Ersilio Tonini
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Con un contributo di Sergio Zavoli
Quando morirò e andrò presso il Signore, gli chiederò un favore: quello di andare da mio padre e da mia madre. Penso che mi dirà di sì.
Come li vedrò, li ringrazierò e tremando di gioia: cari genitori, com'erano vere le cose che mi avete insegnato e come è vero che il Signore non abbandona mai i suoi Figli!
(Ersilio Tonini)
Ersilio Tonini muore a più di novantanove anni nella sua Ravenna: ha vissuto due vite, la prima come prete, la seconda da grandissimo "comunicatore di Dio". Pochi sacerdoti, in Italia, hanno lasciato un segno così profondo.
La sua caratteristica? Non cedere alle mode, a nessuna, nemmeno adeguando il suo linguaggio ai nuovi tempi.Il suo talento? Quello che in gergo si dice "bucare lo schermo". Il suo cruccio? Lo scadimento della classe politica italiana. La sua passione? I giovani e la loro educazione. «... poiché saranno i giovani ad affrontare le sfide future, Dio si aspetta che l'attuale generazione adulta assuma come COMPITO TOTALE quello di impegnarsi a preparare i ragazzi a un simile momento... nel frattempo i ragazzi si guardano intorno e pur con il loro immenso desiderio di dedicarsi a qualcosa di grande, non vedono davanti a sé altro che una gara ad avere di più. La distinzione tra il Bene e il Male sta scomparendo, sostituita da una nuova distinzione fra le cose e cioè: mi piace o non mi piace, mi diverto o non mi diverto, ci guadagno o non ci guadagno e, infine, ho successo o non ho successo!
Dobbiamo adoperarci per fare sì che la prossima generazione prenda per sé come fossero un comandamento le parole di sant'Agostino: «Universus turbatur quando conscientia turbatur»; tutto il mondoviene sconvolto quando una coscienza si rovescia.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788873816232
DISTINGUERE IL BENE DAL MALE: WHAT YOU LIKE
Lei parla spesso dei “miti” che, a suo avviso, hanno “guastato la famiglia”: il mito di Rousseau, il mito della non oggettività del bene e del male, il mito per il quale i problemi reali altro non sono che problemi psichici e, infine, il mito dello psicoterapeuta.
Mi considero ben poca cosa di fronte alle sfide future, alle grandezze che portiamo dentro, a quello che potremmo essere e che potremmo dare e fare. Abbiamo bisogno di chiarezza, di verità, di conoscenza. Io sto vivendo un momento particolare: sono convinto, da molti segni, che stiamo attraversando una delle epoche più straordinarie della storia. È sempre successo che, nel corso di eventi grandiosi, i contemporanei non se ne rendessero conto. Ci siamo dentro un po’ anche noi. I fatti accadono nella quasi totale indifferenza...
Sono persuaso che fra cinquant’anni la gente si chiederà: ma come è potuto verificarsi? E come mai se ne sono accorti in pochi? Saremo rimproverati per il nostro comportamento.
Sono editorialista di un giornale femminile, per la prima volta*: il mio lavoro permette al lettore (soprattutto genitore) lì identificarsi meglio con ciò che scrivo, di misurarsi, di confrontarsi, di capire che c’è un altro modo di vedere e di sentire loro.
Nel colloquio televisivo hai sempre di fronte o l’avversario o l’amico; nello scritto invece, e in particolare in questo colloquio con la donna, è più facile trovare rispondenza, arrivi come un amico che dice il suo parere, non impone, non si schiera e non ti costringe a schierarti. È importante.
Secondo lei cosa è successo in questi ultimi anni alla famiglia nel nostro paese, e perché ha sentito l’esigenza di scrivere su un “femminile”?
Per vari motivi. Il primo è che leggo parecchio.
Da quando (a 80 anni, ndr) ho deciso di imparare l’inglese e mi è stato possibile accedere alla stampa e ai libri inglesi, mi sono reso conto che il più grande problema politico per il mondo anglosassone è la famiglia e ho paragonato la loro alla nostra situazione.
L’Inghilterra ne è la misura, in Inghilterra la delinquenza minorile è una vera tragedia, e altrettanto negli Stati Uniti. Nel nostro modo di pensare – già nei ragazzi, come in ogni uomo – sono presenti, miscelate insieme, tendenze buone e cattive, per cui spetta ai genitori e agli altri educatori aiutare il piccolo a distinguere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto, in modo che si formi una “personalità” capace di guidare se stesso collaborando al bene collettivo. Così pensavano anche negli Stati Uniti fino a quando, attorno agli anni Settanta, un pedagogista, Carl Rogers8, servendosi dell’opera dei valori e dell’insegnamento di altri tre autori, lanciò, sotto quel titolo, un nuovo sistema educativo, che contesto profondamente. Il sistema Rogers è basato su quattro miti.
Punto di partenza è il mito di Rousseau: l’uomo nasce naturalmente buono, e resta buono purché lo si lasci crescere fin da piccolo nella sua spontaneità. Pertanto, per i genitori, l’unico modo di amarlo è non interferire nelle sue scelte.
Secondo mito: non esistono valori oggettivi validi come misure di bene e di male. L’unica distinzione legittima è tra “spontaneo” e “obbligatorio”: “obbedienza” diventa una parolaccia.
Stando così la realtà, il nuovo sistema educativo della scuola americana dovrà indurre genitori e insegnanti a eliminare ogni termine che contenga qualche forma di direttiva o sappia comunque di giudizio morale: la chiamano terapia non-directive, non-judgemental. Se poi i ragazzi preferissero non avere alcun valore né norme, anche in tal caso “è nella responsabilità degli insegnanti appoggiarli in una simile scelta”.
Terzo mito: i problemi reali non sono altro che problemi psichici. Pertanto i comportamenti vanno considerati soltanto come risultati delle esigenze mentali. Giusto diventa tutto ciò che ti fa star meglio, e male e ciò che ti preoccupa. Ecco che l’uomo diventerà “il devoto di se stesso”, sempre volto a chiedersi che cosa gli garba, evitando quanto gli pesa. Conseguenza: non occorre più alcuno sforzo per correggersi.
L’ultimo mito: è la figura dell’esperto. In particolare dello psicoterapeuta. A lui l’ultima parola.
Una volta ammesso che un valore è essenzialmente ciò che vi piace – what you like – o che amate fare, tutto tiene.
Anche se un insegnante, come racconta un professore statunitense, dopo un lungo lavoro scolastico aveva riscontrato che “quattro erano le attività più comuni fra gli alunni: sesso, droga, alcool, marinare la scuola”. C’era rimasto male, il professore, ma i ragazzi si erano giustificati dicendo: «Ognuno beve e fuma come vuole».
Naturalmente non è così tutta l’America anche perché, visti i disastri prodotti, a contrastarne il passo è insorto un pedagogista, William Kilpatrick, la cui opera Perché Johnny non sa distinguere il bene dal male è stata accolta dall’opinione pubblica americana come un messaggio educativo capace di bloccare le distruzioni in atto, riproponendo in linguaggio moderno l’attrattiva degli alti valori della Costituzione, nei quali il popolo americano si è sempre riconosciuto.
In Italia è diverso, la fortuna per l’Italia e la speranza per l’Europa è costituita proprio dall’Italia stessa. Come diceva un deputato britannico recentemente alla Camera dei Comuni, il numero delle famiglie inglesi spaccate è otto volte superiore al numero delle famiglie divise in Italia! In un’inchiesta svolta due o tre anni fa in Inghilterra era risultato che nell’arco di tre anni la delinquenza minorile dei bambini fra i dieci e i tredici anni era cresciuta del 50%; andando poi a fondo e chiedendosi in che ambienti questo fenomeno si fosse verificato, il risultato fu che il fenomeno in questione era presente all’interno delle famiglie single, ossia monoparentali, con un solo genitore.
Cardinal Tonini, lei guarda l’Inghilterra e tenta di fare da sentinella avvertendo a gran voce perché la stessa cosa non rischi di accadere in Italia?
Io guardo l’Inghilterra e l’America come punto di riferimento per il mondo di domani e raccolgo l’appello lanciato dall’Inghilterra un paio di anni fa, dopo l’omicidio del preside Philippe Laurence, noto pedagogista inglese, che è stato sventrato da un ragazzo di quattordici anni che porta un cognome italiano (diceva il “Times”: Figlio di una donna filippina e di un gangster italiano). Quest’uomo era accorso in aiuto dei suoi ragazzi all’uscita della scuola e uno degli aggressori lo aveva aggredito e ucciso con un coltello.
Da quel momento in Inghilterra l’Authority per l’Educazione ha lanciato un appello che il “Times” ha pubblicato in prima pagina su otto colonne, dicendo che le scuole dovevano insegnare a distinguere il bene dal male.
È un problema enorme.
Su questa generazione pesa una grave responsabilità. Io sento il dovere di aiutarla a rendersi conto di che cosa Dio si aspetta. Una sola cosa: poiché saranno i giovani ad affrontare le sfide future, Dio si aspetta che l’attuale generazione adulta assuma come compito totale quello di impegnarsi a preparare i ragazzi – intendo dire i ragazzi dalla media in poi a un simile momento.
Come? Che cosa si dovrà fare? È facile subito pensare: catechesi! No, per adesso mi preme scegliere risposte molto più radicali. Dobbiamo renderci conto che, se queste sono le sfide, la Chiesa da sola non può affrontarle. E non perché non sia all’altezza, ma perché i giovani stanno subendo una delle condizioni più delicate di questo secolo: il passaggio da una fase di povertà diffusa a una fase di diffuso benessere. Nel frattempo i ragazzi si guardano attorno e, pur con il desiderio – immenso – che hanno di dedicare la vita a qualche ideale grande, non vedono innanzi a sé altro che ottenere il motorino prima, la moto potente in seguito, quindi l’auto di grossa cilindrata. Allora tutto si riduce a una ricerca di emozione, di felicità, di benessere epidermico; è una gara ad avere di più. Nient’altro. Di fronte a questa impresa, che cosa potrà fare la Chiesa?
Gli insegnanti notano un’incapacità di scelta da parte dei ragazzi, specialmente tra gli undici e i quattordici anni, e le scuole medie e la televisione sono diventate il luogo rivelatore di una tendenza, ovvero dell’incapacità di distinguere tra i valori. La distinzione tra bene e male sta scomparendo, sostituita da una nuova distinzione tra le cose, cioè mi piace o non mi piace, mi diverto o non mi diverto, ci guadagno o non ci guadagno, ho successo o non ho successo. Quando sono entrato in contatto con i tre ragazzi che avevano provocato la morte di una ragazza buttando i sassi dal cavalcavia, nella corrispondenza che seguì, due di loro mi scrissero separatamente ripetendo lo stesso concetto: “Io non sapevo, non volevo, non immaginavo”; uno di loro diceva: “Io sono religioso”; andava a messa la domenica ma evidentemente non era in grado di discernere il bene dal male, ecco il punto.
Girando l’Italia mi rendo conto che i ragazzi sono confusi e la spiegazione è questa: bisogna che si avverta quel che Dio ci ha dato, quello che la natura ci ha dato, cioè valere!
Il giovane lo sente e si guarda intorno per cercare un sistema che gli permetta di emergere, di valere: dove può trovare segni di valore?
Secondo me il dramma vero in Italia è lo stesso che in Inghilterra e in America; solo che in quei paesi se ne sono accorti quando erano ormai allo sfacelo, qui siamo ancora in tempo se tutti insieme lavoriamo nella stessa direzione.
Eminenza, cosa intende con “tutti insieme”: famiglia, scuola e mass media?
Tutti insieme: famiglia, scuola, Chiesa e mass media devono riconoscere che hanno una responsabilità sociale. Ora la cosa più difficile è convincere i media della drammaticità attuale.
E cominciando dai media, come si fa?
Prima di parlare dei media, vorrei tornare a monte. C’è un’altra motivazione, a mio parere decisiva, di cui non ci si accorge. L’ho notato andando in America e in Inghilterra e viaggiando in Europa: la famiglia è una delle tante comunità con le sue regole particolari.
Però le regole private, le regole intime terminano di valere quando il ragazzo entra in società, dopo di che vale il diritto.
Nel secolo scorso valevano i diritti, i rapporti sociali regolati dal diritto: “Il mio diritto finisce dove comincia il tuo”.
Occorre che i popoli accettino come elemento costituzionale il principio del rispetto dei diritti degli altri popoli; però, leggendo, mi sono reso conto che la posizione di alcuni paesi fa sì che in futuro non basterà il rispetto dei diritti.
Il motivo è che nella miscelatura dei popoli già adesso, se incontro un disgraziato, bianco, nero, india no, che dorme per la strada o riposa su un marciapiede, non ho alcun dovere nei suoi confronti e lui non ha diritti. Vorrei fare però l’esempio di quell’africano clandestino (arrivato cinque anni prima come ospite di un suo conterraneo) che è stato trasferito d’urgenza all’ospedale di Napoli e poteva essere salvato soltanto grazie a un trapianto di cuore. Il medico aveva capito che la situazione era disperata e, poiché c’era a disposizione il cuore di una donna morta nella notte, aveva detto: «Io me ne infischio del fatto che sia clandestino, è un uomo...» e lo ha salvato. Questo ha un significato.
E qui il sacerdote Tonini vede il positivo del valore intrinseco dell’uomo, del suo diritto alla vita, alla salute...
Certamente, perché se arriverà un momento in cui i diritti perderanno di importanza, cosa accadrà?
Dobbiamo compiere una scelta: o prevalgono ancora i criteri della razza, dell’etnia, dunque non ci saranno più guerre tra nazioni ma conflitti intestini senza fine, oppure rinunciamo a questo atteggiamento a favore di rapporti sociali concepiti in modo tale che la regola di comportamento sia la nazione. Cioè tu prima sei cittadino e poi sei un uomo: i tuoi diritti derivano innanzitutto dall’essere cittadino.
Ma c’è un discorso ancora più a monte: la famiglia.
È la famiglia il luogo in cui tu prima sei uomo e dopo cittadino.
Il Papa, nel suo discorso all’ONU, dice che se l’uomo vuole rinascere deve cambiare la propria impostazione: la preoccupazione e l’uguaglianza dei diritti tra le nazioni significano che i paesi più ricchi hanno il dovere di portare gli altri all’uguaglianza dei diritti.
Il mondo diventa allora come una grande famiglia e alla base di ogni rapporto sociale va a coniugarsi la fonte dei diritti primari: essere uomini.
Il Papa afferma chiaramente che la famiglia deve diventare il punto di misura dei rapporti umani.
Se vogliamo parlare dei ragazzi proiettati al futuro in quest’immensa miscellanea di popoli (un’occasione unica senza precedenti), bisogna che la famiglia diventi luogo in cui il ragazzo capisca cosa significhi essere uomo. Dal comprendere ciò dipende il realizzare l’iniziativa di bene che si ha dentro al cuore; insomma, l’idea di Pascal che diceva: “Io sogno il giorno in cui un uomo, incontrando un altro uomo, non penserà: questo è un militare, questo è un contadino, questo è un politico, ma gli verrà da pensare soltanto: questo è un uomo”. Chi può preparare a questa realtà nuova che si offre, che si va attuando, è soprattutto la famiglia.
Ci chiediamo cosa non vada in questa famiglia italiana.
Io non rifletterei su cosa non funziona ma su cosa rischiamo. L’Italia è un paese dove la famiglia è sana, la più sana d’Europa, p...

Indice dei contenuti

  1. Ersilio Tonini
  2. Titolo
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Introduzione Comunicatore di Dio: Il racconto della vita di Ersilio Tonini
  6. Premessa Diciotto anni fa, in viaggio per Ravenna
  7. Ersilio
  8. Dove ha vissuto il cardinale: Vi racconto l’Opera Santa Teresa
  9. Il ragazzo di allora: la prima intervista
  10. Attenti alla Regina
  11. I comunisti parlavano solo di pane
  12. Cardinale
  13. Distinguere il bene dal male: what you like
  14. Arrivare al ragazzo che è in noi
  15. Si è cattolici se il mondo intero ci appartiene
  16. Il complesso di Faust
  17. Il Mondo di domani dovrà scegliere tra l’appartenenza all’etnia e l’appartenenza all’umanità
  18. Appendice Uomini e topi
  19. Alla diocesi di Palermo
  20. «Un pezzo di pane volersi bene e coscienza netta»
  21. Care Famiglie vi scrivo: dodici anni con “L’Eco di san Gabriele” (introdotto da una lettera del Cardinale)
  22. Ringraziamenti