Fiorenzo Pilla Rossella Dolce Marco Giacomello
Social family
Sfide per famiglie al tempo del digitale
LEDIZIONI
Indice
Prefazione - Gli equivoci della condivisione
di Stefano Moriggi
Universo Digitale e Io Digitale
Cos’è l’universo digitale
Reale o artificiale? L’integrazione tra digitale e fisico negli scenari di “Realtà Virtuale” e “Realtà Aumentata”
L’io digitale
La condivisione dei dati e il ruolo degli algoritmi
L’analisi della personalità digitale in un contesto aggregato: la raccolta di informazioni a scopo pubblicitario e la “pubblicità comportamentale”
L’analisi mirata della personalità digitale: chi ha interesse ad esaminare il nostro “Io digitale”?
La genesi della personalità digitale
La prima infanzia
Infanzia e preadolescenza
L’adolescenza
L’età adulta
Socialità nel mondo fisico e nel mondo digitale
Compiti genitoriali e compiti evolutivi in adolescenza
Socialità e adolescenza nel mondo reale
Socialità nel mondo virtuale
Socialità nel mondo virtuale per gli adulti
Socialità nel mondo virtuale per i ragazzi
Di cosa preoccuparsi in relazione all’Universo Digitale
Disturbi e dipendenza
Il Cyberbullismo
La figura del Cyberbullo
Fattori di rischio psicologico nel mondo virtuale
Effetti sulla costruzione dell’identità
Perché non dobbiamo temere l’Universo Digitale
Nuove possibilità relazionali
Come affrontare insieme un nuovo contesto
Perché non dobbiamo temere il rapporto tra i ragazzi e l’Universo Digitale
Rischi e opportunità nella costruzione della personalità Digitale
Fattori di rischio: Invidia e depressione nell’utilizzo dei Social Network
Fattori di rischio: truffe e furto di identità
Opportunità: estensione nell’accesso alla socialità
I Social Network
Cos’è un “Social Network”
Facebook
Facebook e i ragazzi: approccio e diffusione
Facebook e i ragazzi: punti di attenzione
Whatsapp
Whatsapp e i ragazzi: approccio e diffusione
Whatsapp e i ragazzi: punti di attenzione
Facebook Messenger
Facebook Messenger e i ragazzi: approccio e diffusione
Facebook Messenger e i ragazzi: punti di attenzione
Instagram
Instagram e i ragazzi: approccio e diffusione
Instagram e i ragazzi: punti di attenzione
Snapchat
Snapchat e i ragazzi: approccio e diffusione
Snapchat e i ragazzi: punti di attenzione
Ask.fm
Ask.fm e i ragazzi: approccio e diffusione
Ask.fm e i ragazzi: punti di attenzione
Twitter
Twitter e i ragazzi: approccio e diffusione
Twitter e i ragazzi: punti di attenzione
Tumblr
Tumblr e i ragazzi: approccio e diffusione
Tumblr e i ragazzi: punti di attenzione
Altri social network
Pinterest
Kik Messenger
Burn Note
Omegle
Tinder
Gli strumenti di difesa e prevenzione
Alcune regole base
Difesa e prevenzione tecnica e applicativa
I filtri
Filtri integrati nei sistemi operativi per desktop o laptop
Applicativi di filtro per desktop o laptop
Applicativi per il controllo integrale
Fattori protettivi
Privacy e diritto all’oblio
Nel 2025 ricompreremo la nostra privacy? I dati come unica moneta di scambio
Cosa sa Google di te? 5 modi per scoprirlo
Geolocalizzazione
Ricerche
Preferenze
L’accesso al profilo
Una copia di tutto, grazie.
Privacy e social network: i rischi di una eccessiva condivisione
Diritto all’oblio 1.0: cosa, come e perché
Diritto all’oblio 2.0: cosa fare se Google dice di no?
Conclusioni
Gli autori
Prefazione
Gli equivoci della condivisione
Quando il “buon senso” non basta.
Stefano Moriggi
(Università di Milano Bicocca)
Mai quanto adesso cambiare comportamento ed espandere la conoscenza ha richiesto la disposizione ad abbandonare non solo vecchie soluzioni, ma vecchi problemi.
John Dewey
“Condividere e sapere condividere è una virtù preziosa”. Esordiva così Francesco I in San Pietro nell’Udienza Generale dello scorso 11 novembre. Ma, al di là delle apparenze, il suo non era un discorso sulle tecnologie. Anche se, a ben vedere, in un passaggio di quel sermone, il Vescovo di Roma osservava: una famiglia “in cui a tavola non si parla ma si guarda la televisione, o lo smartphone, è una famiglia ‘poco famiglia’. Quando i figli a tavola sono attaccati al computer, al telefonino, e non si ascoltano fra loro, questo non è famiglia, è un pensionato”.
Come prevedibile, non è mancato chi ha ingenuamente inteso o liberamente interpretato le considerazioni del Pontefice come una riflessione – oltre che una raccomandazione – sull’utilizzo delle tecnologie; sebbene dovrebbe essere evidente ai più che, condivisibili o meno, le parole in questione non vadano oltre il buon senso di un padre… di famiglia.
Di recente, commentando la sopracitata dichiarazione durante un seminario sulla didattica tecnologicamente aumentata, una docente non lontana dal traguardo della pensione ricordava che, quando era poco più che una bambina, i suoi genitori, per gli stessi motivi indicati da Bergoglio, le proibivano di presentarsi a tavola con un libro. Certo, anche il libro è una tecnologia - per quanto di questi tempi si fatichi non poco a riconoscerlo e a considerarlo in quanto tale. Tuttavia, immaginare che un’identica raccomandazione possa valere per imbastire un rapporto significativo ed equilibrato con “macchine” tra loro così diverse (libro, televisione e smartphone), e illudersi al contempo che le buone maniere che tutelano la convivialità di un desco possano addirittura rivelarsi appropriate per gestire la complessità del rapporto con le tecnologia (ancorché nel più ristretto, ma non meno delicato contesto domestico) pare ingenuo, per non dire irresponsabile.
E, d’altra parte, non va molto più lontano chi invece è incrollabilmente persuaso di venire a capo della questione con provvedimenti quantitativi: ossia, individuando caso per caso le opportune somministrazioni di tecnologia, oltre le quali l’interazione con tali strumenti degenererebbe in un anomalo abuso.
Per costoro, insomma, rinunciare alle tecnologie è impensabile, abusarne è disdicevole. E chi potrebbe negare che si tratti di una posizione di “buon senso”? Nessuno, appunto. Questo, infatti, è il problema. Ancora una volta, ci si trova di fronte a un approccio tanto generico quanto intuitivo, che (per lo meno a prima vista) pare funzionare sia quando si tratta, poniamo, di regolamentare l’utilizzo dello smartphone dei propri figli; sia per impedire ai più golosi indigestioni di marmellata – che, però, se assunta per modiche quantità, non può fare che bene. E per quanto a parole sia palese ai più la necessità di approcci diversificati, nei fatti, invece, è difficile riscontrare negli adulti la capacità di gestire la loro relazione (o quella dei loro figli) con la tecnologia diversamente da come si rapportano con un barattolo di confettura.
A scanso di equivoci, allora, è forse il caso di fare un po’ di chiarezza sui termini – a partire proprio da buon senso. E un filosofo in particolare può venirci in soccorso. Come noto, infatti, René Descartes nella Prima Parte del suo Discorso sul metodo (1637) sosteneva che il “buon senso è a questo mondo la cosa meglio distribuita”. Al punto che – aggiungeva il pensatore francese, non senza una qualche sfumatura retorica – “ognuno pensa di esserne così ben provvisto che anche i più incontentabili sotto ogni altro aspetto, di solito, non ne desiderano di più”. Ecco, si presti attenzione al fatto che, nel vocabolario cartesiano, quel “buon senso” (bon sens) sulle evidenze del quale il filosofo di Le Haye ha cercato di edificare un criterio efficace per “giudicare rettamente, discernendo ...