1. BUSINESS = GUERRA (scorciati le maniche, seguiranno pagine “calde”…)
Ok il titolo che hai appena letto è un po’ forte ed è sicuramente pieno di enfasi. Ma mettiamo subito le cose in chiaro: il mondo del business non è “love & peace”, fatto di fiorellini, “volemose bene” e pacche sulle spalle.
Niente affatto. È un mondo fatto per gente cazzuta, con il coltello in mezzo ai denti, sempre in trincea, con grinta da vendere e con la pellaccia durissima. “Only the brave” potremmo dire, ma non lo diremo. Insomma, qui c’è posto per tutti. Non è di certo un libro per superuomini. Ma considera un po’ questo libro una palestra virtuale, una sorta di “Tana delle Tigri”, da cui puoi uscire solo “pronto” all’impresa.
Lo so i toni sono un po’ altini. Ma siamo nella fase della preparazione atletica, del riscaldamento. Ora ci dobbiamo un po’ gasare insomma.
Del resto il business non è per niente un mondo facile, non voglio prenderti per il culo già nelle prime pagine.
Se credi che il primo giorno che apri bottega troverai file di clienti bramosi che stavano solo aspettando te coi soldi in mano… beh, sogna pure. Ma il mondo reale è un altro.
Da quando faccio business ho imparato una dura legge: quando hai un’idea e progetti un servizio, un business, sappi che ogni tua valutazione di mercato sarà sempre più ottimistica di quanto la realtà ti dimostrerà. E sai perché? Perché per quanto possiamo essere stati bravi, astuti e sgamati, ci sarà sempre qualche variabile di business che avremo trascurato, sottovalutato o addirittura ignorato del tutto, in sede di business planning. Occhio, non sono un pessimista e non sto già qui a tradire il nostro famoso PDO. Sto solo trasmettendoti un po’ della mia esperienza. Mai essere presuntuosi, amico, MAI. Specie nel business. A meno che tu non abbia la mitica sfera di cristallo.
Ma torniamo al nostro tema “bellico”. Il mercato va conquistato, va aggredito, va sedotto. Lo startupper deve essere un animale da assalto, da guerrilla. Scordati che le cose vanno come al tuo primo giorno di scuola. Ricordi? Grembiule pulito, zainetto nuovo, Buondì d’ordinanza nella tasca, e mano nella mano con mamma fin dalla maestra. Con la biondina del primo banco che quando entri ti sorride e strizza l’occhio. No, no, no. abbiamo sbagliato film. Tasto “eject”. La vedi quella vecchia cassetta in mezzo a quello scatolone laggiù? Si, è quello il film. Sveglia tardi, tuo padre che picchia tua mamma come al solito (oggi perché è finito il caffè), corri ma perdi il bus. Di corsa a piedi a scuola. Becchi i bulli della quinta. Occhio nero, finalmente in classe, cazziata della maestra per il ritardo. Ultimo posto libero affianco a Carletto “Pidocchio”… No, non è Fantozzi. Ma è per dire, preparati al peggio. Fare business da zero non è come andare al ballo delle debuttanti. Vabbè, ci siamo capiti.
A volte mi capita di sentire amici sorretti dai migliori propositi che, con l’ingenuità di un bambino, mi raccontano le idee di business più belle del mondo. In cuor mio sorrido e penso: “troppo candido entusiasmo, non sa cosa vuol dire fare business”.
Questi amici non stanno calcolando il “fattore I”, dove “i” sta per incognita, o inculata se preferisci. Ci deve sempre essere un “fattore I” nei business plan, che ridimensiona almeno del 30% le previsioni. Così, di default, perché ci deve essere e basta. Perché poi non deve capitare che chiudi bottega perché non ti tornano i conti, perché “quella cazzo di cosa mi era sfuggita”, perché “che sfiga, sta cosa non l’avevo considerata!”.
Diciamocelo, è difficile che un prodotto/servizio/marchio nuovo seduca immediatamente il mondo, come per magia, come per un colpo di fulmine. Se te la raccontano così non ci credere, sii diffidente. Il consumatore è scettico e fottutamente abitudinario, devi conquistarlo pian piano. E devi farlo sempre con merito, non pensare mai di bluffare o barare, ti fregherai con le tue stesse mani.
Ti devi far conoscere, apprezzare e non è facile. Devi offrire qualità, serietà, competenza. Devi essere competitivo. Perché sarai sempre in guerra contro i tuoi “competitor”.
Dunque, riponi i tuoi panni da Ned Flanders dei Simpson e indossa quelli sporchi e sudati di Jonh Rambo. E ricorda: chi la dura la vince.
Ma se il business è una guerra, come si fa a vincerla? Grazie alla Strategia.
Non per altro, la bibbia nel genere è “L’Arte della Guerra” del generale cinese Sun Tzu (VI-V se. A.C.), uno dei punti di riferimento della letteratura manageriale ancora oggi. E questa cosa deve farti riflettere.
A proposito. Ricordo quello che diceva un mio professore di Business Strategy al master in Bocconi, qualche anno fa. Diceva, appunto, che il mercato non deve ritenersi una guerra e i competitor non devono ritenersi dei nemici. Anzi. Magari possono essere dei preziosi alleati con cui unirsi per far fronte comune.
E tu che ne pensi? Da che parte stai? Cioè, io non dico proprio di no, a volte può essere. È tipo come la pensa Marchionne, ad esempio, che dopo l’acquisizione di Chrysler cerca nuovi alleati a destra e a manca per attuare preziose economie di scala nell’ipercompetitivo mercato automobilistico. Ma sarà che il mio prof era un reduce dei mitici ‘70 e magari aveva nobili trascorsi da fricchettone pacifista… ma a me questa visione da amiconi a tutti i costi proprio non piace. Per me è più come dice Og Mondino ne “Il più grande venditore del mondo”: quando scendi in piazza tra la folla del grande mercato per vendere il tuo prodotto, sei come una pecora in mezzo ai lupi. Devi gridare più forte degli altri, sennò nessuno ti dedicherà attenzione. Dovrai sfoderare un sorriso più seducente dei tuoi concorrenti, sennò nessuno ti darà credito. Dovrai essere più lesto e convincente del tuo rivale o lui ti fotterà. E così via.
"Quando ti muovi sii rapido come il vento, maestoso come la foresta, avido come il fuoco, incrollabile come la montagna"
Cit. Sunt Tzu, “L’Arte della Guerra”.
1.1. Senza una buona “Business Strategy” sei fregato!
Diciamolo, iniziare una startup senza una ben definita strategia imprenditoriale è un po’ come farsi paracadutare in mezzo al deserto senza una bussola. O peggio, fare bungee jumping senza essersi accertato che l’elastico sia stato opportunamente legato: RISCHIO MASSIMO. Ma attenzione, questo è un libro altamente motivante. Lungi da me volerti scoraggiare o dissuadere da un sogno. Tutt’altro. Si tratta di fare le cose per bene.
Ti sto solo dicendo che mettersi al volante di un mezzo senza saper guidare è quantomeno rischioso. E seppure tutti possono ottenere una patente, non è detto che automaticamente possano guidare un auto sportiva senza fare danni.
Troppo spesso, ahimè, vedo attività aprire e chiudere nel tempo di un battito di ciglia. Perché? Perché la gente non pensa abbastanza, non ragiona nel modo giusto, non in modo “strategico”. Negozi aperti in strade senza alcun transito pedonale o veicolare, attività nate per vendere cose senza senso e senza mercato. Concept assurdi, basati sulle sole passioni dello startupper di turno.
Nota bene: una cosa è la passione, una cosa è il business. Se poi possono coincidere tanto meglio, ma non è detto. Partiamo dal principio che il business è cinico e i soldi non puzzano. D’accordo su questo? Siamo solo all’ABC ma dobbiamo essere subito allineati.
Altro punto. Sono a spasso, mi apro un’attività. No caro mio! Sei a spasso, ti trovi un lavoro. Non si fa startup per alternativa, per disperazione o per ripiego. Si fa startup per vocazione, per visione, per una missione. Attenzione, non ti sto dicendo che per fare startup devi essere un genio visionario alla Steve Jobs. Tranquilli. Tutti possono farcela, sia chiaro. Ma è necessario un minimo di training su alcuni punti base, che si fondano intorno al concetto di Strategia.
Diciamo che c’è startup e startup. Nel mio libro “Come Mettersi in Proprio”, ad esempio, ti parlo di come è semplice fare impresa con il franchising, che è un po’ come guidare una macchina con il cambio automatico. Per dire.
Nel libro “Come Diventare un Imprenditore di Successo”, invece, ti parlo di come puntare alle vette più alte, dove solo le aquile osano, ispirandoti agli imprenditori più giovani e ricchi del mondo. I cosiddetti “visionari”.
Insomma, nel mondo dell’imprenditoria c’è spazio per tutti, ma occorre conoscere bene le regole del gioco. Le scopriremo con calma, man mano.
1.2. Alcuni principi fondamentali del Business
Hai presente gli antichi guerrieri? Forgiavano le loro abilità militari sin da fanciulli. Per non parlare dei gladiatori: le loro probabilità di sopravvivenza, praticamente, dipendevano dal grado di intensità che mettevano negli allenamenti e dalla loro voglia di vivere (vincere).
Ma senza andare troppo in là con gli anni, pensiamo ai calciatori in erba. Sai quante migliaia di bambini e ragazzini affollano le giovanili dei più importanti e ambiti club professionistici? Indossare quelle maglie è il sogno di tutti. Eppure sai quanti di loro da quei vivai riusciranno poi a calcare i veri campi, illuminati dai veri riflettori, ripresi dalle telecamere e osannati da migliaia di persone in preda al delirio sportivo? Pochissimi. Forse uno su mille, come cantava il buon Morandi. E gli altri? Falliscono.
Quindi introduciamo un tema fondamentale del business: il fallimento, l’altra faccia della gloria e del successo. Ma cosa vuol dire fallire nel business? Semplicemente non farcela. Non starci dentro con i costi, non azzeccare le previsioni di mercato, chiudere bottega, fare game over. Sinceramente, hai paura del fallimento? Ovviamente si, è normale. È come chiedere a un pugile se ha paura dell’incontro a pochi minuti dal primo gong. Ovvio che si, a meno che non sia dopato da paura e in stato confusionale.
Quindi, aver paura del fallimento è normale. Ma più che temerlo e basta, esso va rispettato. È come andare in moto. Sai che puoi cadere ma questo ti fa rispettare il mezzo. Perché ne conosci i rischi. Più potente è la moto e minore è la tua esperienza di guida, maggiori saranno i rischi di ruzzolare a terra. Quindi il mezzo va rispettato con la giusta consapevolezza e vanno rispettati i propri limiti, ma ciò non significa rinunciare alla corsa. Giusto? Insomma, fare impresa è rischioso, si sa. Non per altro si parla di rischio d’impresa. Tu devi saperlo e rispettarlo, punto. E devi imparare a valutare bene il rischio e i fattori di rischio. Tuttavia, l’imprenditore non deve essere un timoroso, paranoico “ipocondriaco”, non deve fasciarsi la testa prima di rompersela.
Certo, non deve essere uno spericolato kamikaze, ma nemmeno chiudersi in casa per la paura di farsi male. Poche balle, non avere paura del fallimento.
Troppo spesso la gente cerca alibi dietro i quali celare le proprie paure e insicurezze. Anche questo è normale, per quanto irrazionale. È una sorta di istintiva autodifesa. Crearci degli alibi ci rende più sicuri, ci mette in pace con la coscienza, ci fa dormire più sereni. Ma è sbagliato se vogliamo business.
Quante volte hai parlato di qualche tua brillante idea con un amico o un parente e anche se ti brillavano gli occhi mentre la descrivevi con genuino entusiasmo, loro con la freddezza e il cinismo di uno sniper ti rispondevano con espressioni secche e sprezzanti tipo “c’è già”, “bah!”, “è una cazzata”, “costerebbe troppo”, “è impossibile”, “non funzionerebbe”, e così via?
O più semplicemente ciò succedeva in un tuo soliloquio interiore. C’era il tuo io creativo e visionario che raccontava la tua migliore idea di business al tuo io razionale e timoroso. Tipo la scena dell’angioletto e del diavoletto sulle spalle, hai presente?. “È una figata!”, diceva l’uno. “No! È una cazzata!” rispondeva l’altro, come in una continua lotta interiore tra il bene e il male. Ecco. Diciamo che il diavoletto è il bastian contrario che ti smonta, ti scoraggia e ti dissuade dal fare. Tu devi imparare a zittirlo, ignorarlo, schiacciarlo e farlo tacere. “Zitto tu, sfigato, non capisci un cazzo!”, devi rispondergli quando cerca di scoraggiarti o dissuaderti dal fare.
Niente alibi, ragiona, agisci e vinci.
1.3. Un nuovo mondo di opportunità
Devi notare che il mondo che stiamo vivendo, l’era dell’informazione, mette a nostra disposizione una serie di strumenti e opportunità che solo qualche anno fa erano impensabili. È questa l’economia delle idee. Pensa a internet, un mezzo straordinario che permettere di mettere in piedi grande imprese, da zero, con pochi capitali. Quante startup si sono affermate dal nulla, in poco tempo, raggiungendo fatturati milionari? Te lo dico io, tante, anzi tantissime. È questa la direzione giusta. Pochi soldi e molte idee vincenti, innovative.
Tanti si sono arricchiti, in pochissimo tempo dal nulla, grazie alla rete. Dirai, beh, ma sono americani. Vero. Ma perché la loro economia è avanti, detta gli schemi. La nostra si pone su un piano da follower, la emula. Noi ci arriviamo dopo, ma ci...