Del populismo. Indicazioni di lettura
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Per lo specifico tema di cui si occupa il libro, è stato come voler soddisfare il gusto di una ricerca che ha trovato una altra occasione per rivolgersi ad uno di quei sostrati di idee che stanno dietro la operazione identificatrice di un fenomeno. Nel caso del 'populismo' era necessario vedere come se ne fosse costruita una impalcatura concettuale che, ovviamente, non rimanesse sovrapposta alle manifestazioni storiche ed empiriche del fenomeno stesso. Di quali idee è portatore il 'populismo'? Alla luce di quali idee se ne chiarisce meglio la natura? C'è un 'populista' "risentito"? Il "risentimento" è tra le componenti del 'populismo'? Si sono cercate le risposte a tali interrogativi interni ad una antropologia del 'populismo', verificando al tempo stesso: a) in quali termini si è venuta ponendo una "questione populismo"; b) quali i nodi problematici di essa; c) dove trova giustificazione la vasta letteratura critica cui ha dato vita tale questione.

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Informazioni

II

Le più recenti letture critiche del ‘populismo’ - Aperture su un “pensiero populista

Interrogativi e problemi - La “illusione” del ‘populismo’ - La “costruzione del popolo”- Il “popolo” del populismo - La “ragione populista” come ragione politica - Il populismo, patologia, “malessere democratico”, interfaccia della democrazia - Uno dei poli della tensione interna alla democrazia - Figure del ‘populismo’: popolo, folla, massa


1. Motivi per indirizzare la ricerca critica sul ‘populismo’ verso impostazioni generali che togliessero di mezzo le ovvietà e le genericità e dessero accesso a basi più solide di idee e ad una ermeneutica più consapevole, ve ne sono stati via via moltissimi, in parecchi scaturiti dalla esigenza sociopolitica di spiegare le emergenze populiste in aree etnogeografiche specifiche, e in alcuni altri di capire la plausibilità del ricorso al termine populismo per render ragione di situazioni per le quali ogni classificazione diversa appariva inadeguata. Dobbiamo passare a vedere ora se nei singoli studi specialistici che compongono, magari tra quelli che presentano una maggiore organicità e criteri di lettura non forzati, una bibliografia riconducibile a “sommari” capaci di sottrarre l’argomento ad ogni dispersività, vi siano, e quali, risposte su quesiti specifici e più generali riguardanti tutto l’orizzonte sul quale viene a disporsi, in tutta una serie di esclusioni o inclusioni, il ‘populismo’ in quanto: a) male oscuro b) rigeneratore e propulsore di uno status istituzionale infiacchito c) fomentatore di leaderismi d) venatura culturale profonda, animus di una nazione e) una retorica f) un insieme di principi componibili in una veduta politica g) un pensiero alimentato dalla idea di una “renovatio”. Ci verranno incontro, guardando dall’interno tutti i libri che meritano di esemplificare un intero quadro storiografico, sia la consapevolezza di ogni singolo studioso di avere a che fare con una materia complessa, resa più complicata dal fatto che il farne scaturire il “punto di vista populista” costringe a muoversi su tante piste, e di conseguenza la frustrazione spesso di non arrivare a toccare la terra ferma, sia la necessità del ricorso a competenze interdisciplinari (storia delle idee e della cultura, sociopolitica, antropologia) per fare scaturire da più versanti una fisionomia ragionevolmente disegnata del fenomeno per tutte le questioni che chiama in causa. E ci troveremo di fronte anche soluzioni che per essere troppo elaborate non faranno giustizia di quelle istanze di tralasciare, di sciogliere tutti i nodi del problema prima di una idea semplificata ma non semplicistica dell’insieme delle espressioni reali e delle relative analisi del ‘populismo’. Tra le voci della ricca bibliografia occorre sicuramente dedicare una maggiore cura a quelle nelle quali assieme ad un opportuno livello di elaborazione, troviamo spostamenti di vedute che non siano aggiustamenti ed accomodamenti, anche se questo caso è molto frequente perché a spremerlo e rigirarlo da tutte le parti, il ‘populismo’ non dà sempre nuove ed inedite immagini di sé ma più spesso conferma ipotesi già avanzate che diventano più sostenibili nei riadattamenti che se ne fanno. Comunque, non si può dire che le ricerche sul ‘populismo’ si trascinino stancamente sugli stessi binari di definizioni riformulate, di approcci conoscitivi che non ricevono maggiore efficacia da piccoli cambiamenti dei dispositivi procedurali, di rinunce a completare il profilo filosofico-culturale del fenomeno studiato. Se vogliamo avere un filo conduttore tra i lavori che più efficacemente hanno scavato sul terreno di coltura del ‘populismo’ per cercarne le radici e seguirne la fioritura, ci occorre non perdere di vista degli aspetti che paiono cruciali: per quale rilevanza e centralità assegnate a questo o quell’aspetto del ‘populismo’ si caratterizza ogni singolo studio; se e come perviene alla riflessione filosofica un “problema populismo”, e quanto ciò sia determinato da dati e fattori interni al tessuto stesso populista, che magari concorrono a strutturarlo. Di quale linfa vitale si alimenta il ‘populismo’? Esso vive di successi passeggeri durante i quali chi lo sbandiera facendosene un titolo di successo gli conferisce un assetto di idee attinte a varie fonti? Oppure la negatività che gli si attribuisce, gli costruisce intorno requisiti che si vuole che valgano come stati identificatori? Non verranno soluzioni che soddisfino pienamente tali interrogativi, ma libri che verranno selezionati, nei quali proliferano i tentativi di portare il ‘populismo’ a cospetto di giudici e giudizi che ne chiedono subito una carta di identità per andare poi a vedere sia chi lo tira in ballo nei discorsi politici sia a quali fisionomie viene fatto corrispondere.
Nella sequenza degli studi, in quello che viene indicato come un secondo tempo, gli ultimi venti anni circa del secolo scorso ed il primo decennio del nuovo secolo a noi ancor più vicini, ci vengono incontro prospettive sul ‘populismo’ che ne danno una legittimazione quale idea da fare entrare a pieno titolo nel “dizionario” della politica[1]. Ma, bisogna premetterlo, lo spoglio bibliografico che facciamo non vuole procedere secondo un indice di importanza che dia una priorità all’una o all’altra opera di ricerca; un discrimine potrebbe essere costituito solo da come ciascuno studio del ‘populismo’ reperisce e organizza i suoi materiali, anche se ciò non segna accentuati divari qualitativi pur avendo un peso sui risultati ultimi. Abbiamo già fatto riferimento a specifici scritti sul ‘populismo’ di filosofi, politologi, storici delle idee, Taguieff, Laclau, Meny e Surel, specialmente per i giudizi che contengono sulla fase fondativa dell’analisi critica ed i relativi contributi dati da ricercatori come Margaret Canovan, ma ora bisognerà, posto che ognuno guarda a manifestazioni populiste più circostanziate, esporre le procedure argomentative che vengono usate per risalire al nocciolo duro del ‘populismo’, alle sue più autentiche “generalità”, quelle che sono dei populismi sotto tutti i cieli e sono un eventuale marchio teorico e culturale di identificazione, qualcosa che permette di oltrepassare modi di essere sporadici e contingenti. Che gli studiosi vogliano tutti arrivare a questo, che disperino, in qualche tratto delle loro analisi, di poterci arrivare, che alla fine la “illusione”, la “ragione”, la “malattia” vengano fuori, quali tratti dominanti, a rendere meno imbrogliata la matassa in cui sempre si trova avvolta la “questione populismo”, e quindi a far toccare una base più solida, è qualcosa che colpisce a prima vista proprio perché fa da cornice alle vedute presenti in tutte le singole ricerche. Certo, quel che interessa è se il bilancio si è potuto chiudere in positivo, cioè con una istruzione esauriente della materia, non essendosi quindi persi per strada elementi non superflui, e con una appropriazione del ‘populismo’ in termini di una concezione non ondivaga, avente uno o più punti riconoscibili di irradiazione. È necessario districare le fitte trame dei ragionamenti cui il singolo studioso consegna le proprie congetture su di una “questione” che ha tanti spessori e risente delle sovrapposizioni che subisce mano mano si è andato intensificando il ricorso ad un uso interpretativo del ‘populismo’, e pertanto si devono fare i conti con una possibile corrispondenza di quello che l’esigenza specialistica fa individuare quale “natura” del ‘populismo’ e quello che gli viene attribuito da chi ne sposa la causa facendone il motore di azioni politiche o da quanti hanno bisogno di un marchio da apporre agli avvenimenti. Lo specialista mette il ‘populismo’ su di uno scacchiere e ne segue le mosse e gli spostamenti di casella, cercando e ottenendo progressioni di significato; l’osservatore quotidiano, mediatico, dei fenomeni collettivi e delle finalizzazioni politiche cerca di esplicitarne il senso; chi è più o meno cosciente di attingere per i propri piani politici di potere e di governo ad una fonte inafferrabile, lo agita come uno “spettro” o come una “calamita”: in questi passaggi, in questa linea caleidoscopica, il ‘populismo’ si mostra con molte facce ma diventa necessario se pur problematico afferrarne la equivalenza. Ci si accorge che la ricerca aspira continuamente ad accorciare le distanze tra quei paradigmi, a rendere strette quelle corrispondenze, a vincere le sfasature, a potere presentare il ‘populismo’ con un unico volto, come un fenomeno dicibile con un solo linguaggio. Per gli specialisti di cui andremo occupandoci, che vi siano più linguaggi del populismo è uno scoglio da superare in quanto per intenderlo bene non può essere che esso abbia tanti linguaggi. Quello che si tenta di fare nelle ricerche è di unificare tali linguaggi del ‘populismo’ o almeno di ridurli al minimo, cosicché esso anche da questo punto di vista acquisti una maggiore riconoscibilità. Come si vede, questa di cercare di dare al ‘populismo’ un linguaggio univoco, di ritrovarlo con un solo volto, di spiegare bene in quali casi e per quali particolarità viene ad assumere l’aspetto di uno “spettro” da agitare come uno spauracchio, e come e su chi in tanti altri casi il ‘populismo’ è fatto funzionare da “calamita”: sono questi i nodi che quasi tutti gli studiosi si provano a sciogliere. Ovviamente vi si deve aggiungere un gran massa di problemi legati a due dati di fondo: se il ‘populismo’ per generarsi ha bisogno di un terreno culturale e antropologico che lo cova e lo fermenta, traendo da qui la sua “natura “propria”; se per svilupparsi necessita di condizioni particolari di ricettività, cioè di una ambientalità, un humus che conserva quei succhi originari. Riportato tutto ciò alle vicende storiche dei vari Paesi in aree geografiche diverse, e questo passaggio non viene certamente trascurato, considerato i costumi, la mentalità per come si vengono formando e, insieme, una molteplicità di altri fattori che concorrono a determinare le peculiarità nazionali, la “modalità populista” viene più coerentemente compresa. Se in questi orientamenti di fondo si riconosce quasi tutta la storiografia critica sul ‘populismo’, il passaggio ad ogni pezzo pregiato della biblioteca riservata al ‘populismo’ permetterà di entrare in possesso di mezzi di approccio adeguati che portano ad approdi più o meno sicuri in quel che maggiormente ha fatto e fa del ‘populismo’ una questione. Esamineremo per primo, senza che questo debba significare un riconoscimento di maggiore importanza, un testo di Pierre-Anfré Taguieff che abbiamo già avuto modo di citare, col quale abbiamo uno dei momenti alti della più avanzata e recente fase di studi sul ‘populismo’. Taguieff è un filosofo, politologo, storico delle idee, nel cui programma di lavoro più maturo, di cui è espressione anche il testo che andremo analizzando, si rendono evidenti appunto tutte quelle attitudini che gli sono consentanee, le quali intervengono congiuntamente a creare una opportuna sponda sulla quale appoggiare l’interpretazione del ‘populismo’. Una simile disposizione ermeneutica ad usare intelligenza filosofica, acutezza politologica, spessori e linee di storia delle idee, dà al libro di Taguieff un andamento polifonico nella combinazione dei piani di lettura. A dare una spinta più attuale alla riflessione dello studioso francese è il successo-terremoto di Le Pen in Francia nel 2002: sorge un interrogativo nel volerselo spiegare:
“Un estremismo popolare? In ogni caso, un incontro paradossale del reazionario e del popolare, dell’autoritario e del protestatario, se non addirittura libera unione destinata a fare immagine, a svolgere forse[2], il ruolo di un modello da imitare. L’ipotesi del potere di seduzione degli estremi non può essere sommariamente scartata: la storia del XX secolo mostra a sufficienza quello che possono fare le minoranze attive.”.
Si può pensare in quel caso ad una “frattura...

Indice dei contenuti

  1. Per il lettore
  2. Idea e problemi del “populismo’ - Orientamenti di una ricerca
  3. Le più recenti letture critiche del ‘populismo’ - Aperture su un “pensiero populista
  4. Idee populiste tra le filosofie