Giuseppe La Monica
Sicilia misterica
FLACCOVIO EDITORE
Proprietà artistica e letteraria riservata all’Editore a norma della Legge 22 aprile 1941 n. 633. È vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, anche a mezzo di fotoriproduzione. Legge 22 maggio 1993, n. 159.
ISBN 9788878043343
© 2010 copyright by S. F. Flaccovio s.a.s. - Palermo - via Ruggero Settimo, 37
Stampato in Italia - Printed in Italy
Premessa
Sollecitata dall’interesse di molteplici lettori, viene proposta la nuova edizione di un libro del 1982, che ha messo in evidenza un singolare e complesso filone della millenaria e composita civiltà siciliana: le mitologie misteriche del paganesimo antico, affiorate in età umanistica, rinascimentale e barocca con monumenti simbolici di “profondi” significati collettivi, emersi in cruciali occasioni storiche particolarmente pregnanti.
Al fine dell’attuale edizione, non si è mutato alcunché del testo originario, che sembra avere tuttora una sua compattezza, ma si è aggiunto un nuovo capitolo che ha proseguito la ricerca, anche da ulteriori punti di vista, sino alla Palazzina Cinese di Palermo. Il fenomeno indagato è polivalente e pare inesauribile a suo modo. È auspicabile infatti che l’odierna tecnologia possa agevolare un’esplorazione sistematica e capillare delle tipologie più “sapienti” dell’esoterismo internazionale, nell’arte e nell’architettura antiche e moderne.
Giuseppe La Monica
Introduzione
Alberti, Filarete, il Polifilo, Francesco di Giorgio Martini, Dürer, Bosch, Herrera (quello dell’Escorial), Parmigianino, Bernini, Borromini, Rembrandt, Guarini, Piranesi, Bruno Taut, Duchamp, Le Corbusier: sono alcuni, tra i molti che potrebbero richiamarsi, in cui ha operato, accanto a una differenziata dimensione razionale e “funzionale” dell’ideazione o progettazione e della rappresentazione, quella irrazionale del mito e del misticismo, che è più “funzionale” a implicazioni ulteriori, alle matrici o dimensioni “altre” delle epifanie magico-esoteriche: queste, per ciascun architetto e artista o trattatista, sono state attive in varia misura e in diversa relazione mediativa con più ampi contesti culturali (di ciascuno, dei committenti, del “pubblico”). Comunque è dimostrato e dimostrabile, tenendo sempre conto delle specifiche differenze, che nella storia dell’invenzione e produzione di forme simboliche – architettoniche, artistiche, urbane – ha agito, non raramente, un reciproco influsso, all’interno del laboratorio o “cantiere” mentale e manuale della figurazione, tra sapere ufficiale (divulgabile) e sapere ermetico: questo era visualizzato ma, coerentemente, non spiegato, perché in sé contiene, sempre, il nucleo più interiore dell’irrappresentabile: in realtà, la sua forma più consustanziale è l’invisibile.
Infatti, sia che gli adepti fossero stati consulenti o “colleghi” di quegli architetti e artisti che n’erano interessati, sia che i loro trattati (più spesso manoscritti, non a caso, che editi) fossero stati di questi una delle fonti dottrinarie, l’esito era un comune artificio, animistico e “finzionista”: fermarsi alla soglia della parola, vincolarsi all’inesplicito o soltanto ai simboli analogici dell’insondabile. Il fatto è che, più in generale, gli iniziati sono stati fedeli, perlopiù, alla raccomandazione del “maestro” Plotino: «Questo vuol significare quel famoso comando dei nostri misteri: “non divulgare nulla ai non iniziati”; appunto perché il divino non è da divulgarsi, fu vietato di manifestarlo altrui, tranne che quest’altro, già di per se stesso, non abbia avuto la ventura di contemplare»; per vederci chiaro bisogna scrostarsi dagli occhi il peso della superficie, farsi «chiaro-veggenti».
Il sacro si separa dal profano e, specie quand’è misterico, si istituisce sulla interruzione della comunicazione quotidiana – sulla scissione tra significante e significato –, come parentesi degli esemplari, fondativi “segreti”, intemporali e inaccessibili: il linguaggio verbale e le geometrie visive del sacro, poiché questo è «radicalmente altro» dal comune, sono già anti-linguaggio (comune), sono già un «mistero fascinoso e terribile» (R. Otto): tanto più, allora, quando la sacralità è intenzionalmente misterica: in questo caso, la ierofania e la ierografia si assolutizzano come extra-linguaggio iper-simbolico. Il sacro, specie quand’è misterico, ha l’intensa magia d’una sapienza strenuamente sibillina, come nella sfinge. La ricerca del “senso” primario fu l’avventura di Edipo, Teseo, Ulisse, Faust.
I significati dell’esoterico, non manifestandosi a prima vista (in superficie), possono essere trovati solo alla fine di peripezie dedaliche, di ardui itinerari, come un sottile baluginio “numinoso”, talora o spesso imprendibile, al fondo di oscuri meandri diramati e tortuosi – che sono poi, in parte, quelli della psiche, dell’immaginario e dell’ideologia, o dei multiformi meccanismi della censura – dietro forme e significati sovrapposti che li celano o vi alludono appena. L’occulto è come un equivalente dei bisogni e sogni rimossi del “profondo” o del “profondissimo” che s’insinuano nell’opaco con indizi minimi, e in genere affiora con tracce, residui, dettagli marginali ed emarginati – ma sostanziali –, soprattutto nelle epoche in cui fu interdetto ufficialmente come eretico e pericoloso. Accanto a tutto ciò, è diffuso pure l’occultamento come tecnica, verbale e visiva, dell’ambiguità depistante; c’è anche il piacere sociale (privato e pubblico) del travestimento malizioso; c’è inoltre il gioco salottiero, ch’è tanto futile quanto credulone; ci sono infine i trucchi ciarlatani. Insomma il misterico non è monovalente: va da Pitagora all’occultismo pour dames. Perciò i precetti professionali del complesso esoterismo – apotropaico, sacrale, aristocratico, frivolo, truffaldino, ecc. – sembrano, pur nelle loro diverse finalità non confondibili, essere: “il silenzio è d’oro (alchemico: metafisico-metallico); a buon intenditor poche sillabe, qualche cenno d’intesa, chi ha da capire, capirà, chi non capisce, peggio per lui; muti, la spia nemica è in agguato”.
Non essendo io un veggente o un adepto, non ho ricevuto rivelazioni di verità apodittiche e non ho una sapienza da nascondere o trasmettere con profezie velate; essendo solo un ricercatore e filologo – e poiché le complessità storiche non possono semplificarsi ed esse mantengono spesso “sensi” inesauribili e, quindi, arcani –, ritengo allora indispensabile precisare con chiarezza ciò che questo libro può dare e ciò che invece, al momento, non può dare. E, preliminarmente, dà per scontata la conoscenza delle rinascite, in Sicilia, delle forme simboliche del paganesimo antico, occidentale e orientale, in architettura, pittura e scultura, pur non esistendo alcuna indagine sistematica e capillare del tema (ricchissimo): il che rende molto più difficile la ricerca sull’“altro”.
Il libro si occupa di un filone interno e “sotterraneo” al suddetto tema, che è anche il più ostico a cogliersi, trattandosi appunto del rapporto tra esoterismo, architettura e arte, che qui viene considerato nel quadro più largo delle idee e ideologie di città, le quali includono l’occulto ma, certamente, non vi si esauriscono tout court...