo (noi rimasti)
adesso morire perché non ci basta
resistere dobbiamo (credimi tu che hai detto
di non aver creduto in niente) giustificarci ancora e
(ma adesso lo dico, proprio) credere
ancora (non quia absurdum) nel comunismo…
(ma ci restano (a noi rimasti), ormai, temo, non so,
pochi giorni…):
Fausto Curi
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C’è una chiarezza che, preliminarmente, occorre fare, se si vuole impostare correttamente l’interpretazione della poesia di Sanguineti. Tenendo subito presente che quella poesia è così strettamente legata all’ideologia da non consentire di trascurare tale ideologia come un aspetto secondario. Come i suoi studi, i suoi saggi critici e certe sue dichiarazioni chiaramente mostrano, la coppia ideologia-linguaggio è sempre stata fondamentale per Sanguineti, sia che si trattasse di illustrare la propria poetica e il proprio lavoro di scrittore, sia che si trattasse di rivolgere l’attenzione all’opera dei poeti che maggiormente lo interessavano. Per Sanguineti, la parola “ideologia” poteva indicare sia, marxianamente, una falsa coscienza, sia, più generalmente e più frequentemente, una visione del mondo. Tanto che egli era solito dire che non vi è ideologia più manifesta dell’ideologia della fine delle ideologie. L’uomo è un fabbricatore di ideologie, giacché senza ideologie non potrebbe vivere. Il suo modo di raffigurarsi il mondo e la vita ispira e regola le sue idee e le sue azioni. L’ideologia di ciascuno, cioè la sua visione del mondo, si rispecchia immediatamente nel linguaggio che egli adopera. Segnatamente un poeta, nell’elaborare il proprio linguaggio, riflette in esso l’ideologia che lo anima. Dunque, tener conto dell’ideologia di Sanguineti, ossia del gruppo di idee che ispirava la sua attività di scrittore e di uomo, non è tener conto di un fatto allotrio, esterno ed estraneo a quell’attività, è, al contrario, puntare immediatamente al cuore dell’azione culturale, poetica e politica di Sanguineti, e al linguaggio cui essa è venuta affidandosi.
Chi era, dunque, Edoardo Sanguineti? In estrema sintesi, una prima risposta potrebbe essere: era un anarchico corretto da una buona dose di marxismo. Cerchiamo di dire meglio: era, innanzitutto, un oppositore, un antagonista. Un antagonista radicale e tenace della società e della cultura borghese. Era un materialista storico rigoroso, un comunista coerente e fedele, un comunista militante, anche se singolare, giacché non ha mai avuto la tessera di un partito. “Sono iscritto soltanto all’anagrafe – soleva dire – perché non posso non esserlo”. Qui si coglieva chiaramente l’ispirazione libertaria, schiettamente anarchica delle sue idee e delle sue azioni. Non vi era contraddizione, per lui, fra anarchia e comunismo, quali li concepiva. In una lettera recente scriveva:
… È mia vecchia e ostinata idea che, alle radici di ogni ‘rivolta’ (in largo senso) ci stanno sempre posizioni anarchiche: diciamo: ‘in principio è l’anarchia’; poi, gli esiti soci...

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