A Tu per Tu
Antonella Lucato
Parole Pallottole
Difendersi dalla violenza delle parole
Indice
I. Botte all’anima
1. È chi più ci conosce che più può ferirci
2. Le parole ci plasmano
3. L’inganno delle parole buoniste
4. Fai come ti dico o sarai punito
II. Quando le parole feriscono
1. Vendicarsi o perdonare
2. La catena dei sensi di colpa
3. Non dire agli altri quello che non vorresti sentire
4. Negare le proprie emozioni scatena ribellione
III. La guerra delle parole
1. Una parola basta a scatenare una guerra
2. Prepotenza e maleducazione
3. Scazzottate e duelli verbali
4. Come gladiatori nell’arena
IV. Strategie d’attacco e di difesa
1. Le gerarchie di dominanza
2. Tra zuffe, risse e aggressioni
3. La tattica di delegittimazione dell’avversario
V. Fiutare le trappole
1. Le trappole delle provocazioni
2. Evitare di prestare il fianco ai violenti
3. Quando non vale la pena impegnarsi in una disputa
4. Come affrontare un provocatore
5. Sottovalutare l’interlocutore può costare caro
VI. La lingua, piccolo organo causa di grandi tragedie
1. Bocche di fuoco
2. Dopo averle dette, le parole non tornano indietro
3. La maldicenza è più contagiosa di un virus
4. La calunnia lascia sempre una traccia velenosa
5. Troppi pettegolezzi feriscono l’anima
VII. Insultare, un’arte che ha le sue regole
1. Dalle discussioni agli insulti
2. Quando le scuse non bastano
3. Come trarre vantaggio in una disputa
4. Vaffa e altri insulti sdoganati
5. Come evitare querele e altri guai
6. L’attacco a onore e reputazione
VIII. Dalle parole alle mani
1. Aumentano le denunce
2. Il confine sottile tra violenza verbale e fisica
3. Quando le parole diventano pallottole
4. L’uso minaccioso delle parole non va sottovalutato
IX. Dalla violenza alla consapevolezza
1. Le parole sono semi
2. La miglior rivincita
3. Scegli con cura le parole
4. Attenzione a ciò che ci diciamo
5. La consapevolezza cambia le parole
Un grazie speciale
alla dottoressa Francesca Fioretti
per l’attenzione, la disponibilità e la collaborazione
Prefazione
Questo è un libro sul potere delle parole e su come questo potere viene usato.
Antonella Lucato ci conduce nel mare delle parole per riconoscere il valore, la forza e le conseguenze di quel che diciamo e ci dicono.
Come semi, le parole plasmano in ogni istante l’essere che siamo destinati a diventare. Sono una minaccia alla sana crescita della personalità quando feriscono o attaccano il valore di sé, le parole violente causano danni profondi, difficili da prevedere e riconoscere in superficie.
Rischiamo di dimenticare quanto siano importanti le parole che ogni giorno ci escono di bocca, per questo l’autrice osserva, mostra e racconta di parole che aggrediscono, graffiano, feriscono, talvolta sino ad uccidere come pallottole.
Nel suo modo diretto e chiaro l’autrice ci fa riflettere, ci invita all’ascolto e ad entrare in quello spazio di silenzio dove l’anima trova ristoro, i pensieri si rigenerano, le parole si ricreano. Un silenzio terapeutico che “cura” le ferite causate dalle parole e rasserena.
Man mano che si prosegue con la lettura non possiamo non domandarci con che genere di parole seminiamo ogni giorno la nostra vita e quella degli altri.
E di quali è ora di liberarsi?
I brevi racconti di vita ci riportano alla realtà quotidiana, nel leggerli qualcuno potrebbe avere una resistenza e dire a sé stesso “Io non sparo pallottole”. Ognuno, riflettendoci, potrà ritrovare nella propria storia personale, parole che non avrebbe voluto dire o sentire, parole dette in un momento di rabbia o che hanno fatto soffrire.
Dopo un attacco viene una gran voglia di far tacere le parole fuori e dentro per ritrovare quel silenzio dove il nostro stesso embrione si è formato, di rigenerarci e rinascere portando alla luce parole più consapevoli.
Le parole del libro seminano, ed è qui il valore del testo.
Personalmente ho conosciuto l’autrice anni fa, proprio in una libreria e tra noi poche parole sono bastate per riconoscerci. In quel momento abbiamo lasciato all’intuito dell’anima il compito di comunicare.
Le sue parole sono vive, piene e gioie per l’anima, nella vita come nei suoi libri.
Vi lascio alla magia di un libro che entra dentro.
D.ssa Pamela Antonacci
psicologa, psicoterapeuta
I. Botte all’anima
1. È chi più ci conosce che più può ferirci
La bocca diventa un’arma d’offesa quando spara parole che, come pallottole, feriscono l’anima. Come succede con l’umiliazione affettiva, subita talvolta proprio in famiglia, il nucleo che più dovrebbe proteggerci dalle aggressioni. I danni che provoca sono devastanti poiché viene colpita l’identità stessa, ed è chi ci conosce più intimamente che può colpirci più profondamente.
Restare indenni da conseguenze di questo tipo di violenza è quasi impossibile, occorrerà un lavoro su sé stessi per riconoscere i segni lasciati e per sanare le ferite.
I bambini assimilano quel che sentono dire in casa, le parole sono un po’ come i mattoni, una dopo l’altra costruiscono negli anni l’identità. A volte alcuni genitori si dichiarano orgogliosi di aver cresciuto figli buoni e obbedienti secondo il loro modello culturale e le loro aspettative ma bisognerebbe chiedersi se un bambino ubbidiente lo sia per indole docile o perchè impaurito e represso nella manifestazione di sé.
Deridere e sminuire doti e capacità è una forma strisciante d’umiliazione, in ambito scolastico tende a schiacciare la personalità di chi viene attaccato. Non solo accuse e minacce, anche le punizioni inflitte come esercizio di potere sono una forma di violenza, così come le critiche pesanti e distruttive ripetute continuamente.
Nessuno dovrebbe arrogarsi il diritto di umiliare un’altra persona, in particolare dovrebbe prestare più attenzione chi ha compiti educativi e ha quindi maggiore influenza nella formazione delle giovani personalità.
Una pressione verbale vessatoria può cominciare con battute apparentemente inoffensive che, in base alla sensibilità e alla capacità difensiva della persona, potranno col tempo attecchire nel subconscio e portare chi è preso di mira a sentirsi sempre meno considerato e, di conseguenza, a perdere fiducia nelle sue capacità.
Sono subdole frasi tipo: “Io ho rinunciato a tanto per te e tu invece sei così ingrata... non meriti quel che ho fatto per te”. Ripetute più e più volte per anni, non c’è da stupirsi se causeranno pesanti sensi di colpa.
A scuola, in ufficio, nell’ambiente di lavoro e anche in famiglia di solito è la persona più sensibile e introversa ad esser presa di mira. Un’imperfezione fisica, essendo più visibile di una caratteristica psicologica, è una leva molto usata per umiliare, esercitare un abuso di potere e succhiare energia dalla sua vittima.
Il bambino è la vittima più vulnerabile poiché non ha ancora avuto modo di strutturare una adeguata difesa psicologica, un bambino umiliato, fisicamente o verbalmente, tenderà a ribellarsi o a chiudersi in sé stesso, a costruire una corazza difensiva tra sé e gli altri per desensibilizzarsi dal dolore pagando un prezzo emotivo altissimo.
“La mamma non ti parla così impari ad ubbidire” è un esempio di quanto sia facile ricattare emotivamente con le parole. Di fronte ad una frase di questo tipo come dovrebbe reagire un bambino? Cedere al volere del genitore o rischiare di perdere il suo amore?
Un’umiliazione, così come una critica mossa davanti agli altri è più cocente, ripetuta molte volte da un educatore nei confronti di un ragazzo può minare il senso di fiducia in sé stesso. Le parole che trasmettono messaggi depressivi e di rassegnazione, protratte nel tempo, sono pallottole che possono uccidere la fiducia in sé, nel proprio percorso, nella vita, ne consegue un senso d’apatia e impotenza, lo stimolo al cambiamento resta inibito così come la capacità d’iniziativa.
Quando ci si rompe un braccio o una gamba, qualche traccia del danno resterà nella memoria corporea e, anche una volta guariti, con il passare del tempo qualche disturbo potrà tornare a farsi sentire.
La violenza fisica è riscontrabile nel corpo: un taglio, una ferita d’arma da fuoco, un livido, un occhio pesto sono visibili, quella verbale è più subdola poiché causa ferite non altrettanto visibili in superficie, è quindi più difficile riconoscere e sanzionare l’aggressione verbale.
Violenta non è tanto una parolaccia, un’imprecazione lanciata in un momento di tensione, una discussione accesa, un alterco o un litigio, quanto la denigrazione continua, l’umiliazione e l’attacco alla dignità.
Alcune persone vittime di mortificazioni verbali sono state sottoposte ad un esame di risonanza magnetica, i risultati hanno dimostrato che gli effetti sono gli stessi che si provano per un dolore fisico intenso, c’è quindi una stretta connessione tra la ferita fisica e quella psicologica.
Talvolta, umiliazioni patite da bambini e rimaste dentro silenti, riaffiorano con reazioni imprevedibili in età adulta, una parola sparata con un tono minaccioso può riaprire una ferita non curata, riaccendere un rancore assopito non risolto e scatenare una reazione distruttiva. Il tempo attenua le ferite dell’anima ma da solo non basta a guarirle.
Come salvaguardarsi?
Valutare da che tipo di bocche vengono sparate le umiliazioni, non vale la pena di prendersela troppo specie se, chi tenta di colpirci, è qualcuno di cui non abbiamo stima.
L’ironia è uno scudo di difesa dalle pallottole, ne smorza gli effetti, non va però confusa con il beffardo sarcasmo che è una forma aspra, pungente e storpiata dell’ironia. Una battuta ironica offre il vantaggio di aggirare le difficoltà delle espressioni dirette con un gioco di parole che può far sorridere e aprire al dialogo, una frase sarcastica tende invece a svilire, non a giocare ma a prendersi gioco, a schernire.
Quando, nonostante i tentativi di difesa, non è stato possibile parare l’attacco, circoscriverlo nel tempo è un aiuto per ridimensionarne l’effetto provando a pensare che peso potrebbero avere quelle parole che ci hanno colpito a distanza di un mese, di un anno o cinque anni.
Mara è una ragazzina di tredici anni che ama indossare leggins e magliette, un giorno la madre, con un’amica e una compagna di classe, l’accompagna a fare acquisti. Vorrebbe comprarle dei vestiti colorati per l’estate in arrivo ma dopo averne provati a decine Mara, non è convinta, nulla è di suo gradimento. L’amica spazientita lascia andare un “non sono i vestiti, sei tu che sei cicciona e non ti sta bene niente”.
Mara la fulmina con lo sguardo, non si mostra scalfita da quell’attacco verbale, spontaneamente si copre le orecchie con le mani e risponde: “vedi, le mie orecchie neanche le hanno sentite le tue parole ...”, spiazza l’attacco e lascia l’amica senza parole.
Sin da bambina Mara si era sentita dire da mamma, papà e tutti in famiglia quanto fosse “bella”, quella parola si era profondamente impressa del suo inconscio così, crescendo, Mara aveva imparato a vivere bene con il suo corpo. La sua risposta istintiva dimostrava di non essere vulnerabile agli attacchi sul suo aspetto fisico.
2. Le parole ci plasmano
Quali parole ricordiamo di aver sentito da bambini? Con il passare del tempo crescendo possono essere state dimenticate o rimosse ma le parole lasciano sensazioni sotto pelle che riaffiorano alla memoria richiamate da un tono o un modo di essere pronunciate scatenando emozioni e reazioni impreviste.
I bambini imparano ciò che vivono
Abbiamo respirato le sensazioni di nostra madre sin da quando eravamo nel suo ventre, così come il cibo ha nutrito il corpo, le parole che ci sono state sussurrate hanno contribuito a nutrire la nostra mente e la nostra anima. Il modo come ci siamo sentiti trattati dai nostri genitori, l’atmosfera familiare e le persone che ci hanno educato hanno giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo di un sano equilibrio emotivo e nella percezione del valore di sé. Sentirsi amati, accettati, valorizzati, permette di costruire una buona stima di sé, è granaio di sicurezza al quale attingere per supe...