Bellezza femminile e verità
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Bellezza femminile e verità

Modelli e ruoli nella comunicazione sessista

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Bellezza femminile e verità

Modelli e ruoli nella comunicazione sessista

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Informazioni sul libro

Il tuo mestiere è o sarà nel mondo della comunicazione? Hai un figlio o una figlia che vivono incollati alla Tv? Insegni o ti occupi della formazione delle nuove generazioni? Sei una ragazza o un ragazzo alla ricerca di un modello culturale che rispetti la tua vera personalità, unica e inimitabile? Sei chiunque?
Sì, questo libro è pensato proprio per chiunque voglia imparare ad osservare criticamente la pubblicità per individuare i messaggi sessisti e dribblare i pericoli che ne derivano.
Questo è l'unico libro che insegna in modo dettagliato a riconoscere quando una comunicazione commerciale dà un'immagine lesiva delle donne e degli uomini e della relazione che li lega. Lo scopo ultimo del libro è contrastare la violenza di genere, intesa anzitutto come discredito e delegittimazione che cancellano il diritto di vivere una piena cittadinanza femminile. Il libro contiene numerose schede di approfondimento, esercitazioni pratiche, istruzioni dettagliate.
Si suddivide in due parti: la prima intende essere uno strumento didattico per insegnanti che decido-no di riproporre in classe il laboratorio di decostruzione degli stereotipi sessisti presenti nelle pubblicità.
La seconda parte, invece, è un confronto generazionale tra le due autrici sul tema della bellezza.
Contiene i riferimenti bibliografici relativi agli argomenti trattati, ed è anche questo uno strumento di approfondimento.
Tratta tutti i temi principali che riguardano la condizione della donna, dandone anche la dimensione storica grazie alle numerose schede. In particolare approfondisce il tema dell'emancipazione negativa, cioè dell'adesione della donna stessa ai comportamenti che ne ledono la dignità, tema questo che provoca grande confusione nelle giovani generazioni e rispetto al quale hanno bisogno di essere responsabilizzate.

Domande frequenti

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Sì, puoi accedere a Bellezza femminile e verità di Judith Tissi Pinnock, Serena Gibbini Ballista in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Scienze sociali e Femminismo e teoria femminista. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Il Terzo Incontro:
Nel terzo incontro di laboratorio si procede all’attività di catalogazione delle immagini portate da casa.
In questa sezione prenderemo in analisi alcuni modelli di catalogazione. Anche noi, per “leggerli” criticamente, ci siamo impegnate nello stesso esercizio proposto alle ragazze e ai ragazzi, ossia abbiamo provveduto a dettagliare ciò che era possibile osservare nelle pubblicità, per arrivare a capire la portata culturale delle immagini e metterle a confronto.
1° Esempio di catalogazione: quando i nudi non sono tutti uguali
L’immagine raffigura un gruppo di 6 persone, tre donne e tre uomini, con caratteristiche morfologiche diverse. Le persone sono nude, raffigurate a figura quasi intera, manca la parte dalle ginocchia in giù. I visi sono coperti da maschere raffiguranti cani o gatti. Tre donne e un uomo coprono con la mano ciascuno i propri genitali; gli altri due uomini sono posti lateralmente o in ombra, per cui i genitali non si vedono. Nella parte inferiore della foto, in posizione centrale, appare la scritta “l’amore …”. In basso a destra c’è il logo Almo nature con la scritta “food for cats and dogs. Almo nature from their point of view”.
L’immagine raffigura Pamela Anderson, a figura intera, che indossa un bikini, in posizione seduta con le ginocchia piegate e le mani appoggiate a terra dietro la schiena. Sul corpo sono tratteggiati i tagli delle carne da macello, con le scritte feet – piedi, leg – gamba, rump – scamone, ribs – costolette, breast – petto, shoulder – spalla. In alto compare la scritta “All animals have the same parts” – tutti gli animali hanno le stesse parti e il marchio “have a hart, go vegetarian”. In basso c’è la scritta “Pamela Anderson Peta”.
La prima immagine viene presentata come amica, mentre la seconda come nemica.
È interessante partire dal confronto tra ciò che si vede nelle due rappresentazioni per capire quanto nella loro somiglianza, queste due pubblicità abbiano portate culturali molto differenti fra loro.
Nel caso della Almo nature si chiede di comprare prodotti alimentari sani per i propri animali domestici in nome dell’amore e del rispetto che si prova per loro. Allo stesso modo, PETA promuove una campagna vegetariana per fermare l’uccisione di massa di bovini in nome dello stesso rispetto che chiede Almo nature. Entrambe le pubblicità chiedono a chi le guarda di mettersi letteralmente nei panni degli animali nei confronti dei quali dovremmo rapportarci con maggiore empatia. Infatti, nella prima immagine uomini e donne legati da un abbraccio collettivo sono rappresentati come fossero degli animali, quindi nella loro semplice nudità, avendo in più una maschera che consente di identificarli come gatti o cani. Nella seconda immagine vediamo la testimonial della campagna col corpo sezionato come fosse carne da macello, e lo spot in alto che recita: “All animals have the same parts”.
Qual è allora la differenza tra le due pubblicità? Perché la prima dovrebbe essere amica e la seconda no? Dov’è il discrimine? L’immagine di PETA propone la sex symbol Pamela Anderson in posa sensuale, con espressione ammiccante, che cattura l’attenzione dello spettatore perché rimanda all’immagine di donna-oggetto sessuale, cosa che peraltro ha davvero poco a che fare con il messaggio che è nell’interesse di PETA trasmettere. Ma quella che sembra una svista, o una incoerenza, in realtà è qualcosa di voluto e progettato esattamente per come lo percepiamo. I pubblicitari, infatti, propongono un’immagine di donna provocante esclusivamente per fare notare la pubblicità, poco importa poi se la sessualità femminile viene sovraesposta. Nel caso di Almo Nature, invece, si ha la rappresentazione di una nudità funzionale al messaggio sano e positivo che si vuole veicolare. La nudità dei testimonial e il messaggio pubblicitario sono coerenti tra loro e non danneggiano né la dignità dell’essere umano, né la dignità dell’animale di cui si ha il desiderio di farsi portavoce.
Questo confronto è molto utile per mettersi al riparo da facili fraintendimenti: il lavoro di analisi e messa in discussione di determinate rappresentazioni del corpo delle donne non vuole essere sbrigativamente bollato come demonizzazione della nudità dei corpi o della sessualità. La questione, infatti, che anche con questo libro si intende porre all’attenzione non è di ordine morale, ma culturale. Ecco perché i nudi non sono tutti uguali. Raccontano cose diverse, ed è proprio questa diversità a creare un margine entro il quale uno stesso corpo nudo può raccontare cose rispettose e cose che non lo sono.
2° Esempio di catalogazione:
quando la donna non è Soggetto Essenziale44
Nell’immagine appare una coppia. La donna è completamente nuda, stira un paio di pantaloni maschili e guarda l’uomo che è alla sua sinistra. L’uomo indossa camicia, farfallino, giacca, boxer e calzettoni. Nelle mani ha un quotidiano. Lo sguardo è fisso sul quotidiano. Alla base appare la scritta: “Tom Ford menswear” seguita dalla lista delle città in cui la marca è presente.
L’immagine rappresenta una coppia. L’uomo è inquadrato dal torace in giù. È in piedi, indossa una camicia, cravatta, pantaloni, scarpe lucide. La donna è raffigurata come un tappeto di pelle d’animale, sul quale è apposta la testa della donna. La donna guarda verso l’alto. L’uomo poggia il piede destro sulla testa della donna. Alla base appare la scritta: “It’s nice to have a girl around the house. Though she was a tiger lady, our hero didn’t have to fire a shot to floor her. After one look at his Mr. Leggs slacks, she was ready to have him walk all over her. That noble styling sure soothers the savage heart! If you’d like your own dolls-to-dolls carpeting, hunt up a pair of those he man Mr. Leggs slacks. Such as our new automatic wash wear blend of 65% Dacron and 35% Rayon incomparably wrinkle resistant. About $12.95 at plush carpeted stones”.
L’immagine presenta in primo piano una donna seduta su uno sgabello da bar, che indossa un mini abito, calze con giarrettiera a vista, tacchi a spillo. Ha la bocca aperta, con la mano destra abbassa gli occhiali sul naso e lo sguardo è rivolto in alto con gli occhi sgranati. Nella mano sinistra ha una tazzina di caffè. Subito dietro di lei c’è una scrivania da ufficio con macchina da scrivere. Sullo sfondo appaiono due distributori, uno di bibite ed uno di caffè. Accanto al distributore di caffè si intravede la sagoma di un uomo, in camicia bianca e pantaloni scuri, anch’esso con in mano una tazzina di caffè. In alto appare la scritta “distributori automatici di sorrisi”. In basso a sinistra c’è il logo della marca, DAB.
Nel primo caso la Tom Ford rappresenta una scenetta familiare “tradizionale”: lei casalinga che stira i pantaloni a suo marito, lui in smoking pronto per uscire per una serata importante che, mentre aspetta che i pantaloni vengano perfettamente lisciati, non perde tempo e si tiene aggiornato con le notizie della giornata. Classico stereotipo della donna come angelo del focolare domestico e classico stereotipo dell’uomo in carriera colto, affascinante e di mondo. Si nota una stravaganza nella rappresentazione del femminile: la donna è completamente nuda mentre stira.
Nel secondo caso, la Leggs rappresenta un’altra scena domestica, in cui l’uomo definito “hero” cioè eroe – possiede un tappeto davvero esotico. Infatti, oltre ad essere un tappeto ricavato dalla pelle di una tigre, finisce con la testa di una donna sulla quale l’uomo, fiero della sua proprietà, appoggia il piede. Appena sotto le scarpe del fantomatico eroe si legge lo spot della pubblicità, che recita così: “è bello avere una ragazza in giro per casa”. La scritta sotto l’immagine specifica poi che la donna-tigre non ha nemmeno avuto bisogno di essere “stesa” con una fucilata da parte del nostro eroe: infatti, gli si sarebbe sottomessa volentieri dopo avergli notato le scarpe alle quali non ha saputo resistere.
La pubblicità della DAB ritrae una donna, in pausa caffè, che rimanendo seduta alla scrivania sembra girarsi e incrociare lo sguardo di qualcuno. Nel farlo, si abbassa gli occhiali sul naso, inarca il petto in fuori e richiama l’attenzione su un paio di gambe lunghissime coperte da calze velate nere agganciate al reggicalze che finiscono in scarpe lucide con tacco a spillo. Sullo sfondo, sfumato, forse un collega, anche lui in pausa caffè vicino al distributore automatico. Lui, a differenza di lei, è vestito di tutto punto: pantaloni lunghi neri e camicia a maniche lunghe bianca. Il contrasto tra i due diversi modi di vestire è quanto mai stridente per chi ha occhi allenati. Ma il vero problema di questa comunicazione commerciale è un altro: lo slogan che campeggia in alto, alla altezza della testa della donna, è “Distributore automatici di sorrisi”.
Allora, che cosa ci dice la donna nuda che stira i calzoni al suo uomo che pazientemente aspetta? E che cosa ci dice la donna-tappeto-di-tigre pestata dal padrone di casa? E ancora, che cosa ci dice la distributrice automatica di sorrisi? La prima ci consegna una donna non soltanto calata nel ruolo tradizionale di donna-che-sta-a-casa ad occuparsi della gestione domestica, ma una donna che oltre ad essere serva del suo uomo, ne è la schiava sessuale. È una donna che serve il suo uomo e che serve al suo uomo: serve per fargli avere i vestiti pronti per essere indossati fuori casa, dove lei non andrà (a meno che non vada nuda); e serve per soddisfare i suoi bisogni sessuali. È, quindi, una donna da intendersi come strumento di comodità e benessere psico-sessuale. Domestica e amante insieme.
La seconda donna, invece, ci parla di una donna-arredo, di una donna-suppellettile, di una donnazerbino, di una donna-cornice, di una donna-di-abbellimento appartenente ad una dimensione esistenziale in cui l’attore principale è un altro. È lui, il padrone di casa. Ricorda moltissimo il fenomeno della donna di piacevole aspetto, la bella e muta per intenderci, che fa da spalla silenziosa al conduttore di televisione. Il conduttore è quello che conduce, appunto, ed è in questo caso quello che le sta poggiando la scarpa in testa, consapevole che averla accanto, o sotto (del resto, fa poca differenza), aumenterà il proprio prestigio in quanto testimonia la sua virilità. Del resto, è un eroe e difficilmente ci si può aspettare di meno da un eroe.
C’è, infine, un’ultima considerazione da fare rispetto alla portata narrativa di questa pubblicità. In realtà, più che una considerazione è una domanda. E se la donna-tappeto-di-tigre si fosse rifiutata di farsi calpestare? Che cosa sarebbe accaduto in questo caso? Che cosa sarebbe accaduto se la donna avesse detto NO all’uomo che intendeva piegarla al proprio volere e dominarla secondo i propri desideri? È la stessa pubblicità a fornirci la risposta ed è terribile nella sua limpidezza e semplicità: si sarebbe certamente resa necessaria una fucilata. Perché, in realtà, l’eroe ottiene sempre quello che vuole. Quello che cambia resta il modo. È costretto ad abbassarsi alla violenza solo se sul suo cammino incontra degli ostacoli. Ed una donna che ha rispetto di se stessa pare essere proprio uno di questi ostacoli. Quindi, che cosa deduciamo da tutto questo? Qual è l’immaginario che senza saperlo interiorizziamo? Che se l’eroe usa violenza nei confronti della donna, significa che quest’ultima se l’è cercata. Se questa conclusione dovesse apparire eccessiva, basta leggere la scheda seguente che riporta uno stralcio di un articolo apparso su libero news.it e alcuni commenti di lettori.
Scheda:
se l’è cercata!45
Stupri a Roma, 20enne denuncia violenza. 26/02/2011
Una 20enne italiana di origini croate ha denunciato ieri in tarda serata di essere stata violentata a Roma, all’interno dell’ex ambasciata somala, in via dei Villini, al Nomentano, da tre stranieri. Forse ubriaca, sarebbe entrata nello stabile in compagnia di un uomo con il quale avrebbe trascorso la serata, prima di subire la violenza. La giovane è stata trovata a Porta Pia seminuda: è stata soccorsa all’ospedale Umberto I […]
Tratto da http://www.libero-news.it/news/678178/Stupri-a-Roma-20enne-denunciaviolenza.html
Commenti all’articolo
Postato da lapolide | 28/02/2011 alle 09.17
“Dalla”… (ma non è il cantante) scrivendolo pure sulla maglietta griffata!”
E se invece di blaterare sempre a vanvera sulle colpe del Sindaco di Roma e sulla mancata sicurezza dell’Urbe, si chiedesse a quelle “femminucce vogliose”, nostrane e straniere, che non conoscono cosa sia il pudore, di tenere le loro gambe ben più chiuse, senza “darla via” con tanta facilità e senza tanto ubriacarsi o drogarsi di sera in discoteca, per poi accoppiarsi con il primo che incontrano, rispettando almeno l’etica comportamentale, la dignità di essere donne? non sarebbe questo un principio di ritorno alla civiltà? Perché non cancelliamo la parola “Verginità” dai vocabolari? Ponderate le vostre parole, prima di tradurle in futili pensieri scritti, soloncini da usa e getta… altro che chiedere poi la pietà postuma! Ma… avranno, quelle femmine, una qualche famiglia?
Postato da tony buatta | 27/02/2011 alle 09.27
Se l’è cercata l’occasione!!! Ci lavoro come educatore con questi ragazzi/e: vogliono provare tutto anche se sanno con certezza che l’occasione “fa l’uomo ladro”. Una stupidotta di buona famiglia, superviziata che va alla ventura, finisce in un branco con effetti collaterali sicuri. Chi è in crisi di astinenza sessuale,come tanti extracomunitari che non hanno perseguito il ricongiungimento familiare, buttati alla rinfusa diventano branco… e chi li ferma!!! Per loro vale la legge della giungla!? È inutile che la pupetta denunci lo stupro… s...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. Indice
  4. Psichè, di Monica Guerritore
  5. Amicheperl’immagine, di Tiziana Pittia
  6. Secioffendinonvale, di Pina Nuzzo
  7. Introduzione
  8. Scheda: l’evoluzione della casa delle donne di Modena
  9. Il Laboratorio: metodologia e sviluppo – il primo incontro
  10. Il Secondo Incontro
  11. Il Terzo Incontro
  12. Il Quarto Incontro
  13. Riflessioni finali
  14. Bloggrafiasitografiabibliografia
  15. Secondaparte
  16. Bellezza: arma o ferita?
  17. La bellezza con i miei occhi
  18. Discriminazione quotidiana e grandi battaglie
  19. Se l’è cercata!
  20. Partire da sé per una nuova rivoluzione
  21. Appendice
  22. Note