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Storia critica del movimento operaio e socialista ed emancipazione dal presente

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Storia critica del movimento operaio e socialista ed emancipazione dal presente

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"Quando la maison institutionnelle minaccia di crollare e i saperi dell'ordinaria manutenzione non bastano più nasce l'esigenza di riportare alla luce i disegni e i progetti, i calcoli e i modelli dei costruttori […]. Ogni crisi di rifondazione chiama ed esige il recupero del punto di vista genetico. Oggi è la radicalità della crisi del sindacato e del sistema politico dell'Europa contemporanea che ci costringe a scavare dentro le origini." I tre saggi del testo interrogano la storia del movimento operaio e socialista delle origini. Rappresentanza degli interessi e orientamento ai valori, ambiti di vita e di lavoro, autonomie confederate e centralizzazione amministrata, statalismo e "far da sé solidale", azione sindacale e lotta politica: sono dilemmi di una storia complessa troppe volte semplificata e mistificata dentro schemi ideologici. Non rimozione o nostalgia del passato. Ma rifiuto dell'"ideologia del presente" collegando lo sguardo libero e critico sul passato all'invenzione del futuro.Pino Ferraris è stato dal 1958 segretario della Federazione del Psi di Biella. Nella seconda metà degli anni sessanta è stato membro della direzione del Psiup e segretario della Federazione di Torino. Nei primi anni settanta è stato tra i promotori della costruzione del Pdup. Dal 1977 al 1999 ha insegnato Sociologia presso l'Università di Camerino. Ha scritto saggi di sociologia politica, sociologia del lavoro e di storia del movimento operaio.

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Informazioni

Anno
2017
ISBN
9788863571653
Argomento
History
Categoria
World History

Osvaldo Gnocchi-Viani: un protagonista dimenticato La nascita delle Camere del Lavoro e i rapporti con il Partito Socialista.

Un intellettuale anomalo
Partire dal basso
Partito politico e partito sociale
Le Camere del lavoro
Sindacato e partito
Glossa. Associazionismo economico
La vita e le operò di Osvaldo Gnocchi-Viani
Biografia
Gli scritti più importanti
Saggi su Osvaldo Gnocchi-Viani
Nei primi anni novanta del secolo XIX , con la fondazione delle Camere del lavoro, prese avvio in Italia una nuova e importante esperienza di crescita e di maturazione del sindacalismo.
Al I Congresso delle Camere del lavoro, che si svolse a Parma nel giugno del 1893, erano presenti i delegati delle Camere del lavoro di Milano, Piacenza, Torino, Roma, Pavia, Venezia, Firenze, Padova, Bologna, Brescia e Parma.
I vuoti erano ancora grandi, soprattutto nell’area del centro-sud d’Italia. Tuttavia, dopo solo tre anni dall’iniziativa di promozione di questa nuova istituzione, avvenuta a Milano nel 1890, il Congresso riusciva a mettere insieme la più vasta rappresentanza di associazioni operaie e la più unitaria convergenza di forze politiche e ideali (dai mazziniani agli anarchici) mai realizzata in Italia nei precedenti trent’anni di frammentati, precari e multiformi tentativi di far avanzare e di collegare l’associazionismo economico operaio62.
Le attuali Camere del lavoro, che in questi anni hanno celebrato la ricorrenza del centenario della loro fondazione con pregevoli iniziative di ricerca storica e con l’organizzazione di dibattiti, sono le eredi delle poche Camere del lavoro presenti in quel Congresso del 1893. Gli studi e i dibattiti dei “centenari” sono stati quindi orientati alla ricerca delle proprie origini e hanno avuto un carattere prevalentemente locale. Il movimento delle Camere del lavoro dell’ultimo decennio del secolo XIX ebbe invece il significato di una svolta complessiva nel sindacalismo.
Anche se le Camere del lavoro che videro la luce prima dell’ “età giolittiana”, cioè prima dell’inizio del nuovo secolo, furono :34, la costruzione di un sindacato orizzontale su base locale era ormai entrata come un momento originale e duraturo del “modello” del sindacalisrno italiano.Il presidente di quel Congresso del 1893, che riuniva i rappresentanti di 11 Camere del lavoro, dichiarava aperto “il I Congresso delle Camere del lavoro d’Italia”63.
Nel 1898 tutte le Camere del lavoro (eccetto quella di Bologna) vengono sciolte dal Governo. Quando, agli inizi del Novecento, le Camere del lavoro rinascono e si diffondono progressivamente su tutto il territorio nazionale, siamo entrati nell’età giolittiana, in una situazione politica, culturale e sociale completamente diversa rispetto al precedente “decennio di sangue”64, in cui il diritto di coalizione e di scioperò era sistematicamente negato, il principio della negoziazione collettiva non veniva assolutamente accettato, la repressione, anche sanguinosa, delle manifestazioni operaie e contadine era sistematica, e si scioglievano società operaie, leghe di resistenza, partiti politici e Camere del lavoro come “associazioni di malfattori”.
Nei primi anni novanta dell’800, mentre imperversava una gravissima crisi di occupazione, la composizione stessa del mondo del lavoro era molto diversa da quella che troviamo nei primi anni del Novecento.
Le culture politiche nel movimento operaio erano ancora dominate dallo scontro tra anarchici e mazziniani, il socialismo marxista era assolutamente minoritario, la distinzione tra partiti. politici e sindacato era molto incerta, come incerti erano i confini tra mutualità e resistenza; si stava faticosamente organizzando un sindacato di mestiere e prevalevano ancora le società operaie “miste”, cioè formate da operai delle più varie professioni, molto disperse e scollegate tra di loro. Non era ancora affermato il principio dell’ “esclusivismo” operaio, cioè l’esclusione dei padroni dalle associazioni del lavoratori. Alcune Camere del lavoro, nei primi anni novanta, erano costrette ad accettare società operaie nelle quali erano presenti anche i padroni, con la clausola che, entro un anno, o uscivano i padroni da quelle società o quelle società operaie uscivano dalla Camera del lavoro.
Solo all’interno di questo contesto politico, sociale, culturale, economico può essere colto il significato di svolta che ebbe, negli anni novanta, la costruzione del movimento per le Camere del lavoro, con il contributo di un protagonista, Osvaldo Gnocchi-Viani, che l’iconografia tradizionale del movimento operaio, giustamente, ha chiamato “il padre”. delle Camere del lavoro.

Un intellettuale anomalo

Una somma di ricerche storiche locali intorno a quelle poche Camere del lavoro sorte agli inizi degli anni novanta non riesce a cogliere il carattere di originalità complessiva che ebbe quel movimento e quindi, ancora una volta, si rischia di lasciare nell’ombra il pensiero e l’opera di Gnocchi-Viani, protagonista della svolta sindacale avviata in quella situazione e in quella fase del movimento operaio. Senza voler sopravvalutare il ruolo degli individui nella storia, possiamo dire che solleverebbe legittime perplessità una storiografia che interpretasse le origini del Partito socialista italiano senza parlare di Filippo Turati.
L’accostamento di questi due personaggi (Turati e Gnocchi-Viani) non vuole essere casuale. Tra l’agosto e il settembre del 1891, a Milano, si concentrano due eventi di grande rilievo per la storia futura del movimento operaio e socialista.
Il 2 agosto 1891 si tiene quel Congresso operaio, voluto ed egemonizzato da Filippo Turati, che decide la fondazione del Partito politico dei lavoratori65, avviando la preparazione del Congresso di Genova del 1892, considerato l’atto di nascita del socialismo politico in Italia.
Il 22 settembre 1891 si apre la Camera del lavoro di Milano, prima realizzazione dell’impegno pratico e della battaglia culturale di Osvaldo Gnocchi-Viani, che in quel risultato milanese vede il primo dispiegarsi di un progetto nazionale di costruzione delle Camere del lavoro.
Queste due iniziative, così straordinariamente concentrate nel tempo e nello spazio, non sono armonicamente coordinate, non avanzano nemmeno in modo parallelo, ma risultano tra di loro particolarmente conflittuali. Basterebbe ricordare che la Camera del lavoro di Milano sorge come istituzione della rappresentanza permanente e complessiva dei lavoratori prevedendo nel suo Statuto una clausola. di “apoliticità”66 proprio mentre a Milano nasce la proposta di fondare il Partito politico dei lavoratori. Questi due avvenimenti sembrano racchiudere e condensare nell’atto stesso delle origini tutte le future e ricorrenti tensioni tra lotta economica e lotta politica, tra sindacato e partito politico.
Osvaldo Gnocchi-Viani e Filippo Tarati, i due protagonisti dei due eventi milanesi del 1891, riassumono, nelle loro sensibilità e nelle loro culture, nel loro pensiero e nelle loro opere, i poli di quella contraddizione, mai risolta, che percorre tutta la vicenda del movimento operaio e socialista.
Le fortune postume dei due furono molto diverse. Studiato e celebrato Turati. Dimenticato e marginalizzato Gnocchi-Viani.
Recentemente, la storica Giovanna Angelini ha lavorato con intelligenza, passione ed erudizione intorno alla figura e al pensiero di Gnocchi-Viani67. Dal suo libro emerge con evidenza la statura di primo piano, politica e teorica, del personaggio.
Questo eccezionale creatore di “istituzioni” operaie, dalle Camere del lavoro all’Umanitària di Milano, dal sindacato dei tipografi alle Università popolari, non poteva essere quel socialista “eclettico” e “corporativo” frettolosamente messo ai margini da quasi tutta la storiografia che affronta le vicende del movimento operaio di quegli anni.
La sfortuna postuma di Gnocchi-Viani, intellettuale socialista non marxista, che ha sostenuto il primato del movimento sindacale rispetto al partito, ostile e critico verso il “modello tedesco” della Seconda Internazionale, è soprattutto il risultato di una espulsione politica e di un ostracismo culturale da parte di un movimento operaio che, nel corso del Novecento, andava accentuando progressivamente le sue caratteristiche dogmatiche e illiberali. Aveva inaugurato questa parabola lo stesso Filippo Turati quando, già nel 1892, chiosando un articolo di Gnocchi-Viani, pose l’alternativa tra ortodossia e scomunica: “Il socialismo scientifico rappresenta il concetto più esatto, il sistema più pratico, la via più retta. E chi se ne appartasse starebbe o contro o a lato al socialismo”68.
Del resto appare sorprendente che gli scritti del “padre” delle Camere del lavoro, che riguardano appunto la nascita e i primi sviluppi di questa esperienza sindacale, non siano mai stati ripubblicati nel corso di tutto questo il Novecento.
L’attuale edizione di questi scritti di Osvaldo Gnocchi-Viani sulle Camere del lavoro vorrebbe stimolare la ricerca sulla nascita del “modello italiano” del sindacato che l’occasione dei centenari ha sollevato ma non ha potuto affrontare. Avvicinarsi a questa problematica attraverso la figura e l’opera di Gnocchi-Viani rappresenta certamente un approccio parziale e, se vogliamo, anche un poco tendenzioso, ma almeno servirà ad aprire il dibattito e a riequilibrare la pur autorevole interpretazione di Stefano Merli sulle Camere del lavoro degli anni novanta. Tale interpretazione ci appare poco convincente: a nostro parere vi è una incomprensione del significato di quelle prime “istituzioni” operaie, un giudizio troppo sfavorevole che risente del sovraccarico ideologico che, nei primi anni settanta, finiva per condizionare anche uno studioso filologicamente scrupoloso e attento come Merli69.
In secondo luogo può essere l’occasione per cercare di ricollocare Gnocchi-Viani, in modo più equo, nel posto che merita all’interno della storia del movimento operaio italiano.
Il libro di Giovanna Angelini, che abbiamo appena richiamato, ha già fatto molto in questa direzione. L’Angelini ha messo in evidenza l’originalità, la ricchezza e persino gli elementi di attualità di Gnocchi-Viani, concentrando l’attenzione sulla sua “filosofia sociale”, sul pensiero politico del “socialista del lavoro”. Non a caso nella utile e pregevole antologia di scritti di Gnocchi-Viani curata dalla stessa Angelini non compaiono i saggi sulle Camere del lavoro70.
Potrebbe però esserci un’altra ottica con cui affrontare questo personaggio: vedere soprattutto la figura di Gnocchi-Viani come quella di un sindacalista socialista. Il suo itinerario biografico parte dall’impegno nelle società operaie mazziniane di Genova, conduce alla fondazione della “Lega operaia” di Roma,passa per contributo dato al sorgere del primo sindacato professionale sorto nel nostro Paese (quello dei tipografi), arriva alla fondazione, a Milano, di quella prima esperienza di sindacalismo :conflittuale moderno che, impropriamente, si chiama Partito operaio italiano, per diventare infine il “padre” delle Camere del lavoro. Un percorso biografico di questo tipo, a nostro avviso, legittima pienamente la collocazione di Gnocchi-Viani soprattutto all’interno della vicenda di costruzione del sindacato in Italia.
L’ evidente squilibrio tra la centralità del ruolo da lui esercitato nel suo tempo e la marginalità della sua successiva collocazione nella storia e nella memoria del movimento operaio non dipende solo dal carattere “eretico” delle sue posizioni politiche e culturali. Egli ha pagato pesantemente il prezzo della sua scelta di “intellettuale anomalo”, che ha rifiutato il ruolo di “avanguardia intellettuale” della classe operaia, sia nella versione dell’intellettuale di professione (del maitre a penser, del “teorico” del socialismo) sia in quella di intellettuale-capo, di intellettuale politico di professione.
Gnocchi-Viani aveva ben presente quelli che, a suo avviso, dovevano essere i limiti da non valicare, nel rapporto tra intellettuale socialista e lavoratori, affinché questa relazione non generasse un “sormontamento”, una prevaricazione politica basata sul possesso privilegiato della cultura, oppure non sfociasse in una elaborazione astratta e ideologica, incapace di raccogliere l’esperienza reale, le idee embrionali, i bisogni profondi che si generano dal vissuto dei lavoratori.
La teoria della “coscienza esterna” che deve essere calata dentro la testa del turatiano “operaio minorenne”, é totalmente estranea alla visione di Gnocchi-Viani.
La coscienza degli operai non è una pagina bianca che attende di ricevere dalla penna dell’intellettuale la scrittura dei significati, del senso, delle idee. “È indubbio che gli operai -scrive Gnocchi-Viani -abbiano idee vecchie o nuove, proprie o altrui, ma che abbiano
idee proprie”, cioè scaturite dalla particolarità della propria condizione sociale, è indubitabile. “Non ci sarebbe questione operaia e questione sociale se non ci fosse manifestazione grandiosa delle idee proprie degli operai”71. È
Quindi l’ “educatore” deve essere continuamente disponibile ad essere educato. “Spogliamoci, per un momento, d’ogni idea preconcetta di cattedra, e non lasci...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Prefazione
  3. Sul sindacalismo europeo delle origini Quattro lezioni all’Università di Campinas
  4. Osvaldo Gnocchi-Viani: un protagonista dimenticato La nascita delle Camere del Lavoro e i rapporti con il Partito Socialista.
  5. Politica e società nel movimento operaio e socialista. Appunti per una traccia storica