1. Principi base della comunicazione 1.1 La comunicazione: work in progress
“Comunicazione è tutto ciò che implicitamente o esplicitamente, incide – modificandoli o rafforzandoli – sugli atteggiamenti e i comportamenti dei soggetti, siano essi individui o attori collettivi”
La comunicazione è un’attività in continuo divenire, che si evolve nel tempo, e che non è possibile circoscrivere entro pochi e limitati concetti che ne racchiudano le regole o i “segreti”, come se questi fossero un dato statico e immutabile nel tempo e nello spazio. Innanzitutto perché il nostro stesso agire comunicativo modifica continuamente lo sfondo entro cui la comunicazione avviene. Il flusso della comunicazione nel suo divenire cambia le proprie regole, i propri punti di riferimento, i concetti acquisiti e quelli da chiarire, i nodi sensibili e i punti di svolta.
Ma a rendere ancora più vano il tentativo di fissare le dinamiche che regolano i flussi comunicativi c’è la rivoluzione costante dell’innovazione tecnologica, la piccola o grande invenzione che ridisegna completamente le gerarchie, i canali, le regole. Tre esempi in epoche diverse: la televisione, il telefonino, l’e-mail; tre artefatti che in modi e con conseguenze totalmente differenti hanno cambiato il concetto di comunicazione dell’intero pianeta.
Per non parlare, in epoca ancora più recente, di fenomeni mediatici come YouTube e di come stanno trasformando il rapporto con la comunicazione audiovisiva, con la possibilità senza precedenti offerta a qualunque soggetto (individuo, azienda, istituzione) di raggiungere direttamente una platea potenzialmente vastissima (nel caso delle aziende: alla platea dei consumatori, o agli azionisti, e in generale agli stakeholder) senza dover ricorrere ad alcun mediatore. Non sono rari, infatti, esempi di canali aziendali nati proprio su YouTube, pagine che l’azienda può utilizzare per la comunicazione audiovisiva senza dover ricorrere alla televisione, trasmettendo spot, speciali, interviste, news e approfondimenti.
A rendere ancora più scivoloso il tentativo di stabilire immutabili principi di comunicazione c’è, infine, il cambiamento sociale. Anche la comunicazione aziendale, come quasi tutte le altre forme di comunicazione, è condizionata dai costumi di una società, dai suoi tabù e dalle sue libertà, dalle regole d’etichetta e dai suoi valori, dalle prassi consolidate e dall’attualità.
La comunicazione è, quindi, un processo dinamico, circolare, interattivo, in cui le scelte o i feedback di un soggetto si riverberano sugli altri.
Cosa chiedersi prima di comunicare
- chi comunica (coerenza con identità, analisi di controllo)
- cosa dire (analisi del contenuto)
- attraverso quale canale (analisi dei media)
- a chi (analisi del pubblico)
- con quale effetto (analisi dei risultati)
- dove e quando
Questo significa che il buon comunicatore non è solo colui che è dotato di determinate skill e della conoscenza di come nella pratica si svolge il suo lavoro, ma è soprattutto un professionista in permanente osmosi con la società, sensibile ai minimi cambiamenti: in altre parole un’antenna capace di captare i segnali – anche deboli – che arrivano dalla società, dal mondo dei media, dalle istituzioni.
Chi si occupa di comunicazione aziendale non può vivere al di fuori dei fenomeni della propria epoca, in particolar modo se questi hanno natura comunicativa o riguardano il modo in cui comunichiamo. Anche i più piccoli cambiamenti possono avere conseguenze estremamente rilevanti sulle scelte comunicative di un’impresa e sulla scala delle sue priorità. Per fare un esempio: si pensi a come il tema della sostenibilità ambientale sia divenuto rilevante per le imprese, e di come oggi si sia arrivati a parlare di “responsabilità sociale d’impresa”, a testimonianza di quanto sia divenuto fattore di business anche il profilo etico dell’azienda. È del tutto evidente che questo comporta scelte comunicative conseguenti, e la necessità di incorporare il tema nella strategia comunicativa dell’impresa.
Non è facile dunque fissare un unico concetto di comunicazione, anche perché, persino sulla definizione, non vi è accordo. Per qualcuno, infatti, la comunicazione è scambio di messaggi, un passaggio di informazioni, o la condivisione di alcune conoscenze o concetti, per altri ancora è la costruzione di una relazione sociale, per altri è persuasione o addirittura inganno.
L’elenco potrebbe continuare all’infinito. Proviamo invece a enucleare alcuni concetti fondamentali sulla comunicazione.
Innanzitutto è ormai assodato che la comunicazione, qualunque cosa essa sia, non è assolutamente simile al passaggio di un liquido in un tubo, sebbene lo si sia creduto a lungo, e in parte lo si creda tutt’ora, spesso in maniera irriflessa. Si credeva, cioè, che la comunicazione fosse solo il passaggio di un qualcosa (messaggio) da un soggetto (l’emittente) all’altro (il destinatario), semplice scorrere indisturbato di informazioni, un’idea ingegneristica di comunicazione più adatta a descrivere lo scambio di segnali tra due macchine e che non teneva conto del fattore umano che complica molto la comunicazione.
La comunicazione umana è flessibile e, paradossalmente, questa sua flessibilità ne è anche il limite. Pensiamo alle incomprensioni, agli equivoci, agli scarti tra messaggio inviato e messaggio effettivamente ricevuto (effetto telefono senza fili) possibili perché la comunicazione poggia sulla condivisione di un contesto, di un codice, di linguaggi comuni, ma soprattutto, è sempre influenzata dallo status di chi comunica. In questo senso non basta inviare un messaggio, ma è necessario far accettare la comunicazione al destinatario. In altre parole, per raggiungere l’obiettivo non è sufficiente soltanto trasferire il contenuto del nostro messaggio, ma è necessario trasmettere la credibilità di chi lo emette e un’immagine coerente di chi ne è il destinatario, in cui questi possa riconoscersi e identificarsi.
I destinatari della nostra comunicazione non sono semplicemente dei contenitori che attendono di essere riempiti dalle nostre informazioni. Al contrario, sono soggetti attivi della comunicazione anche nel ruolo di destinatari, perché nell’interpretare il nostro messaggio saranno condizionati dalla loro storia personale, dalle loro conoscenze, preferenze e da altri fattori che potrebbero distorcere il tranquillo percorso del nostro messaggio.
Da questo deduciamo che la comunicazione è un processo complesso, in cui entrano in gioco numerosi fattori, e soprattutto un processo di natura negoziale, perché chi riceve i nostri messaggi non si limita a introiettarli, ma li interpreta, li filtra, li guarda secondo un’angolatura, che non sempre è frutto di malafede ma semplicemente di scarse conoscenze o di pregiudizi.
Per chi sceglie il mestiere del comunicatore è fondamentale la consapevolezza di questo aspetto della comunicazione, perché rende coscienti del rischio che il messaggio “in uscita” non coincida con il messaggio “in entrata”. Alla luce di ciò, è più facile individuare gli ostacoli alla buona riuscita dello scambio comunicativo e rimuoverli o aggirarli.
Per fare un esempio: se teniamo presente che il nostro destinatario, poniamo un giornalista, possa non avere le conoscenze tecniche necessarie a comprendere appieno il senso di una nostra comunicazione, saremo in grado di studiarlo e capire se possiede i codici per comprenderci ed eventualmente di fornirglieli, cercando così di assicurarci la massima aderenza possibile tra ciò che noi abbiamo detto e ciò che il nostro interlocutore ha effettivamente capito. Fornire conoscenze, precisare, chiarire, aggiustare il tiro delle proprie comprensioni, rimuovere pregiudizi, sono tutti elementi che rendono i processi comunicativi una specie di negoziato attorno ai significati e ai contenuti.
Questo ha spinto molti a definire la comunicazione come la creazione di condizioni per uno scambio complesso di significati e di contenuti, non come un processo unidirezionale ma come una faticosa contrattazione attorno ai significati e alle intenzioni di chi emette i messaggi, che ci porta a dire che comunicare non significa semplicemente colpire un bersaglio.
Noi in queste pagine ci accontenteremo di una definizione operativa di comunicazione, che tiene conto di quanto detto finora, senza pretendere però di esaurire tutti i significati del comunicare.
1.2 Soggetti e oggetti della comunicazione
“Il buon comunicatore non è colui che possiede procedure di lavoro fisse e immutabili, ma è un professionista che sa adeguare il suo messaggio in relazione ai contesti e ai destinatari”
Ogni processo comunicativo coinvolge diversi elementi.
Gli attori del processo comunicativo non sono soggetti statici e immutabili ma il loro ruolo cambia a seconda del messaggio che vogliono veicolare, del momento storico in cui si trovano ad agire, degli interlocutori o della platea a cui si rivolgono. Aspettative e contesti, quindi, sono continuamente ridefiniti in un gioco di specchi e di rimandi in cui gli attori possono diventare soggetto, oppure oggetto della comunicazione, a seconda delle situazioni che essa genera.
Con chi comunica l’azienda - 1 -
Dal punto di vista strettamente economico:
- il mercato di vendita
- il mercato di produzione
- il mercato del lavoro
- il mercato finanziario
E poi:
- il sistema istituzionale
- il sistema economico (inteso nella sua parte istituzionale)
- il sistema tecnologico
- il sistema sociale
Nel comunicare, un’impresa sa di rivolgersi di volta in volta a platee differenti, potenzialmente interessate a sapere cosa ha da dire un’azienda.
Con chi comunica l’azienda - 2 -
- il pubblico (opinione pubblica, gruppi di pressione, opinion leader)
- la finanza (azionisti attuali e potenziali, istituti di credito, società finanziarie, creditori, investitori)
- il mercato (consumatori finali, consumatori potenziali, intermediari, fornitori, influenzatori di mercato)
- le istituzioni (vari livelli dal governo centrale a quelli locali, partiti politici, associazioni di categoria, sindacati, enti pubblici, magistratura)
- concorrenti e partner (concorrenti attuali e potenziali, partner, società collegate)
Ogni interlocutore richiede strategie comunicative differenti, ma anche diversi stili, tecniche, regole di etichetta. L’azienda declina la propria comunicazione in relazione al tipo di pubblico a cui si sta rivolgendo e lo fa per il perseguimento di un bene apparentemente impalpabile, ma decisivo: la fiducia.
1.3 La fiducia
“Ogni situazione in cui avviene uno scambio non simultaneo implica un problema di fiducia”
Sia che un’azienda comunichi per informare, sia che lo faccia per motivare o per persuadere, essa non può fare a meno della fiducia dei suoi destinatari, in assenza della quale la comunicazione sarà inefficace, nella migliore delle ipotesi, e nella peggiore persino distorta e controproducente.
Il concetto di fiducia si situa all’incrocio tra numerose discipline scientifiche e sociali quali la sociologia, l’economia, le scienze politiche, oltre a giocare un ruolo importante nel mondo b...