Un uomo è passato tra noi
eBook - ePub

Un uomo è passato tra noi

Giacomo Lercaro

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Un uomo è passato tra noi

Giacomo Lercaro

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Il 18 novembre 1976, nel trigesimo della morte del Cardinal Lercaro, il Centro San Domenico promosse un incontro, dal titolo Un uomo è passato tra noi, dedicato al ricordo dell' Arcivescovo appena scomparso in cui si tentava di analizzare lo stretto rapporto di affetto e di stima che, nel corso del suo episcopato, il Cardinale aveva creato con il popolo che gli era stato affidato. Lo scopo fondamentale di questa rievocazione voleva essere quello di comprendere il significato profondo dell'azione del Cardinale e, soprattutto, di capire il messaggio che questa grande figura aveva lasciato alla comunità ecclesiale ed a tutta la città di Bologna. Che cosa – al di là delle cronache spesso infuocate – deriva da quello che è stato definito uno fra gli episcopati più fervidi e creativi del nostro tempo? A questa domanda e, soprattutto, al desiderio di conoscere che si alzava da tutti gli ambienti cittadini, vennero chiamate a rispondere personalità che, in tempi e modi diversi, avevano avuto l'opportunità di conoscere Giacomo Lercaro. Risposero all'appello figure di primo piano del mondo laico e religioso che offrirono il loro apporto partecipando alla tavola rotonda e contribuendo ad una interpretazione articolata e completa dell'estrema attualità del messaggio lasciato dal Cardinal Lercaro. Da quei giorni sono trascorsi ormai trent'anni ma, rileggendo con attenzione quanto dissero i relatori di allora, abbiamo l'opportunità di trovare nuovi spunti di riflessione e di analisi sulla personalità e sull'opera di un uomo che, passando tra noi, ha lasciato una traccia indelebile.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Un uomo è passato tra noi di Arnaldo Fraccaroli in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Teologia e religione e Biografie in ambito religioso. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788873816966
Ing. Augusto Pedullà
Correva, direbbero le cronache, la primavera del 1933, oltre 43 anni fa. Nell’aula della III sezione C del più prestigioso istituto liceale genovese, il liceo Cristoforo Colombo, si teneva lezione di Religione. La impartiva don Giacomo Lercaro, il quale, con molti anni di anticipo rispetto ai Patti Lateranensi, aveva trasformato la mentalità della scuola, introducendovi un corso di religione, che egli stesso svolge va gratuitamente e volontariamente. Dunque, dicevo, don Lercaro stava tenendo la sua lezione che però non era una lezione di religione: era una relazione di dogmatica e di Sacra Scrittura.
La classe era vivace e molto affiatata. In essa c’era un nucleo particolarmente affiatato, chi vi parla in questo momento ne faceva parte, che si era autonominato “la ghenga”. Era un gruppo caratterizzato particolarmente da brillanti risultati scolastici, da una condotta ed un comportamento piuttosto vivaci e da un affetto notevole verso il proprio insegnante di religione, con il quale aveva dimestichezza e coltivava rapporti molto cordiali e frequenti.
Ma quel giorno la “ghenga” aveva ecceduto nelle sue azioni di disturbo, presto imitata, come è facile immaginare, dal resto della classe; tanto che, ad un certo momento, il docente dovette bruscamente arrestare la lezione, dicendosi impossibilitato a proseguire in un am biente così indisciplinato. La classe cadde ovviamente nel silenzio, rotto soltanto dall’iniziativa di uno dei più vivaci della “ghenga”, direm mo in genovese, quel genovese utilizzato anche da Montale nelle sue liriche, dei più “batusi”, cioè dei più monelli (oggi, nemesi storica, direttore del personale di una grossa società) il quale si divertì a sparare in diverse direzioni, dedicandosi alla balistica, palline di carta fabbricate con il noto procedimento non proprio rispettoso dell’igiene.
Non si sa, qui le testimonianze non sono chiare, se per imperizia o per malizia, fatto sta che una delle palline cadde sulla catte dra del professore. “Chi è stato” fu la domanda di rito. “Io” disse paonazzo e confuso il colpevole. E quindi la contro risposta, altrettanto rituale: “Proprio tu, non l’avrei mai immaginato”. La classe ricadde in un silenzio ancora più profondo e imbarazzato, che fu interrotto, alla fine, solo dall’apparire sulla porta della ieratica figura del vecchio bidello, siciliano, il quale assolveva al suo rito – perché di rito si trattava – che consisteva nel proferire, dopo essersi calato il berretto dalla testa al fianco, il suo “finis” (allora i bidelli ne sapevano di latino).
Nei giorni successivi il cortile dell’istituto, normalmente occasione di incontri festosi e chiassosi tra gli allievi ed il loro insegnante di Religione, fu teatro di strani svicolamenti al fine di non incontrare lo sguardo severo ed accigliato di don Giacomino, che era, almeno all’apparenza, profondamente irritato per il fattaccio. C’era però una scadenza vicina, cioè il mercoledì successivo: era ormai di rito che, in quello ed in altri giorni della settimana, alla classe competesse ac cedere alla casa di don Lercaro che usava impartire, in modo naturalmente volontario e gratuito, delle stupende lezioni di Religione, Filosofia e perfino di Matematica. Esse costituivano quel famoso ripasso che consentiva agli allievi del liceo Colombo di essere sistematicamente tutti promossi in Filosofia, senza eccezione alcuna.
Quel giorno però la classe fu meno chiassosa e meno rumorosa del solito. Si vide anzi questo drappello stranamente composto e compatto di giovani salire in silenzio quelle scale, suonare a quella porta, ed essere accolto dal sorriso di Pasquetta, la governante di don Lercaro che, assieme alla madre ed alla sorella, costituiva la sua famiglia (tre stupende e deliziose figure femminili, queste, che anche i bolognesi hanno avuto occasione di conoscere e di amare).
Il sorriso però, data la tensione del momento, non fu ricam biato, e questi giovani, solitamente così chiassosi, entrarono nel grande studio di don Lercaro in punta di piedi e si misero ad attenderlo. Pochi minuti dopo egli apparve sulla porta e, non appena sussurrammo buon giorno, rispose in modo piuttosto freddo. Indirizzò il suo sguardo in direzione del colpevole il quale si era opportunamente defilato il più lontano possibile, vicino al balcone. Don Lercaro attraversò lo studio e, con sguardo severo, gli porse direttamente una piccola bustina bianca sigillata. In mezzo alla curiosità imbarazzata di tutti noi, il colpevole aprì la busta: conteneva la famosa pallina di carta.
È un aneddoto che sembra non dire nulla, che è banalissimo, ma che dice tutto perché ci descrive esattamente il personaggio Giacomo Lercaro.
Eminenza Reverendissima, Eccellenze, autorità, estimatori ed amici di Sua Eminenza il Cardinale Giacomo Lercaro, Signore e Signori, quando poche settimane fa la cortesia di Mons. Gherardi suggerì di invi tarmi a venire qui tra voi, accolsi l’invito con entusiasmo e gratitudi ne, una gratitudine che vi voglio confermare questa sera. Non esito a dire che subito dopo l’invito – ed è testimone mia moglie, che è qui presente, anch’essa ex allieva di don Lercaro – mi ha preso un autentico panico, un panico che non provavo da anni, forse da decenni, rendendomi conto della povertà con la quale affrontavo, in mezzo a persone così illustri, il ricordo di un uomo tanto grande.
Tuttavia sono stato incoraggiato a parlare di Lercaro da amici che mi hanno esortato a non avere questo timore: perché figure come quella di don (consentitemi di chiamarlo così, perché io devo parlare di don Lercaro genovese), come quella di don Lercaro, dicevo, hanno una ta le componente di carattere prevalentemente affettivo per cui qualche a neddoto forse non guasta nel descriverne la figura e illustrare le sfac cettature di una simile personalità.
Non sto a fare qui un sommario dei dati biografici del Cardinale Lercaro che sono ben noti a tutti. Si sa che era di estrazione sociale molto modesta, aveva compiuto gli studi brillantemente laureandosi a Roma. Giovanissimo fu insegnante al seminario Arcivescovile di Genova.
Per noi si differenziava da tutti gli altri insegnanti, alcuni dei quali erano eccelsi, ma lui aveva quel calore umano che è quel di più che aggiungeva alla sua scienza teologica, alla sua preparazione e lo rendeva un uomo accettato da tutti. Poi a Bologna, lo avete visto, anche personaggi di ben diversa ideologia ne avevano una grande ammirazione e rispetto. Possedeva una carica umana che si percepiva provenire da altri e più alti valori e anche chi non accoglieva, non condivideva quei valori, fruiva di questa carica e la trasformava in un rapporto affettivo.
Ricordo che quando ero Sindaco di Genova ho avuto diverse occasioni di incontro con l’allora collega di Bologna, Fanti, e anche con Dozza, che da alcuni anni non era più sindaco, ma era indubbiamente una figura carismatica del comunismo bolognese. Allora il Cardinale aveva già lasciato la guida della diocesi, ma era ricordato in un modo eccezionale, con delle espressioni sentite ed autentiche.
Ma l’aspetto caratterizzante della sua attività, più volte da lui pubblicamente confessato, è quello per cui egli aveva per vocazione rinunciato a costituirsi una famiglia sua, ritenendo forse suo dovere oltre che sua vocazione precisa, trasformare in famiglia le comunità, i gruppi di persone nei quali il Signore lo avrebbe chiamato ad operare durante la sua vita. Questa è stata sostanzialmente la sua filosofia di vita. E questo non deve apparire secondario: infatti, come avrò presto occasione di rammentare, è precisamente questo il concetto chiave illuminante tutto quello che egli ha fatto. Un Lercaro, dunque, tutto dedito a coltivare l’ideale della famiglia.
Ma le famiglie sono prevalentemente composte di giovani; la famiglia anzi vive ed opera proprio per i giovani: per favorirne la crescita sotto ogni riguardo, sia fisica, sia culturale e spirituale. Ebbene ai giovani egli si rivolse subito in modo particolare; e fra i giova ni ha gettato gran parte della sua vita e delle sue energie. A riprova di questo fatto, devo sottolineare che un eloquentissimo attestato “post mortem” il Cardinale lo ha già ricevuto, se è vero, come è vero, che nei giorni 19, 20 e 21 dello scorso ottobre, fra le migliaia di bolognesi sfilati davanti alle sue spoglie mortali, numerosissimi sono stati i giovani. Il che, nell’anno di grazia 1976, mi pare cosa di per sé eloquente.
Lercaro iniziò dunque la sua attività al servizio dell’idea le della famiglia facendo, come ho illustrato attraverso il racconto dell’aneddoto, scuola di religione. E non solo al liceo Colombo, ma anche al Convitto Nazionale, al Vittorino da Feltre e in altri istituti sempre ovviamente per i giovani. L’aneddoto che vi ho riferito è già di per sé eloquente. È per questo che ho speso qualche minuto a raccontarlo: esso è indicativo dell’ambiente nel quale don Lercaro operava, un ambiente che egli aveva, in certo senso, creato e dove, quindi, era facilitato a lavorare.
Ma lascio a lui la parola nel descrivere quello che ha rap presentato per lui quel periodo, traendo lo spunto da quello stupendo, brevissimo discorso che egli fece appena due anni fa per i suoi 60 anni di sacerdozio, e nel quale proferì quella luminosissima frase: “Non è solo l’aurora (faceva l’elogio della vecchiaia) ad essere rosea, è lumino so anche il tramonto”.
Ebbene in quella occasione egli disse: “il Signore mi diede un altro periodo a cui guardo con riconoscenza particolare e con nostal gia, il periodo in cui vissi in mezzo ai giovani studenti in un liceo pubblico, diventando veramente loro padre. L’insegnamento non era soltanto religioso in senso accademico, perché si trasformava invece in formazione di anime, di coscienze, di cuori. Un periodo veramente nostalgico per me, quello: lo vissi con entusiasmo e ringrazio il Signore di averlo vissuto”. E sempre a lui lascio la definizione di quello che quel perio do rappresentò. Egli, come si autodefinisce, fu padre; io, dal canto mio, vorrei solo aggiungere – perché mi pare molto di più – anche madre per tutti i suoi allievi.
Fu infatti proprio come una madre, sempre sollecito verso tutti, attento e premuroso alle nostre necessità materiali come a quelle spirituali, geloso tutore della nostra fede e della purezza dei nostri sentimenti. Infinite, e non riesco a dirle tutte, le iniziative che egli, da quel grande organizzatore qual era, intraprese intorno ad una famiglia che battezzò il focolare. Anche qua, vedete, ritorna il concetto della comunità familiare.
Teneva stupendi ed indimenticabili ritiri spirituali ed un accurato insegnamento liturgico. Avviava veramente al gusto della Liturgia. In particolare della Messa, la sinassi della comunità cristiana: entusiasmava con la spiegazione del Prefazio, il “nos Tibi semper et ubique gratias agere” ritornava sulle sue labbra frequentemente.
L’assistenza ai malati cronici, anche quella non era una me ra opera di beneficenza; una volta alla settimana andavamo con lui a visitare i degenti in un cronicario nella zona di Quarto e lì, prima della visita, egli ce la inquadrava con alcuni minuti di meditazione e richiamava a noi giovani, che lo seguivamo in queste visi te, il significato della Carità cristiana. Ricordo sempre la sua citazione di San Paolo: “Come l’acqua spegne il fuoco, così la Carità annienta i nostri peccati”.
L’apostolato del mare. Aveva intravisto in una città come Genova una possibilità enorme di apostolato fra i marittimi, quelli delle navi mercantili e delle navi militari che sostavano nel porto. La casa del marinaio, le visite a bordo, le visite ai marittimi degenti in ospe dale: ecco alcune delle sue iniziative.
Le scuole, ancora: aveva istituito dei corsi, che faceva te nere da giovani studenti, grazie ai quali non pochi marittimi riuscivano a conseguire titoli di studio di un certo rilievo o, comunque, una migliore sistemazione sociale nella vita.
Per noi questo era un impegno davvero notevole, perché era necessaria una complessa organizzazione per gestire le lezioni legati come eravamo alle “libere uscite” dei marinai militari, ma è significativo il fatto che don Lercaro facesse svolgere proprio ai giovani il lavoro didattico: in questo modo la Cari tà veniva esercitata attraverso un’azione di apostolato che faceva sentire i suoi benefici effetti sui formatori prima ancora che su quelli che, della Carità, sarebbero stati oggetto.
Ricordo ancora il catechismo nell’Arizona. L’Arizona era la zona più diseredata della città, dove già allora numerosissimi erano gli immigrati baresi.
Non si fermava solo alle iniziative per i giovani; corsi di ritiri in una villa presso Genova per intellettuali e per grandi operatori economici, il lavoro dell’ONARMO come cappellano di fabbrica, l’UNITALSI (memorabile la sua prima visita a Lourdes nel 1933, dalla quale tornò entusiasta, riuscendo a travasare in tutti i giovani quello che era il portato ed il valore del suo profondo culto mariano).
Infine il “didascaleion”, un autentico istituto a livello universitario teologico per laici.
Io ho cercato, rovistato nella mia memoria; non sono certa mente riuscito a rintracciare tutte le iniziative che qui mi limito, un po’ aridamente, ad elencare, s...

Indice dei contenuti

  1. Un uomo è passato tra noi
  2. Titolo
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Lettera di S.E. il Card. Giacomo Lercaro all'Archidiocesi
  6. Introduzione (Mons. Arnaldo Fraccaroli)
  7. Ing. Augusto Pedullà
  8. Prof. Achille Ardigò
  9. S.E. Mons. Marco Cé
  10. Prof. Giorgio Bonfiglioli
  11. Mons. Luciano Gherardi
  12. Madre Agnese Magistretti
  13. Avv. Francesco Berti Arnoaldi