MANAGER E LEADER DI SUCCESSO: Il Manuale dei Numeri 1
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MANAGER E LEADER DI SUCCESSO: Il Manuale dei Numeri 1

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MANAGER E LEADER DI SUCCESSO: Il Manuale dei Numeri 1

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Diventare Top Manager non è un gioco da ragazzi, è roba da Numeri 1.
I top manager sono quelli che scovano dentro di sé il Successo: hanno sviluppato Potenziale, Leadership e Carisma, quanto basta per gestire il gioco.
Se la cosa ti interessa, con questo libro seguirai un percorso di autoconsapevolezza e sviluppo delle tue migliori attitudini naturali, anche nascoste.
Una volta acquisita questa "Conoscenza", sarai un vero Leader di te stesso, capace di fare la differenza, scegliendo sempre al meglio e rapportandoti nel migliore dei modi con gli altri, nella vita privata e nel lavoro.
Scopri subito... Come non essere schiavo delle cattive abitudini
Come governare le proprie emozioni
Come esprimere le proprie potenzialità
Come gestire le proprie reazioni
Come sviluppare i muscoli del carattere
Come potenziare al massimo la propria autostima
Come valorizzare le proprie competenze
I segreti dei top manager
Come disporre di 25 ore al giorno
Come sviluppare il fiuto per gli affari
Come creare valore economico e umano
Come impressionare il proprio interlocutore
Come diventare imprescindibile
Come diventare un businessman di successo e molto altro…

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788898910632
Argomento
Business
Categoria
Leadership

1. Manager delle proprie emozioni e potenzialità

 

1.1. Il mondo delle tue reazioni. I top manager partono da qui

Al centro della riflessione di questo primo capitolo c’è l’uomo e non semplicemente l’impiegato che aspira ad essere il manager dell’anno o il manager che vuole continuare il suo percorso di crescita personale. Parlare direttamente e unicamente del “manager”, delle regole che questi deve seguire, di ciò che deve fare o non fare per accrescere la sua leadership in ambito aziendale sarebbe, secondo il mio parere, assai riduttivo perché trascurerebbe alcune riflessioni di notevole importanza per il tuo cammino personale e professionale.
In questa prima parte, come ci insegna il grande Covey, parleremo in particolare della persona a tutto tondo, che comprende l’individuo nella sua totalità data dalla somma di Mente, Cuore, Corpo e Spirito e dei quattro bisogni che ne derivano: vivere (bisogno fisico); amare (bisogno sociale); imparare (bisogno mentale); lasciare un’eredità (bisogno spirituale).
Se ignoriamo questi ambiti o questi bisogni ridurremmo la persona o la nostra personalità ad una cosa, ad un oggetto senza aspirazioni che si lascia plasmare dalla realtà senza opporre resistenza.
Da qui l’idea di iniziare questo tuo nuovo percorso a partire da te stesso, dalle mille sfaccettature della tua personalità e dalle tue potenzialità. Non parleremo di valori perché si tratta di un ambito sin troppo soggettivo. Chiaramente non posso conoscere tutti i miei lettori uno ad uno. Nondimeno sono convinta che, se hai tra le mani questa guida, sei una persona curiosa ed intraprendente. Non aspireresti altrimenti a diventare un manager o un businessman. Molti uomini e donne, persone appartenenti a qualsiasi credo religioso e a qualsiasi corrente politica si interrogano, proprio come te, ogni giorno, su quale sia la “retta via” per migliorarsi, per raggiungere i propri obiettivi professionali e, di conseguenza, per vivere meglio.
Il mio primissimo consiglio è di iniziare un cammino di crescita personale, imparando a conoscerti meglio. In questo capitolo ci soffermeremo in particolare sul bisogno mentale di imparare (andando avanti nella lettura, noterai che affronterò anche gli altri). Tempo fa mi è capitato di ascoltare la storia molto interessante di un autista. Mi dirai: cosa ha a che vedere un autista con il management? Te lo vorrei raccontare.
Martin ha una grande esperienza nella guida di molti tipi di veicoli. Ha imparato da suo papà, che guidava camion su e giù per la California e che spesso lo portava in giro con lui. La guida è una cosa seria. Al contrario di ciò che possa pensare la gente, più o meno giovane, il nostro istinto non è sempre così particolarmente sviluppato da permetterci di fiutare il pericolo. La reazione che possiamo avere di fronte ad un ostacolo che ci potrebbe piombare in strada da un momento all’altro non è mai la più adeguata. Questo Martin l’ha imparato chilometro dopo chilometro. Non si può avere l’ardire di credere che qualsiasi cosa accada i nostri riflessi siano svegli e pronti a salvarci; è esattamente il contrario. Noi e i mezzi su cui viaggiamo in strada sono sottoposti a determinate leggi fisiche, certe ed indiscutibili.
Per controllare pienamente i movimenti dinamici del suo camion, Martin ha imparato a prevenirli. Ma, ancor prima, ha imparato a conoscere meglio se stesso e ad anticipare il pericolo per avere delle corrette reazioni. E la differenza si nota! La passione per quello che sarebbe diventato il suo lavoro ha portato il ragazzo ad informarsi e a seguire vari corsi di specializzazione durante i quali ha appreso prima di tutto ad usare i propri sensi, la vista in primis, poi tutti i meccanismi dei veicoli deputati al controllo totale del mezzo. A noi sembra scontato poter vedere, osservare, guardare. In realtà la nostra vista ha tante potenzialità nascoste, che è possibile scoprire tramite esercizi mirati e sfruttare in ogni occasione.
Così come Martin ha imparato ad avere un controllo delle sue emozioni di fronte ai pericoli imminenti che gli si potrebbero presentare per strada, a conoscere e dominare le reazioni istintive, a prevenire i movimenti del mezzo che guida giornalmente.
Così anche tu puoi avviare e concludere con successo un cammino personale di conoscenza. Parlando palesemente di lavoro, quante volte al giorno sei sottoposto a stress, tensioni emotive, sbalzi d’umore (non solo tuoi, ma anche di eventuali colleghi e collaboratori) ?. Reagire di istinto potrebbe essere la reazione immediata, ma probabilmente non è quella degna di un buon manager. Non si può pensare di agire sempre d’istinto, dunque, ma bisogna, soprattutto in ambito lavorativo, tenere sotto controllo le proprie emozioni e ponderare le proprie azioni.
Ciò è possibile. Pensare prima di agire o parlare. Reagire significherà per te, da ora in poi, assimilare il fatto, concepire un pensiero ed accettarlo, tenendo in mente una famosa frase di Samuel Becket: “Try. Fail. Try Again. Fail Again. Fail Better".
Martin ha imparato a scansare gli ostacoli rapidamente, a guidare sotto la pioggia battente senza perdere il controllo del camion. Ha dovuto però affinare le sue capacità, non è nato sapendo già come fare! Lo stesso vale per te. Prova a dare una spiegazione alle tue reazioni e incanala il tuo istinto verso qualcosa di costruttivo. Devi sempre ricordare che sei libero di scegliere le tue reazioni, qualsiasi cosa accada, grazie a quelle che Covey chiama “le quattro facoltà che ci distinguono da tutti gli altri esseri viventi”: l’autoconsapevolezza (saper riflettere sul nostro pensiero), la coscienza (ovvero quella capacità di distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è), la volontà autonoma (agire secondo la propria coscienza, anche se ciò dovesse implicare andare contro tutto e tutti) e l’immaginazione (visualizzare ciò che ancora non esiste o che non è ancora stato portato a termine).
Fra lo stimolo e la reazione immediata esiste quello spazio strategico dove risiede la libertà personale di poter scegliere come rispondere e come gestire il nostro futuro. Questo vuol dire che noi siamo un prodotto delle nostre scelte e che, di conseguenza, tutto è nelle nostre mani. La natura, l’educazione, l’ambiente che ci circonda ci influenzano, ma non sono determinanti. È questa una visione del mondo assai impegnativa per tutti, che non lascia spazio a giustificazioni, scuse o alibi: tutto è nelle tue mani. E questa visione non è solo un ideale a cui tendere ma è una vera e propria competenza che puoi apprendere ed esercitare.
La meditazione potrebbe essere uno dei mezzi più idonei a comprendere al 100% i moti del tuo carattere, gestirli e scegliere la riposta più adatta in base alla tua volontà. Prendiamo ad esempio il sentimento della rabbia. Ci è sempre stato insegnato, sin da piccoli, che è giusto trattenerla. Tuttavia, reprimendola è più probabile che ad un certo punto esploda in maniera inopportuna, in luoghi inopportuni, in momenti inopportuni. La rabbia repressa si può ritorcere contro noi stessi. Ciò che ritengo giusto fare, per la nostra salute psicofisica, ma anche per evitare reazioni sconsiderate nei confronti di amici o dipendenti a lavoro, è imparare ad esprimerla in maniera costruttiva.
Parlare con qualcuno potrebbe aiutarti a placare l’emozione del momento: un amico o un familiare, per esempio. A lavoro possono essere mille i motivi che ci fanno spazientire. Possono essere “smaltiti” telefonando a qualche persona di fiducia per poi ritornare in ufficio sereni, senza aver sottratto preziose energie al proprio lavoro o a quello del team.
Chiarirsi le idee è poi un secondo passo. Non solo nel caso di moti di rabbia, ma anche in altre circostanze emozionali è utile porsi queste domande: la situazione merita una reazione? È il nostro interlocutore che ha sbagliato o spetta a me far capire meglio la mia posizione? Cos’è che ha scatenato le mie sensazioni? Dopo aver dato una prima risposta a questi interrogativi è importante permettere a se stessi di esprimersi. Sarai così capace di affrontare in maniera sensata le situazioni che via via ti si presenteranno.
Oramai la figura del dirigente freddo, cinico, insensibile è tramontata. Sono in ballo nuovi principi, gli stessi che ho menzionato in precedenza: il cuore, la mente, lo spirito. Invece che con aggressività, freddezza, imperturbabilità potrai conquistare la leadership conoscendoti, diventando innanzitutto il leader di te stesso prima ancora che degli altri: saper gestire se stessi non solo con la testa, ma anche con il cuore permette di ottenere risultati nella vita come nel lavoro.
 

1.2. Autostima: come sviluppare i muscoli del carattere

Inizia da te: sembra scontato dirlo, ma se hai deciso di intraprendere il cammino che ti condurrà al successo, cerca di tenerlo sempre bene impresso nella tua mente. Conosci il detto “tratta gli altri come tu vorresti essere trattato”? Ora prenditi un minuto di tempo, rifletti e reinterpreta la frase precedente: come pretendi che una persona si possa fidare di te e magari affidarti degli incarichi di prestigio se tu non sei il primo a credere in te stesso?
Autostima è la risposta. Questa, tuttavia, non deve essere confusa con l’arroganza. L’arroganza implica che il soggetto assuma un atteggiamento di superiorità nei confronti degli altri, spesso ingiustificato. Molto spesso è indice di insicurezza e di incapacità nel difendere le proprie posizioni. L’autostima è invece qualcosa di più profondo, che parte dalla certezza del tuo valore e delle tue potenzialità. Nel tuo caso specifico l’autostima è da considerarsi come un valore in sé e come un mezzo che ti permetterà, come vedremo più avanti, di lavorare e cooperare con i tuoi dipendenti.
Non si tratta di reputarsi più di ciò che si è, ma semplicemente di saper riconoscere le proprie capacità. Ognuno di noi ha i propri punti deboli, è vero. Ma spesso ci si ricorda troppo di questi ultimi, sottovalutando i punti di forza, che, ad esempio, potrebbero essere l’onestà, la caparbietà, la forza d’animo, l’intelligenza, la fiducia, la capacità di ascoltare gli altri e di collaborare con persone diverse. L’elenco è, come puoi ben intuire, potenzialmente infinito.
L’autostima passa anche dalla rappresentazione che tu dai di te stesso. Più continui a parlare dei tuoi problemi, a concentrarti esclusivamente su ciò che di te non ti piace e non ti va e più ti allontani dal tuo obiettivo. È importante essere consci di ciò che si è e del momento che si vive, ma è altrettanto importante palesare le proprie aspirazioni ed i propri desideri.
Credere in se stessi è il primo passo per credere nei propri collaboratori, riconoscere e apprezzare il loro potenziale per poi cooperare con loro per il bene dell’azienda e la crescita professionale di entrambi. La fiducia è alla base delle relazioni umane, lavorative e non. Ma si può creare un ambiente basato sulla fiducia reciproca solo se si crede nelle persone, nel loro valore e si è disposti a cedere loro parte del potere. È una via difficile da percorrere, ma è quella giusta. Non tutti i manager sono in grado di farla propria perché temono di perdere il controllo della situazione a furia di delegare. Alla radice di ciò c’è quella falsa ed ormai antica convinzione secondo cui solo esercitando il pieno controllo sui dipendenti si possano ottenere dei risultati. Nulla di più falso: il buon dirigente non è colui che ti dice cosa fare, bensì colui che “conferma la responsabilità dell’individuo e il suo potere decisionale” (Stepen R. Covey, parlando di “empowerment”).
Quali devono essere le tue priorità? Quali sono le mosse vincenti che garantiscono il tuo successo? Vorrei darti a questo proposito dei consigli che trovo molto utili e che puoi fare tuoi tanto nella tua vita lavorativa quanto nella tua vita privata. Sono dei principi sani, che non di rado vengono adottati nei tanti corsi di personal coaching che esistono.
Se vuoi diventare un buon manager devi tenere ben in mente quei tre punti (che hanno molto a che vedere con la potenzialità) che sono stati formulati nell’ambito di una ricerca condotta da A. Neal, ex a.d. di Talent Cisco System sulle priorità manageriali.
Punto numero 1: non bisogna mai limitare i propri obiettivi. Questo vale non solo in azienda ma anche nella vita. Ammettiamo che tu sia stato appena assunto da una grande multinazionale. Riesci ad inserirti bene nella nuova realtà e ad ottenere i primi successi lavorativi. Non fermarti a questi. Il fatto di aver ottenuto dei nuovi incarichi, delle nuove responsabilità non ti deve impedire di fissare nuovi traguardi. È come nella vita di tutti i giorni: affinare le proprie potenzialità richiede dedizione e studio. Chi si accontenta di ciò che ottiene con facilità non potrà mai diventare un buon manager perché è come se troncasse sul nascere qualsiasi possibilità di crescita individuale.
Punto numero 2: in secondo luogo, non focalizzarti solo sul tuo “saper fare qualcosa” o sulla tua esperienza. Pensa per un attimo ai tuoi amici. Quanto sono importanti per te? Potresti vivere senza di loro, o, ancora peggio, potresti vivere completamente isolato, in solitudine? Quando parlo di potenzialità intendo non solo il lavoro che puoi fare per affinare capacità e conoscenza (leggendo libri, studiando, iscrivendoti a dei corsi, specializzandoti), ma anche la necessità di curare la tua sfera sociale. Esistono infatti molte persone che hanno un talento particolare nel tessere relazioni ed arrivare ad ottenere una solida rete di contatti. Non conta chiaramente il numero, ma la qualità dei contatti e la qualità delle relazioni.
È quella che comunemente viene identificata come intelligenza emotiva. Le ricerche su questo tipo di intelligenza nascono dall’osservazione degli eventi: esistono uomini con un quoziente intellettivo elevato e con un rendimento scolastico/universitario eccellente che non sempre ottengono successo nell'ambito lavorativo, sociale e familiare; esistono persone con un QI più basso, ma dotate di perseveranza, attente nei confronti degli altri, disponibili, socievoli, con capacità di negoziazione e controllo dei conflitti che ottengono buoni risultati nell'ambito lavorativo e privato.
Oggi più che mai abbiamo bisogno di qualcosa che vada oltre la preparazione meramente scolastica, sentiamo la necessità di riappropriarci di una dimensione emotiva che ci aiuti a comunicare e a saper ascoltare gli altri. Acquisire gli strumenti per sviluppare l'intelligenza emotiva, può rivelarsi la strada corretta per il raggiungimento di un benessere a largo spettro.
In generale le persone “emotivamente intelligenti” sono uomini e donne che nutrono sempre una certa speranza verso il futuro, capaci di autostimarsi ed auto motivarsi, con una notevole forza d’animo che permette loro di riprendersi anche nelle avversità, capaci di rialzarsi dopo una caduta, consapevoli delle proprie capacità e dei propri limiti.
Punto numero 3: mai focalizzarsi sulla stessa attività. Cerca di cambiare, di variare i tuoi interessi. Non è certamente un obbligo, ma saper cambiare è sinonimo di flessibilità, capacità di adattamento, due qualità molto apprezzate nella vita e soprattutto in azienda. Inoltre arricchirai la tua esistenza di esperienze diverse e i tuoi network si allargheranno.
Cambiare lavoro quindi...

Indice dei contenuti

  1. INTRODUZIONE
  2. Non essere schiavo delle tue abitudini
  3. I segreti svelati nell’Introduzione
  4. 1. Manager delle proprie emozioni e potenzialità
  5. 1.2. Autostima: come sviluppare i muscoli del carattere
  6. 1.3. La qualità del manager, leader di se stesso
  7. I segreti svelati in questo capitolo
  8. 2. I comportamenti errati. Mettere a frutto le competenze
  9. 2.2. Il vero dirigente confida nei suoi partner e collaboratori
  10. 2.3. Disporre di 25 ore al giorno!
  11. I segreti svelati in questo capitolo
  12. 3. Risparmiare ed investire? No! Guadagnare!
  13. 3.2. La corsa del topo
  14. 3.3. Hai mai pensato di metterti in proprio? Inizia con un part-time
  15. 3.4. La scienza della prima impressione
  16. I segreti svelati in questo capitolo
  17. 4. Le variabili del successo
  18. 4.2. Manager a distanza, l’opzione estero
  19. 4.3. Gli aspetti psicologici del lavoro del business man
  20. 4.4. Tu sei imprescindibile
  21. I segreti svelati in questo capitolo
  22. COSA HO IMPARATO
  23. Pillole di saggezza