UN “PICCOLO MONDO”: L’ESPERIENZA DELLA PERDITA NEI GRUPPI
«La morte è uno di quei fatti della vita che registriamo più con l’intelletto che non con il cuore. E spesso, mentre il nostro intelletto ammette la perdita, il resto di noi cercherà energicamente di negarlo» (Viorst, 2002, Distacchi, p. 243)
Nel primo capitolo di questo saggio ho cercato di offrire al lettore alcune indicazioni sulla storia dei gruppi di auto mutuo aiuto, dando spazio maggiore all’approccio che sottende il successo di questo tipo di iniziativa e alcuni dei limiti che si possono incontrare.
Per comprenderne, però, i meccanismi psico-sociali, le dinamiche tra i membri e le pratiche di partecipazione, è stato necessario entrare, immergermi lentamente in questa realtà.
Il capitolo è dedicato a descrivere questi aspetti, partendo dai risultati di una ricerca empirica che mi ha accompagnata per diversi anni e che ha visto l’impiego di metodi differenti, qualitativi e quantitativi.
Le tabelle, quindi, si alternano alle voci degli stessi intervistati, dei partecipanti ai gruppi che mi hanno permesso di entrare nelle loro vite, anche al di là dei confini degli AMA, di visitare insieme il loro passato e di scrutare nelle proiezioni future, di quello che loro desiderano e si aspettano dalla vita.
Perché dopo una perdita esiste anche un domani. Occorre solo aspettare il momento di riuscire a vederlo di nuovo.
1. UN MONDO SOSPESO. DALLA TEORIA ALLA PRATICA SOCIOLOGICA
Il radicamento della pratica dei gruppi di auto mutuo aiuto nell’assistenza sociale e psicologica, in Italia, arriva con un po’ di ritardo e soprattutto segue evoluzioni differenti rispetto alla tradizione americana dove è nata.
Più nello specifico l’interesse per gli AMA ha generato immediate tensioni tra i professionisti che non vedevano in questo strumento un valido supporto d’aiuto, quanto piuttosto una minaccia alla propria professione. Questo clima ha influito molto sullo sviluppo delle esperienze di gruppo e sul consolidamento di una metodologia unica e unitaria.
In genere, questo approccio assistenziale si è diffuso poco per vie ufficiali e, anche quando promosso all’interno di istituzioni, esso è prevalentemente frutto del sostegno di professionisti “illuminati” che hanno avviato l’iniziativa sulla base delle proprie competenze e aspirazioni.
Nonostante si rifletta sul potere e la qualità degli AMA (tra gli altri Tognetti Bordogna, 2004), sono pochi gli studi sistematici che forniscono un quadro completo della situazione italiana61 e che, accanto a un censimento quantitativo, restituiscono un approfondimento focalizzato sulle pratiche in senso stretto.
Lo stesso coordinamento AMA sembra essere una rete consolidata ma parallela rispetto al sistema socio-assistenziale istituzionalizzato. E dato che spesso le adesioni al network sono puramente spontaneistiche, rimane comunque il dubbio che vi sia molto di più di quello che effettivamente si può monitorare con una rilevazione sistematica. Resterebbero fuori, cioè, tutte quelle iniziative che operano a livello territoriale e locale, senza aderire a un preciso modello di lavoro o per mancanza di informazione o per sostenere una ostentata indipendenza dal “sistema”.
È inevitabile che una simile realtà si rifletta anche nell’ambito del lutto, tematica che ha visto la nascita dei primi gruppi poco più di un decennio fa62.
Lo studio che fa da sfondo a questo libro si è posto come obiettivo proprio quello di entrare maggiormente nel merito della realtà dei gruppi di auto mutuo aiuto sul lutto, al fine di coglierne dinamiche, pratiche comunicative, caratteristiche di funzionamento e soprattutto per comprendere se effettivamente sia possibile una loro traslazione nei contesti digitali, se cioè le esperienze di condivisione della perdita on-line, possano essere ritenute una forma mediata delle pratiche vis à vis.
Può forse soprendere il lettore lo scoprire che il processo di ricerca ha seguito un percorso inverso: lo studio, infatti, è partito dalle esperienze all’interno della Rete, monitorando, attraverso la presenza e la partecipazione silenziosa63, alcuni ambienti di condivisione, come forum e blog, e solo successivamente si è spostata al di fuori di essa.
È stata quasi una scoperta inaspettata trovare dei contesti digitali che avevano anche un punto di riferimento territoriale fisico e che portavano avanti la pratica di narrare l’esperienza della perdita, anche in situazioni di gruppo vis à vis.
Il primo momento della ricerca ha dunque riguardato la conduzione di interviste in profondità con i partecipanti ai gruppi on-line, con osservatori privilegiati come i facilitatori e con alcuni blogger, che hanno deditato il loro diario virtuale, tutto o in parte, a un’esperienza di perdita64.
Le comunità osservate erano in prevalenza chiuse, ovvero esplorabili solo dopo l’autorizzazione da parte degli amministratori, mentre i blog erano tutti aperti e monoautoriali. Un’attenzione particolare è stata dedicata anche ai gruppi on-line dedicati al lutto perinatale, i cui promotori hanno accolto con interesse la ricerca e si sono resi disponibili a offrire il loro aiuto e il loro supporto.
Molte delle osservazioni che ho raccolto nel capitolo dedicato alle esperienze in Rete sono state possibili proprio grazie all’impegno dei facilitatori delle comunity e alla sensibilità dei blogger che, nonostante il dolore, hanno voluto condividere con me la loro esperienza di cibernauti alle prese con un vissuto difficile da gestire.
Il secondo momento della ricerca iniziato nel 2008 e conclusosi nel 2010 mi ha portata al di fuori della Rete. Attraverso proprio alcune associazioni che avevano costituito dei ponti tra comunità on-line e punti territoriali vis à vis, ho iniziato il mio viaggio nei gruppi AMA dedicati al lutto.
In questo caso, però, trattandosi di una rete poco strutturata, è stato complicato riuscire a ricostruire un quadro complessivo di ciò che era offerto sul territorio nazionale. E soprattutto non è detto che vi sia riuscita. Sono partita da ciò che era disponibile sul web e dal rapporto sugli AMA del 2006 e poi ho cercato di mettermi in contatto con tutte quelle realtà65 in cui era lecito pensare vi potesse essere una forma di sostegno nell’elaborazione del lutto.
A ciascuno dei contatti individuati, ho chiesto di compilare telefonicamente o via web un breve questionario di screening sui tipi di servizi di supporto al lutto offerti dalla struttura/associazione. In totale sono stati raccolti 422 questionari.
Non entrerò nel merito dei risultati di questo momento della ricerca però vorrei sottolineare due valori interessanti. Come per la rilevazione del 2006, mio punto di riferimento, anche le attività di supporto al dolente sono più ricche e strutturate nelle regioni del Centro-Nord, con alcuni casi di eccellenza come la Lombardia, il Piemonte, il Veneto, la Toscana e l’Emilia Romagna.
Il 70% dei rispondenti afferma di avere già attivato dei servizi di supporto al lutto, in genere molto strutturati e affidati a professionisti. Di questi solo 23,2% delle strutture dichiara di avere esperienza di sostegno nel lutto attraverso i gruppi di auto mutuo aiuto. La percentuale che ho indicato a mio avviso è poco attendibile e sovrastimata e ciò dipende soprattutto dal fatto che lo stesso termine “gruppo di auto mutuo aiuto”, nel del tutto condiviso nella comunità scientifica che si occupa di questi temi, risulta poco chiaro anche a chi opera nel settore socio-sanitario, sia a livello strutturato che volontaristico.
Detto in altre parole, ritengo che in alcuni casi si sia dichiarato di avere a disposizione dei gruppi AMA nella struttura senza avere ben chiaro cosa si intendesse con questo termine e confondendoli, con ogni buona probabilità, con i gruppi di sostegno condotti da esperti.
Questo breve questionario era soprattutto finalizzato a individuare casi di gruppi non inseriti nella lista nazionale messa a dispozione dal coordinamento AMA-lutto66. Ma non avrebbe da solo risposto ai nostri obiettivi conoscitivi.
Per questo motivo, alla fase di screening sono seguiti due momenti di approfondimento prevalentemente incentrati su metodi qualitativi.
In primo luogo, tutti coloro che avevano affermato di avere già attivo il servizio di auto mutuo aiuto sono stati invitati a compilare un secondo questionario di approfondimento, focalizzato in prevalenza sugli aspetti organizzativi e di gestione dei gruppi. In modo particolare, il questionario era rivolto ai facilitatori che, come osservatori privilegiati della vita del gruppo, avrebbero potuto restituire un’immagine più operativa e reale.
In totale, sono stati raccolti 96 questionari, poiché alcuni contatti non hanno risposto favorevolmente all’invito, altri invece, pur essendo nelle liste dei gruppi AMA sul territorio, di fatto non risultavano attivi per mancanza di adesioni o perché ancora in fase di costituzione.
A questo momento, sono seguite delle interviste di approfondimento, di tipo narrativo (Berteaux, 2000), con i facilitatori, con alcuni membri dei gruppi e con esperti, vicini ai temi della perdita e favorevoli o meno all’avvio di gruppi di auto-mutuo-aiuto67. Questa fase è stata estremamente preziosa per la ricchezza degli spunti e delle suggestioni provenienti da chi segue o fa diretta esperienza della vita nei gruppi. Anche i giudizi critici di alcuni osservatori privilegiati hanno avuto una loro utilità, permettendo di bilanciare gli sguardi entusiasti di chi crede in questo approccio e ha ottenuto effettivi benefici dalla partecipazione. Benefici che forse in parte possono rendere meno obiettivi di fronte ad alcune criticità, proprie della vita comunitaria.
La traccia utilizzata, nel caso dei facilitatori era volta a ricostruire l’esperienza maturata in questo ruolo, spesso preceduta da un momento di partecipazione come utente. Era importante per me cogliere anche alcuni aspetti percettivi sulla composizione del gruppo, sulle dinamiche interne e sulle prassi di funzionamento, che come ho anticipato spesso in Italia sono molto differenziate.
Le più preziose sono state certamente le esperienze dei membri dei gruppi perché mi hanno permesso di ricostruire il percorso di elaborazione attraverso e negli AMA, in maniera condivisa. In questo caso ho provato a utilizzare una traccia narrativa-visuale, che includesse cioè uno foto-stimolo. Avevo chiesto preventivamente agli intervistati, che spesso raggiungevo direttamente nelle loro abitazioni, di selezionare alcune fotografie che ritenevano importanti per raccontarmi il loro vissuto.
In sé la richiesta non è andata quasi mai a buon fine, anche perché, andando avanti con i miei studi, ho scoperto che vi è un rapporto molto ambivalente con questo particolare tipo di oggetti. Però in diverse occasioni, in maniera del tutto spontanea durante il nostro colloquio, gli intervistati mi hanno mostrato delle fotografie esposte in casa, descrivendomi, attraverso di esse, alcuni momenti cruciali del loro percorso elaborativo. Le foto cioè aiutavano il rispondente a recuperare alcuni momenti felici, alcuni aspetti della vita ordinaria che il lutto aveva interrotto, minacciato o sospeso.
Se dovessi definire il processo di reclutamento che ho seguito direi quasi che si è trattato di una reazione a catena. Sono partita dai questionari di screening e in questo modo ho individuato gli AMA esistenti sul tema del lutto; attraverso il contatto con essi, sono riuscita a ottenere dei colloqui individuali con i facilitatori e con gli esperti, e così via.
Le interviste ai membri del gruppo, in realtà, hanno seguito un altro momento della ricerca particolarmente importante: l’osservazione partecipante in tre gruppi AMA68. Più nello specifico, in ciascuno di essi ho partecipato agli incontri per un periodo di tre mesi, per un totale di...