Seconde generazioni di immigrati: possibili percorsi di inclusione
di Filippo Doria
Introduzione
Lo studio delle seconde generazioni può fornire una prospettiva fondamentale per analizzare l’integrazione degli immigrati nella società italiana. La loro inclusione è infatti estremamente importante, non solo per le generazioni future, ma anche per le prime generazioni di immigrati, su cui retroagisce.
Inoltre, le seconde generazioni costituiscono un punto di vista privilegiato attraverso cui osservare la nostra stessa società. L’inclusione dei nuovi italiani sarà un elemento cruciale per la coesione sociale e l’identità culturale del nostro Paese.
Processi virtuosi d’integrazione delle seconde generazioni non possono che significare una sostanziale uguaglianza di opportunità con gli autoctoni. Uguaglianza che passa attraverso la garanzia di conoscenze, pratiche e strumenti con cui abitare la società d’accoglienza alla pari degli italiani di nascita.
Il mio lavoro intende approfondire la condizione e le risorse a disposizione delle seconde generazioni, proprio come vettore fondamentale di inclusione sociale e di integrazione socio-economica. Mi occuperò anche di individuare i meccanismi che generano disuguaglianze fra autoctoni e seconde generazioni nella riproduzione sociale.
Attraverso l’analisi delle strategie educative e di collocazione nel mondo del lavoro adottate dalle seconde generazioni, mi propongo di mettere in luce i processi con cui si formano le loro aspettative e le loro scelte. Uno studio genealogico di tali meccanismi può aiutare a valutare le politiche d’integrazione realizzate finora e a formularne delle nuove. A tal fine ritengo poi interessante esaminare gli elementi che contraddistinguono i percorsi, per così dire, di successo delle seconde generazioni.
Ovviamente l’inclusione delle seconde generazioni dipende dalle istituzioni con cui si rapportano, in primis la famiglia e la scuola, e poi tutte le altre istituzioni sociali attorno a cui costruiscono i propri progetti di vita. Valutare il grado di accoglienza di tali istituzioni e le opportunità a cui possono accedere i nuovi italiani è quindi necessario per evitare di perdere la straordinaria ricchezza che essi rappresentano per il futuro della società italiana. Nel mio lavoro mi soffermerò sui rischi che una tale perdita causerebbe al nostro paese, peraltro già in piena crisi, e sull’effettiva attitudine delle seconde generazioni a proseguire la traiettoria migratoria dei genitori con un nuovo trasferimento.
1. Le risorse delle seconde generazioni
1.1 Chi sono le seconde generazioni?
Non è semplice definire in modo univoco le seconde generazioni. La categoria può infatti includere coloro che sono nati nella società d’accoglienza, coloro che sono arrivati nel nuovo Paese a seguito di un processo di ricongiungimento familiare, coloro che sono emigrati da adolescenti e coloro che sono nati da una coppia mista. Ma allora chi sono propriamente le seconde generazioni? Fino a quale età d’arrivo possiamo considerarli tali?
Generalmente si seguono le indicazioni date da Rumbaut in un articolo del 1997 dove introduce una classificazione “decimale” delle seconde generazioni. La seconda generazione, propriamente detta, include coloro che sono nati nel Paese d’immigrazione dei genitori; vi è poi la generazione 1.5 che ha cominciato il processo di socializzazione e la scuola primaria nel Paese d’origine, ma ha completato l’educazione scolastica all’estero. Inoltre, Rumbaut aggiunge anche la generazione 1.25 e quella 1.75: la generazione 1.25 è quella che emigra tra i 13 e i 17 anni; la generazione 1.75 si trasferisce all’estero nell’età prescolare (0-5 anni). In Italia circa l’80% dei minori stranieri è di seconda generazione o di generazione 1.75. Essi vengono comunemente considerati stranieri, tuttavia o sono nati in Italia o tutto il loro percorso di socializzazione e scolarità avviene nel nostro Paese. Suona quindi alquanto bizzarro etichettarli come stranieri o come immigrati. Il rischio di riduzionismo è sempre dietro l’angolo, ovvero il rischio di ridurre la loro identità e quindi la loro biografia all’origine straniera come afferma Dal Lago, o come afferma Queirolo Palmas «lo straniero resta pietrificato nel tempo, catturato dal suo passato».
La questione delle seconde generazioni è fondamentale rispetto alla capacità d’inclusione sociale delle società riceventi, in presenza di popolazioni immigrate ormai stabilmente insediate e destinate a rimanere.
I giovani di seconda generazione sono in tal senso la testimonianza di un’immigrazione che diventa stabile, rappresentando ciò che Sayad chiama “posterità inopportuna”, ovvero la rottura della provvisorietà delle migrazioni e l’insediamento nella nuova società, laddove al contrario: «Presenza immigrata, dunque straniera, vuol dire presenza provvisoria (di diritto), presenza subordinata a una ragione e a uno scopo esterni che si chiamano in questo caso lavoro, e anche necessariamente sempre soggetta a una legittimazione costante».
Essi possono quindi essere percepiti come una sfida alla coesione sociale di un Paese, in quanto portatori di un mondo altro, di un’altra cultura, ma allo stesso tempo insediati nella società d’accoglienza. Le seconde g...