Amore
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Parole appassionate e dieci disegni inediti per esplorare le diverse facce dell'amore, esperienza comune e insieme intima degli uomini e delle donne. Il viaggio si muove intorno all'Eros, il "luogo" dell'incrocio di sessualità e di emozioni, mosse dal sentimento di non bastare a se stessi. Miti antichi, fiabe, poesie di ogni epoca, cantici biblici accompagnano un discorso che tenta di cogliere la complessità e il dramma dell'amore, tra felicità, sofferenze e speranze esistenziali. Al di là dei moralismi e delle spiritualizzazioni edulcorate.

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Informazioni

Anno
2017
ISBN
9788878852044

Perché amore?

Il Cantico dei Cantici di Salomone comincia con una voce di donna che dice «baciami!»:
Baciami coi baci della tua bocca
più buoni del vino
sono i tuoi abbracci
L’amore è una parola che lì per lì sa di buono. Ma non è solo così. Ho scelto questa parola, “amore”, per farmela girare nella mente come si fa nella bocca col vino per provarne i diversi sapori, quelli immediati e quelli profondi. Profondità dei sapori e dei colori controluce. Dietro il soave l’amaro, e con le trasparenze le oscurità. L’amore si affaccia sulla vitalità come sulla follia ossessiva, sulla generosità come sull’egoismo. Ho cercato di indagare su un’esperienza così comune eppure così privata, e tanto complessa e contraddittoria da restare in qualche sua parte indecifrabile; un’esperienza così antica eppure vissuta da ciascuno come una novità e una sorpresa. Un evento che sentiamo spontaneo, eppure è attraversato anche nell’intimo da stereotipi collettivi; è sentimento ma anche linguaggio, che è comunicazione interiore con sé e con l’altro e insieme fatto sociale. Natura e cultura (intesa come senso comune variabile nella storia e nei luoghi) vi si incrociano e vi si confondono.
Parlare dell’amore è stata anche una ricognizione in scorcio della mia vita, ma i riferimenti personali restano impliciti, eppure necessari a rendere per me credibile quello che andavo dicendo, a farmi comprendere più intimamente quello che altri ne hanno detto, a scegliere tra le infinite pagine sull’argomento (eppure troppo poche ne ho lette) quelle in cui mi sentivo coinvolto non solo intellettualmente.
Una domanda ha attraversato la mia esperienza dell’amore: che cosa sente una donna? Nello scrivere queste pagine ho avuto soprattutto interlocutrici. (In particolare Stefania Portaccio, ma ho avuto anche consigli di lettura o critici da Paola Melchiori, Tea Camporesi, Lea Melandri, Luisa Accati e Valentina Levi). Con le donne si parla più facilmente di sentimenti e di relazioni; gli uomini in genere sono più reticenti o distratti, o ci hanno pensato meno.

Parlare d’amore, parlare dell’amore

L’amore è una peripezia in cui l’io soffre dei limiti che lo determinano, sente la sua insufficienza per sé, desidera e cerca un “noi”. Soffre di nostalgia per lo stato di fusione col mondo da cui è uscito determinandosi, vuol essere sé, ma grazie all’altro. Cerca nell’altro qualcosa che definisca il suo essere sé e al tempo stesso lo accolga, lo definisca e al tempo stesso lo completi, lo concentri e al tempo stesso lo espanda. Un cammino tortuoso, lastricato di illusioni e delusioni, sul crinale tra l’affetto e l’odio, tra il sentimento e il risentimento, guidato da una necessità imperiosa ma poi piegata al compromesso, perché con l’altro, bene o male, bisogna scendere a patti, perché il principio del piacere deve fare i conti col principio di realtà.
L’amore è prestigioso, eppure infligge le più dolorose umiliazioni; sa di buono, ma c’è stato chi ha acceso roghi per amore; sa di dono ma è anche incline alla rapina, rapina dell’amante perché lo asservisce al desiderio, o rapina dell’amato, perché l’amante lo vuole per sé. Al pari di tutte le cose essenziali della vita, l’amore è cagionevole, esposto alle peggiori malattie. Amore è una parola che si ammala. D’amore si vestono le cose più alte e si travestono le cose più basse, che vantano l’amore come propria giustificazione. “Amore”, parola abusata, facile alla prostituzione. All’amore per la giustizia non corrisponde una giustizia dell’amore, perché l’amore in prima istanza non si cura della giustizia.
Parlare dell’amore è altra cosa che parlare d’amore. Si parla d’amore con chi si ama, in sua presenza o in sua assenza. L’amore come esperienza in atto ci detta dentro le sue parole. Ma parlare dell’amore, come spetta a queste pagine, incontra invece difficoltà simili a quella di S. Agostino a proposito del tempo: «Che cosa dunque è il tempo? Se nessuno me lo domanda, lo so: ma se voglio spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so più». Così l’amore: sappiamo per esperienza di che cosa si tratti, ma se cerchiamo di spiegarlo ci sfugge. Tanto più se riconduciamo all’amore fatti diversi: la passione erotica, l’amicizia, l’affetto materno e paterno e quello figliale, la dedizione al nostro gruppo di appartenenza, alla patria, ai nostri ideali, al nostro gatto, alla nostra attività, al nostro Dio, all’umanità, al mondo… L’amore ha dimensioni personali e dimensioni sociali. Esiste una matrice comune alle diverse dimensioni dell’amore? Esiste una fonte comune ai nostri desideri, alle nostre apprensioni, alle nostre aspettative e nostalgie più profonde?
Ma queste pagine parleranno soprattutto di Eros, là dove sessualità ed emozioni affettive si incrociano.
Ha forse ragione Freud, quando sembra indicare questa fonte comune nella libido? «La sessualità – scriveva nella Introduzione allo studio della psicoanalisi – è l’unica funzione dell’organismo vivente che si estenda al di là dell’individuo, e che garantisca la sua connessione con la propria specie». E c’è qualche differenza tra l’amore di una donna e l’amore di un uomo? Per fortuna c’è del femminile nel maschile e viceversa, e questa provvidenziale impurezza rende possibile una qualche intuizione reciproca.
Più che i concetti, talvolta ci aiuteranno i racconti.
Racconta Ovidio nelle Metamorfosi (Libro III) la disputa tra Giove e Giunone su chi nell’amore sia più capace di godimento, se la femmina o il maschio. Più gode la femmina, dice Giove, e Giunone nega. Ma nessuno dei due è in grado di fare un tale confronto. Nessuno dei due sa quel che prova l’altro, l’altra. Decidono allora di interrogare Tiresia, che nel corso della sua vita era stato maschio e femmina. In una selva verdeggiante aveva interrotto un giorno il connubio tra due grandi serpenti e in seguito a ciò si era trasformato in donna. Visse in questa nuova condizione «per sette autunni» e poté dunque conoscere per esperienza «l’una e l’altra Venere». La sua sentenza diede ragione a Giove: la donna è capace di godimento più dell’uomo. (Le zone erogene della donna sono infatti più estese di quelle dell’uomo, e più intensa è la sua forza emotiva). Giunone si era adombrata, o perché aveva perduto la sfida, o perché non voleva fosse rivelato questo privilegio femminile: Tiresia aveva visto troppo, e lo punì rendendolo cieco. Giove invece lo compensò rendendolo veggente, capace di vedere il futuro attraverso la tenebra dei suoi occhi spenti. E il primo vaticinio di Tiresia fu in risposta alla ninfa Lirìope, che lo interrogava sul destino di suo figlio Narciso, giovane dalla bellezza incomparabile: «Tuo figlio vivrà se non conoscerà se stesso».
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Ora, Narciso fugge Eco e le altre ninfe innamorate di lui. Spossato dalla caccia e dal caldo, si stende un giorno sulla riva di una purissima fonte, ma mentre si china a calmare la sete un’altra sete lo prende per l’immagine che vede riflessa; disteso, contempla quelle due stelle che sono i suoi occhi, i capelli degni di Bacco e persino d’Apollo, le guance imberbi, il collo d’avorio e la bellissima bocca, ma tutto ciò che ammira non è che la propria bellezza. Ignaro, desidera e arde di se stesso. Più volte lancia baci all’illusione della fonte, e immerge le braccia nell’acqua per stringere la propria immagine che svanisce. Poi comprende: «Sono io stesso, – dice il Narciso di Ovidio, – per me stesso brucio d’amore, accendo io stesso la fiamma di cui brucio. Ciò che desidero è in me, la mia stessa ricchezza mi ha fatto impotente. Potessi io staccarmi da me. Voto inaudito per gli amanti, voler distante chi amiamo». Muore infine Narciso, consumato da questo suo amore impossibile, ed è trasformato nel fiore dal cuore giallo che nasce vicino all’acqua.
E che ne sarà di Eco, la ninfa presa d’amore per il narcisista? Diventerà l’eco, pura voce senza più corpo, che non avrà più parola sua ma solo ripeterà la parola altrui, annullata nel sé: estremo opposto di Narciso.
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Asimmetria

Il mito di Narciso che rifiuta ogni amore se non quello per la propria figura riflessa nell’acqua dice in negativo che l’amore ama la differenza. Si è disposti all’amore se si sente di non bastare a se stessi.
Che l’amore si valga della differenza dell’amante dall’amato o dall’amata, di una differenza di carattere e di modi, di forme fisiche e mentali, di sesso o di atteggiamento sessuale (nell’attrazione omosessuale), dice che l’amante non cerca una replica di sé ma qualcosa che integri le sue parti mancanti o risvegli le sue parti latenti: nell’amore, certo, si cerca e si scopre anche se stessi. Ma l’attrazione erotica per una differenza dice anche che l’amore non implica una conoscenza piena del suo oggetto, anzi. La differenza la impedisce. Il desiderio erotico di vicinanza, di contatto e di unione si accompagna a una certa inconoscibilità dell’amato o dell’amata. Sentiamo questa impossibilità di conoscere fino in fondo chi amiamo proprio perché l’amore risveglia in noi l’attenzione, e il desiderio di raggiungere il fondo del suo essere che la persona stessa non conosce, come a ciascuno di noi è negato di conoscere a fondo se stesso. Ma piace appunto all’amante raccontare all’amata o all’amato le scoperte progressive e senza fine che fa del suo modo d’essere. È l’inconoscibilità a tener viva la curiosità e lo stupore che nutrono l’immaginazione. Ecco una delle più alte grazie dell’amore: quella di attivare la nostra immaginazione, la necessità e insieme l’impulso a immaginare che cosa l’altro sia, che cosa pensi, che cosa veda e che cosa senta di sé, del mondo, di noi, per riconoscere noi stessi nello sguardo altrui, al di là del detto e dell’evidente, al di là della presenza e dell’assenza; la necessità e la voglia di ricostruire con l’immaginazione la sua presenza dentro di noi, per averlo o averla sempre con noi come interlocutore interiore, in un dialogo o litigio o controversia di ogni momento. E l’immaginazione risvegliata magari si estende al mondo: in che mondo vive questo mio amore, o questo nostro amore? L’emozione intensiva desidera l’estensione.
Analogamente, l’atto sessuale prelude all’estensione della specie; analogamente, se il conoscere è un’estensione del sé, il linguaggio intuisce un rapporto tra sesso e conoscenza. Conoscere e concepire: nel racconto biblico, l’uomo conobbe la donna ed essa concepì: la donna, che per prima aveva mangiato dall’albero della conoscenza del bene e del male, della capacità, cioè, di distinguere le cose e i fatti e di scegliere secondo il loro rispettivo valore. L’amore implica infatti un desiderio di conoscenza e una scelta. Perché amare questo e non quello, questa e non quella? Sentiamo l’amore come un fatto specifico e personale, intimo e nuovo, eppure è un’esperienza di (quasi) tutti nei secoli dei secoli. Sono migliaia di anni che si ama come migliaia di anni che si muore, eppure si fanno ancora un mucchio di storie in proposito. Sono conti sempre aperti.
L’amore, dicevo, ama la differenza. Che sia relazione tra donna e uomo, tra donna e donna o tra uomo e uomo, oppure tra genitori e figli, l’amore per sua natura richiederebbe un discorso quanto meno a due voci. Benché io mi sia sforzato d’intendere il fenomeno da vari punti di vista, resta il fatto che le pagine che seguono sono scritte da un uomo. All’eventuale lettore, e in particolare all’eventuale lettrice, si offrono come parte unilaterale di un confronto.
D’altra parte, l’unilateralità sarebbe il movente stesso dell’amore, almeno secondo la fantasia semiseria proposta da Aristofane nel Simposio di Platone nel IV sec a.C. L’umano originario – sosteneva Aristofane – era androgino, maschio e femmina insieme. Ed era anche sferico, essendo la sfera la geometria della perfezione, forma di un’autosufficienza petulante invisa agli dèi, tanto che essi decisero di spezzarla. La differenza sessuale, ma anche la differenza omoses...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. VOLUME I
  6. VOLUME II