La Calabria Sognata. Carlo De Cardona e Pasquale Rossi Due tempi e dieci quadri
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La Calabria Sognata. Carlo De Cardona e Pasquale Rossi Due tempi e dieci quadri

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Informazioni sul libro

Rossi Pasqualeda viale della Repubblica a via Pasquale Rebecchi.
Nato a Cosenza nel 1867, studiò nel Liceo locale, laureandosi in Medicina a Napoli. Promotore del movimento socialista cosentino, nel 1891 fu processato e incarcerato a Napoli. A Cosenza fu consigliere comunale e assessore.
Presidente della sezione di scienze politiche e sociali dell’Accademia Cosentina, pubblicò tra l’altro: I perseguitati (1894), L’animo della folla. Appunti di psicologia collettiva (1898), La mente di G. Mazzini e la Psico-Fisiologia (1899), I suggestionatori e la folla (1902), Le “rumanze” e il folklore in Calabria (1903), Psicologia collettiva sociale (1905). Morì nel 1905. De Cardona don Carlo
da via Nicola Serra a via Antonio Zupi.
Nato a Morano nel 1871, si laureò in teologia e filosofia a Roma. Sacerdote, fondò nel 1898 a Cosenza il settimanale «La voce cattolica». Aderente al Movimento democratico cristiano di Murri, fondò a Cosenza la Banca cattolica, la lega del lavoro, la Cassa Rurale, il giornale «Il lavoro» (1905). Consigliere comunale e provinciale di Cosenza, vi fondò nel 1915, con Luigi Nicoletti, il Partito Popolare. Antifascista, nel 1935 andò esule a Todi. Nel dopoguerra costituì cooperative contadine. Candidato dalla Democrazia Cristiana nel 1946, non venne eletto. Morì, stanco e povero, a Cosenza nel 1958. da Enzo Stancati
Cosenza, toponomastica e monumenti
Edizioni Brenner, 1979.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788868228125

Primo tempo

Primo quadro

Muratore, poi Caposquadra, Primo Manovale e Secondo Manovale (che non parlano), poi Geometra.
Una piazzetta di Cosenza. In sottofondo il fruscio del fiume.
Un muro esterno della vecchia casa, semidiroccata, di Pasquale Rossi. A destra, un albero. Sul muro una grande scritta, tracciata a mano: “Pasquale Rossi è vivo”. A terra, a sinistra, due picconi. All’inizio la scena è vuota. Entra da sinistra il Muratore: con aria svogliata, si sgranchisce le mani come è abituato a fare prima di cominciare un lavoro faticoso. Poi si accovaccia ed esamina da vicino, uno dopo l’altro, i due picconi.
Muratore – Vediamo un po’ quale di questi picconi fa al caso mio. Questo ha la punta troppo pesante e il manico troppo leggero (lo scarta, con una smorfia di disgusto, ed esamina l’altro).
Quest’altro… ha la punta leggera, ma il manico è troppo pesante (pausa di indecisione).
Caposquadra(entra da destra, con il Primo e il Secondo Manovale che trasportano una lapide appena staccata dal muro) Piano, per carità, fate piano, altrimenti chi lo sente il geometra. (avvicina, afferrandola fuori scena, a destra, una grossa pietra e la indica ai due) Ecco, poggiatela qui, lentamente (i due eseguono), così. Benissimo. Andate pure.
Primo e secondo manovaleescono a destra. Incuriosito, il Muratore si accosta, con un piccone in mano, per osservare la lapide da dietro le spalle del Caposquadra.
Caposquadra (tra sé) Dopo tanta fatica per staccarla dal muro, la nasconderanno in qualche scantinato. (sospira con amarezza, estrae di tasca un fazzoletto e si accovaccia per spolverare la lapide, con movimenti accurati e commossi. Si accorge che il Muratore lo osserva e, sentendosi scoperto, chiede sgarbato) Beh? Si batte la fiacca?
Muratore(con un gesto di disappunto si sposta a sinistra, fa un ampio respiro e si prepara a dare il primo colpo di piccone, mirando alla scritta sul muro)
Caposquadra – Fèrmati, che fai?
Muratore(infastidito) Comincio.
Caposquadra(entrando) Sei pazzo? Il geometra non è ancora arrivato, e lo sai che senza di lui non dobbiamo fare niente.
Muratore(che ha appoggiato al muro il piccone) Chiariamo subito una cosa. Io ho ancora meno voglia di lavorare di te. Se voglio cominciare è per sbrigarmi e tornarmene prima a casa.
Caposquadra – Che non vedi l’ora di stare a casa te l’ho letto in faccia da stamattina. Quando non ti va di parlare significa che hai la luna storta.
Muratore – Ha parlato il re dell’allegria. Se domandiamo a uno che ci conosce chi è il più triste di noi due, ci mette più di un anno a decidere.
Caposquadra – Avrò anche la faccia triste, io, ma so rispettare gli ordini. Il geometra…
Muratore(interrompendolo) Tutta questa devozione per i capi non ti raddoppia di sicuro la busta a fine mese. Ammesso che ci paghino, a fine mese. (più conciliante) Senti, il lavoro che c’è da fare lo sappiamo: abbattere quello che resta di questa casa. Ci pagano a cottimo, no? E quindi, prima ci sbrighiamo meglio è per noi (pensando di averlo convinto, riprende il piccone e si appresta a sferrare il colpo).
Caposquadra – Fèrmati! (gli afferra il piccone con la mano, poi gli chiede con aria di superiorità) Rispondimi: chi è il caposquadra?
Muratore – Sei tu; ma che c’entra?
Caposquadra – Quando non c’è il geometra, qui comando io.
Muratore – Uh, quante arie! L’Americano!
Caposquadra(chiamando) Mario! Salvatore!
Primo e secondo manovalerientrano da destra, in attesa di ordini.
Caposquadra(indicando la lapide) Portatela nel magazzino ma, mi raccomando, piano, pianissimo. Metteteci sotto una coperta vecchia. (con precauzione i due Manovali sollevano la lapide e, barcollando, cominciano a trasportarla verso destra, osservati dal Caposquadra, che infine, scettico, sbotta) Aspettate, vengo anch’io. (esce a destra)
Geometra – (entrando da sinistra, al Muratore inoperoso) Eccolo lì: se ne sta con le mani in mano, lui. Il solito vagabondo. Questi due picconi ci stanno per ornamento o per sbatterli su quel muro? (al Muratore che tenta di giustificarsi) Niente scuse, ho capito tutto. Appena la ditta mi chiede di ridurre il personale, so io a chi dovrò dare la precedenza. Se ne sta con le mani in mano. Il caposquadra dov’è? Ora mi sente. (esce a destra, infuriato)
Muratore(masticando imprecazioni, controvoglia dà i primi colpi di piccone)
Caposquadra(entrando da destra con il Geometra, al Muratore) Ancora a questo punto? (mellifluo, al Geometra) Signor ingegnere, io non gli ho raccomandato altro: entro un’ora, così gli ho detto, almeno mezzo muro dev’essere smantellato. Poi, che potevo fare? Mi hanno chiamato quei due deficienti della lapide e sono andato da loro, non potevo certo dividermi in due; e questo fannullone, senza chi lo sorvegliava, ha approfittato della situazione…
Muratore – Posso parlare un po’ anch’io? Quello che dice questo tizio non è vero, e se mi lasciava fare a modo mio…
Geometra(ironico) Già, se ti avesse lasciato fare a modo tuo, a quest’ora saresti già bell’e ubriaco nella prima cantina. Ti conosciamo bene, carogna. E lavora, invece di parlare! (avviandosi verso destra, al Caposquadra che vorrebbe seguirlo) Tu resta, e tienilo d’occhio. (esce a destra)
Muratore(furioso, alza il piccone sulla testa del Caposquadra)
Caposquadra(implorante) Amico mio, perdonami, ti spiego tutto. Ti darò una parte della mia mesata, ma non rovinarmi.
Muratore(calmatosi di colpo) Giuramelo.
Caposquadra – Te lo giuro. Avevo capito male, avevi ragione tu… (dopo una pausa) Invece avevo ca...

Indice dei contenuti

  1. CALABRIA
  2. Introduzione
  3. Primo tempo
  4. Secondo tempo