Cose d'altri tempi
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Cose d'altri tempi

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788873817116
Argomento
History
FRA STORIA E CRONACA
SARS E ANTRACE DEI SECOLI SCORSI
da “Il Resto del Carlino” Bologna, 6.5.2003
Per secoli, si è pensato che le epidemie fossero una punizione divina. In seguito, con la diffusione delle grandi pestilenze, dal XIV secolo in poi, si scoprì che potevano essere adottati provvedimenti per ostacolarne la diffusione.
La famosa peste del 1630, narrata da Manzoni ne I Promessi Sposi, che provocò 15.000 morti a Bologna, fu un banco di prova importante per le autorità pubbliche e per quelle sanitarie e fece crescere le tutele preventive: le mura e le porte delle città, costruite per difendersi da nemici umani, armati e minacciosi, furono assai utili per la difesa da altri nemici, invisibili ma implacabili perché portavano ben più morte che non gli eserciti: perciò, quando si aveva notizia di una pestilenza scoppiata in un’altra città, si vietava l’ingresso a persone e merci provenienti da quel luogo.
All’inizio del ’700 qualcuno pensò che le epidemie potessero giungere anche attraverso la posta e in alcune città italiane fu decisa la sospensione del servizio di corrispondenza epistolare. Poi, comprendendo che tale provvedimento avrebbe recato gravi ripercussioni, fu inventata la disinfezione della posta: il corriere veniva fermato fuori dalle mura, rovesciata in un recipiente la corrispondenza, e quindi avvicinata ad un braciere perché venisse affumicata e - si pensava - disinfettata. Forse qualche missiva poteva uscire malconcia o rimanere arrostita, ma intanto si riteneva che quegli oggetti provenienti anche da zone a rischio fossero disinfettati e, perciò, innocui!
Risolto il problema della busta, emerse quello del contenuto della busta: pur non essendovi in vigore la normativa sulla “privacy”, venne lo scrupolo di non violare la riservatezza della corrispondenza e si aprì un dibattito: era più importante la salute della collettività o la riservatezza del singolo? Si pensò, quindi, di tagliare o bucherellare l’involucro in modo da far giungere la “fumigazione” anche alla lettera: e così fu salva la “privacy”.
Con l’epidemia di colera che invase anche l’Italia nell’800 (a Bologna 3.500 morti nel solo 1855), il Governo Pontificio dispose misure cautelative: disinfettazione di lettere e pieghi provenienti da Paesi sospetti, controllo che tutti coloro che entravano in città dalle porte fossero muniti di certificato di Sanità, repressione da parte della Guardia Civica di clandestina introduzione di persone con controlli anche del litorale dell’Adriatico e della linea del Po.
In altre città si inventarono nuovi modi di disinfezione della corrispondenza. Un illustre scienziato consigliò l’aceto: le lettere dovevano essere immerse nell’aceto, con le conseguenze immaginabili. Altri proposero i vapori di cloro sia per l’involucro, sia per la lettera dopo aver praticato tagli e buchi alla busta.
Oggi, il mondo intero è terrorizzato dalla SARS che ha già fatto centinaia di vittime e che da otto mesi ha colpito la Cina, ma di cui si ha notizia solo da poche settimane. Tutti si rendono conto che le epidemie possono giungere dal mare, dal cielo, dalla terra. Non ci sono più porte da chiudere, né basta “affumigare” la corripondenza: l’epidemie sono la provala che una certa globalizzazione è sempre esistita.
I CINEMA CHIUDONO O TRASLOCANO?
da “Il Resto del Carlino” Bologna, 4.9.2003
Al n. 5 di via Drapperie, fino al 1806, sorgeva la chiesa di S. Matteo delle Pescherie o degli Accarisi, una chiesa assai popolare e antica poiché se ne ha notizia fin dal XII secolo. Nel corso dei lavori di abbattimento del cinema Ambasciatori (già Eliseo) di via Orefici, certamente molte pietre di quella antica chiesa torneranno alla luce dietro a quello che fu il muro su cui poggiava lo schermo del cinema.
Ora alcuni bolognesi, vedendo lo smantellamento dell’elegante Cinema Imperiale (via Indipendenza) e il recupero dell’immobile del cinema Ambasciatori, chiuso da lunghissimo tempo e in condizioni di pietoso abbandonano, dicono “addio cinema nel centro storico”. Ma non è così. Intanto, il primo grande cinema che chiuse nel centro storico fu l’Astra, in via Rizzoli: quando aprì, nel 1925 col nome di cinema Savoia, destò meraviglia per i suoi 1000 posti. Caduta la monarchia, assunse il nome di Cinema Astra. Fu uno dei primi a chiudere i battenti vittima dell’attacco congiunto della TV e dei supermercati. Era il 1958 e i bolognesi videro sorgere al suo posto il supermercato Standa, nel quale suscitò stupore e curiosità una delle prime scale mobili di Bologna. La scala mobile c’è ancora, ma non la Standa che ha lasciato spazio al magazzino Coin.
A ben vedere, solo negli ultimi tempi abbiamo assistito a qualche chiusura dovuta al trasferimento degli spettatori, soprattutto giovani, verso le nuove multisale che sono sorte sia in centro, sia in periferia.
La falcidie maggiore di sale cinematografiche è avvenuta dopo l’inizio delle trasmissioni televisive. Erano le ore 11 del 3 gennaio 1954 quando Fulvia Colombo annunciò i programmi della giornata: erano iniziate le trasmissioni della TV. Il 19 novembre Mike Buongiorno presentò la prima puntata di “Lascia o raddoppia?”. Gli abbonati erano meno di 200.000 ma milioni di italiani seguirono la trasmissione anche nei cinema. Nel 1960 gli abbonati erano già due milioni e nel 1969, quando l’uomo andò sulla Luna, sette milioni. Dal 4 novembre 1961 i canali della RAI divennero due.
Nel 1967, a Bologna c’erano 11 cinema di prima visione (compresa l’Arena del Sole), tutti nel centro storico; i cinema di seconda visione erano 31, i parrocchiali 11. In totale 53 locali cinematografici.
Oggi i cinematografi sono 33 così suddivisi: 21 di prima visione ubicati un po’ ovunque, 4 a luci rosse, 2 di seconda visione, 6 parrocchiali. Ma in realtà, a seguito della fioritura delle multisale, le sale cinematografiche a Bologna, oggi, sono ben 50. Sono assai cresciuti di numero i teatri che nel 1967 erano due, il Duse e l’Apollo.
Forse altri cinema chiuderanno i battenti per diverse ragioni: la concorrenza della TV, dei film in videocassette e ora in DVD; la difficoltà di poter parcheggiare l’auto nei pressi del locale, il bilancio economico sempre più rischioso per i gestori fra investimento, spazi necessari, utili in calo. È un po’ come la vicenda dei negozi tradizionali soppiantati dai super e dagli ipermercati o da altri commerci più profittevoli.
Dal 28 agosto 1896, giorno della prima proiezione cinematografica al Teatro Brunetti (Duse), è cambiato il mondo. Ma i cinematografi resistono: ogni tanto traslocano.
L’8 AGOSTO 1848 ANCHE A PORTA S. MAMOLO
da “Il Resto del Carlino” Bologna, 26.9.2003
Porta Galliera, in occasione del recente splendido restauro, ha fatto parlare di sé e non poteva mancare il riferimento all’eroica battaglia che vide i bolognesi cacciare gli austriaci.
Del resto è ovvio: quando si parla dell’8 agosto 1848, ai bolognesi viene spontaneo pensare a Porta Galliera, alla Montagnola e alla piazza che è stata appunto intitolata a quella data.
In realtà, molti altri luoghi di Bologna furono coinvolti nelle azioni condotte spontaneamente dai cittadini bolognesi per opporsi agli austriaci fino al punto di riuscire a metterli in fuga.
La cosa non è irrilevante poiché sta a dimostrare che la sollevazione popolare fu ampia e, senza essere un esercito con generali, i bolognesi reagirono dovunque con coraggio ma anche con notevole senso tattico e militare.
Un episodio pressoché sconosciuto è descritto in una cronachetta manoscritta, opera di uno che partecipò a quegli avvenimenti, Emidio Boeri: in queste poche pagine Boeri ci fa sapere che anche a Porta S. Mamolo si svolsero importanti vicende. Infatti, i bolognesi si resero conto dell’esigenza di impedire che l’invasore andasse a S. Michele in Bosco con artiglierie… da dove avrebbe potuto controllare e bombardare la città.
Quando un drappello di austriaci giunse all’altezza di via dell’Osservanza, si accorse che vi erano bolognesi armati e fecero su di loro scariche di carabina. I bolognesi risposero al fuoco e costrinsero gli austriaci a ritirarsi a Porta S. Mamolo: ma altri, nascosti sulla via del Listone (sopra l’Annunziata), da dentro i portoni e da dietro al muretto che allora circondava il complesso dell’Annunziata ingaggiarono battaglia e, dopo una intensa sparatoria, annientarono gli austriaci. Rimase vivo solo un cavallo che fu portato poi come trofeo a Palazzo d’Accursio.
All’azione, oltre allo stesso estensore della cronaca partecipò, anche Luigi Coltelli, orefice e fondatore nel 1834, assieme a Michelangelo Coltelli, dell’oreficeria che ancor oggi esiste (negozio in via Indipendenza 8, accanto all’Hotel Baglioni) ed è condotta dai discendenti: anzi fu lui assieme a pochi altri a fermare il prolegato di Bologna conte Cesare Bianchetti che voleva uscire da Porta S. Mamolo per consegnarsi come ostaggio agli austriaci, dicendogli: Quando tuona il cannone a danno della Città, il posto di Sua Eccellenza è la sua residenza![il palazzo comunale]…Noi come figli siamo qui per difenderla.
Dunque, anche Porta S. Mamolo fu a suo modo protagonista: purtroppo non possiamo vedere sulla porta i segni di colpi d’arma da fuoco, come è possibile osservando Porta Galliera, in quanto la porta è stata abbattuta 100 anni fa, nel maggio 1903.
Certo è che quei cittadini videro giusto: S. Michele in Bosco era un punto strategico per colpire la città. Infatti, l’anno dopo gli austriaci tornarono e presero S. Michele in Bosco e da lì bombardarono la città, riconquistandola: il cornicione della chiesa del SS. Salvatore fu colpito ed ancor oggi si può notare il guasto provocato.
PIAZZA VERDI DUE SECOLI FA
“Il Resto del Carlino” Bologna, 27.7.2004
Nel 1778, al cardinale legato di Bologna, Ignazio Boncompagni Ludovisi, erano giunte numerose insistenti voci di protesta da parte di cittadini che risiedevano nella zona di via Zamboni. Nei bei palazzi nobiliari abitavano cittadini di rango, mentre nelle vie limitrofe risiedevano e svolgevano la loro attività numerosi artigiani e operai. Le proteste giunte al cardinale provenivano sia dai nobili, sia dai lavoratori della zona e riguardavano il Teatro Comunale, realizzato su progetto di Antonio Galli Bibiena ed inaugurato nel 1763.
L’oggetto delle lamentele non erano gli spettacoli che si davano nel “Teatro Pubblico”, bensì le sgradite presenze sotto il portico del teatro e nelle aree limitrofe, cioè in quell’area che oggi si chiama piazza Verdi.
La zona, che era stata nobilitata dalla costruzione del maestoso teatro, era andata degradandosi per la presenza di persone poco raccomandabili, attività illecite, mendicanti. In più, la situazione era aggravata da una cospicua quantità di immondizie che deturpavano ancor più l’area circostante il teatro.
Il 23 maggio 1778 il cardinale si decise a firmare un bando che fu sottoscritto anche dagli amministratori comunali. In esso si diceva che nessuno abbia ardire sotto qualsiasi pretesto fermarsi sotto il portico e sue adiacenze laterali per elemosinare, nè ivi far ridotti, giuochi o trattenimenti di qualsiasi sorte con donne, uomini e ragazzi, o ivi portare e tenere robbe da vendere e ancor peggio fermarsi a dormire sotto detto portico, gradini, colonne del medesimo e sue adiacenze. Vietò anche di condurre bestiame, commettere cose indecenti, sporcare, segnare o rompere i muri del teatro. Scrisse poi che era altresì vietato scaricare nella piazza circostante rottami, terricci, ruschi, cenerate o qualsiasi altra sorte di immondezza, bestie morte, letame, fango ed altro.
Le pene previste dal cardinale andavano dalla salatissima multa di 50 scudi da applicarsi ipso facto, alla frusta ed altre pene corporali ad arbitrio nostro a seconda del tipo di trasgressione compiuta.
Va precisato che nel 1778 l’Università degli Studi aveva ancora la propria sede all’Archiginnasio e solo dall’inizio dell’800 fu trasferita a palazzo Poggi.
Dunque, vi sono zone della nostra città segnate e caratterizzate da lungo tempo e problemi che - questa volta si può ben dire! - sono innegabilmente “annosi”!
11 FEBBRAIO 1904: IL TRAM ELETTRICO
da “Il Resto del Carlino” Bologna, 14.2.2004
La prima corsa ufficiale di un tram elettrico a Bologna avvenne l’11 febbraio 1904 sulla linea Indipendenza-Stazione-Zucca: nove carrozze elettriche di color verde che partivano ogni 10 minuti, il biglietto costava 10 centesimi. Il 21 febbraio 1904 entrarono in funzione altre due linee: D’Azeglio e S. Stefano e il 7 marzo prese il via il servizio sulla linea Castiglione-Saragozza con partenza ogni 10 minuti da piazza Vittorio Emanuele (p. Maggiore). Fino a quel momento il servizio di trasporto pubblico era stato svolto dal tram a cavalli, attivo dal 2 ottobre 1880.
I cittadini guardarono con curiosità quelle strane carrozze e molti si interrogavano sul funzionamento del tram: attraverso quali misteriosi meccanismi la corrente elettrica faceva girare le ruote di un mezzo così pesante? Il “Carlino” dedicò una mezza pagina (con ampio corredo di disegni) alla spiegazione del miracoloso funzionamento. E così i bolognesi appresero che il segreto stava nella rotella che sta sull’asta fissa al tetto che si chiama trolley e che la corrente elettrica veniva fornita da dinamo poste alla stazione della Zucca (via di Saliceto) e azionate da motrici a vapore con caldaie.
Le prime vittime della rivoluzione del tram elettrico furono i cavalli: sia quelli che trainavano i vecchi tram (che andarono in pensione o in macelleria) sia quelli che tiravano i numerosi “birocci” e che rimasero terrorizzati dal nuovo mezzo sferragliante e rumoroso.
Anche per i cittadini vi furono problemi: i distratti, i bambini, gli anziani, i sordi furono i primi protagonisti (e le prime vittime) degli incidenti con i tram. Fortunatamente, nel corso del primo anno di attività, il tram non fece vittime: qualche persona urtata, ma senza gravi conseguenze. L’incidente più grave avvenne il 24 novembre: un pedone fu investito avendo attraversato distrattamente la strada. Si ruppe una gamba. Ma appena rimessosi in piedi andò a dichiarare la propria colpa sollevando il manovratore da ogni responsabilità.
La rete tramviaria elettrificata cambiò il volto alla città e rappresentò emblematicamente il segno del progresso sotto i...

Indice dei contenuti

  1. Cose d’altri tempi
  2. Titolo
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. PRESENTAZIONE
  6. CRIMINALITÀ, ORDINE PUBBLICO E GIUSTIZIA
  7. FRAMMENTI DI VITA BOLOGNESE
  8. MONUMENTI E OPERE D’ARTE
  9. PERSONAGGI
  10. FRA STORIA E CRONACA