LA GIOVANE VAMPIRA
I
− C’è qualcosa di vero in tutte le credenze durature degli uomini, disse Jacques Le Marquand… intendo le credenze che si riferiscono a dei fatti precisi e che sovente si ripetono.
− Allora, la stregoneria…
− Nel complesso, la rifiuto, perché enuncia troppi fatti imprecisi e anche perché è eccessivamente varia. Ma la scienza attuale impiega parecchie pratiche di cui fanno uso streghe e negromanti: di conseguenza, è ridicolo negare che la stregoneria si sia fondata, almeno in parte, su una base sperimentale… Non voglio insistere… perché ho studiato male la materia. Ma che direste se affermassi l’esistenza di un fenomeno come il vampirismo?
− La scienza non lo rifiuta, esclamò Charmel beffardamente: solamente lo traspone dall’uomo a una specie di pipistrello…
Jacques Le Marquand alzò le spalle e proseguì:
− Ho conosciuto una vampira… nel quartiere d’Islington, a Londra, dal 1902 al 1905. E di recente ho saputo che è ancora viva. D’altronde è sposata… e ha perfino quattro figli…
− Che saranno dei piccoli vampiri! interruppe con gravità Charmel.
− Il vampirismo non sembra ereditario, rispose Le Marquand con più gravità ancora. La giovane di cui vi parlo era la terza figlia dei signori Grovedale e si distingueva dalle sorelle perché era di gran lunga la più graziosa. All’epoca in cui l’ho conosciuta, era addirittura fantasticamente graziosa. Con questo intendo che alla sua bellezza si aggiungeva qualcosa di straordinario, dovrei dire di soprannaturale. Innanzitutto, il suo volto era bianco proprio come questo foglio di carta, il che avrebbe dovuto renderla un po’ spaventosa. Per una ragione o per l’altra, non la rendeva spaventosa del tutto. Al contrario, era “fascinating” come dicono i nostri vicini. Evidentemente i suoi occhi, i suoi capelli e la sua bocca compensavano il suo pallore eccessivo; non so che cosa fosse più affascinante, se il roveto fiammeggiante che le soverchiava la testa, gli occhi patetici, immensi e divoranti, o le labbra rosse come il fiore dell’achira… Non era da molto che era così pallida – poco più di cinque anni. Sua madre raccontava che era stata morta – letteralmente morta. Due medici avevano constatato il decesso. Secondo l’uso inglese, si conservò abbastanza a lungo il cadavere. La terza sera, cominciò a decomporsi… Ma questo non impedì, il mattino del quarto giorno, di trovare Evelyn Grovedale resuscitata. La giovane presentò delle particolarità interessanti per gli scienziati e inquietanti per i familiari. La sua memoria era estremamente confusa; non parlava che a intervalli molto lunghi e in modo incoerente; non mostrava alcuna tenerezza per i suoi. Quando riprese a ragionare, si disse che Evelyn era sdoppiata. Riguardo al presente e agli avvenimenti che erano seguiti alla sua morte, parlava in prima persona; riguardo agli avvenimenti precedenti la sua personalità era indefinita. D’altronde, la memoria sembrava servirle solo per orientarsi nella vita, e non per rievocare il suo passato. Quando si decise a ricambiare l’affetto dei suoi, lo fece con ardore, ma in modo bizzarro. Col tempo, ridivenne quasi normale. Superate le esitazioni, le ribellioni, le paure, parve accettare la storia del suo passato come si accettano le regole di condotta o come si adotta una convinzione.
È il momento di parlare di un fenomeno anormale che si produsse poco dopo la resurrezione. Il padre e la madre, le due figlie e il ragazzino, che avevano tutti un colorito florido, deperirono secondo gradi diversi. Il padre era di gran lunga il meno colpito. La madre si mostrò semplicemente stanca, come la figlia maggiore, Harriet. In quanto alla figlia più giovane, Aurora, sembrò affetta da clorosi e il piccolo Jack si dimostrò incapace di seguire le lezioni scolastiche o di svolgere le sue mansioni in casa: si assopiva continuamente… I Grovedale, che erano delle persone con poca immaginazione, non fecero alcuna congettura; il medico di famiglia manifestò una certa sorpresa, ma si limitò a etichettare con differenti nomi l’epidemia di pallore e a somministrare una varietà di pillole e di pozioni.
In primavera tutti i sintomi si attenuarono. La madre e Harriet tornarono a essere abbastanza energiche; Aurora ritrovò un po’ di forze; il giovane Jack, pur non riuscendo a studiare, si assopiva meno di frequente. Questi avvenimenti coincisero con la presenza assidua di James Bluewinkle, un giovane uomo dal fisico atletico, colpito da una passione sconvolgente per Evelyn. I Bluewinkle e i Grovedale cedettero presto alle sollecitazioni degli innamorati, che si sposarono alla fine d’aprile. Dopo un viaggio sul continente ritornarono a stabilirsi a Londra.
Dopo la partenza di Evelyn, il miglioramento constatato nei Grovedale s’accentuò rapidamente. Tutti, in realtà, si ristabilirono, perfino il ragazzo, che aveva ridotto ulteriormente la sua razione di sonno. In compenso, fu James Bluewinkle a essere colpito dal pallore. Nonostante saziasse ogni giorno il suo appetito da leone, la sua vitalità veniva meno. I medici si susseguivano senza scoprire alcuna tara. Alla fine un omeopata ebbe una vaga intuizione e ordinò come cura l’isolamento in un sanatorio d’Ipswich.
Gli effetti di questa cura si rivelarono prodigiosi: in due settimane James Bluewinkle aveva riconquistato le forze. In compenso Evelyn era diventata depressa e anemica. Dopo alcuni giorni si rifugiò dai genitori, a scapito della famiglia, poiché Harriet e la madre si sentirono «scomode» e Aurora e il ragazzo ricominciarono a impallidire.
Nella loro innocenza, i Grovedale continuarono a non capirci niente. A malapena provarono quel po’ di stupore che si prova davanti a delle coincidenze insignificanti quando, col ritorno di Bluewinkle, il loro male scomparve per incanto.
A questo punto, c’era da aspettarsi che a ricominciare a deperire fosse il marito; e infatti, un mese dopo il suo ritorno dal sanatorio, era nuovamente indebolito e pallido. Meno candido dei Grovedale, cominciò a essere inquieto, quasi sospettoso, e si mise a studiare la moglie, che conduceva una vita metodica, dai gusti semplici, spendeva poco, si vestiva con eleganza, ma senza sfarzo, mangiava frugalmente. D’altro canto, James adempieva con fervore ai suoi doveri coniugali, ma senza quegli eccessi che possono svigorire l’energia di un uomo, soprattutto di un uomo della sua forza. Nondimeno, dopo i baci di Evelyn – notate bene che parlo di semplici baci – era colto da una sorta di torpore. Allora, senza sapere bene come, gli venne un’idea che era forse una reminiscenza dell’istinto...
Una sera, pre...