La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale
eBook - ePub

La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Scritta negli anni immediatamente precedenti la Seconda guerra mondiale ma apparsa postuma nel 1954, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale è un'opera decisiva nella storia del pensiero occidentale, nata da un'urgenza profonda di Edmund Husserl: recuperare il senso più autentico della filosofia, in opposizione al rigido obiettivismo delle scienze di meri fatti, astratte dai soggetti, le quali, nelle sue parole, non possono che creare «meri uomini di fatto».Se difettano a queste scienze gli strumenti e le risorse per rispondere ai problemi più importanti dell'uomo – primo fra tutti il problema del senso dell'esistenza –, spetta al pensiero filosofico di guidare l'uomo moderno, ricostruendo la fiducia in una ragione assoluta che dia senso al mondo, alla storia, all'umanità. La scienza non ha sempre fondato la propria verità nell'obiettività che ne domina il metodo a partire dal Positivismo, ma all'alba del Novecento sembra ormai aver messo da parte tutti i problemi di ordine metafisico, e in particolare le questioni ultime e supreme, come quella della ragione, che dovrebbero rappresentarne il cardine.Testo imprescindibile per chiunque voglia accostarsi alla fenomenologia, La crisi delle scienze europee è anche la testimonianza più lucida e profetica del pensiero di Husserl: negli anni trenta, il filosofo scriveva che «noi uomini del presente siamo di fronte al grave pericolo di soccombere nel diluvio scettico», e quel pericolo è oggi ancora più tangibile. Per questo, a più di cinquant'anni dalla prima pubblicazione in italiano, il Saggiatore ripropone, nella storica traduzione di Enrico Filippini, questo classico che – come il Discorso sul metodo di Cartesio e la Fenomenologia dello spirito di Hegel – non smette di essere nostro contemporaneo.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale di Edmund Husserl in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Philosophy e Philosophy History & Theory. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788865764848
Testi integrativi
A. Dissertazioni
Scienza della realtà e idealizzazione. La matematizzazione della natura1
La scienza trae le proprie origini dalla filosofia greca, dalla scoperta dell’idea e della scienza esatta determinabile mediante idee. Essa porta all’elaborazione di una matematica pura come pura scienza ideale, in quanto scienza di oggetti possibili in generale, determinati per mezzo di idee. Il suo problema è quello dell’essente, del reale essente in sé, di fronte alla molteplicità dei modi soggettivi di datità di ogni singolo soggetto conoscitivo; è il problema del flusso dell’essere nel divenire e delle condizioni che possono rendere possibile l’identità dell’essere nel divenire, la determinabilità identica di un essente reale, cioè la determinabilità della continuità intuitiva attraverso una matematizzazione dei continui. Una determinabilità che è tuttavia indipendente dalla soggettività casuale, e innanzitutto dalla casualità della sensibilità particolare.
Posta di fronte al compito di risolvere questi problemi, la scienza, nel suo sviluppo, portò all’elaborazione di una logica dell’essere in quanto logica della realtà – e innanzitutto della realtà naturale – e della logica apofantica in quanto logica formale della determinazione predicativa.
Per quanto riguarda quest’ultima, essa ha che fare con gli essenti in generale in quanto substrati di determinazioni identiche; inoltre essa ha a che fare con la molteplicità delle forme dei giudizi e delle forme dei substrati in quanto determinati; con la molteplicità delle forme dei predicati nella determinazione e delle possibilità inerenti alla determinazione, dei modi di determinazione ipotetica, disgiuntiva, della modificazione modale ecc. L’identità è il correlato dell’identificazione; determinare significa giudicare; il determinato, come tale, è il correlato del giudizio.
Rientrano in quest’ambito anche le norme dei possibili giudizi che devono poter essere verità, le norme che determinano le possibilità di compiere deduzioni conclusive, passaggi da una verità all’altra (produzione mediata di verità), cioè di attingere verità ipotetiche a partire da supposizioni ipotetiche (verità suppositive, ipotesi); inoltre la considerazione delle forme di pensiero, delle forme in cui possono costituirsi i possibili risultati concettuali e delle possibili vie lungo cui produrli, oppure dei pensieri di produzioni nel loro conseguirsi e la critica dei pensieri secondo le forme possibili del pensiero vero; e così il problema dell’identità dell’«oggetto», di ciò che è «supposto» e viene portato all’evidenza. E nell’evidenza vengono riconosciute in generale le necessità che ineriscono al possibile mantenimento dell’identità, mentre l’identico subisce soltanto quei mutamenti che gli permettono di preservare la sua identità. Ci si trova così di fronte a un’identità delle forme di pensiero che attraversano tutte le determinazioni e che non infrangono tuttavia l’identità dell’oggetto determinato.
Contro i primi segni di sviluppo della scienza insorse la critica scettica che investì la scienza e tutte le norme pratiche che pretendevano di possedere una validità obiettiva. Come reazione: il ritorno socratico all’evidenza, il chiarimento, attraverso un esempio, di campi di pure possibilità, una libera variazione che rende visibile l’identità del senso, l’identità dell’oggetto in quanto substrato della determinazione, e la stessa identità. A queste modificazioni se ne contrappongono altre, che infrangono l’identità. Le variazioni si attuano nel trapasso nel puro «in-generale» (das reine Überhaupt), nelle forme generali delle possibilità e nelle inerenti possibilità e impossibilità essenziali. Sorgono così i concetti normativi del bene, del bello, dello statista veramente buono, del vero giudice, del vero onore, del vero coraggio e della vera equità e i concetti fondamentali della critica stessa: il giusto, l’ingiusto, il vero, il falso ecc.
Così lo scetticismo stesso impone una critica della critica scettica, e poiché questa critica investe in generale la possibilità della verità e dell’essere conoscibile, impone di valutare radicalmente le condizioni della possibilità della verità e dell’essere, e induce a riconoscere che non un pensiero e un discorso vago, ma soltanto un pensiero radicale e mirante a rilevare l’essere possibile nella sua evidenza ultima può contribuire a garantirci la verità e l’essere. Non si devono fare discorsi vaghi, non si devono assumere i vaghi concetti della tradizione, gli echi passivi dei residui sperimentali, le analogie ecc. Io devo scoprire concetti nuovi, attraverso un pensiero autonomo fondato sulla pura intuizione; solo allora potrò attingere verità pure, chiamate a fungere da norma. Qualsiasi verità attinta nella pura evidenza è un’autentica verità, è una norma. D’altra parte essa non include necessariamente il concetto di norma, cioè una di quelle forme di modificazioni dell’«autentico», del «giusto» ecc. che a loro volta, se colti dal pensiero, producono concetti e predicazioni sull’autenticità, sulla verità ecc.; a loro volta queste predicazioni devono essere attinte all’evidenza, anch’esse devono essere vere e possono essere false.
La scienza non è una conoscenza ingenua fondata sull’interesse teoretico; essa implica d’ora in poi, per essenza, una certa critica – una critica di principio, una critica capace di giustificare in base a «princìpi» ogni passo dell’attività conoscitiva; a ogni passo questa critica dev’essere cosciente della necessità della forma di questo stesso passo, dev’essere cosciente che la via della fondazione conoscitiva, del passaggio da ciò che fonda a ciò che su di esso viene fondato, è una via giusta e adeguata al suo fine, e che perciò la conoscenza è una vera conoscenza; l’essere che viene conosciuto non viene soltanto supposto ma conosciuto nel senso più pregnante della parola, è un vero essere che dimostra la sua legittimità nella conoscenza. Ciò vale anzitutto per la conoscenza attuale che procede costantemente nell’evidenza. Ma la scienza applica spesso i risultati di passati processi conoscitivi. La coscienza della normatività che essi portano con sé sta a indicare la coscienza, che rimanda a passate fondazioni, della capacità reale di riprodurre la fondazione, di riportare la convinzione della loro legittimità alle sue origini e di giustificarla di nuovo.
In questo senso che cosa ci offre l’antichità? E in che senso è stata innovatrice? Da un lato essa ha costituito un inizio, ha emanato parecchi impulsi, dall’altro ci offre i frammenti di una scienza effettivamente attuata.
La via che essa ci indica è quella dell’elaborazione del principio di un’evidenza generale e di principio.
L’esperienza singolare, l’esperienza propria dell’esistenza individuale, non può giungere a enunciati giustificabili obiettivamente. Ma come possono valere allora i giudizi singolari di fatto? Come può essere vero il mondo esperito? L’essere si dimostra un polo ideale di una serie di «infinità» di evidenze presuntive provviste di adombramenti evidenti di senso («lati», apparizioni); in esse l’essere si adombra in modo evidente, ma in ciascuno dei suoi tratti finiti e solo presuntivamente, anche se si tratta di una presunzione legittima.2 La verità reale è il correlato dell’essere reale, e così come l’essere reale è un’idea disposta all’infinito, l’idea di un polo delle infinità sistematiche delle apparizioni, delle «esperienze» in una presunzione legittima, anche la verità reale è un’idea disposta all’infinito, l’identità della coincidenza di tutti i giudizi dell’esperienza, in ciascuno dei quali la verità «appare» e giunge a una legittima datità soggettiva. Quest’idea disposta all’infinito è determinabile a priori secondo la forma pura di una generalità che include tutte le possibilità, e conformemente a essa si può costruire, in base all’esperienza complessiva in sé conclusa e finita (in base cioè alla sua «apparizione relativamente conclusa», in base a ciò che è determinato sensibilmente, ai predicati dell’esperienza sensibile), l’anticipazione di un’idea adeguata, che è richiesta da questa esperienza e disposta in essa.
La forma dell’idea di un reale concluso include parecchie idee unilaterali, parziali; la piena verità che determina l’essente (l’insieme dei predicati che lo definiscono, che lo determinano nella sua identità) include una serie di determinazioni predicabili, di verità particolari, che in altre direzioni lasciano l’essente ancora indeterminato. In quanto qualsiasi esperienza a priori può contenere elementi discordanti che devono venir eliminati attraverso l’esperienza successiva e attraverso la sua sintesi, la determinazione ideale che in essa può essere attinta diventa non soltanto unilaterale, ma in parte anche falsa, per quanto richiesta, nella prospettiva della verità, dalla precedente esperienza. L’idea stessa del reale, in quanto forma pura, implica correlativamente un sistema infinito di esperienze che costituiscono un sistema della concordanza pura (attraverso la progressiva eliminazione di ciò che l’esperienza dimostra discordante e l’adattamento di ciò che è concordante), e che si caratterizzano a loro volta come un che di esperito. Inoltre ogni esperienza, ogni esperienza circoscritta in modo adeguato, implica a priori un’idea, ma quest’idea non è mai ultima, essa costituisce il primo segno, funge, per così dire, da rappresentazione dell’idea irraggiungibile e disposta all’infinito, di cui è data soltanto la forma, la quale costituisce una norma assoluta per la costruzione di tutte le idee.
Chiarire tutto ciò e delineare a priori la forma di una determinazione possibile, relativamente vera e relativamente necessaria per ogni fase dell’esperienza, della verità in sé della natura, significa elaborare una teoria delle scienze naturali; dal punto di vista del metodo, la teoria del metodo delle scienze naturali. Ma qui occorre distinguere:
  1. 1. L’ontologia della natura «in sé»: il necessario in una natura in generale, la forma necessaria, l’essenza ideale della natura e le forme necessarie di determinazione di ogni singolarità che può appartenere idealmente e «in sé» alla natura. Queste valutazioni dell’idea pura sono compiute dalle scienze matematiche pure della natura.
  2. 2. La metodologia a priori di una conoscenza possibile della natura in sé, attraverso verità in sé: invece che la natura pura in quanto idea (in quanto idea matematica, sopra-sensibile) pensiamo una natura esperita come tale da un essere esperiente, oppure assumiamo la natura matematica come l’in-sé ideale delle esperienze della natura (da un punto di vista ontico: delle nature sensibilmente intuibili): allora abbiamo un’altra idea pura. Realizziamo allora una scienza della possibilità di conoscere la natura in sé nell’esperienza della natura, cioè la scienza a priori della possibilità di una scienza naturale matematica, la scienza del metodo di determinare scientificamente la natura in base ai dati dell’esperienza.
In un senso più limitato: riconosciamo valida l’esperienza soltanto quando è un’«esperienza normale», quando si basa sulla sensibilità normale ed è in relazione con l’«intelletto» normale. Com’è possibile determinare, in base alle apparizioni normali, la vera natura matematica? È possibile mediante un metodo che rende esatti i continui e che trasforma le casualità sensibili in casualità matematiche ecc. Soltanto a questo punto occorre considerare l’anormalità psicofisica.
Ma è veramente possibile distinguere in questo modo un’ontologia a priori della natura da una metodologia a priori che mira a una possibile determinazione della natura in sé in base alle esperienze? Io, il soggetto conoscente, come attingo la conoscenza ontologica e a priori della natura? Io dovrei vivere attraverso esperienze possibili, percezioni e giudizi percettivi possibili. Cos’è che inerisce all’identico stesso nel mutamento dei modi sensibili dell’apparizione, visto che questi, comunque siano, devono convergere verso la concordanza dell’identità e devono poter rendere possibili determinazioni identiche;
Non tutti i mutamenti nel contenuto di caratteristiche sensibili turbano l’identità, e non tutti la mantengono con il titolo di mutamento oggettuale. I mutamenti anormali dell’apparizione ο non vengono appercepiti, oppure non sono necessariamente appercepiti come «mutamenti». Se vengono appercepiti come tali, vengono eliminati retrospettivamente e cadono sotto il titolo di «illusioni». Se io vivo nell’esperienza (nelle appercezioni attraverso cui l’esperienza diventa per me una realtà sensibile intuitiva), e se mantengo le linee della sua concordanza, tutte le anormalità si eliminano e tutti i mutamenti che si danno intuitivamente diventano mutamenti reali per me, rientrano nell’ambito della sintesi delle mie esperienze. Ora, se io entro in relazione con un altro, può darsi che scopra che egli (nella sua normalità: ma egli è daltonico), nei suoi giudizi sull’uguaglianza, sulla differenza ecc. si scosta da me, per quanto noi esperiamo un’unica e identica cosa. (Può darsi che egli abbia sensi più affinati dei miei, che abbia un occhio molto acuto mentre i miei sono deboli ecc. – rapporti che cambiano continuamente con il cambiare degli uomini.) Si manifestano qui, in linea di possibilità, differenze multiformi e idealmente infinite: differenze, ma anche contraddizioni. Come risolverle?
Se ricorriamo alle scienze naturali costituite, esse ci rispondono: qualsiasi differenza sensibile esperita dal singolo soggetto è indice di una vera differenza, e il vero si determina attraverso una misurazione che avviene nella sfera delle κοινά. Le differenze qualitative vanno in certo modo a braccetto con quelle quantitative. Tutto ciò che è vero si esprime nella sfera quantitativa, nell’ambito dell’estensione.
D’altra parte ciò che nelle grandezze e nelle dipendenze di grandezze è quantitativamente determinabile, può essere «avvertito» in modo diverso da me e dagli altri. Attraverso metodi misurativi io posso convincermi che esistono rapporti e leggi di ordine quantitativo, di cui soltanto attraverso il metodo io rilevo la permanente esistenza e validità, mentre per i rapporti stessi e per le leggi devo ricorrere soltanto alla sensibilità e ai «giudizi percettivi».
Potevano le scienze naturali giungere a una concezione del genere se non attraverso considerazioni generali di ordine metodico che si chiedessero come sia possibile determinare, di fronte alla relatività delle apparizioni, la verità che in esse appare e come possa manifestarsi e annunciarsi, nella vicenda delle apparizioni, il vero essere? Ma evidentemente, queste considerazioni, svolte da un punto di vista puramente eidetico, portano a un’ontologia della natura.
Quindi possiamo anche dire: come posso giungere a un’ontologia a priori se non portando all’evidenza ciò che segue:
  1. 1. Se io ho una natura concordemente esperita e mi mantengo nell’ambito della concordanza e, in particolare, nella concordanza di una cosa ο di un processo concordemente esperiti; se io – ο un altro (come dimostrano i casi in cui sono d’accordo con lui) – ho esperito una stessa cosa ecc., la possibilità della rispettiva conoscenza della stessa cosa presuppone necessariamente la «res extensa», l’intelaiatura (Gerüst) spazio-temporale della rispettiva qualificazione, l’identità della distribuzione delle forme nel tempo comune, l’identità delle successioni temporali e così anche della dipendenza causale delle formazioni corrispondenti. Invece il mutamento delle qualificazioni e dei giudizi sulle qualificazioni è «casuale». In questo senso, cioè anche quando ne nascono contraddizioni, esse non intaccano l’identità. (Anche nell’esperienza solitaria l’identità di ciò che viene esperito in diverse modalità di senso è necessariamente l’identità dell’intelaiatura «spazio-temporale». È il necessariamente identico, un contenuto necessariamente identico di determinazioni attraverso tutte le differenze dei «modi di apparizione» soggettivi.) Il primo rilievo di ciò che inerisce per essenza, cioè necessariamente, all’identità porta alla geometria, alla foronomia, e avrebbe potuto portare anche a una meccanica a priori, a discipline riguardanti le forme possibili di dipendenza funzionale nei mutamenti, oppure a una disciplina delle forme di una causalità quantitativa possibile e delle loro possibili leggi causali. Il rea...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Sommario
  3. Avvertenza
  4. Prefazione
  5. Introduzione
  6. Prima parte - La crisi delle scienze quale espressione della crisi radicale di vita dell’umanità europea
  7. Seconda parte - L’origine del contrasto moderno tra obiettivismo fisicalistico e soggettivismo trascendentale
  8. Terza parte - Chiarimento del problema trascendentale e inerente funzione della psicologia
  9. Testi integrativi
  10. Nota alla traduzione