La multiresistenza negli enterobatteri
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Un'emergenza sanitaria
Quanto sono frequenti le infezioni acquisite in ospedale da germi multiresistenti? In Italia ci sono ceppi di enterobatteri multiresistenti? Quando fare lo screening alla ricerca degli enterobatteri multiresistenti? Che cosa fare quando si trova un soggetto portatore? Che cosa fare quando si trova un soggetto con un'infezione in atto da enterobatteri multiresistenti? Le risposte evidence based e i consigli per la pratica clinica

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
Zadig
Anno
2017
ISBN
9788887626780
Argomento
Medicina

Quali sono le dimensioni del fenomeno della multiresistenza?

Punti chiave
  • Meccanismi di resistenza
  • Dati epidemiologici
In sintesi
La resistenza può essere dovuta alla produzione di betalattamasi e di carbapenemasi, enzimi che conferiscono ai batteri la resistenza a un amplissimo spettro di antibiotici betalattamici e in grado di idrolizzare i carbapenemici. Le carbapenemasi sono spesso contenute nei plasmidi e questo favorisce il trasferimento di elementi genetici codificati da un batterio all’altro. Nell’Unione europea circa 4 milioni di pazienti soffrono ogni anno di un’infezione connessa alle cure medico-sanitarie. In Europa, a partire dal 2012, la resistenza a più classi di antibiotici è in continuo incremento.
Nell’ultima decade i batteri Gram negativi multiresistenti, tra cui Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter baumannii e Enterobacteriaceae che producono betalattamasi a spettro di estensione (ESBL) e carbapenemasi, sono stati responsabili di infezioni gravi correlate all’assistenza e il fenomeno è in costante aumento.
Tra i Gram negativi, gli enterobatteri sono quelli più spesso isolati in laboratorio perché fanno parte della normale flora intestinale umana e sono spesso isolati nel tratto urinario sia in comunità sia in ospedale. Nei pazienti ospedalizzati sono responsabili di infezioni delle basse vie respiratorie o del sito chirurgico.
La diffusione degli enterobatteri resistenti ai carbapenemi, antibiotici utilizzati per il trattamento di queste infezioni, è un problema emergente che coinvolge tutte le organizzazioni sanitarie.
In generale i CDC definiscono come MultiDrug-Resistant Organisms (MDROs) i batteri resistenti a una o più classi di antibiotici. Possono essere Gram positivi o Gram negativi: tra i primi il più frequente è lo Staphylococcus aureus meticillino resistente (MRSA), oltre agli enterococchi vancomicina resistenti (VRE); tra i secondi ci sono alcuni bacilli, soprattutto quelli che producono beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL) e altri che sono resistenti a più classi di antimicrobici, come Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae e Acinetobacter baumannii.1
Meccanismi di resistenza
La resistenza può essere dovuta a diversi meccanismi, tra cui la produzione di betalattamasi e di carbapenemasi, enzimi che conferiscono ai batteri la resistenza a un amplissimo spettro di antibiotici betalattamici e in grado di idrolizzare i carbapenemici (ertapenem, meropenem, imipenem, doripenem), farmaci usati per il trattamento delle infezioni gravi.
La produzione di carbapenemasi è stata riscontrata in diverse specie di batteri Gram negativi: dapprima Pseudomonas e Acinetobacter, più recentemente enterobatteri che sono stati definiti Carbapenem Producing Enterobacteriaceae (CPE). Tale forma di resistenza è frequentemente associata a una resistenza multipla a diverse classi di antibiotici e caratterizza i ceppi definiti come panresistenti.2
Le proprietà di resistenza di solito sono codificate in fattori R extracromosomici (resistenze mediate da plasmidi). I plasmidi sono elementi extracromosomici, di doppio filamento di DNA, presenti in alcuni batteri che si replicano indipendentemente dal genoma. I plasmidi possono subire un trasferimento orizzontale di coniugazione, trasferendo così gli elementi genetici codificati da un batterio all’altro. Questa modalità di trasmissione della resistenza, attraverso plasmidi, è stata cruciale nella rapida diffusione della resistenza antibiotica a livello globale.3,4
Questa elevata capacità di diffusione crea i presupposti per la possibile comparsa di epidemie.
Dati epidemiologici
La prima descrizione di enterobatteri che producono carbapenemasi risale al 1996 ma è stata pubblicata solo nel 2001. I primi rapporti di enterobatteri produttori di carbapenemasi erano concentrati intorno al centro metropolitano di New York e riguardavano soprattutto ceppi di Klebsiella resistenti ai carbapenemi; successivamente sono state descritte epidemie anche in altri paesi come Israele e Grecia.3
Nel 2005 un gruppo di ricercatori,5 esaminando le caratteristiche biochimiche e genetiche di questi meccanismi di resistenza, ha sottolineato che la diffusione di carbapenemasi in tutto il mondo potrebbe causare una catastrofe sanitaria. L’epidemiologia attuale in Europa sembra sostenere questa previsione.6
A livello globale la diffusione delle CPE è molto varia, con differenze significative nei vari paesi; in alcuni casi si sono verificate epidemie di larga scala che hanno coinvolto numerosi ospedali di una stessa regione, in altri contesti la presenza di questi microrganismi è divenuta endemica mentre vi sono paesi in cui il fenomeno è per il momento limitato.
La persistente diffusione di CPE, principalmente Klebsiella pneumoniae, testimonia che gli sforzi intrapresi da alcuni paesi dovranno essere intensificati e richiede un maggiore impegno nei paesi nei quali mancano linee guida e orientamenti nazionali.
Nell’Unione europea circa 4 milioni di pazienti soffrono ogni anno di un’infezione connessa alle cure medico-sanitarie. In Europa, a partire dal 2012, la resistenza dei batteri a più classi di antibiotici è in continuo incremento.7 La rete di sorveglianza europea rileva grandi variazioni tra i vari paesi, a seconda del microrganismo, dell’antibiotico e della regione geografica.8
Negli Stati Uniti quasi un quinto degli ospedali ha segnalato batteriemie e infezioni delle vie urinarie sostenute da Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi, a dimostrazione di come il fenomeno si stia diffondendo e stia modificando l’epidemiologia delle infezioni.9
In confronto nel 2012 la presenza di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) in Europa si stava stabilizzando, ed era addirittura in diminuzione; tuttavia in 7 dei 29 paesi dell’Unione europea la percentuale di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina è rimasta al di sopra del 25%.
Negli ultimi quattro anni, invece, in più di un terzo dei paesi dell’UE si è registrato un aumento significativo della resistenza combinata a molteplici antibiotici in Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae.
Nella figura 1 si riporta la percentuale di isolati di Klebsiella pneumoniae resistenti ai carbapenemi nel 2009 e nella figura 2 gli isolati nel 2015.

Figura 1. Percentuale di Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi isolati nel 2009

Figura 2. Percentuale di Klebsiella pneumoniae resistente a...

Indice dei contenuti

  1. Perché si assiste a un aumento della resistenza dei microrganismi?
  2. Quali sono le dimensioni del fenomeno della multiresistenza?
  3. Come si può prevenire la diffusione dei batteri multiresistenti?
  4. Quali sono le misure per identificare i soggetti colonizzati o gli infetti?
  5. Quali sono le misure generali di gestione del paziente con colonizzazione o infezione?
  6. Quali sono le misure di isolamento di un soggetto colonizzato o infetto?
  7. Quali sono le misure di controllo in caso di contaminazione degli endoscopi?