Mio padre - di Adriana Musella
Vi racconterò di una storia che ha lasciato un segno indelebile negli anni, un segno chiamato Amore che accompagna ogni attimo della mia vita.
Rincorsi, da bambina, farfalle e giochi innocenti, crescendo nella spensieratezza.
Il mio faro di vita fu mio padre che, crescendo negli anni, imparai sempre più a conoscere e amare.
Gennaro e la piccola figlia Adriana
Era un uomo buono, generoso, altruista, molte volte giocherellone.
Serioso, talvolta, per le responsabilità professionali, sapeva smussare qualsiasi tensione e circondarci, con tenerezza, di quel calore di cui noi figli avevamo bisogno, per sentirci protetti e amati.
Ricordo di quando, nelle sere di primavera, era solito rincasare canticchiando, con in mano fiori di campo, raccolti per mia madre.
Amava le cose semplici, stare con gli amici e, con essi, trascorrere serate in allegria.
E, come amava i fiori di campo, amava i deboli, i poveri, gli indifesi.
La nostra casa era sempre aperta a tutti.
Gennaro e Adriana Musella
Pronto all’ascolto, era il mediatore per eccellenza e, anche le discussioni più accese, finivano presto, tornando la pace e la quiete.
Ribelle sin da piccola, solo lui riusciva a calmarmi, talvolta con una carezza, altre volte ammansendomi con dolcezza.
Con un sorriso mi diceva di guardare in alto e scrutare bene il cielo, perché la luna e le stelle avrebbero parlato al cuore e gli avrebbero indicato la strada da seguire.
Io lo guardavo entusiasta, mi faceva sentire forte e sicura, in un attimo svanivano paure e titubanze.
Mio padre diventava sempre più la guida sicura e la spalla su cui contare negli anni della mia gioventù.
Era pronto a farsi in quattro per chi aveva bisogno.
Giustificava gli sbagli altrui, cercando di comprendere e mai di condannare.
Gli piaceva scherzare, essere allegro e spesso prendeva di mira familiari ed amici.
La sua specialità erano gli scherzi telefonici; aveva l’abilità di cambiare voce riuscendo ad ingannare anche i suoi fratelli.
Amava cantare, lo faceva spesso accompagnandosi al piano con mio fratello Marco. Lo fece anche la sera prima di morire, in cui spensierato e ignaro, come solo chi ha la coscienza pulita può essere, aveva intonato le note bellissime di “Reginella”, una delle sue preferite.
Aveva sempre un sorriso per tutti, anche quando le preoccupazioni lo affliggevano.
Gennaro insieme alla moglie Gemma
In famiglia non faceva mai trapelare nulla.
Era un padre dolcissimo, un gran lavoratore, la mattina sui cantieri, la sera alla sua scrivania fino a tardi.
Lo ricordo curvo sulle carte a far quadrare i conti.
Era uno scrittore con un’anima da poeta che guidava la sua penna. Era appassionato d’arte e amava acquistare quadri e pezzi antichi.
A noi figli non ha mai fatto mancare niente, pronto ad esaudire ogni nostro desiderio, e, quando la mamma ci rimproverava, egli accorreva in nostra difesa, giustificandoci.
Era una famiglia tranquilla la nostra, che mai avrebbe immaginato quello che un giorno sarebbe successo.
E se qualcuno glielo avesse detto, neanche lui ci avrebbe mai creduto.
Tutto procedeva normalmente.
Ma, proprio quando pensi che la vita stia scorrendo senza dolori, ecco che la brezza diventa tempesta e, quella tempesta, d’improvviso, arriva come una furia maledetta, devastatrice, una furia che non conosce clemenza, ma solo distruzione.
25 dicembre 1981, l’ultimo Natale di Gennaro Musella con la sua famiglia
Fino ad allora di mafia avevo solo sentito parlare, una storia come altre da leggere o vedere raccontate in tv.
Come spesso avviene, sentivo il problema non mio, ma lontano, estraneo alla mia vita.
È crudele raccontare di quelle ore di profonda angoscia, ma il mio impegno è quello di trasmettere memori...