1. L’IMMAGINE INCONSCIA DEL CORPO
È il cuore a cuore che conferisce senso al corpo a corpo.
F. Dolto
L’opera teorico-clinica di Françoise Dolto fa luce sul problema della profilassi delle nevrosi e delle psicosi attraverso la ricerca sui disturbi precoci dell’essere umano che, fin dalle origini, è essere di linguaggio in relazione all’Altro familiare e sociale. Essere che può rivelarsi al proprio desiderio solo se non s’inganna al proprio desiderio, solo se l’incontro con lo sguardo, la voce e le carezze del primo altro lo significano a quell’anonimo corpo di bisogno che è tale all’inizio della vita.
L’incontro interumano – quando esso si definisce a partire dalla periferia sensoriale di un essere umano che ne percepisce un altro – appartiene all’ambito fisico: vista, udito, olfatto, tatto, gusto. Ma ogni incontro fra esseri viventi, vegetali, animali, a fortiori l’incontro interumano, si definisce per di più attraverso l’espressione, in ciascuno, di modificazioni che sono per lui specifiche sia di ogni incontro, sia di un determinato incontro. Nell’essere umano, ogni effetto modificatore al livello del percepito dei partecipanti, sebbene ancora in rapporto con fatti di ordine fisico, è in correlazione con fatti psichici. Questo effetto, sia fisico sia psichico, può anche non essere affatto osservabile da un testimone: vale a dire, “l’effetto incontro” non ha dato luogo a alcuna modificazione apparente dell’habitus anteriore. Ciò non toglie che ogni percezione dia luogo a un’impressione registrata in qualche punto dello schema corporeo. Sono le percezioni di variazione, in quantità e in qualità, in tensione e in natura di segnalizzazione sensoriale, che diventano osservabili, piacere o dolore cenestesico per chi le percepisce; che assumono per lui un valore simbolico gradevole o sgradevole, riferito all’incontro. Quando queste percezioni provocano una modificazione nell’habitus e questa modificazione espressiva è a sua volta percepita da un altro essere vivente che reagisce con una risposta manifestata, variabile e modulata, in accordo con la prima, si organizza un senso simbolico che è la comunicazione: è l’origine arcaica del linguaggio1.
Il piccolo dell’uomo, incarnazione di bisogno e desiderio, si umanizza e si struttura nella propria identità in relazione con l’Altro, in primis la madre. L’identità è l’elemento costitutivo della parola image (immagine) e il cuore della teorizzazione doltoniana – resa possibile grazie a un’immensa esperienza clinica con pazienti piccoli e grandi – sull’immagine inconscia del corpo.
La prima parola “I” del termine “Identitè” (identità); il “ma” prima sillaba della parola “maman” (mamma), che il bambino pronuncia sempre preceduta da “ma maman” (mia mamma) e seguito da “ma maman m’aime” (mia mamma m’ama) [omofono con l’aggettivo indefinito “même” (stesso) che indica l’identità assoluta]. E per finire la “ge”, ultima sillaba della parola “image”, che significa la terra, la base o anche il corpo, così pure il “je” (l’io), pronome personale della prima persona del singolare. Ecco, I-ma-ge, cioè il sostrato relazionale con l’altro2.
L’immagine inconscia del corpo rappresenta la «memoria inconscia di tutto il vissuto relazionale»3 e è, pertanto, mediatrice delle tre istanze psichiche (Es, Io, Super-Io). Essa si distingue dallo schema corporeo che è una realtà di fatto ovvero la «nostra vita carnale a contatto col mondo fisico»4. Lo schema corporeo, dunque, è il medesimo per tutti gli individui mentre l’immagine inconscia del corpo riguarda il soggetto e la sua storia. Lo schema corporeo è legato all’immagine del corpo come suo «interprete attivo o passivo»5, in quanto permette «l’oggettivazione di una intersoggettività»6 ovvero di una relazione libidica linguistica con l’altro. Senza il supporto dello schema corporeo, tale relazione resterebbe soltanto un fantasma non comunicabile. Mentre lo schema corporeo, in parte inconscio, è anche preconscio e conscio, l’immagine del corpo, in quanto sintesi delle esperienze interumane vissute, in maniera ripetuta, tramite sensazioni erogene elettive, è soprattutto inconscia. Essa, secondo Dolto, è «incarnazione simbolica inconscia del soggetto desiderante»7 in quanto il soggetto, fin dal concepimento, è inconsciamente desiderante nei confronti del corpo.
Ricordiamo, infatti, che uno dei contributi più rivoluzionari della psicanalista francese riguarda l’esistenza di un bambino come frutto di tre desideri:
occorre almeno il desiderio cosciente di un atto sessuale completo da parte del padre, occorre almeno un desiderio inconscio da parte della madre, ma quel che di solito si dimentica è che occorre anche il desiderio inconscio di sopravvivenza dell’embrione in cui si origina la vita umana. In effetti, la vita si origina già segnata, nell’oscurità del suo sviluppo fisiologico, dalle condizioni simboliche cui il bambino è iniziato: da una potenziale pienezza della vita simbolica o, al contrario, da una vita simbolica già parzialmente perturbata, disordinata o ridotta a zero8.
Il “soggetto” è il verbo agente che s’incarna nella materia diventando un vivente-umano. Il soggetto è la parola vera che prende parte attiva fra le parole che, durante l’orgasmo, i genitori non pronunciano […] Una parola che si incarna, intessuta nel senso sconosciuto di coloro che procreano: un bambino è generato9.
L’incarnazione simbolica del soggetto riferita all’immagine inconscia del corpo significa che vi si iscrivono soltanto emozioni simboliche in quanto rappresentative della relazione interumana e, dunque, dotate di significato linguistico. Per Dolto, tale simbolizzazione è in realtà una presimbolizzazione poiché la simbolizzazione propriamente detta interviene con la castrazione edipica e con l’accesso all’ordine simbolico della Legge. Le esperienze relazionali di bisogno e desiderio, che possono essere narcisizzanti (piacere) o denarcisizzanti (frustrazione), si manifestano come simbolizzazione delle variazioni di percezione dello schema corporeo e si inscrivono nell’immagine inconscia del corpo, che conserva le tracce di tutte queste variazioni che caratterizzano gli incontri interumani (in primis l’incontro madre-bambino). L’immagine del corpo, dunque, è supporto del narcisismo e testimonia la mancanza a essere di tutti gli esseri umani, mancanza che il desiderio tende a colmare.
Per tale ragione appartiene all’immaginario, un immaginario intersoggettivo, reso immediatamente riconoscibile, nell’essere umano, dalla presenza della dimensione simbolica. In altre parole: lo schema corporeo mette in rapporto il corpo, situato nel momento attuale nello spazio, con l’esperienza immediata. Può essere indipendente dal linguaggio, inteso come storia della relazione del soggetto con gli altri […] L’immagine del corpo mette in relazione il soggetto di desiderio con il proprio piacere, mediato dal linguaggio memorizzato della comunicazione fra soggetti. Può essere indipendente dallo schema corporeo; vi si articola tramite il narcisismo che ha origine dalla carnalizzazione del soggetto al momento del concepimento10.
Mentre la soddisfazione o meno dei bisogni è fondamentale per l’equilibrio della vita vegetativa del bambino, la spinta attiva del desiderio incolmabile determina l’umanizzazione e la civilizzazione di quest’ultimo. Quando un essere umano è mosso dal desiderio, avverte sempre una sensazione di rischio, dunque angoscia. Per il processo di umanizzazione, è fondamentale che il bambino assuma i propri desideri inconsci in quanto compatibili con quelli che l’altro ha verso di lui e viceversa. Da qui deriva che non è importante soddisfare il desiderio ma esprimerlo e riconoscerlo proprio perché detto. È l’altro che valorizza questo esprimere, questo dire. Altrimenti
questo desiderio, quando la sua dinamica si mura viva nell’isolamento invece di continuare il proprio destino espansivo, vede la spirale in movimento flettersi, avvolgersi su se stessa e, dopo consumi fantasmatici delle strutture dell’io precedente divenute surrogati di elementi esterni, incistare il linguaggio e la funzione simbolica inerente al desiderio umano, fargli scindere le potenzialità catturate da un altrove e invertirle, senza mai smettere, se nessuno arriva dall’esterno a spezzare il circolo vizioso di quell’individuo, la crescita e la moltiplicazione in simbolismo di morte e divisione. Il campo della realtà è invaso dal campo dell’immaginario, sconvolto perché non più fermato dal contatto con gli altri ora perduto, e il campo simbolico vede la propria rete, precedentemente costituita dal linguaggio attraverso il gioco degli incontri interumani che la creano, non più espansiva e neppure mantenuta in funzione, ma in via di destrutturazione. Come se la funzione simbolica del desiderio che, nel linguaggio, si fa metafora dell’immagine del corpo – essa stessa metafora nella propria origine della dialettica dello schema corporeo in relazione con il mondo delle forme che il ...