Bomba o Sapere?
«Se il Sapere può creare problemi, non è (più) con l’ignoranza che i problemi possono essere risolti.»2
Per riuscire a riportare la storia sul giusto binario è indispensabile fare ricorso alla leggendaria seconda fondazione (Fondazione Sapere), l’istituzione rimasta fino a quel momento nell’ombra, ricordando ciò che dice il grande Isaac…
Nel nome di Confucio
Insegnare a milioni di persone
The Hall of Great Accomplishment. È un altare, ma non uno di quegli altari che conosciamo in Occidente perché non è dedicato a nessuna divinità. È un altare che si trova a Pechino, nel più bel tempio che io abbia mai visitato. Bello non per motivi estetici, anche se ovviamente ha i suoi pregi, ma perché l’unico tempio che io conosca che è dedicato a un antropo speciale, che se lo merita tutto. Chi è quest’antropo? Dal buio delle caverne alla conquista dell’atomo, dagli stermini della peste nera ai vaccini anti-tutto… è l’antropo che ha ragionato, esplorato, scoperto e comunicato. È l’antropo che non solo ha conquistato il Sapere, ma lo ha condiviso con gli altri e lo ha fatto circolare. In altre parole è il nemico giurato di Sua Maestà Ignoranza e di tutti i poteri che sull’ignoranza puntano per governare. Ignoranza che significa automaticamente discriminazione, privilegi, abusi, violenze, faziosità, superstizioni. Cocktail realizzato nella sua massima perfezione nel Medioevo, non a caso l’epoca di maggiore stasi dello sviluppo antropico, da cui l’antropo è faticosamente emerso grazie alla rivoluzione economica inglese e alla rivoluzione estetica fiorentina, in sintesi grazie alle due ultime rivoluzioni del Sapere. Cocktail che i potenti si sforzano in tutti i modi di recuperare per realizzare il Medioevo moderno e giorno dopo giorno segnano punti al loro favore grazie al monopolio tv. Ecco perché l’antropo che esalta il Sapere, questo tempio se lo merita tutto. Perché è un tempio che onora un antropo che non vuole farci ripiombare in quella epoca oscura e discriminante in cui il terrore e la violenza erano i cavalieri serventi dell’ignoranza. Perché è un tempio che onora l’antropo che quando costruisce Sapere e lo fa circolare è la più fantastica delle creature e non c’è bisogno di Shakespeare per dire «what a piece of work is man», ma soprattutto non c’è bisogno di scomodarlo per il passaggio successivo, «how noble in reason». Dentro di noi ne siamo intimamente convinti tutti, senza eccezione: è a questa nobiltà che bisogna inginocchiarsi e offrire fiori e porgere preghiere, perché è questa nobiltà che fa avanzare la specie umana ed è l’unica, e non quella in possesso di un fantasioso sangue blu, che oggi può salvare la specie dalla sua estinzione fortemente voluta e auspicata dall’Homunculus Economicus Deficientis, Homunculus che trova i suoi alleati preziosi in strutture di potere che inneggiano al ritorno di Sua Maestà Ignoranza per sconfiggere la nobiltà della ragione.
Qui, a Pechino, in questo tempio, donne e uomini si inginocchiano davanti alla nobiltà della ragione. Ricordo che quando ho scoperto questo tempio, ho mentalmente pensato che avevo visto il meglio della Cina, potevo tornare a casa, come in effetti feci, per non sciupare l’emozione di ciò che avevo visto con altre affastellate immagini. C’è chi dice che l’intero Prado non valga il quadro di Mantegna sulla Morte della Vergine. Per molti il Louvre è segnato da Monna Lisa. Così come gli Uffizi sono La Primavera o la National Gallery è Turner, non perché Hieronymus, Velázquez, Raffaello non contino, ma perché sintetizzano in maniera privilegiata tutto quello che c’è. In pratica non si può uscire dal Prado senza aver rivisto Mantegna, o dalla National Gallery senza aver assorbito Turner. E così non si può lasciare la Cina senza aver portato un fiore nel tempio del Sapere. In quel tempio c’erano donne e uomini che accendevano ceri, portavano fiori, si inginocchiavano per pregare gli immortali del V secolo a.C., che non erano santi miracolistici o divinità condannate all’oblio nel corso dei secoli, come è comune destino della divinità quando i tempi cambiano e civiltà nuove sostituiscono quelle antiche che sembravano insostituibili. Con le civiltà abdicano le divinità.
Ma gli immortali onorati in quel tempio non sono santi o divinità circoscrivibili alle civiltà che li adorano, sono immortali perché si sono adoperati senza discriminazione o preferenza per il progresso dell’intero genere antropico: sono i letterati, i filosofi, gli scienziati, i poeti. E chi portava quei ceri, offriva quei fiori, si inginocchiava per porgere il proprio rispetto, non erano letterati, scienziati o filosofi, ma operai, gente del popolo. Nel Tempio di Confucio, perché di questo tempio si parla, ciò succede in un’area che si chiama Chiostro delle grandi conquiste. Ma queste conquiste non sono territori, mari, popoli come siamo abituati a celebrare in Occidente: sono conquiste dello spirito. I sedici immortali che fanno compagnia al Primo Maestro, Confucio, sono i Maestri della filosofia e della letteratura suddivisi in un gruppo di quattro e uno di dodici. Ogni paese dovrebbe similmente onorare con un tempio i propri poeti, scienziati e filosofi. E i templi eretti agli immortali del Sapere di ogni paese, avrebbero il piccolo ma forse non trascurabile vantaggio che non raccoglierebbero folle armate alla conquista e distruzione dei templi altrui, per il semplice fatto che questi immortali avevano come obiettivo l’avanzamento del Sapere di tutti.
Nel Chiostro delle grandi conquiste i quattro filosofi sono Yan-Zi (Yan Hui), Zeng-Zi, Zi Si e Meng-Ke (ovvero Mencio). Questi quattro maestri sono ricordati al fianco di Confucio, e l’offerta di fiori che si fa al Maestro vale per tutti. Separati e autonomi sono invece gli immortali della metrica, della poesia, della matematica, della fisica. I dodici saggi, che hanno sviluppato per primi e portato al più alto livello iniziale immaginabile le varie forme di Sapere cinquecento anni prima dell’era moderna, li potremmo chiamare, vista la peculiarità del numero, i dodici apostoli del Sapere. Min Sun, Ran Yong, Duanmu Ci, Zhong You, Bu Shang, You Ruo, Zai Yu, Ran Geng, Ran Qiu, Yan Yan, Zhuansu Shi, Xu Zhi, tutti tranne l’ultimo di un’epoca in sostanza, di cui noi occidentali ci compiacciamo per aver inventato, grazie ai greci, e così è stato, praticamente tutte le forme del Sapere costruibile e trasmissibile che costituiscono il cuore dell’Occidente. Quel Sapere che Sua Maestà Ignoranza si sforza in tutti i modi di contrastare e circoscrivere a poche élite, e che in questo momento tenta di aggredire con il fumo venefico della informazione tv comandata da pochi potenti a danno specialmente dei giovani. Ci piace citare quei nomi, che a noi occidentali non dicono assolutamente niente, per fare omaggio a una civiltà che non solo crea Sapere, ma erige un tempio agli «immortali» che lo hanno creato e fatto circolare, civiltà a cui nella foga della quotidianità, finiamo con attribuire significato solo per la immensa disponibilità di manodopera a poco prezzo e che invece va anzitutto considerata proprio per il suo vincolo con il Sapere. La civiltà cinese è candidata privilegiata e naturale alla Darwinomics perché ci sono in quel suo tempio le due frasi che insieme a quella di Orazio con cui inizia questo libro, «Sapere aude, incipe», possono fare da parentesi alla sfida che l’Oriente è in grado di lanciare all’Occidente. Eccole: «Insegnare a milioni di persone» insieme all’altra del tutto inconcepibile in una cultura occidentale impregnata di miti pseudo-intellettuali politici machiavellici.
PLEASE DO NOT LIE HERE. Questo cartello non ordina, non comanda, non definisce forme di imperio. Chiede una cortesia: «Per favore, in questo posto non mentite». Lo chiede come una cortesia, come atto di rispetto. Mentite dove vi pare, ma non qui. Che la menzogna non circoli nel luogo in cui si onora il Sapere!
Nella combinazione di due affermazioni di questa portata, «insegnare a milioni di persone», e «per favore non mentite in un luogo dove si onora il Sapere», c’è una sintesi di civiltà che può indicare all’Occidente valori decisivi per la sopravvivenza darwiniana della specie.
Questo tempio, e le sue scritte, valgono da soli un pellegrinaggio di ogni Darwin economist a Pechino.
VOLTAIRE: Touts les temps ont produit des héros et des politiques, tous les peuples ont éprové des revolutions: toutes les histoires sont presque égales pour qui ne veut mettre que des faits dans sa mémoire… mais quiconque pense, et, ce qui est encore plus rare, quiqonque a du gout, ne compte que quatre siecles dans l’histoire du monde. Ces quatre ages hereux sont ceux où les arts ont été perfectionnés, et qui, servant d’epoque a la grandeur de l’esprit humain sont l’exemple de la posterité.3
INTERVISTATORE: Mr Darwin, pensa si possa ipotizzare un quinto secolo fondamentale per lo «sviluppo del mondo», a livello dei quattro citati da Voltaire?
DARWIN: Sicuro. Infatti lo stiamo vivendo: è il secolo di Internet America.
Rinascimento americano
Grandezza futura dell’America: non da guerre sante ma da Arte e Sapere. Il campo di battaglia del XXI secolo: Monopolio Sapere (tv) e Sapere a portata di tutti (social network)4
Exegi monumentum aere perennius
regalique situ pyramidum altius,
quod non imber edax, non Aquilo inpotens
possit diruere aut innumerabilis
annorum series et fuga temporum.
Non omnis moriar multaque pars mei
vitabit Libitinam; usque ego postera
crescam laude recens, dum Capitolium
scandet cum tacita virgine pontifex.
Dicar, qua violens obstrepit Aufidus
et qua pauper aquae Daunus agrestium
regnavit populorum, ex humili potens
princeps Aeolium carmen ad Italos
deduxisse modos. Sume superbiam
quaesitam meritis et mihi Delphica lauro
cinge volens, Melpomene, comam.5
Partita a scacchi: Gambit, per non rimpiangere Bush Jr
Gambit. Apertura di scacchi in cui si offre il sacrificio di un pezzo per ottenere vantaggi maggiori nel prosieguo della partita. Durante il match Oriente/Occidente. L’Occidente può offrire in Gambit il ruolo solitario della regina (l’America) in nome di una azione integrata e collettiva di tutti i pezzi del suo scacchiere occidentale. Ma alla regina serve il supporto di un re speciale. Un re che invece che da Dio unico e universale si comporti da multilateralista che valorizza il ruolo dei partners.
Ma i partner devono ricordarsi che se il Gambit non riesce emergerà un re che forse farà addirittura rimpiangere il principe Dio unico e universale e a questo punto l’ipotesi Darwinomics si allontana come si allontana la nascita del capitalismo America n. 4.6
Čechov, Barack e gli amici d’occasione
In una delle meravigliose storie con cui Anton Čechov miracolosamente riesce a dipingere il tessuto della società russa in tutte le sue più minute pieghe mentali, lo scrittore descrive l’incontro di due amici di scuola che dopo molti anni si incrociano fortuitamente in una stazione. Uno è magro l’altro è grasso: il magro è appena sceso dal treno con moglie magra, figlio magro, pacchi e pacchetti di cartone grassi in numero esagerato, legati con spaghi d’occasione: tipico trasloco di gente povera che non può lasciare niente per strada, neanche uno spillo, neanche un rotolo di carta igienica, ah! ad averla! Il grasso è sceso anche lui dallo stesso treno, ma ha poche magre valige al seguito, con regolare servo…
«Zdravstvujte Zdravstvujte. Ciao. Ciao.»
«Ma come, tu qua?»
«Da. Da. E anche tu?»
«Da. Da. Ti ricordi quando?»
«Da. Si ricordava.»
«Cara ti presento il mio amico di scuola.»
«Chem ty seychas zanimaeshsya? Cosa faccio qui?»
Sono stato assunto dal comune dove occuperò un posto di segretario di quinto grado, stipendiuccio modesto ma lo arrotondo con vendita di piccoli oggettini in legno che costruisco la notte con la moglie e con il piccolo, vedi quelle valige? Sono il mio companatico. Cara saluta il mio amico che certo avrà fatto più carriera di me, vedi come è vestito bene, e questo filetto di grasso la dice lunga… Questo è tuo figlio? Sì è mio figlio. Figlio saluta il mio amico, vedi come è fatto un signore. Sai noi andavamo a scuola insieme. Lui certamente ha fatto più carriera di me. Cosa sei consigliere? Di più? Primo consigliere? Di più? Cosa sei…? Di più. Oddio? E il magro si fa piccino piccino. Eccellenza… E il grasso si innervosisce: macché Eccellenza… guarda che noi andavamo a scuola insieme. Sì ma ora lei, è Eccellenza… Lei? ma che dici? dammi del tu. Ma ora lei è Eccellenza! Guarda che eravamo compagni di scuola… ma io sono un modestissimo segretario… lei Eccellenza… cara vedi l’Eccellenza… si degna di salutarmi… (e al figlio che si nasconde dietro il padre)… sei felice? Ora hai visto anche tu una Eccellenza… Ma smettila con questa Eccellenza, guarda che andavamo a scuola insieme… e alla fine l’Eccellenza non ne può più, saluta e si allontana… Della serie «The fault, dear Brutus, is not in our stars, but in ourselves, that we are underlings» diceva tempo fa Cassio a Bruto.7 Qui i personaggi hanno un po’ meno spessore, ma il concetto si adatta perfettamente.
Caro Barack le cose, per quanto ci riguardano, non rischiano di andare allo stesso modo. Quasi sicuramente non ci incontreremo in nessuna stazione, anche se siamo amici dal 2004 da quando per la prima volta parlasti nella «Democratic Convention» che avrebbe incoronato i...