Sentire le donne (1989-2014)
eBook - ePub

Sentire le donne (1989-2014)

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Sentire le donne (1989-2014)

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

La nuova edizione di 'Sentire le donne', accresciuta e interamente riscritta, costituisce l'unico libro di racconti concepito come tale da Aldo Busi. Collegati tra loro dal tema della femminilità, intesa come maschera sociale e sessuale che tanto più rimane uguale a se stessa quanto più cambia secondo le mode e i trend culturalistici, i testi di 'Sentire le donne' raccontano con ironia compassionevole e divertita i luoghi comuni e le mitologie della sessualità e la loro ricaduta, catastrofica, nella vita sociale e politica degli italiani. Un libro spassoso e commovente, osceno e delicato, un libro erotico più che mai, nuovo nella forma e nei contenuti.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Sentire le donne (1989-2014) di Aldo Busi in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Languages & Linguistics e Journalism. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788898366125
Lei
Che ci faccio, io, qui, su una Fiesta noleggiata, gomme lise e fischiarelle, avanti e indietro da Bastia centro-periferia-costa, alle undici e mezza di sera, alla ricerca di una stanza che il Sud Hotel fa balenare all’Alivi Hotel che la dà per buona all’Ostella? Manca un giorno di stampa alla notiziola dell’incriminazione di Edoardo Agnelli a Malindi per detenzione d’eroina e io già dall’altro ieri ho dovuto subire de visu l’incerta qualità dei prodotti Fiat messi in circolazione non solo in Kenya ma anche in Italia: nell’aprile del 1990 ho comprato una Tipo 16 valvole, prezzo di listino ventiquattro milioni sconticino per pagamento contanti, e dopo cinque minuti dalla consegna la spia dell’olio si accendeva e si spegneva a capriccio, il finestrino dal lato del guidatore si è bloccato al primo pagamento di pedaggio autostradale e, a quattro mesi di messa in strada e ottomila chilometri, il motore ha preso a “battere in testa”, cosa che non so cosa voglia dire ma mi ricorda me in generale.
Quando mi è venuto in mente che forse questa tipetta di carriola aveva bisogno di un po’ di mare e avevo deciso di farle fare una traghettata, ho capito che forse tutto quello che ci voleva, sia per la mia che per la sua sopravvivenza, era una gita in un’officina specializzata.
Siccome è estate piena, le officine sono chiuse una sì una no. Al centro assistenza Fiat di Milano il signor Lodetti era fuori con un cliente e un meccanico più o meno della mia età mi ha detto che, se era in ballo l’iniezione, avrei dovuto aspettare un due, tre settimane, perché era appena andato in ferie l’Uomo dell’Iniezione. E poi mi ha chiesto se volevo andare a fare un giro con lui.
Non so se anche chi non è stilista ha presente quel tipo di tuta bianca con i passanti di metallo e la cintura allentata sotto quel po’ di pancetta che ci vuole, la cerniera tirata giù fino al pelo nero pece che si diparte dall’ombelico, prende la rincorsa dallo sterno e fa ciuff sotto il pomo d’Adamo: troverà come me la proposta irresistibile, e devo dire che l’assistenza Fiat, quanto a colpo d’occhio, è la più specializzata e affidabile. Sembra si scelga i meccanici per dare ai clienti scoglionati il contentino, non in tagliando garanzia, di uno stupro invocato dallo stuprabile in forse.
Purtroppo il giro non è, mettiamo, al montaggio ruote che già che ci sei monti qualsiasi cosa, è sulla mia macchina. Facciamo dunque ’sto giro dell’isolato, deserto, secco, di una milanesità periferica lunare che ti ingozza naso, bocca e polmoni di una polvere industriale tanto mortale quanto estraniante, afrodisiaca, sento un’erezione da strozzo veloce ma non fulmineo, l’erezione che dicono venga agli impiccati, lui frena, accelera, frena, riaccelera, io tengo le mani sempre ben prigioniere sotto le chiappe perché non so cosa darebbe o l’una o l’altra per allungarglisi sui capezzoli e fargli tilitilitili; lui ingrana avanti e indietro e sgrana conclusioni e ipotesi tutto silenzioso e concentrato, mentre un rivoletto di sudore comincia a inumidirgli i peli dal torace giù giù giù. ‘Portami via per sempre con te nel Paese dei Bulloni!’, vorrei cantargli, e lui sospira, “Eh, sì, è proprio l’iniezione” e io, che non ho la più pallida idea di che sia l’iniezione e non voglio averla mai, dico, con l’aria di chi la sa lunga, “Lo temevo. Cos’haaa di preciso?”, e lui con gravità, come se stesse rispondendo al telefono a uno che gli chiede della figlia minorenne: “È fuori”.
Lascio decantare il mio falso disappunto per qualcosa che neppure immaginavo potesse mai essere dentro e, scavalcando una serie incommensurabile di passaggi obbligati, chiedo cercando di non fare il civettuolo, “Ma è un difetto eccezionale, proprio della mia, o una cosa della serie?”.
Devo aver fatto centro perché non risponde, scuote un po’ la testa, fa spallucce, una risposta non è, fa marcia indietro, e solo quando avvistiamo l’officina megaspaziale dice guardando fisso davanti a sé, “Non mi faccia parlare, la prego”, che è come un invito in carta bollata a fare domande assatanate, l’unico modo, fra i pochi altri a cui sto pensando per tenere le mani rioccupate, perché adesso mi scottano: farle gesticolare nell’aria come se non fossero mie e non due tornado in picchiata su quei capezzoli piccoli e puntuti che si scoprono e si nascondono sotto la zip aperta, e ho una sete della madonna e, a parte l’uccello che mi arriva ormai lì, la gola secca secca. Ma più che una limonata mi ci vorrebbe, come dire, un cosino, un ingoino, un pompino, ecco, veloce veloce, senza tirare in ballo i sedili ribaltabili, un pompino senza tanti contorni, da assistenza tecnica, un pompino al netto di tutto.
“No, no, adesso si spieghi, per favore, avrò pur diritto di sapere. Non tema, la coprirò”, dico, e mi rendo conto di quanto possano essere sottilmente animalesche certe espressioni prese per il verso giusto, cioè da dietro. Allora alla fine gli strappo un testuale, “Romiti ha dichiarato che punta tutto sulla qualità totale. Doveva pensarci prima alla qualità almeno parziale, doveva, e lei è il decimo in una settimana”, e con un fazzoletto si asciuga la faccia, balza dall’automobile e io resto un po’ lì, sovrappensiero, in effetti lanciando addii e sorrisi al suo ombelico cespuglioso e, come direbbe Mario Luzi (poeta toscano credente), se fosse in vena pur non facendosi pere, madido.
Ecco arrivare intanto il signor Lodetti, nelle cui mani vengo consegnato dal mio burrosetto angelo custode, l’ennesimo meccanico lastricato di pelo che non colsi. Il capofficina, anzi, colui che ne fa le veci, tutti via in vacanza, è visibilmente preoccupato dalle mie rimostranze e meravigliato che un giornalista – così mi sono spacciato, meglio di niente – se la prenda tanto per un guasto ancorché irreparabile.
“Ma, scusi, la macchina è intestata a lei o alla società?”, fa.
“È mia, mia personale, perché mai dovrebbe essere intestata a una società?”
“Sì, lo so che la macchina è sua, ma da un punto di vista delle carte è sua o della società? Insomma, chi l’ha pagata?”
“Ma chi avrebbe dovuto pagarmela, secondo lei? La Befana?”, chiedo, incuriosito.
“Senta, qui di giornalisti ne vengono tanti, vengono tutti, lei è il primo che si lamenta con toni così incaz…”
“Gli altri, invece, tutti buoni buonini?”
“Certo, mai incontrato un giornalista che abbia sganciato una lira di tasca sua per una macchina. Gliele regalano.”
“Io sarò speciale, che vuole farci. L’ho pagata di tasca mia e intendo protestare, è un bidone. E a parte tutto, guardi, va lo stesso dove vuole lei. Sbanda per diavolazzi suoi, se voglio tenere la sinistra devo forza il volante verso destra, le sembra normale? E adesso, che dovevo partire per la Corsica…”
“Non ci sono problemi, è ancora in garanzia. Certo, ci vorrà del tempo. Gliela sostituiamo con un’altra. Un giornalista che paga l’automobile di tasca propria! Questa è bella! Stasera la vendo.”
Il Lodetti, che mi sembra l’uomo di punta da cui dipende al momento tutta la baracca, gran diplomatico e gentile, mi mette a disposizione un carrozzone da tirassegno e mi augura buone vacanze. Con quelle scritte a caratteri cubitali gialli su entrambe le portiere, “SUCCURSALE FIAT SERVIZIO ASSISTENZA RICAMBI ORIGINALI” più indirizzo, numero di telefono e, forse, partita Iva, sarà difficile fare delle vacanze buone e un minimo autonome, mi sento un autista-sandwich. La Fiat mi ciula nel portafoglio e devo pure fargli pubblicità gratis.
Il Lodetti, quando sto già per inserire la chiave e uscire dal capannone, mi fa, “Basta che non vada all’estero…”.
“Ah, all’estero non si può?”
“No, è vietata l’esportazione, e se gliela sequestrano, deve pagarcela”, e allarga le braccia.
Accendo il motore, arrivo a casa, nascondo l’auto in garage e prenoto il volo per Ajaccio o una località dove ci sia un aeroporto, dico, tanto partire dall’alto o dal basso dell’isola non fa differenza per chi non sa dove andare e se, per non andare qui piuttosto che là, bisogna prima anche recarcisi.
All’aeroporto di Linate faccio una telefonata a un mio amico del cuore che, come tutti i veri poveri e veri amici del cuore, sa tutto di ogni merce che non può comprare, automobili in testa. Conosce listini e prestazioni di tutte le marche del mondo e, sottolineo, immagine di ognuna in particolare, che altro non sarebbe che la figura o il figurone che lui farebbe se fosse al volante di una qualsiasi – non ha le patenti.
Edo è una miniera per me, che sono troppo pudico e involuto per fare un uso qualsiasi anche del poco denaro che ho: lui mi tiene aggiornato sul listino dei sogni su quattro ruote che gli italiani fanno al posto mio nonché sull’evoluzione/involuzione del valore simbolico una volta messi su strada a fare concorrenza ai valori simbolici degli altrui sogni in circolazione – per rendersi conto, infine, che anche il sogno più esclusivo e individuale nella megalomania nazionale è un prodotto in serie allorché si quantifica nella pochezza di ritrovarsi realizzato in qualcosa che, dovendoli rappresentare, di solito non rappresenta, com’è giusto che sia, niente, cioè il niente che sta a monte di quel preciso desiderio lì, rappresenta cioè un povero italiano occidentalizzato coi soldi o le cambiali al posto dell’immaginazione o, peggio, con tutti e tre (ma questa telefonata che stavi facendo all’aeroporto arriva o non arriva? dà ancora occupato? Starà contrattando l’ennesimo Spaniel che il suo fornitore di cani slovacco gli passa da un buco della rete al parcheggio di Padova Est, di solito insieme a altri tre di razze diverse ma tutti con i vermi, tutti da “bonificare un minimo” prima di rivenderli tramite annunci in cui si esalta “allevamento proprio, interamente italiano, esemplari di prima scelta…”).
“.e allora lì alla Fiat salta fuori ’sta storia dei giornalisti che l’automobile non la pagherebbero di tasca propria…”, attacco subito.
“Che bella novità! Il popolo stampadipendente non sa che ogni casa automobilistica regala circa quattrocento automobili di pregio all’anno ai giornalisti e ai sindacalisti più meritevoli, che così non ti guardano più in bocca se hai qualche dente cariato coi contributi, i salari, i licenziamenti e i difetti di fabbricazione. Mi meraviglia che non lo sappia tu. Perché non fai un’inchiesta sui giornalisti cosiddetti impegnati e indipendenti per vedere quanti sono quelli che, messi a tacere con una lamiera dai trenta milioni in su, sono poi autorizzati a gridare ‘al lupo al lupo!’ più dei comuni agnelli? E poi com’è finita?”, fa Edo.
“…e allora, com’ è scritto nella garanzia, m’hanno dato un’automobile di marca uguale, più o meno, intanto che la mia viene riparata. Però, non la potevo esportare all’estero e quindi prendo l’aereo invece della nave. Sono qui all’imbarco”.
Edo, che già a suo tempo mi aveva sconsigliato l’acquisto della Tipo, che fra gli intenditori viene soprannominata “la saponetta” per la sua scivolosità sull’asfalto anche asciutto, tossicchia presago di belle scoperte e, anche ridacchiando, tutto contento chiede, “E che ti hanno dato?”.
“Si chiama Regata, un’automobilona, non c’è di che, un po’ duretta di marce”, dico con un filo di voce.
“Cosaaa? Ma non dovevi accettarla, mai e poi mai!”, tuona lui, scandalizzatissimo, “Ma che figura ci fai? Ma è perfino fuori produzione! Ma dovevi dirgli che se la mettessero in quel posto Bucintoro e tutto. Una Regata! Ma è peggio di un trattore cingolato, è una roba da agricoltori democristiani coi soldi nel materasso, ma dico!”.
E io, plagiato, “L’ho nascosta subito in garage. Sono arrivato solo a casa, a Montichiari e non l’ho più spostata, qui ci sono venuto con l’autista”.
“Mah, spero per te che quelli del tuo quartiere non ti abbiano visto! Hai abbassato la testa mentre passavi in paese, almeno?”
“Insomma, per te è come se comunque a me mi facessero sempre becco con le auto e andassi in giro tirandomi dietro un water per la corda.”
Dietro? In testa! Ma non si può, un uomo nella tua posizione! Perbene come vuoi sembrare! Una Regata! Ma non si monta su una Regata neanche in caso di sequestro da parte dei sardi! Mi piacerebbe che ti avessero visto i fratelli giornalai della metropolitana sotto casa tua a Milano: rovinato per sempre! Nasconderebbero i settimanali su cui fai i tuoi reportage. La bancarotta è niente in confronto a salire su una Regata”, grida.
E questo perché gli avevo riferito che quando i due giovanotti che hanno l’edicola a Pasteur mi avevano visto parcheggiare la mia Tipo nuova di zecca con quel bel colore che tanto mi si addice (quello nuovo e già vecchio, il rosso cardinalizio metallizzato), mi hanno detto, rubandosi la parola l’un l’altro, “Mi scusi, sa, ma che macchina ha preso? Ma quella lì è una macchina per scrittori di libri di cucina, mica quella di uno scrittore serio! Questa non doveva farcela, con tutta la gente che viene a farci domande su domande sul suo conto! E adesso che gli raccontiamo? È assicurata contro il furto almeno?”.
“Certo che sì”, avevo detto io, superbissimo.
“Allora la lasci fuori, va’, e speri”, avevano sentenziato compassionevoli.
Ma dove ero rimasto? Ah, già, in Corsica, e mi sarò appena svegliato nell’auto - presa a nolo all’aeroporto - da dietro le canne di un sentiero e starò per riprendere a fare la spola dentro e fuori il tunnel di Bastia rintronato da tutti i veicoli con targa F che transitano senza mai smettere di clacsonare, fenomeno curioso. Durante una sosta obbligata per un incidente che ha rischiato di conciare male me, chiedo a uno in camice bianco che mi ricorda tanto il meccanico milanese della tuta bianca, e glielo chiedo dopo che mi ha consigliato di malavoglia un albergo perché un po’ di riconoscenza me la deve, anche se non ha sprecato nemmeno una parola per ringraziarmi del mio aiuto, come fosse dovuto, “Ma perché come entrano nei tunnel premono tutti sui clacson?”.
Il barelliere - si è appena sbarazzato dell’ennesimo motociclista stramazzato sulla carreggiata e che per un pelo non è andato a sfracellarsi sugli scogli - chiude la portiera dell’autoambulanza dove non c’è ombra di autista, si toglie i guanti di lattice, si sfrega le mani a ventaglio come a dire ‘e anche questo sanguinaccio ha i suoi pinoli’ e si apre in un sorriso radioso, “Perché è proibito”.
“È ben strano”, commento, squadrandogli il bianco del camice in lungo e in largo – troppi bottoni, e tutti a loro posto nelle asole.
“I corsi, digli che una cosa non è permessa, e ci si buttano a capofitto, come i bambini. Turista?”
“Per necessità”, dico, “Scrivo per una testata italiana e devo scrivere che significa fare il turista per la necessità di arrivare in qualche modo in fondo al foglio e al mese”.
“Si vede che i clacson a te hanno fatto un brutto effetto. Saluti.”
I fichi d’India sul roccione sono ancora coperti di rugiada aurorale, spruzzatine di spuma lavano via qui e là alcune macchioline di sangue di turista dell’Est. Credo sia il primo assaggio in assoluto di polacco, per quei fichi d’India. Non faccio parte degli snaturati che si fermano a guardare il sangue versato che passa la strada, ma stavolta non ho potuto farne a meno perché sono sopraggiunto proprio un attimo dopo il passo di polka del centauro nel vuoto e non è per miracolo ma per incoscienza andata a buon fine se sono riuscito a frenare sterzando alla cieca e a non travolgere nemmeno la moto ancora cigolante sull’asfalto senza farmi travolgere a mia volta. È che la Fiesta noleggiata, anche se sparata alla più folle velocità, più dei cinquanta all’ora non fa, e la metà se si viaggia a velocità sostenuta. Siccome il polacco portava il casco, non sono riuscito a vedere molto, ma mi sembrava un po’ magrino, e troppo, troppo bianchiccio; dalle lamentazioni incomprensibili con qualche chiaro Gesù Cristo doveva però essere molto di chiesa. Invece, bloccato come tutto il traffico della corsia e fuori dall’abitacolo della Fiesta, ho occhieggiato i baffetti da castorino del barelliere, la sua camminata a piedi piatti, la noncuranza con cui prendeva l’infortunato (un altro di quei paesi strambi lì che non avrà neanche i soldi per rifondere la garza) e lo caricava praticamente da solo spostandosi a entrambe le estremità della lettiga su ruote finché non sono intervenuto a dargli una mano io. Chiacchierando del più e del meno anche per coprire gli eccessivi schiamazzi del ferito, gli ho detto che non riesco a trovare un letto nel raggio di dieci chilometri e che avevo passato la prima notte in macchina, al che lui mi fa, “Appena può, faccia marcia indietro, prenda la seconda a sinistra, dopo il sottopassaggio tiri dritto un paio di chilometri e provi all’Hotel Isola, dopo la discoteca, sulla costa” e ecco che l’autoambulanza si avvia senza particolare enfasi sotto il tunnel davanti e, nel più bello spirito di Bastia-contrario, senza neppure innescare la sirena, perché qui è l’unico modo per farsi strada in caso di necessità: non suoni tu, e tutti gli altri che stanno suonando furiosi si spaventano di quel grumo di improvviso silenzio che è andato a rovinare l’armonioso e compatto tumulto di clacson e si fanno da parte. Fare marcia indietro non ci tento neanche, tiro dritto e, per non farmi notare o perché non mi scambino per l’auto con su i cari del ferito polacco nell’ambulanza, schiaccio il clacson a tavoletta e mi sento una meraviglia, mi passa il sonno, il mal di schiena, la stizza di dover forse fare a un distributore anche la prossima cagata con tutti i miei valori addosso e lasciando i bagagli incustoditi nel bagagliaio che oltretutto non si chiude bene e presenta segni di scasso, il che potrebbe anche essere uno scoraggiamento.
Al primo vero e pieno sole sul mare blu tira su la saracinesca un chiosco ambulante e parte un’insegna al neon, “Patatineria”, dice a intermittenze rosa – traduco dal francinglese.
Trionfo olfattivo dell’olio di semi su un’insenatura dove, una su due, salpò o sbarcò Napoleone – di qui ci sarà pure passato, è la soglia del vecchio porto.
Tutti i cartelli stradali si fregiano a bombolette spray delle iniziali dei vari movimenti autonomisti corsi: alla “direzione per Ajaccio” è toccato ANC, a quella per “Corte” FLNC, CPA a un senso unico, mentre a STOP è toccata la più incomprensibile e esotica di tutte: OLP. Bastia si anima, si anima, eh! Navi cargo all’attracco vomitano automobili e caravan e moto e biciclette e tandem a migliaia, migliaia e migliaia di chewing gum sputate sui marciapiedi, sull’asfalto, sui sagrati, subito trasformano la terraferma in una pelliccetta leopardata e vischiosa che dirama i propri tentacoli sui braccioli e gli schienali delle sedie dei bar all’aperto, attacca le cortecce degli alberi, le inferriate dei giardini e le panchine per poi ritornare da dove erano venute: sui proprietari, ben stampate sul dorso dei vestiti. Anche la Corsica è stata quest’anno invasa da una muro di gomme americane di eterosessuali dichiarati.
Di chiaro reddito medio e basso, e tutti che avendo prenotato il loro letto si sono alleati per far sì che io non trovassi il mio, passeggiano avanti e indietro intasando le stradine della cittadella, del fortino, dei ristoranti, ostruendo il molo, radendo le aiuole a zero a forza di calpestarle attraversandole per far più presto. Non si vede una sola persona da sola a perdita d’occhio: sola, pertanto, non tradirebbe la sua normalità massificata di spermatozoi e ovaie a zonzo, non dichiarerebbe per prima cosa al mondo se gli piace prenderlo o darlo, davanti o di dietro, magari in alto o dall’alto. Basta un’occhiata a volo d’uccello per rendersi conto che la gente ama ragionare con gli organi della riproduzione del solito stronzo di cui ognuno è alfiere per sé, nessuno riesce più a prescindere dal genere...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. La borsa
  4. Debutto
  5. Ciellini e Cielline
  6. Affare fatto
  7. Com’è sempre più triste Venezia
  8. Paola e Clara
  9. Il gelato in bocca
  10. Non lettrice dal vivo
  11. Bellezza
  12. Provino a luci rosse
  13. Lei
  14. La gita scolastica
  15. In caso di una donna
  16. Cronache da san Niente
  17. Lauretta adorata,
  18. La bionda e la bruna
  19. Lettera di una cittadina di dodici anni allo scrittore che le piace di più
  20. Il mito sul sofà
  21. La signorina Snob
  22. Pungiglione d’amore
  23. Al sangue
  24. La donna nuda di scena
  25. Il mistico culo di C. K.
  26. Lettera a Viola violata
  27. Diario di un solo giorno
  28. All’amore si comanda
  29. Lezione di congiuntivo al bar Regina
  30. Settimana di prova
  31. Specchietto per le allodole
  32. Opere di Aldo Busi
  33. Traduzioni di Aldo Busi
  34. Indice
  35. Note